"Non è ancora un Paese per ricercatori", di Dario Braga
Chi è avvezzo alle scienze sperimentali sa che ogni teoria deve essere sottoposta al vaglio della sperimentazione per verificarne esattezza e robustezza. Questo vale anche per la teoria del temporary job universitario che sorregge le scelte della legge 240/2010 (Gelmini). A quasi quattro anni di distanza dall’entrata in vigore, è quindi possibile valutare in modo oggettivo i risultati del modello basato sul reclutamento universitario su tre passaggi a tempo determinato, l’ultimo dei quali in tenure track per poter accedere stabilmente alla carriera universitaria. Materia complessa, persino da raccontare: dopo il dottorato si inizia con assegni di ricerca per un massimo 4 anni, si prosegue come ricercatore a tempo determinato di tipo A («RtdA») con contratto di 3 anni rinnovabile fino a un massimo di 5 e si continua per altri 3 anni come ricercatore di tipo B («RtdB») con la previsione, in presenza di abilitazione nazionale, del passaggio finale a professore associato. Per buona sostanza, un modello di selezione progressiva, basato su reiterati concorsi, con “uscite laterali” in corrispondenza di ciascun passaggio. Il percorso dura …