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Università. Si naviga a vista. Intervista a Carla Barbati, ordinario di diritto amministrativo e Vicepresidente del CUN

Professoressa Barbati, nel luglio del 2012 lei ci rilasciò un’intervista nella quale si parlava della “perigliosa navigazione verso il Nuovo Mondo” del sistema universitario. Dopo quasi due anni, come valuta la navigazione e la rotta seguita finora? E’ stata una navigazione non dico “senza nocchiero”, ma che, da quando ha preso avvio, con l’entrata in vigore della legge n.240, ha visto l’avvicendarsi di ben quattro “nocchieri”. Quattro ministri si sono succeduti, in poco più di tre anni, alla guida di una riforma quanto mai complessa ed estesa. Di là da qualsiasi valutazione si voglia dare di quanto fatto o non fatto dai diversi ministri, è indubbio che questi continui mutamenti hanno compromesso la possibilità di sottoporre la riforma a un indirizzo politico capace di imprimere, tramite provvedimenti concreti e non soltanto dichiarazioni, quelle correzioni di rotta che le prime applicazioni avrebbero potuto suggerire. Intende dire che i Ministri non hanno guidato la riforma? La riforma è stata studiata, sicuramente osservata. Dubito si possa dire sia stata governata, anche perché quando s’iniziava a percepire la necessità …

"La strategia è abbattere i muri", di Ivan Lo Bello

Laurearsi conviene. In Italia abbiamo ancora troppo pochi laureati. Non è vero che i laureati sono più disoccupati dei diplomati. Sono queste le tre più significative evidenze empiriche che emergono dalle più recenti ricerche dedicate ai laureati e in particolare dal primo Rapporto sullo stato dell’università e della ricerca in Italia realizzato dall’Anvur. Accanto a queste evidenze non bisogna mai dimenticare che negli ultimi anni è stato sottratto all’università italiana un miliardo di euro, mettendo a serio rischio la possibilità di offrire un servizio universitario di qualità. Molti continuano a criticare la riforma del “3+2”, che ha evidenti limiti. Ma non c’è dubbio che oggi, grazie a questa riforma, si laurea il 30% in più degli immatricolati rispetto a dieci anni fa. Anche gli altri Paesi hanno fatto importanti passi avanti e quindi l’Italia continua a restare indietro: siamo il penultimo paese in Europa per numero di laureati. Senza un incremento dei finanziamenti, legato strettamente alla valutazione e alla premialità, il nostro Paese perderà strutturalmente capacità competitiva. La valutazione diventa allora uno strumento di rilancio …

"Riappropriamoci dei saperi", di Gabriele Pedullà

Se la crisi delle humanities è un prisma dalle molte facce, un ruolo speciale nel dibattito spetta naturalmente a chi nella scuola e nell’università insegna: se non altro perché il contatto costante con i ventenni assicura una qualche capacità di previsione sul mondo che verrà. Ma parlare da professore impone oggi soprattutto una doverosa autocritica. I nemici delle humanities vincono perché coloro che dovrebbero difenderle sembrano avere smarrito le proprie ragioni. E, invece di interrogarsi sul perché oggi esse rimangono così indispensabili (e spiegarlo agli altri), preferiscono profondersi in un elogio del tempo che fu o in una infruttuosa polemica contro il predominio delle scienze esatte. Appelli e gridi di dolore come quello lanciato da Alberto Asor Rosa, Roberto Esposito ed Ernesto Galli Della Loggia colpiscono il bersaglio sbagliato. È l’effetto di una ostilità all’educazione scientifica radicato nella tradizione italiana, da Croce e Gentile in giù. Ma il nemico mortale delle discipline umanistiche non sono la fisica o la matematica, e nemmeno la biologia o l’ingegneria, quanto gli pseudosaperi della “comunicazione”, che hanno progressivamente spostato …

"Una lezione per tutti", di Pietro Greco

La Procura di Torino ha chiuso l’inchiesta sul caso Stamina. I reati contestati sono gravi. Si va dall’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, alla somministrazione di medicinali guasti e pericolosi per la salute, fino all’esercizio abusivo della professione medica. Come ha dichiarato il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: ce lo aspettavamo. Anche se la presunzione di innocenza vale per tutti e potranno essere solo i giudici a verificare la fondatezza di queste accuse, non certo lievi. Noi possiamo – anzi, dobbiamo – chiederci: com’è potuto accadere? Com’è potuto accadere che una presunta terapia senza alcuna base scientifica sia stata somministrata in un (prestigioso) ospedale pubblico e, a un certo punto, su ingiunzione della magistratura? Com’è potuto accadere che il «metodo Stamina» sia stato applicato nello scetticismo e, anzi, contro il parere della comunità scientifica internazionale? Le risposte possibili a queste domande sono molte. Alcune sono hanno una natura, per così dire, culturale. In fondo siamo il Paese del «siero Bonifacio» e del «metodo Di Bella». E già due secoli fa il giovane Giacomo Leopardi ammoniva …

"La falsa scienza di Stamina e quei malati usati come cavie", di Umberto Veronesi

La chiusura delle indagini sul caso Stamina con venti indagati, su cui pesano accuse gravissime, era inevitabilmente scritta nella storia perché la terapia proposta non ha mai dimostrato di avere alcuna base scientifica. Tuttavia io per primo — e tanti medici con me — non ci siamo scagliati contro Davide Vannoni, pur avendo sommessamente ma chiaramente espresso il nostro parere, perché era in gioco la speranza dei malati, un valore che la medicina dovrebbe tutelare sempre, anche nelle situazioni più drammatiche. Il dibattito profondo su Stamina è, per la medicina, come trovare il punto di equilibrio fra le ragioni della scienza e le ragioni della pietà, nel senso latino di pietas, che significa empatia e amore compassionevole nei confronti dei sofferenti. Riuscire a infondere fiducia e coraggio al paziente è una forma di amore che è parte integrante della cura e per questo credo che il medico non possa e non debba mai spegnere prima del tempo la fiammella della speranza, anche remota, di poter guarire. Le mie posizioni laiche sono note, ma se un …

“Non confondiamo valori e fatti o la libertà muore”, di Gabriele Beccaria

«Gli italiani devo fidarsi di più dei loro scienziati! Non dimenticate che avete una grande storia scientifica, non solo artistica». John Harris, direttore dell’«Institute for Science, Ethics and Innovation» dell’Università di Manchester, confessa di avere un debole per i monumenti e i cibi italiani e a Roma – al terzo incontro del Congresso mondiale per la libertà di ricerca scientifica organizzato dall’Associazione Coscioni – ha spiegato in che cosa sbagliano i suoi amici italiani, quando affrontano le sfide e i dilemmi della scienza. Titolo della lezione: «Esiste una scienza della moralità?». Professore, in Italia molti sono rassegnati all’idea che la scienza generi scontri continui e insanabili. Esiste una soluzione? «Penso che, se si vuole che l’opinione pubblica cambi idea ogni volta che sbaglia, sia fondamentale che la scienza diventi più comprensibile». E gli scienziati devono impegnarsi di più, spiegando meglio le loro scoperte? «Assolutamente sì. Prendiamo il caso degli embrioni e di cosa succede al loro interno. È un processo così sofisticato che non è plausibile credere - come molti fanno – che nelle fasi iniziali …

"Perché le ragazze non scelgono le materie tecnico-scientifiche?", Marta Serafini

I numeri non lasciano scampo. Il gap tra maschi e femmine sulle discipline tecnico-scientifiche nel nostro Paese è più alto del resto d’Europa. E a guardare i dati di una ricerca McKinsey-Valore D che viene presentata oggi a Roma nell’ambito di Nuvola Rosa, progetto promosso da Microsoft Italia, viene da pensare che per raggiungere la parità anche nel settore tecnologico, la strada sia davvero lunga. Le laureate in materie scientifiche sono il 9.9 per cento a fronte del 14.8 dei maschi. Una differenza che ci vede ancora una volta fanalino di coda, dopo Svezia e Finlandia. Ma anche Grecia e Portogallo. Il rapporto «Occupazione-Istruzione-Educazione: le trappole nascoste nel percorso delle ragazze verso il lavoro» cerca però di andare oltre le statistiche e di analizzare le cause di questo divario. Come da tempo sottolinea anche la 27esima ora, blog dedicato alle questioni di genere de il Corriere della Sera , il gap deve essere fatto risalire all’infanzia. Già nelle scelte dei giochi le bambine iniziano inconsapevolmente a tracciare un solco che le separerà dai maschi per …