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"Ogni secondo il cemento divora 8 metri quadri d’Italia", di Salvatore Settis

Otto metri quadrati al secondo, per ciascun secondo degli ultimi cinque anni: questo il ritmo del forsennato consumo di suolo che sta consumando l’Italia. Questo dato, che colpisce come una mazzata, emerge dagli studi dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) che ricostruiscono l’andamento del consumo di suolo in Italia dal 1956 al 2010. Siamo passati da un consumo di suolo di 8.000 kmq nel 1956 a oltre 20.500 kmq nel 2010, come dire che nel 1956 ogni italiano aveva perso 170 mq, nel 2010 la cifra è salita a 340 mq pro capite. Tra i divoratori di suolo trionfa la Lombardia, seguita dal Veneto e dal Lazio. Cifre impressionanti, che trascinano l’Italia fuori dall’Europa, dove il consumo medio del suolo è del 2,8%, a fronte di un devastante 6,9 % per il nostro martoriato Paese. È come se ogni anno si costruissero due o tre città nuove, delle dimensioni di Milano e di Firenze, e questo in un Paese a incremento demografico zero. Dimensioni e natura del disastro non si colgono …

"Universitari perduti, un giallo senza misteri", di Federico Orlando

Cosa sta succedendo fra quel milione e 700mila giovani iscritti (in corso, fuori corso o in semplice parcheggio) nelle università italiane? La domanda si è diffusa, ma non ha lambito il dibattito elettorale, per merito della Stampa, che l’altro venerdì titolava a tutta pagina: “Fuga dagli atenei – Persi in dieci anni 58mila studenti”. Erano i dati del Cun (Consiglio universitario nazionale) che valutava al 17 per cento il calo nell’ultimo decennio: «Come se l’intera statale di Milano non esistesse più». Il Corriere confermava la crisi con un intervento di Guido Fabiani, rettore di Roma Tre: la crisi c’è ed è particolarmente grave nel Lazio. Qui La Sapienza è scesa in dieci anni da 132mila a 110mila studenti. Ma tre giorni dopo il ministro dell’istruzione Francesco Profumo risolveva a modo suo il giallo: non si può parlare di fuga, perché l’anno di partenza, 2003, pativa il problema della “bolla”, creata dal passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento universitario. Ma quale bolla, gli replicavano altri studiosi su Europa (vedi l’articolo di Paola Fabi pubblicato martedì 5 …

"Tutti i motivi di chi rinuncia", di Chiara Saraceno

È possibile che tra le cause della drastica diminuzione delle iscrizioni all’università ci sia anche, come dichiarato dal ministro Profumo, lo sgonfiamento della bolla delle re-iscrizioni, ovvero di coloro che, già iscritti alla vecchia laurea quadriennale negli anni scorsi sono passati alla triennale. Possiamo anche mettere in conto un certo calo demografico nella coorte dell’età interessata. Forse, visto l’aumento delle tasse universitarie per gli studenti fuori corso, c’è stata anche una riduzione degli iscritti tra coloro che facevano una iscrizione di prova, ma poi non davano nessun esame. Sgonfiamento della bolla e calo demografico, tuttavia, sono solo una parte del fenomeno. I modi e le caratteristiche di questa drastica diminuzione delle iscrizioni in un periodo di domanda di lavoro debole e alta disoccupazione giovanile costituiscono un segnale di problemi strutturali della nostra università e del loro intreccio con i meccanismi di trasmissione fra le generazioni di una disuguaglianza tra le più forti nelle democrazie sviluppate. Sono, infatti, soprattutto i diplomati degli istituti tecnici che hanno rallentato le iscrizioni alle lauree triennali, non perché attratti da …

"Matricole: il calo degli studenti universitari specchio dell’Italia in crisi", di Marco Revelli

Difficilmente un Paese impoverito può permettersi un buon sistema universitario. E difficilmente un Paese con un cattivo sistema educativo può sollevarsi dalla crisi. Sta in questa tenaglia il segno — uno dei tanti, purtroppo — della preoccupante situazione italiana, messo in rilievo dal recente documento del Consiglio universitario nazionale. Potremmo anche aggiungere che difficilmente un Paese poco acculturato può produrre una buona politica: un elettorato consapevole (lo vediamo in questi giorni quanto pesi il livello di istruzione sulle intenzioni di voto). Una classe dirigente all’altezza dei propri compiti. Un’amministrazione competente ed efficiente. E il cerchio si chiuderebbe. Le 58mila matricole in meno nel 2011 rispetto al 2003 — il dato che ha scioccato perché equivalente alla popolazione di un intero grande ateneo — è in realtà solo la punta di un iceberg di proporzioni ben più ampie. Occorre aggiungere i 1.195 corsi di laurea eliminati negli ultimi sei anni, solo in parte cancellati per una sacrosanta razionalizzazione e sempre più costretti all’estinzione per assenza di fondi e di docenti. Il taglio feroce dei fondi alla …

Università, la fuga dei meno abbienti. Non si iscrivono da tecnici e professionali, di Salvo Intravaia

Il calo degli immatricolati all’università colpisce quasi esclusivamente le classi meno abbienti. Qualche giorno fa, il Consiglio universitario nazionale – il “parlamento” del sistema universitario italiano – ha denunciato la fuga di iscritti che in appena otto anni ha colpito le università. Dal 2003/2004 al 2011/2012, cioè in meno di un decennio, il contatore ha fatto registrare un preoccupante meno 17 per cento netto in termini di immatricolazioni. Il Cun, appoggiandosi ai dati forniti dal Cineca, si è accorto che in due quadrienni le immatricolazioni ai corsi triennali e a ciclo unico sono passate da 338mila a 280mila, con un saldo negativo di ben 58mila immatricolazioni. Il calo di new entry all’università si verifica in un momento di particolare difficoltà delle economie europee, e soprattutto di quella italiana, che secondo la Commissione europea può essere superata soltanto puntando sull’innovazione. E per farlo occorrono più e non meno laureati. Ma come spesso avviene la media in statistica descrive fenomeni complessivi ed è come i polli di Trilussa: a chi troppo e a chi niente. Basta quindi …

L'università che vogliamo, di Giuseppe Caliceti

Negli ultimi venticinque anni si è fatta strata in Italia l’idea che la funzione principale dell’università e dell’intero sistema formativo sia fornire forza-lavoro al mondo del lavoro e dell’economia. Un’ idea forte, che ha messo al centro dei processi educativi il concetto di formazione (a breve termine), mettendo nell’ombra quello di educazione (a lungo termine). È un’idea derivata dall’unione fondamentalmente economica dell’Europa. Che ha trovato diversi adepti anche tra pedagogisti e politici, non solo legati al centrodestra ma anche al centrosinistra. Potremmo chiamarla un’idea di politica scolastica di matrice neoliberista. Anche il linguaggio dell’amministrazione scolastica è cambiato: si è parlato di scuola-azienda, con tutto ciò che questo comporta in termini didattici e pedagogici. Si sono ripetute parole d’ordine come meritocrazia, sorvolando sulla funzione sociale e di uguaglianza delle opportunità di un sistema scolastico statale. Si è provato in ogni modo a proporre test sulla qualità delle scuole e della formazione utili più a ricerche di mercato che a e nuove strategie educative; ricordiamoci sempre che l’Ocse che misura i nostri ragazzi è un organismo economico, …

Diritto allo studio, PD: governo fuori tempo massimo, dopo elezioni cambieremo sistema

Meloni e Carrozza: “E’ del tutto inopportuno Che il governo adotti, in regime di ordinaria amministrazione e a meno di venti giorni dalle elezioni, un provvedimento che incide in maniera così significativa sulla condizione degli studenti”. “La discussione in atto sull’ipotesi di decreto ministeriale sul diritto allo studio arriva fuori tempo massimo e deve essere rimandata a dopo le elezioni. Dunque i rappresentanti degli studenti hanno fatto benissimo ad agire in modo da evitare la sua approvazione”. Lo dichiarano Marco Meloni, responsabile Università e ricerca Pd e Maria Chiara Carrozza, presidente del Forum Università e ricerca del partito. “E’ del tutto inopportuno – proseguono Meloni e Carrozza – che il governo adotti, in regime di ordinaria amministrazione e a meno di venti giorni dalle elezioni, un provvedimento che incide in maniera così significativa sulla condizione degli studenti. Così come sarebbe altrettanto inopportuna l’adozione di qualsiasi atto capace di influire in modo improprio sulle scelte del prossimo governo”. “Nel merito il provvedimento – sostengono ancora i due esponenti del PD – contiene molti aspetti a nostro …