“Fuori i razzisti dalle istituzioni”, di Gad Lerner
Bisogna vincere la tentazione di rispondere per le rime a Roberto Calderoli. Lui non chiederebbe di meglio che un confronto sui tratti somatici e i quozienti intellettuali. Ma stavolta non potrà cavarsela rifugiandosi nella buffoneria un personaggio come lui, che la politica italiana ha tollerato rimanesse ai suoi vertici per quasi un ventennio. L’aggressione verbale alla ministra Cécile Kyenge, mascherata come al solito da battuta di spirito, è stata un atto premeditato di violenza razzista. Calderoli sapeva bene quel che stava facendo. Con il suo ignobile giro di parole al comizio di Treviglio cercava la provocazione, in un momento di massima difficoltà della Lega Nord afflitta da una vera e propria emorragia di militanti; e sua personale, visto che dall’interno lo accusavano di eccessi di moderatismo. Provocazione studiata, dunque, con il primo stadio di quell’odioso riferimento allo stereotipo coloniale più classico, l’uomo-scimmia, riferito agli africani. Ma l’intento razzista, se ancora ce ne fosse bisogno, è stato confermato da Calderoli nelle dichiarazioni successive, rilasciate ieri a Radio Capital, quelle in cui fingeva stupore per le reazioni …