Memoria Vent’anni fa si aprì «l’armadio della vergogna», di Luca Baiada
Siamo in uno strano anniversario. Vent’anni fa, nel 1994, venne aperto un archivio negli uffici centrali della giustizia militare, nel palazzo Cesi a Roma. Conteneva 695 fascicoli sulle stragi nazifasciste in Italia. Crimini atroci, dal 1943 al 1945, per almeno quindicimila morti. Anche donne, anche bambini piccolissimi. «E come potevamo noi cantare, con il piede straniero sopra il cuore», scrisse Quasimodo in Alle fronde dei salici, e va letto accanto ai versi di Yitzhak Katzenelson, nel Canto del popolo ebraico massacrato. Dire l’orrore è impossibile, eppure è necessario. Il deposito era stato formato per fasi successive, accumulando dal dopoguerra i risultati di indagini britanniche, statunitensi e italiane. Erano ben fatte, alcune pronte per i processi, ma furono archiviate nel 1960, con una decisione firmata dal procuratore generale militare Enrico Santacroce, uguale per tutti. Tre righe, «non si sono avute notizie utili», su un mezzo foglio. Sant’Anna di Stazzema, Vallucciole, Fucecchio e tanto altro. Con un foglio di carta, tagliandolo a metà archiviarono due fascicoli. Una strage di italiani non meritava un foglio intero. Era un …
