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"Accordo sui debiti dello Stato. Alle imprese 30 miliardi", di Francesco Semprini

Il dado è tratto. L’accordo fra imprese, banche e governo sui debiti pregressi della pubblica amministrazione è sostanzialmente chiuso. Lo confermava ieri sera Corrado Passera al termine dell’ultimo tavolo di confronto: il vertice è andato «bene». A meno di colpi di scena, oggi il governo illustrerà l’intesa raggiunta tra governo, Abi, Confindustria, Rete Imprese Italia e Alleanza cooperative: vale trenta miliardi di euro dei circa 70 di debiti complessivamente stimati.

Ieri la quadratura del cerchio è arrivata grazie al superamento dell’ultimo scoglio, ovvero la richiesta di introdurre la compensazione da parte delle aziende di dimensioni più piccole per incassare i crediti.

Ipotesi su cui il governo si era dimostrato poco incline, e che senza la quale le rappresentanze di categoria, come quella degli artigiani, non avrebbero apposto la propria sigla. Poi il cambio di rotta dell’esecutivo che ha deciso di concedere la possibilità di compensare i crediti non prescritti con le somme iscritte a ruolo: multe, pagamenti passati in giudicato, ma anche debiti tributari e quelli previdenziali contratti con l’Inps sempre iscritti a ruolo.

«Un segnale positivo che va nella giusta direzione», spiegano fonti vicine alla piccola imprenditoria, che tuttavia aveva avanzato richieste più ampie ovvero l’inclusione nella compensazione, non solo dei debiti pregressi ma anche degli impegni tributari in divenire.

La convergenza tuttavia è fondamentale, specie per le piccole e medie imprese strozzate dalla contrazione del credito e da tempi lunghissimi per il saldo delle fatture. Oggi le regole prevedono una scadenza massima di 12 mesi, l’accordo abbatterebbe l’attesa al massimo fino a sei mesi.

A dare attuazione ai provvedimenti sono i decreti dei ministeri dell’Economia e dello Sviluppo che riguardano tra gli altri la certificazione, digitale ed obbligatoria entro 90 giorni, per rendere i crediti da inesigibili a bancabili. In sostanza lo Stato, avvalendosi della copertura del Fondo centrale di garanzia, si impegna legalmente ad onorare gli impegni presi con le imprese.

A questo punto le aziende potranno scegliere se compensare o rivolgersi alle banche per riscuotere un anticipo sul credito. Tre i meccanismi possibili per le aziende: il pro-solvendo, il pro-soluto o il cosiddetto “sconto fattura”.

Quest’ultima è considerata la soluzione migliore e quella a cui ricorreranno la gran parte delle aziende: non impatta sul debito pubblico e non vincola in solido le aziende. Sull’ammontare dell’anticipo si parla di un 70% sino a un massimo di 2,5 milioni di euro a impresa, ma c’è la possibilità di attivare una controgaranzia del Fondo centrale sino all’80% in caso di garanzia diretta da parte di Confidi.

Questo il compromesso raggiunto nel caso in cui l’Europa non ammetta lo scorporo dal «Fiscal Compact» di questo tipo di spese. Se il premier Mario Monti dovesse spuntarla a Bruxelles le aliquote potranno essere anche superiori.

La Stampa 22.05.12

"Quella ferita nella terra dei distretti", di Raffaella Cascioli

Hanno inseguito la crescita. Trasformandosi, mettendosi in gioco, rischiando in proprio, mantenendo alto il nome e la qualità del made in Italy nel mondo. Ora rischiano di essere fermate non dal terremoto finanziario che ha messo in ginocchio l’economia mondiale, ma dal terremoto naturale, da un sisma che ha tolto la terra da sotto i piedi e fatto crollare chiese, edifici storici, capannoni industriali e fattorie. A due giorni dal sisma le piccole e medie imprese, il motore produttivo dell’Emilia Romagna, iniziano a quantificare i danni.
Nella regione per eccellenza dei distretti, là dove le piccole e medie imprese, ossatura del sistema produttivo italiano, rappresentano il cuore pulsante dell’Italia che produce, il sisma di due giorni fa si aggiunge ad una crisi che ha già provato questo territorio.
Oggi il consiglio dei ministri formalizzerà lo stato di emergenza e ieri il sottosegretario alla presidenza del consiglio Antonio Catricalà ha assicurato che il governo non abbandonerà le zone colpite dal terremoto e che ci sarà «una copertura finanziaria per il soccorso e l’assistenza a persone e imprese». Il presidente della regione, Vasco Errani, ha ieri affrontato e condiviso con il ministro del welfare Fornero il tema degli ammortizzatori sociali in deroga, il cui utilizzo dovrebbe servire ad «evitare che i lavoratori vivano una doppia emergenza ».
Se il terremoto ha lasciato indenne la Motor Valley, ovvero quel distretto situato nel triangolo Modena-Ferrara-Bologna dove si trovano le sedi delle più importanti case automobilistiche (Ferrari, Lamborhini e Maserati) ma anche delle due ruote con la Ducati e la VM Motori di Cento in provincia di Ferrara, a poco chilometri a Dosso di Sant’Agostino i crolli sono stati gravi.
Ieri il sito di Ceramica Sant’Agostino, una ditta a conduzione familiare attiva dal 1964 e giunta alla terza generazione, era listato a lutto. Qui hanno perso la vita due dei quattro operai morti durante il turno di lavoro in tre stabilimenti diversi: Leonardo Ansaloni e Nicola Cavicchi. «Nonostante l’enorme colpo subito – si legge – Ceramica Sant’Agostino è determinata nel rialzarsi e nel riprendere quanto prima la produzione, soprattutto per onorare la memoria di chi non c’è più. L’azienda continuerà ad essere una risorsa importante per il territorio e per le numerose famiglie che da essa dipendono. Perchè questo significa credere nel proprio lavoro». Tra i primi marchi italiani nella produzione di ceramiche da pavimento e rivestimento, Ceramica Sant’Agostino produce ogni giorno 23.000 metri quadri di piastrelle distribuite in tutta Europa. Un distretto, quello ceramico, conosciuto in tutto il mondo e che rappresenta un’importante fetta di export. Secondo il terzo rapporto dell’Osservatorio nazionale Distretti italiani ben il 52 per cento degli imprenditori distrettuali «avverte una più forte apertura verso i mercati internazionali e un ulteriore 37 per cento è impegnato in un continuo upgrading qualitativo delle produzioni».
Ed in ginocchio è anche il comparto agroalimentare dove, per le maggiori confederazioni del settore, i danni ammontano a decine di milioni di euro nelle campagne. Per Coldiretti si tratta di 200 milioni di euro tra crolli e lesioni agli edifici rurali, danni ai macchinari, animali sotto le macerie, oltre a 400 mila forme di parmigiano reggiano e grana padano irrimediabilmente danneggiate. Per la Cia che, così come Fedagri-Confcooperative e Confagricoltura ha chiesto la sospensione dei pagamenti dell’Imu per gli agricoltori, sarebbero stati danneggiati anche diversi stabilimenti produttivi nella zona del Lambrusco dove sarebbero andati in fumo migliaia di litri di aceto balsamico. Un grido, quello che arriva da queste terre, a cui non è rimasta insensibile Bruxelles dove il presidente della Commissione agricoltura del parlamento europeo, Paolo De Castro, ha avanzato la possibilità di attivare percorsi di risarcimento perché «ad essere colpiti e fortemente danneggiati sono stati sia i prodotti sia gli assetti strutturali ». E che l’Europa non resterà a guardare lo ha promesso anche il presidente della Commissione europea Barroso: siamo pronti a fornire ogni assistenza. Ma domani è un altro giorno.

da Europa Quotidiano 22.05.12

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“Lo stato che c’è e la cura che manca”, di Pierluigi Castagnetti

Emilia Romagna, terra di terremoti. Verrebbe voglia di cogliere qualche nesso fra i due eventi registrati nelle ultime quarantotto ore.
Mi limiterò a segnalarne uno di grande evidenza: da un lato la risposta tempestiva ed efficiente del sistema politico e amministrativo alla catastrofe che ha sconvolto alcuni comuni della bassa modenese e ferrarese, dall’altro i risultati elettorali di Parma e di Comacchio che vedono trionfare i candidati grillini.
L’Emilia è tutto questo, è efficienza di governo ed è anche domanda di cambiamento, due dati apparentemente in contraddizione. Ma solo apparentemente. L’Emilia si conferma infatti modello di buona amministrazione ma pure luogo in cui la politica, perché in questa regione la politica continua ad esistere!, non può consentirsi il lusso di stare ferma e di accontentarsi dei risultati ottenuti.
Oggi sento però di dovere soffermarmi soprattutto sulla catastrofe sismica esplosa domenica mattina alle 4,03. Rinuncio a dire delle sensazioni e delle emozioni di quelle ore, che ho vissuto anche personalmente seppur alla periferia del “cratere”, per fermarmi brevemente sullo spettacolo delle ore successive. Nei comuni maggiormente colpiti, mentre si succedevano le scosse a decine e decine ciò che impressionava era il volto della gente che stazionava nelle piazze, nei parchi e nei cortili antistanti le proprie abitazioni. Erano volti impauriti, ma non disperati, di persone che non chiedevano nulla se non di sapere quando poter ripartire, non per sfiducia nelle pubbliche istituzioni, ma per la convinzione che toccasse ad ognuno di loro in primo luogo reagire. I sindaci e gli assessori in giro nelle zone particolarmente colpite assolvevano il compito di rassicurare la popolazione, di non fare declinare la fiducia in se stessi e la volontà di riprendere subito. Purtroppo c’erano e ci sono i morti, i 7 morti, ad accentuare la particolare tristezza di queste ore, ma c’erano e ci sono anche le squadre di volontari, quelle della Protezione civile e delle associazioni assistenziali, c’erano e ci sono i professionisti volontari convogliati dagli ordini degli ingegneri, degli architetti e dei geometri per le verifiche di stabilità degli edifici, c’erano e ci sono i preti e i monaci rimasti senza chiese a celebrare la liturgia della solidarietà spirituale e materiale con tutti gli altri abitanti.
Tutti costoro c’erano e continuano ad esserci e tutti insieme danno il senso di una comunità veramente stretta. Nondimeno la reazione delle istituzioni, guidate dal presidente della regione Vasco Errani, dai presidenti delle due province e dai sindaci, come detto prima, trasmette l’immagine di uno stato che c’è e che non vuole disertare. Le riunioni tenute ieri alla presenza del sottosegretario Catricalà e del responsabile della Protezione civile nazionale Gabrielli, hanno confermato la volontà di fare ognuno la propria parte. Questa materia, è noto, ormai è affidata alla possibilità di intervento delle regioni oltreché a un sistema di assicurazioni private contro i rischi delle catastrofi naturali. Ma è del tutto evidente che la dimensione della catastrofe non permette allo stato centrale di estraniarsi e ci si attende che il decreto di riconoscimento dello stato di calamità che verrà emanato dal consiglio dei ministri questa mattina, non contenga solo modalità di rateizzazione o dilazione nel pagamento della tasse per le popolazioni colpite; ci sono interi comuni in cui sono crollate tutte, ripeto tutte, le chiese e non si tratta ora della necessità di trovare il modo di garantire il diritto al culto religioso per quelle popolazioni, posto che tale diritto può essere esercitato anche in luoghi non canonici, ma si tratta di non privare quelle comunità locali del patrimonio storico e artistico che le ha identificate lungo i secoli della loro biografia. E la comunità nazionale deve farsene carico.
Vi sono poi alcuni fabbricati industriali che sono crollati, sotto le cui macerie tra l’altro sono state spezzate le vite di quattro lavoratori, e molti altri sono gravemente lesionati, per la ricostruzione o la messa in sicurezza dei quali lo stato dovrà assumere tempestivamente provvedimenti adeguati. Si è verificata infine una apprezzabile tenuta del patrimonio residenziale pubblico e privato a conferma di una politica urbanistica sviluppata nei decenni con serietà e rigore. Ma, su ogni altra cosa, resta la lezione drammatica e prettamente politica che anche da questa vicenda si deve trarre, fermo restando che eventi come quelli di un terremoto di grande potenza non sono prevedibili e prevenibili: il territorio di questo paese, dal nord al sud, da troppi anni non è più destinatario di strategie di manutenzione e oggi vengono al pettine nodi di difficilissima soluzione. È vero che lo stato è oggi senza risorse, è vero anche che le priorità sono tante, a partire da quella dell’occupazione, ma non è men vero che forse tutte queste priorità non sono così diverse e così inconciliabili tra di loro.
Un programma di assetto idrogeologico del territorio nazionale, seppur pianificato nel tempo, è ormai ineludibile e, peraltro, può essere più di ogni altro progetto un’occasione di crescita e di creazione di nuova occupazione. Ma la questione che si pone è tutta politica: è possibile che un’impresa di questo genere possa essere affidata solo alla logica del mercato? Perché mai il mercato dovrebbe farsene carico? È possibile allora rinunciare all’idea di uno stato attore – non necessariamente imprenditore – di una politica economica costruita attorno a beni pubblici fondamentali, come è appunto il territorio. E alle forze politiche – per tornare a ciò cui ho accennato all’inizio dell’articolo – si impone la questione: è possibile lasciare sfide così impegnative, così seriamente politiche, alle stravaganze e alla demagogia della cosiddetta non-politica o antipolitica?

da Europa Quotidiano 22.05.12

"Grillo, il Gabibbo barbuto", di Massimo Gramellini

Grillo è un Gabibbo barbuto e il Movimento Cinque Stelle la trasposizione politica di «Striscia la Notizia»? La suggestione esiste, inutile negarlo, ma è solo parziale. Grillo è anche il Gabibbo. Un Gabibbo, però, che guarda «Report», ha letto «La Casta» e sa stare sul Web. I due hanno in comune la cadenza, ligure, e l’ideatore, Antonio Ricci, di cui Grillo è stato a lungo il ventriloquo tv. «Fantastico», «Te la do io l’America», «Te lo do io il Brasile»: l’unico programma di successo che Ricci non gli ha curato è «Te la do io l’Italia». Quello se lo sta scrivendo da solo. Se Grillo ricorda il pupazzo rosso che svergogna i potenti tra ghigni e sberleffi, l’attivista-tipo del Cinque Stelle assomiglia a uno di quegli inviati di «Striscia» che consegnano tapiri: informato, tignoso, sfacciato. Quanto all’elettorato, ne esiste uno cresciuto con le tv berlusconiane che da anni si abbevera ai programmi satirici di denuncia e ha finito per introiettarne meccanismi e valori. «Striscia» e «Le Iene» si pongono come giustizieri della notte, raddrizzatori di torti, vendicatori degli oppressi in contrapposizione a un Potere che magnanimo li finanzia attraverso la pubblicità. Secondo lo studioso dei media Massimiliano Panarari, il loro segreto consiste nel dare sfogo al rancore popolare verso un sistema concepito come nemico. Ai seguaci di «Striscia» il movimento di Grillo non sembra antipolitica, ma politica: difesa del cittadino. In realtà, sostiene Carlo Freccero, il termine corretto è Apolitica: il rifiuto dei partiti, ormai ridotti a meri comitati d’affari. E qui l’albero genealogico del grillismo si allarga a «Report» di Milena Gabanelli e al bestseller «La Casta» di Stella e Rizzo.

"Report" è la versione sofisticata della tv di denuncia, il Gabibbo in bella copia, il grande giornalismo d’inchiesta. Gabanelli incarna l’archetipo grillista del Controllore, colui o colei che incrocia i dati, macina le informazioni e rivela i segreti del Moloch che ci condiziona la vita, sia esso una multinazionale di farmaci o un assessore arrogante e corrotto. Il milione di copie de «La Casta» è stato un fenomeno sociale che la cultura in ghingheri non ha voluto capire, forse perché gli artefici non erano due intellettuali spocchiosi e incomprensibili, ma due bravissimi giornalisti. Stella e Rizzo hanno dato sostanza di pagine al mal di pancia verso i partiti e il loro sistema chiuso di privilegi. Cosa accomuna lo spettatore di «Striscia» a quello di «Report» ed entrambi al lettore de «La Casta»? L’idea che destra e sinistra siano diventate la stessa cosa: se non nei valori, nel personale politico che ha smesso di incarnarli per dedicarsi esclusivamente alla gestione del potere.

Le radici televisive del grillismo affondano qui e gli hanno sicuramente creato un pregiudizio di simpatia fra gli elettori, anche fra coloro che non lo votano. Di fronte a questo pregiudizio positivo vacillano i dibattiti sul sistema elettorale. Il doppio turno, infatti, funziona quando l’avversario è percepito come una minaccia (un leghista per un democratico, un «comunista» per un berlusconiano) e spinge l’elettore avverso alle urne per incoronare il male minore. Ma il Movimento Cinque Stelle non fa davvero paura a nessuno, semmai suscita curiosità. Così si spiega perché al ballottaggio di Parma il candidato del centrosinistra non sia riuscito nemmeno a fare il pieno dei voti presi al primo turno: migliaia di suoi elettori non hanno sentito l’urgenza di tornare alle urne. Magari in cuor loro si saranno persino augurati il trionfo della «novità».

Ma Grillo e il grillismo non si esauriscono nei vecchi mezzi di comunicazione, parola cartacea e tv. Il Cinque Stelle non si può capire senza la «class action», quel fenomeno importato dagli Stati Uniti che induce le vittime di un medesimo torto a unire le proprie forze e a fare causa comune contro il potere che le ha defraudate di qualche diritto. Il berlusconismo era delega passiva al demiurgo. Il grillismo è assunzione collettiva di responsabilità. Il berlusconiano votava col telecomando, l’attivista di Grillo (non chiamiamolo grillino) con la tastiera del Web. I seguaci di Berlusconi cercavano di assomigliare al Capo fin dalle barzellette, mentre quelli di Grillo non assomigliano a Grillo: nell’approccio sono molto meno televisivi e molto più seri. Il mito fondante del Movimento Cinque Stelle, solo in questo simile all’Uomo Qualunque di Giannini, è il Buon Amministratore. Persa la speranza di sottrarre il mondo alle trame dei grandi capitalisti, il grillismo chiede alla politica di diventare apolitica, cioè di limitarsi all’ordinaria amministrazione. Perciò la politica potrà salvarsi solo se smentirà Grillo, ricominciando a fare sogni grandi. Altrimenti il Gabibbo barbuto trionferà, così come «Striscia» trionfa da vent’anni contro una Rai che ha saputo, o voluto, contrapporgli sempre e soltanto dei Pacchi.

La Stampa 22.05.12

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“Il Comico e il Cavaliere”, di FILIPPO CECCARELLI
E adesso non è per assecondare la mania; non è più tempo, oltretutto, di imputare a Silvio Berlusconi, sempre e comunque, tutto ciò che accade in Italia. E però.
Però, con il necessario distacco, e un filo di sorpresa per gli esiti beffardi che riserva la cronaca elettorale, è certo possibile ipotizzare e in qualche modo anche sostenere che la vittoria di Beppe Grillo se l´è chiamata proprio lui, il Cavaliere, pardòn lo «Psiconano», e per giunta in ideale e funzionale continuità. Detta altrimenti: nessuno più di lui gli ha preparato il terreno, e con il miglior concime possibile.
Aspettino un attimo, i grillini, prima di indignarsi. Idee, passioni, speranze e programmi del M5S non c´entrano nulla con Berlusconi. Ma sappiano anche che l´ex premier, sia pure con quel tanto di vampiresco tipico degli uomini di potere, si guarda bene dal demonizzare Grillo. Tutt´altro. Lo conosce da una vita, è da un po´ che lo studia e in privato dice anche di apprezzarne la «lezione», soprattutto sul piano comunicativo, su cui peraltro lui non si può considerare un principiante. Alcuni dei suoi vanno oltre: tra i primi ha osato il paragone il direttore del Giornale Sallusti; mentre il coordinatore del Pdl lombardo Mantovani (per capirsi: quello che da sindaco ha dedicato un monumento a Mamma Rosa) l´ha detto chiaro e tondo: «Grillo mi ricorda il Berlusconi del ‘94». Giulianone Ferrara è più problematico, ma l´altro giorno ha scritto un´analisi molto sottile e convincente sul fatto che entrambi, l´Attore e il Cavaliere, sentono il bisogno di combattere la noia e quindi di cambiare identità, mestiere, esistenza, insomma tutto.
E però la faccenda è anche ben politica. E dice che Grillo non farebbe così paura se l´Italia non uscisse proprio adesso da quella che il senatore-professore Quagliariello, con intenti cerimoniosi, designò a suo tempo come «l´età berlusconiana». Nella storia del potere, in effetti, non mancano mai gli apprendisti stregoni. E per tornare all´oggi si tende a dimenticare che Beppe Grillo è un professionista dello spettacolo, e ancor più un comico.
Ecco. Con tutto che pure questo può suonare per tutti come uno scomodo ricordo, mai come dinanzi al trionfo grillino torna in mente l´immane, incredibile quantità di battute, battutine, scene, scenette, barzellette, vocette, e scherzetti, doppi sensi, imitazioni, mimi, cucù di cui si è nutrita la vita pubblica nella suddetta età – senza contare il contributo di Bossi e della commedia eroicomica padana.
Ora, il potere del giullare viene da lontano e se in tempi di riemersioni arcaiche ritorna con i dovuti aggiornamenti, vorrà pure dire qualcosa. Ma è sicuro e si può documentare che ridere e far ridere è stata per l´ex presidente del Consiglio un´occupazione terribilmente seria. La cifra e il segreto che rendevano Berlusconi unico e inconfondibile. C´è un libro assai convincente, Il re che ride di Simone Barillari (Marsilio, 2010) che in maniera abbastanza neutrale mette a fuoco la comicità del Cavaliere per concludere che si tratta di un sistema usato per lanciare messaggi e costruire il senso e il consenso. Uno strumento di dominio, insomma, ma anche un mezzo di sottomissione.
Vale la pena di ripeterlo: la politica è fatta di interessi reali, e Grillo non è Berlusconi. Ma se sul piano dei contenuti i due restano inconciliabili, su quello delle forme, dei simboli, delle rappresentazioni e di tutto quanto fermenta nel pentolone dell´immaginario, hanno parecchio in comune. Anche troppo. Un approdo da autodidatti della politica. Un partito personale. Un evoluto modello carismatico. Un afflato populista, anzi tele-populista. Un che di ribaldo, di piratesco, di sovversivo addirittura, che consente al grande pubblico indifeso di identificarli come personaggi che hanno dichiarato guerra al sistema.
L´uso dell´umorismo investe ovviamente il linguaggio: ma è esattamente la loro padronanza a rendere sia Grillo che Berlusconi del tutto invulnerabili dinanzi all´arma del ridicolo. Con il che possono dire qualsiasi cosa e sostenere qualsiasi sguardo. Inoltre entrambi parlano facile, somministrano volgarità, si rivolgono alla pancia, si esprimono con il loro stesso corpo, cambiano costume di scena e la loro migliore virtù consiste nell´abilità di riscaldare l´atmosfera, non di rado suscitando meraviglia. Più che soluzioni, del resto, sollecitano emozioni.
In qualche modo si può pensare che Berlusconi ha seminato ciò che Grillo si appresta a raccogliere nello stesso campo. Eppure, più che una somiglianza, l´impressione è che si tratti di un superamento. Ma qui c´entra la tecnologia, molto più forte di qualunque potente. Grosso modo, ogni epoca ha il suo mezzo di comunicazione che a sua volta seleziona leader e sagoma modelli di potere. Il Cavaliere è padre e figlio della televisione; il Comico ha la stessa complicata parentela con la rete. Uno è verticale, ma in uscita; l´altro orizzontale, in entrata. In questi casi si spera in un miglioramento, ma poi bisogna sempre vedere.

La Repubblica 22.05.12

"Chi rappresenta il male del Nord", di Ilvo Diamanti

I risultati di queste elezioni “amministrative” segnano, in modo definitivo, la fine della Seconda Repubblica e del sistema partitico su cui si è fondato. Indicano, in particolare, la fine del “blocco nordista”, l´asse forza-leghista (come l´ha definito Berselli), fondato sull´intesa e la contiguità elettorale tra la Lega e Berlusconi. Infatti, se osserviamo il bilancio dei comuni maggiori dove si è votato in Italia, il rapporto fra i due principali schieramenti, appare rovesciato a favore del Centrosinistra (per approfondimenti e dettagli rinvio al dossier dell´Osservatorio Elettorale LaPolis, Università di Urbino-Demos: www.demos.it)
Lega e Pdl escono, dunque, chiaramente sconfitti, da queste elezioni. Dal Pd e dal Centrosinistra. Ma anche dal malessere e dalla domanda di cambiamento, a cui ha dato visibilità particolare il Movimento 5 Stelle, guidato da Beppe Grillo.
È la fine della “questione settentrionale” alle origini della Seconda Repubblica. Ma, al tempo stesso, questo voto la rilancia, come specchio di una domanda di rappresentanza politica, largamente insoddisfatta.
1. La Lega esce ridimensionata. Nelle città maggiori (sopra i 15 mila abitanti) dove si è votato, prima di queste elezioni, aveva 12 sindaci. Ne mantiene solo 2. Tra cui Verona, conquistata al primo turno: da Flavio Tosi, più che dalla Lega. Nei comuni maggiori del Nord cosiddetto “Padano” (al di sopra del Po), al primo turno, le sue liste hanno ottenuto il 7% dei voti, 12 punti in meno delle Regionali del 2010, meno della metà rispetto alle politiche del 2008. Se allarghiamo lo sguardo all´intera “zona rossa”, dove la Lega era cresciuta molto negli ultimi anni, il crollo è più vistoso. Oggi, infatti, nel Centro-Nord, in queste elezioni ha totalizzato il 5,8%, ma aveva ottenuto quasi il 13% alle politiche del 2008 e oltre il 17% alle regionali del 2010.
2. Il PdL, ultima versione del partito personale di Silvio Berlusconi, va anche peggio. Dal punto di vista dei governi locali, anzitutto. Nei comuni maggiori del Centro-Nord, da 49 a 20 per il Centrodestra, dopo questo voto, si passa a 44 a 12 per il Centrosinistra. Ma lo sfaldamento appare ancor più sensibile dal punto vista elettorale. Il PdL, infatti, si attesta al 12-13%, nel Nord e nel Centro-Nord, mentre aveva ottenuto circa il 28% alle Regionali di due anni fa e il 33% alle Politiche del 2008.
3. Ne esce un quadro del Nord e del Centro-Nord largamente ri-disegnato. In un paio d´anni, ha quasi perduto i colori dominanti: il Verde e l´Azzurro. D´altronde, oggi i partiti del Centrodestra – o di quel che ieri si chiamava così – non governano in nessun capoluogo di regione nel Centro-Nord. Gli ultimi – Milano e Trieste – li hanno perduti un anno fa. Uno scenario analogo emerge anche se consideriamo i capoluoghi di provincia. Prima del 2010, 22 capoluoghi del Centro-Nord erano governati dal Centrodestra, 16 dal Centrosinistra. Oggi 21 sono amministrati dal Centrosinistra e 14 dal Centrodestra (1 dalla Lega da sola e 2 da giunte di altro colore). Gli attori politici che avevano “inventato” la “questione settentrionale” oggi sono minoranza – e quasi periferici – nel Nord.
4. Parallelamente, è cresciuto il Centrosinistra, intorno al Pd. Che oggi è il primo partito: del Nord “Padano” e, a maggior ragione, nel Centro-Nord. Ma i suoi successi dipendono soprattutto dalla capacità di fare coalizione. Il Pd ha, infatti, perduto peso elettorale, rispetto alle Politiche e alle Regionali. Mentre in alcune fra le città più importanti ha contribuito, con i suoi voti, a eleggere sindaci espressi da Sel. Come Doria a Genova. E, un anno fa, Pisapia a Milano.
L´antico Triangolo Industriale, Milano-Torino-Genova, dunque, oggi è governato dal Centrosinistra. Ma (come ha osservato Gad Lerner) da uomini e soggetti politici, in prevalenza, “esterni” al Pd.
In altre città, il candidato del Pd e del Centrosinistra è stato sconfitto da altre coalizioni. A Belluno, ad esempio, si è affermato il candidato sostenuto da liste civiche di Sinistra. A Cuneo il candidato del Terzo Polo.
5. Lo stesso è avvenuto in alcuni comuni dove lo sfidante era espresso dal Movimento 5 Stelle. Anzitutto a Parma, ma anche in altre città. Come Mira e Comacchio. Il risultato elettorale del Movimento 5 Stelle appare rilevante soprattutto nel Nord e nelle zone rosse del Centro. Dove si presenta, infatti, supera, mediamente, l´11% (alle Regionali del 2010 si era attestato intorno al 3-4%).
In una certa misura, il “partito di Grillo” è l´attore politico che oggi interpreta, più di altri, il “male del Nord” (ma anche del Centro). Espresso dalle aree territoriali e dalle componenti sociali coinvolte dalla crisi economica, dopo decenni di crescita. Soffrono di un profondo deficit di rappresentanza politica. Le promesse di Berlusconi e della Lega sono rimaste tali. Promesse, slogan. Mentre il Centrosinistra, imperniato sul Pd, è rimasto, a sua volta, coinvolto nel clima di insofferenza verso il sistema partitico. Afflitto dal vizio oligarchico e dal deficit etico.
6. Il successo del Movimento 5 Stelle sfrutta, dunque, il malessere generato dal governo, a livello centrale e locale. Ma intercetta anche la diffusa domanda di rinnovamento del ceto politico. E la crescente sensibilità intorno a temi legati alla tutela dell´ambiente e dei beni pubblici.
Naturalmente, una cosa è affermarsi su base locale. Altra è competere su base nazionale. Il bello – e le difficoltà – per il “partito di Grillo” cominciano ora. Perché dovrà governare, a livello locale. E dovrà organizzare la propria presenza nazionale, in vista delle prossime elezioni. Programmi, candidati, strategie e – perché no? – alleanze. Oggi, però, a nessuno è concesso di liquidare questo Movimento come antipolitico. Perché agisce da attore politico, sul mercato elettorale. Dove si sta ritagliando uno spazio molto ampio (alcuni sondaggi lo stimano, già ora, intorno al 20%).
7. Questa “piccola” consultazione amministrativa ha mutato profondamente le basi della “questione settentrionale”. Nel Nord, infatti, si fanno strada domande di segno nuovo. Che non emergono da centrodestra ma da centrosinistra e, anzi, da sinistra. Esprimono istanze critiche verso il neoliberismo e i valori imposti dai “mercati” (finanziari) globali.
8. Dietro al voto, si scorge un Paese in cerca di rappresentanza politica.
Se la Seconda Repubblica è finita, la Terza non è ancora cominciata.

La Repubblia 22.05.12

"Abbiamo vinto le elezioni amministrative 2012"

I risultati dei ballottaggi e la conferenza stampa di analisi del voto di Pier Luigi Bersani. Dosi vince a Piacenza, Doria a Genova. Cialente si riconferma alla guida de L’Aquila. Nei 26 comuni capoluogo al voto il centrosinistra si aggiudica 18 amministrazioni e si registrano in alcuni casi delle vittorie storiche come a Monza, Como, Alessandria, Asti, Lucca, Rieti, Garbagnate, a Legnano. La Lega perde 7 ballottaggi su 7. Affermazioni di Pizzarotti a Parma e di Orlando a Palermo
Nei 26 comuni capoluogo al voto il centrosinistra si aggiudica 18 amministrazioni, 5 il Pdl, 1 il movimento Cinque stelle, 1 il Terzo Polo, 1 la Lega Nord.

I cambi di amministrazione che premiano il Pd e il centrosinistra sono 11, mentre il centrodestra può annoverarne solo uno. Ecco le città capoluogo che cambiano casacca a favore del centrosinistra: Alessandria, Asti, Como, Monza, Belluno, Lucca, Rieti, Isernia, Brindisi, Trani. Il Pdl, se il dato sarà confermato, si aggiudica solo Frosinone. Al conteggio del centrosinistra si aggiunge Palermo, che tuttavia non è ascrivibile al Pd.

Per quanto riguarda le conferme, il centrosinistra se ne aggiudica sette: Genova, L’Aquila, Taranto, Cuneo, Pistoia, La Spezia, Piacenza. Il centrodestra mantiene le amministrazioni di Gorizia, Lecce, Trapani, Catanzaro (anche se pende il ricorso).
La Lega conferma l’amministrazione di Verona. Ad Agrigento, l’unico sindaco del Terzo Polo, il centrista Zambuto, che succede a se stesso.

In totale tra cambiamenti e conferme, il centrosinistra si aggiudica 18 amministrazioni, il Pdl 5, 1 alla Lega, 1 al movimento di Beppe Grillo (Parma, gia’ amministrata dal centrodestra), 1 al Terzo Polo.

Il prevalere del centrosinistra è stato confermato anche dal turno di ballottaggio. Dei 19 capoluoghi che hanno votato per la seconda volta domenica, il centrosinistra se n’è aggiudicati 15.
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“Dei 177 comuni sotto i 15mila abitanti che sono andati al voto, 92 hanno visto la vittoria del centrosinistra e del PD. Un’affermazione notevole se solo si pensa che 5 anni fa partivamo da 45. Questi sono i fatti, abbiamo vinto senza se e senza ma le elezioni amministrative 2012”! Così il leader del PD, Pier Luigi Bersani nella conferenza stampa di analisi del voto dei ballottaggi 2012.

“Capisco il simpatico tentativo di rubarci la vittoria ma non sarà così” ha continuato il leader democratico. “Una vittoria straordinaria. Abbiamo vinto in tutta la Brianza e la Lombardia, in Toscana, in Abruzzo, nel circondario di Napoli e così via”.

“Voglio smentire che con Grillo noi perdiamo comunque: a Garbagnate e Budrio abbiamo vinto. Parma e Comacchio sono governate dal centrodestra da dieci anni. Dove non abbiamo vinto, non è vero che abbiamo perso”.

“Parma – ha aggiunto – ci fa riflettere. Per noi il giudizio rimane quello di prima del voto che è stato largamente trasversale. Ho sentito La Russa compiacersi di aver appoggiato Grillo e so anche bene che Grillo non si riduce a questo ma non è corretto interpretare questa elezione amministrativa solo quella chiave”.

Da queste elezioni “emerge con evidenza che esiste un forza politica capace di aggregare le forze civiche e di avere un’affermazione politica netta; capace di confrontarsi con le novità (non troppo chiare) nella prospettiva del bene del Paese: questo è il PD.
Noi ci siamo misurati in una situazione politica delicata, ci siamo caricati responsabilità non nostre in un momento difficile per il Paese. E il segnale che viene da queste amministrative dice che la nostra posizione è stata largamente compresa. Siamo in una situazione in cui la destra non risponde più alle aspettative dell’elettorato, c’è disaffezione e protesta verso la politica e tocca a noi interpretare un cambiamento credibile in vista di un appuntamento storico che è il 2013”.

“Un vittoria particolare l’abbiamo avuta a L’Aquila dove la nostra amministrazione si è caricata sulle spalle un problema enorme da affrontare ed è stata capita dai suoi cittadini. Ma tutti in nostri candidati sono stati eccezionali. A loro tutto il mio grazie e i complimenti vivissimi”.

Il confronto con Grillo. “Sotto la pelle del paese corrono tante difficoltà che non possono essere interpretate con politiche salottiere. Confrontiamoci con Grillo sul lavoro e gli assetti della democrazia. Seremo orgogliosi di fare questa battaglia, si capirà che il PD ha un’idea ben precisa di quale assetto dare al sistema. Senza nessuna scorciatoia”.

Affluenza al 51%, la politica ha perso?. Dato preoccupante ma non allarmante perché si tratta di un ballottaggio nelle sue particolarità. Dove la sfida era più accesa i dati di affluenza sono stati migliori. Certo, in termini assoluti, l’affluenza non ha raggiunto quelle soglie che avremmo voluto. Ma non possiamo dire che la politica è da buttare o farei un torto anche a Grillo. C’è grande difficoltà ma ci sono anche le risorse per riprendere la strada.

Elezioni e governo Monti. “Mi auguro che il governo capisca che da queste elezioni arriva un messaggio anche per lui. Il Paese vive una sofferenza acuta, alcuni problemi non si possono risolvere, altri si possono risolvere e bisogna porre un grande orecchio sui temi sociali”, ha spiegato il segretario del Pd nella conferenza stampa di analisi del voto.
“Le elezioni segnalano questo, sia per chi le ha vinte, che siamo noi, sia per le novità che sono emerse e segnalano un forte disagio oltre che un’esigenza di rinnovamento”, ha insistito, “il Paese ha bisogno di segnali concreti che riguardano la vita di ogni giorno”.

— Ore 17.45 —

“I risultati delle elezioni premiano il Pd e il centrosinistra. Viene confermata la fiducia dove abbiamo governato e vinciamo in quasi tutti i grandi comuni dove il centrodestra era alla guida della citta’. Como, Monza, Sesto San Giovanni, Legnano, Magenta, Abbiategrasso, San Donato, Garbagnate, Palazzolo (Bd), Desenzano (Bs), Castiglione delle Stiviere (Mn) sono i nomi della nostra vittoria inconfutabile in provincia di Milano e in tutta la Lombardia. Si tratta un risultato straordinario, il migliore da decenni a questa parte”. Con queste parole Matteo Mauri, capogruppo del Pd a palazzo Isimbardi, commenta il risultato dei ballottaggi in Provincia di Milano.

“Nel momento di crisi e difficolta’ – aggiunge Mauri – i cittadini hanno scelto di affidarsi al Centrosinistra e in particolare modo al Pd. Siamo consapevoli di essere chiamati ad una grande prova, risponderemo con la qualita’ dei nostri sindaci e con le nostre idee”.

— Ore 17.35 —

“Chi vuole dare una lettura burocratica sbaglia, il voto dimostra l’impatto violento nei confronti della politica tradizionale che non può trovare una risposta burocratica. Una nuova legge elettorale essenziale con cittadini che scelgono i candidati”. Lo afferma Enrico Letta, vice segretario del Pd al Tg3. L’esponente democratico, parlando del modello da scegliere aggiunge: ‘Il doppio turno mi sembra la migliore scelta”.

Il vicesegretario Pd ha sottolinea che il voto e la sua analisi arrivano “con la testa a Mesagne e a San Felice sul Panaro, lì dove i comuni fanno la loro parte e dove i cittadini si sono stretti ai loro sindaci”.

“Il primo dato da esaminare è che tra bassa affluenza e Parma, occorre una nuova legge elettorale, con i cittadini che scelgano direttamente, e la riduzione del finanziamento alla politica, con sanzioni e controlli”. Un pacchetto, almeno quello relativo al finanziamento della politica, “che si deve chiudere questa settimana, oppure – ammonisce – altro che Parma… Sarà Parma-Italia”

— Ore 17.20 —

Mario Lucini, candidato sindaco del centrosinistra (Pd, Sel, liste civiche), è il nuovo sindaco di Como. Al ballottaggio ha nettamente battuto la candidata del Pdl Laura Bordoli con il 74,86% dei voti (dato definitivo: 21.562 a 7.238). Per Como si tratta di una svolta storica: da quando c’è l’elezione diretta del sindaco, aveva sempre vinto il candidato del centrodestra, cinque anni fa addirittura al primo turno.
“Festeggiamo pure, ma ricordandoci la sofferenza che stanno vivendo diverse famiglie – sono state le prime parole del nuovo sindaco – Per cui facciamolo con saggezza. Il bello inizia adesso. Se siamo arrivati qui è perché mi sono sentito sostenuto da decine e decine di persone. Questo è il successo di tutti”.

— Ore 17,17 —

Federico Pizzarotti è il nuovo sindaco di Parma. Ha ottenuto il 60,23% dei voti contro il 39,77% di Vincenzo Bernazzoli.

— Ore 17.12 —

Piermauro Pioli del Partito democratico è il nuovo sindaco di Garbagnate Milanese con il 51,74% delle preferenze. Ha vinto contro lo sfidante dei grillini Matteo Afker, fermo poco distante al 48,26%. In Lombardia Garbagnate era l’unico comune che vedeva contrapposto il centrosinistra al Movimento 5 stelle.

— Ore 17.05 —

A L’Aquila, Massimo Cialente si riconferma con il 59,19% dei voti.

— Ore 17.00 —

A Lucca, Alessandro Tambellini vince col 69,7%; ad Asti, Fabrizio Brignolo si afferma con il 56,9%; ad Alessandria, Rita Rossa vince con il 67,9%; a Rieti, Simone Petrangeli, vince con il 67,1%. Tutti e quattro i comuni erano governati dal centrodestra.

— Ore 16.57 —

Il sindaco de L’Aquila, Massimo Cialente corre verso la sua rielezione per un secondo mandato, con oltre il 59% dei voti quando sono state scrutinate 70 sezioni su 81.
Cialente, sostenuto da Pd, Api, Idv, Prc-Pdci, Sel ha conquistato finora il 59,2% dei consensi contro il 40,8% ottenuto al momento da Giorgio De Matteis, candidato di Mpa, Udc, Udeur.

— Ore 16.55 —

“Il mio desiderio è annunciare la squadra non oltre sabato mattina”. Lo dice il neosindaco di Piacenza Paolo Dosi del Pd, confermando che ci sarà una “forte presenza femminile”.

— Ore 16.50 —

Paolo Dosi, assessore uscente della giunta Reggi (con le deleghe alla Cultura e Sport) è il nuovo sindaco di Piacenza. Si afferma con il 57,8% dei voti, quando mancano solo due sezioni. Il suo sfidante Andrea Paparo del Pdl si ferma al 42,1%.
Dosi si è affacciato dal balcone del Comune come da tradizione per il neosindaco per salutare i cittadini che si sono concentrati in piazza Cavalli davanti al Comune.

— Ore 16.40 —

La Lega ha perso 7 ballottaggi su 7.

— Ore 16.30 —

“Il Pd e il centrosinistra hanno vinto le elezioni amministrative 2012. Se avessimo vinto anche Parma, le avremmo stravinte. Ora prepariamoci a farlo in Italia, che il lavoro da fare sarà lungo e difficile”. Così Stefano Di Traglia, responsabile Comunicazione del Pd.

— Ore 16.17 —

“Il centrosinistra vince ovunque, in tutto il Paese”, ha riferito Davide Zoggia, responsabile Enti locali, nel primo commento al voto. “I dati che ci arrivano segnano in alcuni casi delle vittorie storiche come a Monza, Como, oltre a Genova, Piacenza, Alessandria, Lucca, Rieti dove siamo avanti, Garbagnate, a Legnano. Siamo avanti a Isernia, avanti a Trani e ovviamente i dati ci dicono che molte città che erano governate dal centrodestra cambieranno governo e sono Alessandria, Monza, Como, Asti e Lucca”, ha assicurato ancora Zoggia.

— Ore 16.15 —

Davide Zoggia, responsabile enti locali del Pd, commentando il voto che assegna a Leoluca Orlando di Idv il 70 per cento dei consensi, riconosce la vittoria ma spiega che “a Palermo la situazione politico amministrativa sara’ a breve ricomponibile affinche’ possa esserci un governo di centrosinistra”.

— Ore 16.12 —

A Parma “il centrodestra ha giocato un ruolo rilevante nella vittoria del candidato del movimento Cinque Stelle. Hanno interpretato il voto come una sorta di rivincita per il centrodestra che viene da anni di gestione disastrosa della citta’”. Cosi’ il responsabile enti locali del Pd Davide Zoggia ha commentato i risultati del ballottaggio nella citta’ emiliana.

— Ore 16.10 —

“Un dato sconvolgente che emerge è quello sull’astensionismo: o capiamo che le prossime elezioni le vince chi porta a votare chi ha smesso di farlo o non abbiamo capito la strategia politica”. Cosi’ il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ospite dello speciale sui ballottaggi condotto su La7 da Enrico Mentana. “La vittoria di Pizzarotti a Parma è forse uno shock per tanti. Però ha un aspetto positivo, e cioè quello per cui i grillini ora possono smettere di sparare nel mucchio e si confronteranno con le problematiche di una città. Un dato molto interessante è che si esca dalla logica della rete e si cominci a misurarsi con i contenuti”, ha poi aggiunto. “Piuttosto dobbiamo porci una questione: se i cittadini di Parma ritengono che un candidato del Movimento di Beppe Grillo sia più credibile del nostro candidato, io una domandina me la farei. E, nell’ottica delle elezioni dell’anno prossimo: facciamo quelli che si arroccano in una fortezza o proviamo a fare qualcosa?”.

— Ore 16.00 —

Secondo le stime del Pd il candidato Paolo Dosi diventerà sindaco di Piacenza con il 58,6 % dei voti. Al momento è al 57,7%, quando sono state scrutinate quasi 85 sezioni su 108.

— Ore 15.50 —

Dai primi dati a disposizione del Partito democratico, il centrosinistra è in vantaggio ai ballottaggi a Monza, L’Aquila e Sesto San Giovanni.

— Ore 15.50 —

Il Pd si sganci subito dal sostegno a Raffaele Lombardo. La presidente dei Democratici Rosy Bindi, al tg3, trae la prima conseguenza del voto nel capoluogo siciliano, dove Leoluca Orlando viaggia intorno al 70 per cento dei consensi.
A Palermo, dice Bindi, “chi è rimasto impigliato a Lombardo ha pagato un prezzo. In Sicilia sta nascendo una nuova primavera.
Se il Pd rompe subito con Lombardo, forse può partecipare alla nuova primavera, se continua a essere legato soccombe”.

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Terremoto, sottoscrizione fondi aperta dal Pd dell’Emilia-Romagna

C’è la volontà di dirottare su questo conto corrente i fondi raccolti in diverse iniziative. E’ stato aperto dal Pd dell’Emilia Romagna un conto corrente su cui fare confluire tutti fondi raccolti nel corso delle iniziative che, dalle prossime ore, saranno organizzate dai diversi Circoli del partito. Mentre il sisma continua a squassare la Bassa e migliaia di persone si accingono a passare anche la seconda notte fuori dalle proprie case, diviene sempre più evidente che occorreranno fondi ingenti per tentare di recuperare il patrimonio pubblico e privato andato distrutto o danneggiato dalle diverse scosse. Servono fondi per gli immobili pubblici, per le abitazioni, per le unità produttive, per le strutture storico-architettoniche. Il Partito democratico ha, pertanto, deciso di lanciare una sottoscrizione pubblica. Uno specifico conto corrente è stato aperto presso Unipol Banca: raccoglierà contributi da privati, ma soprattutto da tutte quelle iniziative che i Circoli Pd metteranno in campo, già dalle prossime ore, per destinare fondi alle zone colpite dal terremoto. Il conto ha come intestazione “Emergenza terremoto Emilia Romagna – Unione regionale Partito democratico”. Le coordinate bancarie sono IT02 N031 2702 4100 0000 0001 494. L’iniziativa è stata assunta d’intesa tra le due Federazioni provinciali di Modena e Ferrara, il partito regionale dell’Emilia Romagna e il Pd nazionale.

Terremoto, deputati Pd “Alcune proposte su dove trovare i fondi”

Domani mattina poco dopo le 11.00 il Governo riferirà in Aula alla Camera sul terremoto. I deputati modenesi del Pd Manuela Ghizzoni, Ivano Miglioli e Giulio Santagata avanzano alcune proposte operative su dove reperire, almeno parte, delle risorse necessarie da indirizzare al recupero del patrimonio pubblico e privato danneggiato dal terremoto. Due, in particolare, le strade possibili: la cosiddetta “Legge Mancia” e gli avanzi di amministrazione di cui dispone l’Inail. Ecco la loro dichiarazione comune:
«Di ora in ora cresce l’ammontare complessivo del costo di questo terremoto. Non parliamo di quello, incommensurabile, in vite umane e feriti, ma di quello più propriamente economico. E’ chiaro che Governo, Enti Locali, Protezione civile dovranno mettere a punto una pluralità di strategie di intervento indirizzate al recupero del patrimonio pubblico, delle abitazioni private e delle unità produttive, ma è altrettanto evidente che occorre uno sforzo straordinario per reperire risorse da destinare alle aree colpite dal sisma. Domani mattina, alle 11.15, il Governo verrà in Aula alla Camera per riferire sulla situazione più complessiva. In quell’occasione, noi deputati modenesi del Pd, avanzeremo alcune specifiche proposte per trovare almeno una parte delle risorse necessarie. Si tratta di fondi che devono essere indirizzati, per la natura stessa dei capitoli di spesa presi in considerazione, al patrimonio pubblico e a quello storico-architettonico. Innanzitutto, crediamo si debba poter attingere ai fondi della cosiddetta “Legge Mancia”: si tratta di circa 200 milioni di euro, una parte di quelle risorse che non sono state ancora assegnate ai Comuni colpiti da altre calamità naturali. In seconda battuta, crediamo ci si possa indirizzare verso le potenzialità di investimento di Inail, ovviamente senza ridurre gli impegni già destinati da questo ente al territorio abruzzese. Inail, infatti, in questo momento, ha a disposizione degli avanzi di amministrazione di oltre 1 miliardo di euro. Una parte significativa andrà a L’Aquila, ma un’altra parte di quei fondi potrebbe essere destinata all’Emilia vista l’eccezionalità di quanto accaduto nelle nostre terre».