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"Accordo sui debiti dello Stato. Alle imprese 30 miliardi", di Francesco Semprini

Il dado è tratto. L’accordo fra imprese, banche e governo sui debiti pregressi della pubblica amministrazione è sostanzialmente chiuso. Lo confermava ieri sera Corrado Passera al termine dell’ultimo tavolo di confronto: il vertice è andato «bene». A meno di colpi di scena, oggi il governo illustrerà l’intesa raggiunta tra governo, Abi, Confindustria, Rete Imprese Italia e Alleanza cooperative: vale trenta miliardi di euro dei circa 70 di debiti complessivamente stimati.

Ieri la quadratura del cerchio è arrivata grazie al superamento dell’ultimo scoglio, ovvero la richiesta di introdurre la compensazione da parte delle aziende di dimensioni più piccole per incassare i crediti.

Ipotesi su cui il governo si era dimostrato poco incline, e che senza la quale le rappresentanze di categoria, come quella degli artigiani, non avrebbero apposto la propria sigla. Poi il cambio di rotta dell’esecutivo che ha deciso di concedere la possibilità di compensare i crediti non prescritti con le somme iscritte a ruolo: multe, pagamenti passati in giudicato, ma anche debiti tributari e quelli previdenziali contratti con l’Inps sempre iscritti a ruolo.

«Un segnale positivo che va nella giusta direzione», spiegano fonti vicine alla piccola imprenditoria, che tuttavia aveva avanzato richieste più ampie ovvero l’inclusione nella compensazione, non solo dei debiti pregressi ma anche degli impegni tributari in divenire.

La convergenza tuttavia è fondamentale, specie per le piccole e medie imprese strozzate dalla contrazione del credito e da tempi lunghissimi per il saldo delle fatture. Oggi le regole prevedono una scadenza massima di 12 mesi, l’accordo abbatterebbe l’attesa al massimo fino a sei mesi.

A dare attuazione ai provvedimenti sono i decreti dei ministeri dell’Economia e dello Sviluppo che riguardano tra gli altri la certificazione, digitale ed obbligatoria entro 90 giorni, per rendere i crediti da inesigibili a bancabili. In sostanza lo Stato, avvalendosi della copertura del Fondo centrale di garanzia, si impegna legalmente ad onorare gli impegni presi con le imprese.

A questo punto le aziende potranno scegliere se compensare o rivolgersi alle banche per riscuotere un anticipo sul credito. Tre i meccanismi possibili per le aziende: il pro-solvendo, il pro-soluto o il cosiddetto “sconto fattura”.

Quest’ultima è considerata la soluzione migliore e quella a cui ricorreranno la gran parte delle aziende: non impatta sul debito pubblico e non vincola in solido le aziende. Sull’ammontare dell’anticipo si parla di un 70% sino a un massimo di 2,5 milioni di euro a impresa, ma c’è la possibilità di attivare una controgaranzia del Fondo centrale sino all’80% in caso di garanzia diretta da parte di Confidi.

Questo il compromesso raggiunto nel caso in cui l’Europa non ammetta lo scorporo dal «Fiscal Compact» di questo tipo di spese. Se il premier Mario Monti dovesse spuntarla a Bruxelles le aliquote potranno essere anche superiori.

La Stampa 22.05.12