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Trani: Berlusconi, Innocenzi e Minzolini indagati "Pressioni su Tg1 e Agcom, concussione"

Il Cavaliere si è anche lamentato per la presenza di Scalfari e Mauro nel programma della Dandini. Masi al telefono: “Manco nello Zimbabwe”. Calabrò: “Nessuna censura”. Innocenzi annuncia querele.
Silvio Berlusconi, il membro dell’Agcom Giancarlo Innocenzi e il direttore del Tg1 Augusto Minzolini sono indagati per concussione dalla procura di Trani, l’inchiesta è nelle mani del sostituto procuratore Michele Ruggiero. Le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza. I magistrati della Procura non hanno voluto commentare la notizia: “Oggi e domani non diciamo nulla, è inutile fare domande”.

Il retroscena. Il premier voleva mettere il bavaglio ad Annozero. Lo scrive oggi in prima pagina il Fatto quotidiano, citando l’inchiesta, durante la quale – in maniera del tutto casuale – sarebbero state intercettate le telefonate che dimostrerebbero le pressioni e gli interventi di Berlusconi contro la trasmissione di Santoro.

Nelle intercettazioni che risalirebbero a circa tre mesi fa, legate a un’inchiesta su carte di credito e tassi di usura, si leggono, a margine del fascicolo, i nomi di Berlusconi, Giancarlo Innocenzi (membro dell’Agcom) e del direttore del Tg1 Augusto Minzolini. Tutti, secondo il Fatto, discutono della tv pubblica e dei suoi talk show. “La procura – scrive il giornale – ascolta in diretta le pressioni e le lamentele del premier per Annozero. Rivolte al membro dell’Agcom Giancarlo Innocenzi”. Con inviti molto espliciti a chiudere il programma. In un’altra di queste telefonate il presidente del Consiglio si lamenta della presenza del direttore di Repubblica Ezio Mauro e di Eugenio Scalfari in un’altra trasmissione da lui odiata, Parla con me, condotta da Serena Dandini.

Innocenzi avrebbe rassicurato il premier sulla “soluzione” del problema. E visto che per agire contro Annozero l’Agcom deve ricevere degli esposti, lo stesso Innocenzi si sarebbe detto disponibile a mobilitare alcuni suoi funzionari come consulenti sulla materia. Altrettanto clamorose le telefonate di Innocenzi al dg della Rai, Mauro Masi, in cui lamenta le continue pressioni del premier: “Nemmeno nello Zimbabwe”, è il commento del direttore generale.

Disponibilissimo a venire incontro alle esigenze del capo del governo, sulla base delle rivelazioni del Fatto, è il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, che Berlusconi chiama “direttorissimo”, e che si sarebbe detto pronto a intervenire, ad esempio, sul caso Spatuzza: e infatti il giorno dopo in tv arriva il suo editoriale, in cui definisce “bugie” le parole del pentito di mafia.

Le reazioni. “L’Agcom è un’autorità indipendente e autonoma che non ha mai esercitato censura preventiva – dichiara il presidente Corrado Calabrò – Noi parliamo attraverso i propri atti e questi atti dimostrano inequivocabilmente la sua indipendenza e autonomia di giudizio”.

Si chiama fuori anche Minzolini: “Non so di cosa si parla, non ho ricevuto nesssun avviso di garanzia e quale è il reato? Berlusconi mi avrà telefonato due o tre volte, non di più e comunque quanto Casini e gli altri. Siamo alla follia, credo di essere la persona più cristallina del mondo, quello che penso lo dico in tv”. “Tutto questo è demenziale, insulso, è un’intimidazione, ma non funziona assolutamente. Di fronte a una cosa del genere io vado ancora più dritto – continua il direttore del Tg1 Augusto Minzolini – Poi io con Santoro non c’entro nulla, faccio un’altra cosa, sono da un’altra parte”.

Si difende con veemenza anche Giancarlo Innocenzi che annuncia querele e contesta “le illazioni” sottolineando “l’assoluta inconsistenza delle intercettazioni e l’illiceità della loro pubblicazione”.
La Repubblica 12.03.10

"Gelmini mani di forbici. Genitori e studenti in piazza contro i tagli", di Maristella Iervasi

La scuola va rotoli. E lo sanno bene i genitori che sono scesi in piazza a Roma e in tutt’Italia con sciarpe “multistrato” di carta igenica. “Gelmini mani di forbici: meno ore, meno soldi, meno lavoro”, recita il cartello che porta sul petto Giovanna, insegnante dell’elementare Falcone-Borsellino. Mentre Michela, docente precaria, distribuisce “diplomi” strappando strati da un rotolo di “nefandezza”. “Così ci ha ridotto la “maestra unica” dell’istruzione”, precisa Gabriele, papà di una bimba di 8 anni che sfila in corteo con i suoi compagni di classe. La povertà della scuola italiana è talmente lampante che la carta igenica è il nuovo simbolo della protesta. “Ma nelle aule scolastiche manca pure quella, oltre tutto il resto” – si affretta a sottolineare Andrea Pioppi, maestro di italiano del 45° circolo didattico della Garbatella.

Scuole in bancarotta, scuole fatiscenti. Istituti che restono in piedi solo grazie al contributo delle famiglie, che rischia però di trasformarsi in una imposizione. Per non essere costrette a chiudere i portoni in faccia agli studenti, per non consegnare le chiavi alla Gelmini che ha distrutto la scuola. Ma mettendo in disagio le famiglie che già non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Il collettivo studentesco “Senzatregua” con una inchiesta ha svelato lo scempio della scuola pubblica. Per non tagliare l’offerta formativa, la didattica o i corsi di recupero molte scuole sono stati costrette a battere cassa sulle famiglie: al Giulio Cesare, storico liceo capitolino, ad esempio la retta è passata da 70 euro a 130. E non finisce qui. I presidi spesso e volentieri sono costretti a salire in cattedra e fare i supplenti perché non hanno i soldi per sostituire i prof. Ci sono materie che sono scritte sulle pagelle ma che gli studenti conoscono appena, come l’informatica, perché i computer sono obsoleti o perché nei laboratori la corrente salta.

L’elenco dei danni e dei tagli del duo Gelmini-Tremonti è sterminato. E ieri la proteste delle mamme, degli insegnanti, dei bidelli e degli studenti delle superiori l’hanno denunciata a gran voce. Un “racconto” drammatico fatto di slogan, musica, e di parole “srotolate” sulla carta igenica. Ragazzini stipati in classi-pollaio in violazione delle più elementari norme di sicurezza. La scuola pubblica avanza dallo Stato milioni di euro che il governo continua a negare. I fondi arrivano solo per le private. L’istruzione pubblica invece è stata messa in mutande. Da qui la protesta civica e apartitica delle famiglie e degli studenti. Da Milano alla Sardegna, le piazze delle protesta, dietro le bandiere della Cgil o dei palloncini dei Cobas.

ROMA Due i cortei: la Cgil da Piazzale Flaminio alla Rai; i Cobas da piazza della Repubblica al ministero dell’Istruzione di viale Trastevere. Ma al di là delle bandiere, ha stupito la grande partecipazione di studenti e genitori. Con un uno striscione eloquente: “Siamo stufi di fare i salti mortali e stare appesi a un filo”. Dietro un furgone musicale i liceali di “Senzatregua”, alzano il pugno e cantano “Contessa”, “Luna Rossa”. Sul camion anche “dieci piani di nefandezza” da lanciare sotto le finestre della Gelmini, come i sacchi di calcinacci “perchè così il ministro ha ridotto le nostre scuole”, sottolinea Alessandro. Il movimento ha assedito il ministero e rimarrà in presidio fino a domenica. In contemporanea verso Prati, la manifestazione della Cgil: con gli studenti della Rete, dell’Udu e l’Unione degli studenti protagonisti a Roma ma con delegazioni in tutte i cortei del Paese.

MILANO Mafalda, le uove e la carta igenica. Qui i collettivi hanno avuto qualche battibecco con la polizia in tenuta antisommossa. Non mancati i cori: “Poliziotto non ti sbagliale è Berlusconi che devi arrestare” e lanci di fumogeni.

LE ALTRE PIAZZE “Ci vogliono ignoranti ma ci avranno ribelli”. A Foggia gli studenti Uds e Link hanno manifestato per le strade della città coperti da sacchi dell’immondizia con scritto: “Io non sono uno spreco”. A Ragusa liceali vestiti verde per recuperare la speranza nel futuro.
L’Unità 12.03.10

Riforma Gelmini e materie scientifiche: «Sarà una strage», di Chiara Affronte

Bologna e provincia perderanno un numero esorbitante di ore di materie scientifiche, ai licei e negli istituti. Un calo a cui, con molta probabilità, corrisponderà un taglio di docenti in quelle aree: l’ipotesi è di 150 circa. La riforma Gelmini si ripercuote sopratutto su quelle materie e, negli istituti tecnici, su quelle caratterizzanti l’indirizzo. Così, visto che l’unico aumento evidenziabile di ore scientifiche si avrà solo nei licei ribattezzati delle “scienze applicate”, Bologna non se ne accorgerà neppure, visto che la previsione è che in città solo uno scientifico potrà funzionare con questa opzione, il Copernico (gli altri probabilmente, in provincia, saranno l’Alberghetti di Imola e il Fantini di Vergato). A mettere nero su bianco i numeri un’elaborazione di dati ministeriali curata da Antonella Andracchio con il coordinamento scuole superiori e il coordinamento precari scuola di Bologna. Sotto le due torri, inoltre, riflette Andracchio – chimico con più abilitazioni in tasca – «perderà di molto la possibilià di studiare in istituti tecnici caratterizzanti ». Un esempio è l’Istituto Pacinotti, una scuola dove, ad oggi, sono attivati due indirizzi: il tradizionale e il cosiddetto “progetto 5” (che confluirà nell’indirizzo “Costruzioni, ambiente e territorio”, nd.). «In questo caso Bologna perderà un buon numero di ore destinate alle materie caratterizzanti: con la situazione attuale i due indirizzi ne prevedono, uno circa 1700, l’altro intorno alle 2100. Entrambi confluiranno nel medesimo indirzzo e le ore saranno 1600 circa», riferisce Andracchio. In calo vertiginoso le ore di laboratorio in tutti gli istituti, ben 594 in meno: «Ovvio – per i docenti dei due coordinamenti – sono materie fatte di compresenze quindi il risparmio è maggiore». La ratio della riforma, infatti, «è solo quella dei tagli di risorse».

LE SCIENZE Se è vero che l’orario complessivo calerà da 36 a 32 ore la settimana negli istituti tecnici e professionali e a da 30 a 27 nei licei, è altrettanto vero che il dato più preoccupante riguarda le materie scientifiche. Nel biennio dei tecnici del settore economico le ore delle materie scientifiche diminuiranno da un minimo di 66 ad un massimo di 198; in quelli del settore tecnologico caleranno di 132. Le cose vanno ancora peggio nei trienni dei nuovi istituti tecnici “tecnologici” dove la riduzione delle materie scientifiche di indirizzo sarà di addirittura 300 ore (sparisce il diritto, aumenta del 30% l’italiano). Più difficile entrare nel dettaglio della situazione dei licei, visto il notevole numero di sperimentazioni esistenti: in sostanza le ore delle materie scientifiche calano sempre, eccetto che al liceo delle scienze applicate, opzione attivabile a Bologna solo al Copernico.

LO SCIOPERO Oggi, giornata di sciopero generale, l’invito dei due coordinamenti di docenti – precari e non – è quello di «farlo».Che sia a Roma, alla manifestazione nazionale della scuola (a cui aderiscono i Cobas), o che sia a Bologna, in quelle che si svolgono sul territorio con la Cgil, «l’importante è fare sentire il proprio no». Dopo il corteo, a Bologna, dalle 11.30 alle 12.30, il mondo della scuola prolungherà la mobilitazione con un presidio davanti all’Ufficio scolastico regionale in via de’ Castagnoli.
L’Unità/Bologna 12.03.10

Par condicio, il Tar boccia lo stop ai talk show

Bersani: “Viale Mazzini prenda atto e tornino i programmi”. Rizzo Nervo: “In onda le trasmissioni”. Stop al regolamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella parte che blocca i talk show in periodo elettorale. Il Tar del Lazio ha accolto la richiesta di Sky e Telecom Italia Media che chiedeva la sospensione del regolamento varato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che disciplina la par condicio in vista delle Regionali. Una regolamentazione così stringente per i talk show, da portare al loro stop nell’ultimo mese di campagna elettorale. A questo punto il cda della Rai è stato convocato in seduta straordinaria lunedì prossimo 15 marzo alle 12. Era stato il Cda infatti a decidere la sospensione dei talk show in applicazione delle regole della Vigilanza.

Nella loro richiesta di sospensiva, Sky e Telecom italia aveva ricorso al Tar contro la delibera che limitava l’informazione politica durante la campagna elettorale. In questo Agcom si era mossa in analogia con quanto previsto dal regolamento per la Rai, che sottoponeva tutti i programmi di informazione alle regole della comunicazione politica e prevedeva che i talk show dovessero ospitare o anche essere sostituiti dalle tribune politiche. Ed è su questa interpretazione che si era mosso il cda rai decidendo, a maggioranza, di sospendere trasmssioni come Annozero, Ballarò e Porta a Porta.

Con la decisione di oggi il Tar, invece, dà ragione alle emittenti private. Con questo esito, aveva detto il presidente Rai Paolo Garimberti, “si riapre il cda” sul regolamento. A questo punto il consiglio dovrebbe riammettere i talk show anche per non creare una disparità con le private. Anche l’Agcom dovrà ora decidere il da farsi, e il consiglio dell’authority dovrebbe riunirsi all’inizio della prossima settimana. I giudici hanno invece respinto la richiesta di Federconsumatori che voleva lo stop al regolamento della Vigilanza perchè ha ritenuto che, trattandosi di organismo parlamentare, “sussistono profili di inammissibilità del gravame per la parte in cui è impugnato il regolamento”, in quanto appunto “approvato dalla Commissione parlamentare di Vigilanza nella seduta del 9 febbraio 2010, in relazione alla natura parlamentare dell’organo che ha adottato l’atto impugnato in assolvimento della funzione precipuamente politica di indirizzo e vigilanza”.

Le reazioni. “Accolgo con favore questa decisione, che non si presta ad equivoci, pur essendo tra coloro che avevano votato a favore di questa soluzione – commenta il commissario dell’Agcom, Michele Lauria – A questo punto è auspicabile che il Cda Rai riveda la scelta di sospendere i programmi di approfondimento”

“La sospensione del regolamento Agcom è una chiara bocciatura della norma-bavaglio imposta dalla destra in commissione di vigilanza Rai” sottolinea Paolo Gentiloni del Pd. “Cade il primo pezzo di un castello di illegalità costruito apposta per mettere mordacchia a programmi di approfondimento – dice Michele Santoro a RepubblicaTv – la Rai dovrebbe mandare in onda le trasmissioni con le vecchie regole come si è sempre fatto. Ma avranno coraggio politico? servirebbe un atto di coraggio, un’autonomia aziendale che ora non c’è”. Dal Tar stanno dipendendo “tutte le cose importanti per l’Italia” dice Lucia Annunziata, conduttrice del programma “in 1/2 ora’. Mentre per il segretario del Pd, Pierluigi Bersani “il rischio è che il solo servizio pubblico rimanga ostaggio di norme che limitano libertà e discussione, serve riportare il buon senso e riaprire subito gli approfondimenti informativi che sono stati sospesi nei giorni scorsi”. E se il cda non dovessere tornare sui proprio passi? “Vediamo che succede e poi si vede i gesti di rottura si fanno, non si annunciano” dice il consigliere Rai Nino Rizzo Nervo. Per il radicale Marco Beltrandi, relatore della par condicio nella commissione di Vigilanza sulla Rai, però, la decisione del Tar “non muta muta le regole”. Pert questo il senatore pdl Alessio Butti, componente della commissione vigilanza Rai, spiega: “Il ricorso di Federconsumatori sulla Rai è stato bocciato. E’stato accolto quello che riguarda l’emittenza privata. Questo significa che per quanto riguarda la rai il regolamento va benissimo così com’è”. “Rispettiamo come sempre le decisioni della magistratura. Nel caso specifico le condividiamo appieno perchè è bene che si ritorni a parlare di politica nei grandi contenitori televisivi” dice il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa.

La norma bocciata. Questo l’articolo 6 comma 2 del regolamento Agcom per le Regionali 2010: “Nel periodo di vigenza della presente delibera, tenuto conto del servizio di interesse generale dell’attività di informazione radiotelevisiva, i notiziari diffusi dalle emittenti televisive e radiofoniche nazionali e tutti gli altri programmi a contenuto informativo, riconducibili alla responsabilità di specifiche testate giornalistiche registrate ai sensi di legge, si conformano con particolare rigore ai principi di tutela del pluralismo, dell’imparzialità, dell’indipendenza, dell’obiettività e dell’apertura alle diverse forze politiche, nonchè al fine di garantire l’osservanza dei predetti principi, allo specifico criterio della parità di trattamento tra i soggetti e le diverse forze politiche individuate ai sensi dell’art. 2, comma 1, del presente regolamento”. L’articolo 2 al comma 1 disciplina la definizione e quindi la presenza dei soggetti politici nelle Tribune politiche: di fatto i programmi di approfondimento vengono equiparati alle regole delle tribune.
da Repubblica.it

"Alla fine il conto arriverà", di Mario Deaglio

Quando si fa politica e si è nel mezzo di una campagna elettorale densa, come l’attuale, di incidenti di percorso, è purtroppo facile lasciarsi prendere dalla retorica e far passare in secondo piano, o addirittura maltrattare, le cifre della situazione economica. Proprio per questo si fa un giusto servizio ai lettori mettendo sobriamente a fuoco la situazione, anche se così si richiede loro di confrontarsi con le cifre, peraltro solo apparentemente aride, che pongono in luce le difficoltà oggettive di oggi.

Fatto pari a 100 il valore del 2005, la produzione industriale italiana raggiunse il suo massimo pre-crisi nell’aprile 2008 con il valore di 108,9. La crisi la fece letteralmente precipitare, tanto che nel marzo 2009 si toccò il valore straordinariamente basso di 81,1 con una contrazione del 26 per cento. La risalita successiva appare troppo lenta: ha portato l’indice di gennaio al valore di 87,9, (-19 per cento rispetto ai livelli pre-crisi) e se continueremo a questa velocità ritorneremo ai livelli di anni che oggi ci sembrano dorati non prima della fine del 2013.

E quando ci saremo arrivati, tenuto conto dei normali aumenti della produttività, indispensabili per restare sui mercati internazionali, l’industria – che ha già subito una perdita di oltre 300 mila posti di lavoro – darà lavoro a un numero di persone sensibilmente inferiore a quello di allora.

Se dalla produzione industriale si passa al prodotto lordo (il «mitico» Pil) il discorso di base non cambia anche se le dimensioni della caduta sono fortunatamente minori: dai massimi del primo trimestre 2008 l’Italia ha fatto registrare, insieme a Germania e Regno Unito, una caduta di oltre il 6 per cento. Il successivo rimbalzo è stato così debole e incerto che non possiamo ancora affermare di essere veramente in risalita, anche se numerosi segnali in vari settori produttivi puntano in quella direzione. Proprio per l’incertezza e la debolezza della ripresa, anche in questo caso ci vorranno diversi anni, assai più di quelli necessari agli altri Paesi avanzati, per tornare ai livelli di prima.

La situazione italiana è quindi molto difficile, ma non per questo deve essere drammatizzata; non appare però appropriato che il presidente del Consiglio la minimizzi, affermando sbrigativamente che «è iniziata la risalita». Come fa chi porta i bambini in gita e, a ogni svolta di strada, dice loro che la meta è dietro l’angolo perché non sentano la stanchezza. Gli italiani, come cittadini e come elettori, non meritano di essere trattati da bambini, devono essere posti davanti alla gravità della situazione e alla responsabilità che essa comporta.

Il presidente del Consiglio non è il solo capo di governo che cerca di indorare la pillola; e proprio per questo giunge appropriata la «lavata di capo» che la Banca Centrale Europea (Bce) ha rivolto ieri a tutti i governi della zona euro. La Bce ha il compito di salvaguardare la stabilità monetaria, afferma sostanzialmente che i conti vanno pagati, che, essendo terminata la fase dell’emergenza, non continuerà a immettere liquidità nel sistema economico europeo in grandi quantità come ha fatto finora. La ricreazione è finita, in altre parole, e tutti i Paesi devono rimettersi in regola con i famosi parametri di Maastricht.

A questo punto non basta affidarsi all’ottimismo, sostenere che la crisi è psicologica, o che addirittura non esiste; anche perché la caduta produttiva europea ha le sue origini nel forte calo delle esportazioni più che dei consumi interni e contro di esso non bastano consumatori più allegri. Il presidente del Consiglio – e con lui gli altri capi di governo europei – dica chiaramente se ritiene di seguire la strada indicata dalla Banca Centrale oppure preferisce non accettare questa guida molto ortodossa e molto «noiosa» che obbligherebbe a «fare le riforme». «Fare le riforme» è nulla più di un eufemismo per dire che, non solo in Italia ma in tutti i Paesi europei, occorre ridurre sensibilmente, a parità di servizi erogati, il numero dei pubblici dipendenti, aumentare la concorrenza nelle professioni cosiddette «libere», far calare le aspettative pensionistiche e forse anche una parte delle pensioni attuali. Si tratta insomma, sia pure in dosi più limitate, della «ricetta greca» che viene visceralmente rifiutata nelle strade di Atene e Salonicco.

Se non si vuole seguire quella strada, un’alternativa c’è, pericolosa e alquanto eretica ma forse politicamente più accettabile. L’ha delineata Olivier Blanchard, capo economista del Fondo Monetario Internazionale, e comporta la cosciente accettazione di un tasso di inflazione sensibilmente più alto dell’attuale (il 4 per cento); quest’inflazione dovrebbe essere controllata, agirebbe da anestetico e consentirebbe di lenire la durezza delle riforme, «spalmandola» su un numero maggiore di anni. Si tratta naturalmente di una strada pericolosa perché, una volta lasciata fuori dalla sua gabbia, non è sicuro che l’inflazione sia controllabile.

In definitiva, in questa situazione i politici sono chiamati a fare i politici: a prendere delle decisioni e assumersene le responsabilità. Non a risolvere tutto con qualche battuta, sperando che questa metta il buon umore a cittadini giustamente preoccupati.
La Stampa 12.03.10

"Il nord est non corre più. La crisi travolge il Veneto", di Giuseppe Vespo

Oltre 250mila persone travolte nel 2009 dalla crisi; 1.193 imprese in sofferenza; cassa integrazione quintuplicata tra il 2008 e il 2009, e tra gennaio e luglio di quest’anno 274 aziende termineranno la cig straordinariadopo aver esaurito quella ordinaria. «Non è un bel momento, non nascondiamocelo », ha ammesso pochi giorni fa a Treviso Giancarlo Galan, governatore del Veneto. I dati forniti dalla Cgil sulla regione ne sono la testimonianza. Il cuore del ricco nord-est soffre: «Non siamo abituati – ha detto il governatore – a girare le nostre strade e a non vedere su ogni fabbrica dei cartelli con la scritta “cercansi operai” o “commessi”. Non siamo abituati a leggere sui giornali i casi di qualcuno che non ce la fa ad affrontare la vita perché ha paura o di rimanere disoccupato o perché lo è diventato o perché i suoi libri sono in Tribunale». Da queste parti negli ultimi mesi sono stati 13 gli imprenditori suicidi per via della crisi. E il call center recentemente creato per dare un’aiuto immediato a chi perde il lavoro o l’impresa continua squillare. «Il quadro è destinato ad aggravarsi con l’arrivo ad esaurimento degli ammortizzatori sociali per migliaia di lavoratori di imprese medie e medio grandi», dice il segretario regionale della Cgil, Emilio Viafora. Oggi sarà con Guglielmo Epifani a Padova. La Cgil è in sciopero generale e il suo segretario generale interverrà in piazza Insurrezione. La scelta di Padova non è casuale: da qui il sindacato apre un nuovo confronto con il governo, ma anche con la Regione, per una risposta alla crisi assai più efficace di quella espressa finora. «Lo scenario – riprende Viafora – è molto preoccupante ed occorre porvi urgentemente rimedio, a partire da una manovra sugli ammortizzatori sociali che eviti il disastro. Bisogna poi agire con strumenti di contrasto alla crisi e non solo di accompagnamento come è stato fatto finora dal governo». Ma di ammortizzatori sociali il ministro Sacconi – di Conegliano Veneto, Treviso – pare che non ne voglia parlare, bocciando in toto la proposta avanzata dall’opposizione e dalla stessa maggioranza sul prolungamento della cassa integrazione. «È la dimostrazione – riprende Viafora – che la scelta del ministro è quella di corporativizzare il lavoro e le protezioni sociali, evitando provvedimenti generali e puntando sulle deroghe concesse dal governo ». Intanto le difficoltà si moltiplicano. Gli appelli arrivano anche da Treviso, la provincia del ministro, dove domenica scorsa la Diocesi ha distribuito dei volantini in cui si invitavano le istituzioni, a partire dal governo, ad intervenire in soccorso di chi è in difficoltà. Non più solo giovani o immigrati, ma padri di famiglia. In uno dei territori a più alta concentrazione di piccole imprese, la Diocesi segnala che sono le famiglie italiane a riempire le mense per i meno abbienti. D’altra parte in Veneto sono molte le grosse imprese, anche d’eccellenza, che rischiano. Come Glaxo, Alcoa, o Vinyls.
L’Unità 12.03.10

"Pronto un altro condono edilizio, ecco il progetto della maggioranza", di Cecilia Gentile

Un nuovo condono edilizio, con possibilità di sanare anche gli abusi commessi in aree sottoposte a vincolo ambientale e paesaggistico. Così dispone il disegno di legge presentato dal Pdl in Senato lo scorso 17 febbraio, che fa slittare i termini per la presentazione delle domande dal 10 dicembre 2004, come prescrive la legge sul condono edilizio, al 31 dicembre 2010. Se il provvedimento venisse approvato, una nuova valanga di richieste di sanatoria potrebbe inondare gli sportelli dei Comuni d’Italia, e questa volta con un’agevolazione in più per chi ha commesso l’abuso: i beni ambientali e paesistici scompaiono dalle aree intoccabili.
“Una nuova legge vergogna – accusa il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli – Dopo il condono sulle liste per le regionali adesso il Pdl presenta in Parlamento un ddl per un ennesimo condono edilizio che prevede un nuovo scempio del territorio”.

Il disegno di legge è stato firmato dai senatori Sarro, Nespoli, Fasano, Izzo, Giuliano, Vetrella, Compagna, Calabrò, Lauro, Pontone, De Gregorio, Esposito, Coronella e Sibilla. Sarro e Nespoli, primi firmatari, non sono nuovi a proposte del genere. Un tentativo simile lo fecero presentando un emendamento al Milleproroghe, rigettato dal presidente della commissione Affari costituzionali al Senato. Ora tornano alla carica.

Nella relazione che accompagna il disegno di legge, i senatori Pdl motivano la loro proposta sostenendo che ai cittadini della Campania, ma in parte anche a quelli delle Marche e dell’Emilia Romagna, “è stata di fatto preclusa la possibilità di utilizzare lo speciale statuto di sanatoria” perché le Regioni hanno disciplinato la materia restringendo le possibilità di accesso al condono. Conclusioni: “si pone l’esigenza di ripristinare la parità di trattamento”. Dunque il nuovo condono, contenuto nella proposta AS 2020, che prevede di riaprire i termini per la presentazione delle domande con la modifica del comma 32 dell’articolo 32 del decreto legge 269 del 2003, quello relativo al secondo condono edilizio di Berlusconi, e la possibilità di sanare abusi in aree vincolate con la soppressione delle parole “dei beni ambientali e paesistici”, al comma 27 dello stesso articolo.

“Ci troviamo di fronte ad una nuova aggressione del territorio e della popolazione – riprende Bonelli – Il Pdl non si ferma nemmeno di fronte al dissesto idrogeologico dell’Italia e alle vittime provocate dalle frane”. Il riferimento è ad Ischia, dove, a quanto riferisce il presidente dei Verdi, il provvedimento sarebbe fortemente voluto. Proprio ad Ischia i sindaci di sinistra e di destra hanno chiesto al governo Berlusconi di far rientrare gli abusi nel condono del 2003, che qui non è stato applicato perché l’isola è sotto vincolo paesaggistico. Sono in tutto 740 le costruzioni abusive individuate dalla Procura della Repubblica, che ordina le demolizioni man mano che le sentenze passano in giudicato. Intanto, a novembre scorso, sull’isola è venuta di nuovo giù la montagna, che si è portata dietro una vittima.

Dura la condanna di Wwf e Fai, che si preparano a sostenere un’altra battaglia. “Questo disegno di legge compromette la certezza del diritto e rimette in discussione atti di rigetto già decisi – dichiara Gaetano Benedetto, condirettore del Wwf – Non solo. Estende il condono del 2003 ad aree vincolate anche per abusi gravi e apre la strada ad una sanatoria postuma di costruzioni illegali fino ad oggi considerate insanabili.
La Repubblica 12.03.10