Tutti gli articoli relativi a: lavoro

"A Marchionne chiediamo", di Cesare Damiano

Adesso il governo deve intervenire. L’ipotesi lanciata da Marchionne (e poi subito ridimensionata secondo uno schema ormai collaudato) di una possibile fusione Fiat-Chrysler, con conseguente trasferimento a Detroit della testa del gruppo, impone all’esecutivo di battere un colpo. Palazzo Chigi non ha più alibi, sabato prossimo dovrà chiedere conto all’azienda delle sue reali intenzioni. E se, come dice, vuole continuare a governare, deve concepire ed attuare quella politica industriale rimasta finora ignota al suo vocabolario. Le domande da porre sono molte. Ne propongo alcune. C’è l’impegno di mantenere a Torino la testa del gruppo? C’è l’impegno a mantenere in Italia ricerca, sviluppo e parte importante della manifattura? Ancora. Che ne è del progetto di “Fabbrica Italia”, sbandierato in gran pompa un anno fa e finora rimasto avvolto dalla nebbia? Quando verranno avviati gli investimenti concordati con gli accordi di Mirafiori e Pomigliano? Che tipo di relazioni sindacali il gruppo intende instaurare per creare quel consenso indispensabile a vincere la sfida sul mercato globale? I vertici del Lingotto non possono sottrarsi dal dare risposte. L’Italia non …

Torino, provincia americana: ineluttabile? «No, una sconfitta», di Laura Matteucci

Questo è un paese con una classe politica di serie C, che viene trattato come tale da un manager globale. Noi ormai stiamo diventando, e sempre più diventeremo, al pari della Serbia, della Polonia, della Turchia ». Nella lettura dello storico e sociologo di Torino Marco Revelli su quanto sta accadendo in casa Fiat, non c’è spazio per improbabili, futuri rilanci, nè per margini di inconsapevolezza sui processi che stanno guidando al futuro la casa automobilistica. E la sua, a Torino (e non solo), è una lettura condivisa. Sono in molti a pensare che il benedetto incontro tra Marchionne e Berlusconi (al momento fissato per sabato) avrebbe dovuto avvenire molto tempo fa, e che adesso sia ormai troppo tardi per una vera trattativa, nessuno crede davvero ai mezzi passi indietro dell’amministratore delegato sul trasloco della testa del gruppo a Detroit in capo a unpaio d’anni.Nonperchè la politica in sè non potrebbe sparigliare le carte, «la politica insegna che nulla è ineluttabile», come dice Revelli, ma perchè questa classe dirigente ha già ampiamente dimostrato la propria …

"Lo smacco del Lingotto", di Luciano Gallino

L’Amministratore delegato Sergio Marchionne ha annunciato che il gruppo Fiat-Chrysler, una volta che fosse interamente unificato, potrebbe stabilire la propria sede legale negli Stati Uniti. Sarebbe un fatto senza precedenti.Non si ricorda infatti un altro grande costruttore, di quelli che hanno fatto la storia dell´automobile, che abbia de-localizzato non solo il proprio braccio produttivo, ma anche la propria testa, gli enti che decidono e guidano tutto il resto di un grande gruppo nel mondo. Toyota e Volkswagen, Citroen e Renault, General Motors e Ford producono milioni di auto in paesi terzi, ma il quartiere generale, il cuore della ricerca e sviluppo, il controllo gestionale e finanziario restano ben saldi nel paese d´origine. Sarebbe un grave smacco per Torino, per il Piemonte e per tutto il Paese se Fiat cambiasse nazionalità. L´Italia resterebbe con una sola grande industria manifatturiera, la Finmeccanica, che per il 40 per cento produce armamenti, non esattamente il tipo di produzione di cui un paese possa andare fiero, anche se permette di realizzare buoni utili. Questo in un momento in cui l´industria …

Il 17 marzo di Confindustria "Al lavoro anche se è festa", di Giorgio Ruffolo

Emma Marcegaglia si preoccupa assai della perdita delle ore di lavoro destinate alla celebrazione dell´unità d´Italia. La festività è prevista per il 17 marzo. Ho sempre apprezzato la serietà delle posizioni assunte da Marcegaglia: anche lo stile e il coraggio. Questa volta non posso proprio.Credo che avrebbe dovuto riflettere al fatto che non si tratta di una “festa”, che prende a pretesto un fatto storico per concedersi una vacanza, ma di un giorno da dedicare alla memoria e alla storia di questo Paese. Nel quale abbiamo molti Santi e Madonne cui tributiamo l´omaggio di una giornata di lavoro senza che a qualcuno venga in mente di contare le ore produttive perdute. Se in centocinquant´anni non troviamo l´occasione di rinunciare a otto ore di produzione, vuol dire che o siamo allo stremo della nostra economia, o della nostra dignità. Non credo che la controproposta, di celebrare l´unità con un rinfresco, Marcegaglia avrebbe potuto avanzarla in Francia, in Spagna, in Inghilterra. O negli Stati Uniti. In quei paesi l´unità nazionale è un valore e non un prezzo. …

"Contratto statali, la Cgil non firma", di Roberto Giovannini

È durata poco, a quanto pare, la tregua tra la Cisl e la Cgil. Ieri mattina nuovo strappo e nuova polemica – decisamente aspra – tra le confederazioni, dopo la firma da parte delle organizzazioni di Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti (insieme ad altre quattro sigle autonome, Cida, Confsal, Ugl e Usae) dell’accordo sulla contrattazione e la produttività nel pubblico impiego. Un’intesa che la Cgil ha deciso di non firmare, insieme agli autonomi di Usb, Cobas e Cisal. La questione nasce dalla manovra Tremonti, il decreto 122/2010, che tra le altre cose ha bloccato la contrattazione nazionale e aziendale nel pubblico impiego fino al 2013. Ciò ha reso in molti punti inapplicabile la Riforma Brunetta del 2009, che tra le altre cose prevedeva un sistema di premi e incentivi per fasce di merito con soldi provenienti dal risparmio di gestione. Una riforma sostanzialmente approvata da Cisl e Uil, ma che secondo la Cgil comporta comunque un taglio dei salari. Ieri mattina nel corso di un incontro con i ministri Renato Brunetta e Maurizio Sacconi è …

"Lavori socialmente umili", di Alessandro Rosina

L’invito all’umiltà recentemente rivolto ai giovani italiani dal ministro Meloni è ingiusto e ingeneroso, ma anche sbagliato. Perché il limite maggiore del nostro sistema paese è proprio l’incapacità di valorizzare al meglio il capitale umano delle nuove generazioni. Inoltre siamo uno dei paesi che meno riducono gli svantaggi di partenza. E dove, di conseguenza, sul destino dei singoli pesano di più le risorse della famiglia di origine, indipendentemente dalle effettive capacità e potenzialità di ciascuno. Non è certo così che possiamo ottenere un’Italia migliore. Ci risiamo. Di nuovo l’annuncio di misure a favore dei giovani – comunque parziali e limitate di fronte alla profonda gravità della condizione in cui sono stati lasciati precipitare – viene immancabilmente accompagnato da una paternale. Con il precedente governo la gentile concessione di qualche incentivo all’autonomia residenziale, era stata associata all’infelice accusa di essere una generazione di bamboccioni. Con meno fantasia, il ministro Meloni, nella recente presentazione delle misure messe in campo con il Piano per l’occupabilità dei giovani, li ha rimproverati di non essere sufficientemente “umili”. LA VIRTÙ CHE …

"La crisi non sia alibi, si poteva fare meglio della propaganda", di Stefano Fassina

Per la prima volta da molti anni, il reddito delle famiglie italiane è caduto, in media, del 2,7%. Un dato di straordinaria gravità economica e sociale. Ancora più preoccupante considerato che, in Italia, le medie sono bugiarde. La media combina insieme condizioni diverse, anzi opposte: l’annullamento del reddito di un giovane precario, prima a 1000 euro al mese, poi senza lavoro e senza indennità di disoccupazione; la sforbiciata alla retribuzione di un operaio in cassa integrazione; l’incremento spensierato del reddito di un evasore fiscale che, grazie allo scudo-condono del ministro Tremonti, ha potuto comprare a prezzi stracciati “un’assicurazione” contro futuri accertamenti. Un’altra politica economica avrebbe potuto attutire e redistribuire in modo meno regressivo i contraccolpi economici e sociali della crisi. Non è vero che non si poteva fare di meglio poiché «la crisi è globale e l’Italia ha il terzo debito più elevato del mondo senza essere la terza economia del mondo» come ripete la propaganda berlusconiana. Il ritornello è servito a coprire scelte politiche precise. Scelte di destra. Il controllo del bilancio pubblico era …