Tutti gli articoli relativi a: lavoro

“Il rinnovo dei metalmeccanici finisce in Tribunale”, di Massimo Franchi

Proprio alla vigilia dello sciopero generale di oggi e domani e della probabile nuova firma separata sul rinnovo che potrebbe arrivare oggi, la Fiom deposita un ricorso contro Federmeccanica, Fim-Cisl e Uilm-Uil per l’esclusione dalla trattativa per il contratto dei metalmeccanici. Ieri mattina gli avvocati della Fiom hanno presentato al Tribunale di Roma (lo stesso che le ha dato ragione sulla discriminazione subita a Pomigliano) un ricorso basato sull’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e «l’ulteriore patto aggiunto del 21 settembre 2011 con il quale le stesse parti si impegnavano ad attenersi all’accordo a tutti i livelli». Secondo la Fiom per i contraenti (Confindustria, Cgil, Cisl e Uil e quindi le loro federazioni metalmeccaniche) quell’accordo ha valore di legge e il non rispetto deve essere sanzionato dal giudice che deve riportare la Fiom-Cgil a quel tavolo. In più Federmeccanica negando il tavolo della trattativa alla Fiom ha tenuto un comportamento antisindacale violando il codice civile. Nel ricorso si legge: «Le intese sindacali sopra indicate prevedono che, qualora si intendano aprire negoziazioni finalizzate alla stipula di …

“Acciaio, la crisi non è solo Ilva”, di Cinzia Penelope

Non solo Taranto, non solo Ilva. Allargando l’obiettivo dal focus centrale di questi giorni, il quadro complessivo della siderurgia italiana appare molto vicino a un cumulo di macerie. Il caso Ilva, naturalmente, è l’epicentro del disastro: secondo le stime di Federacciai, un eventuale chiusura dell’impianto pugliese porterebbe un danno economico pari a circa 8 miliardi annui, tra cassa integrazione, maggiori costi di approvvigionamento, ecc. A cui si dovrebbe aggiungere, secondo altre stime, un impatto negativo sull’economia pari alla perdita di punto di Pil all’anno. L’Ilva, infatti, con i suoi otto milioni di tonnellate di acciaio prodotte annualmente, e’ anche il principale fornitore dei grandi gruppi industriali dell’auto (Fiat, ma anche Bmw e Peugeot), del settore elettrodomestici, delle costruzioni, dell’impiantistica ecc. Poi c’è tutta la parte legata al commercio di prodotti piani, che compra lamiere e coils da Ilva per approvvigionare artigiani e piccole aziende. Secondo Federacciai, la struttura industriale nazionale utilizza due terzi della produzione complessiva dell’Ilva, per circa 5 milioni di tonnellate; se venissero a mancare, le imprese sarebbero costrette ad approvvigionarsi all’estero, con …

“Le contraddizioni del governo sull’Ilva”, di Paolo Leon

Alla recente conferenza stampa del Governo sull’ILVA, un corrispondente straniero ha chiesto se il provvedimento, che riapre la produzione nelle mani della proprietà che aveva inquinato, avrebbe creato un moral hazard: sottintendeva che ogni inquinatore, d’ora in poi, potrebbe contare su provvedimenti analoghi, e sarebbe incoraggiato ad inquinare. Monti ha risposto sostenendo che il moral hazard si applica nella finanza internazionale, e forse si riferiva al caso del salvataggio dei Paesi debitori, che potrebbero perseverare nel deficit pubblico, visto che sono salvabili, ma sa benissimo che il moral hazard si applica a qualsiasi rapporto contrattuale, pubblico, privato, finanziario o reale, ma forse non si è posto il problema se il provvedimento per l’Ilva può causare un effetto negativo sul comportamento generale degli inquinatori. Già consentire all’inquinatore di proseguire l’attività, pur disinquinando, è come consentire al ladro di tenersi la refurtiva. È vero che nel provvedimento si giunge anche a sottrarre la proprietà all’inquinatore, se questi non dovesse rispettare le regole fissate dal governo e controllate dal garante: ma quattro conseguenze sembrano sfuggite al governo. La …

“Le italiane riscoprono i lavori di casa baby sitter o colf ma per necessità”, di Elena Polidori

Assunzioni in aumento del 20%, cresce la concorrenza con le straniere Cessano di essere «scoraggiate» e «inattive», escono di casa e ricominciano a cercare una occupazione che finisce col sommarsi a quella domestica, gratuita. Come la si giri e la si volti, il risultato non cambia: in tempi di vacche magre, tocca alle donne rimboccarsi le maniche. Magari non è un «gender backlash», un contrattacco di genere, tipico dei momenti più duri. Ma di sicuro la risposta alla recessione si sta tingendo inaspettatamente di rosa. Piccoli grandi segnali confermano che, nella necessità, le donne cercano di mantenere in piedi la rispettiva baracca. Come possono. Il primo dato significativo viene dall’Inps: dal 2008 ad oggi le domestiche e le badanti di nazionalità italiana sono aumentate del 20%. Il numero complessivo è ancora piccolo — su un totale di 651.911 collaboratori domestici, solo 133.431 sono italiani, 3.227 in più rispetto al 2010 (uomini e donne, le donne costituiscono però la stragrande maggioranza) — ma è considerato sintomatico di una tendenza. Potrebbero anche essere molte di più se …

“I fondi per la cassa integrazione dei Piccoli? Finiranno in primavera”, di Lorenzo Salvia

L’anno prossimo l’economia tornerà a girare, avremo meno aziende in crisi e meno lavoratori a casa. Chi lo dice? Nessuno in effetti, non così almeno. Eppure questo si dovrebbe pensare dopo aver confrontato i soldi per la cassa integrazione in deroga stanziati per il 2013 con quelli che prevediamo di spendere quest’anno e che abbiamo speso l’anno scorso. Al momento, per il 2013, lo strumento con cui lo Stato aiuta soprattutto le piccole aziende in crisi e i suoi lavoratori, che non hanno accesso alla cassa ordinaria e straordinaria, ha una dotazione complessiva di 970 milioni di euro. In realtà i soldi utilizzabili sono anche meno perché da questa somma sono già stati dirottati fondi ad altre destinazioni. Cambia poco, in ogni caso, perché la differenza è di quelle macro. L’anno scorso, considerando anche i soldi messi a disposizione dalle Regioni, abbiamo speso per la cassa in deroga 1,7 miliardi di euro, quest’anno si prevede di sfondare la soglia dei 2 miliardi. Avremo la metà dei fondi ma nulla lascia pensare che, per l’economia, le …

“Non c’è futuro senza l’acciaio”, di Enrico Ceccotti

Quando si parla di politica industriale per una siderurgia sostenibile bisogna sgomberare il campo da certi luoghi comuni. Il primo è che non sia possibile conciliare industria di base senza devastare i territori. Il secondo che si può continuare ad avere un Paese industrializzato in sviluppo senza avere una siderurgia a ciclo integrale. E il terzo, che solo il mercato e i processi di globalizzazione determinino le allocazioni produttive della siderurgia. Per togliere dal tavolo questi luoghi comuni è necessario un intervento pubblico sull’economia. Senza questo la produzione siderurgica sarà «naturalmente» collocata nei Paesi dove le condizioni sono più vantaggiose. Viceversa gli Stati stanno intervenendo per difendere e sviluppare le loro industrie di base modificando le tendenze del mercato e della globalizzazione. Ciò vale per la vicenda di Terni relativa agli acciai speciali come per Riva di Taranto e Lucchini di Piombino dove imponendo, rispetto al resto di Europa, differenti vincoli ambientali si ridurrebbe la competitività dell’Italia. Ciò infatti produce un differenziale di costo di produzione. Se invece si applicassero norme di compatibilità ambientale a …

““Una colossale presa in giro” Ecco tutte le menzogne dei Riva”, di Carlo Bonini e Giancarlo Foschini

Il decreto legge obbliga i proprietari dell’Ilva a investire tra i 3,5 e i 4 miliardi di euro nei prossimi sei anni. Quasi il doppio rispetto a quanto (2,5 miliardi), sostengono di aver speso negli ultimi 17 per rendere migliore l’aria di Taranto. Sono in grado di farlo? E, soprattutto, hanno intenzione di farlo? I documenti allegati all’inchiesta giudiziaria sconsigliano qualunque ottimismo, perché consentono di documentare almeno tre cruciali menzogne dei Riva. Scrive nel luglio di quest’anno il gip Patrizia Todisco: «Ci sono quattro atti di intesa sottoscritti dall’attuale gruppo dirigente del-l’Ilva: il primo dell’8 gennaio del 2003, il secondo del 27 febbraio del 2004, il terzo del 15 dicembre dello stesso anno e il quarto del 23 ottobre del 2006. Basta leggere l’ultimo per rendersi conto della colossale presa in giro: emerge con chiarezza l’assoluta inadeguatezza di quanto realizzato da Ilva in adempimento dei suddetti atti di intesa. Anzi, in realtà, non si comprende nemmeno bene cosa in effetti abbia realizzato se non la presentazione di documenti e piani di interventi solo sulla carta». …