Tutti gli articoli relativi a: memoria

"L’economia nazista e la Shoah dei disabili", di Massimiliano Boschi

Gusci vuoti», «zavorra umana», «vite non degne di essere vissute», sono quelle che il Terzo Reich decise di eliminare a partire dal 1933. Persone che non solo era lecito uccidere, ma addirittura utile. Perché erano un costo per le casse della Germania nazista e perché «inquinavano» la presunta razza ariana. Il retroterra alla giustificazione dell’ eliminazione delle «vite indegne» fu garantito dalla macchina propagandistica del Terzo Reich. Vennero affissi migliaia di manifesti rappresentanti l’immagine di un «minorato» assistito da un infermiere. In alto campeggiava una cifra a caratteri cubitali: «60.000 marchi» di seguito la spiegazione: «Ecco cosa costa una persona che soffre di malattie ereditarie alla comunità tedesca». Per spiegare meglio il concetto arrivarono i libri in cui si sottolineava come «il costo di cura per una persona geneticamente malata è otto volte superiore rispetto a quello di una persona normale. Un bambino “idiota” costa quanto quattro o cinque bambini sani. Il costo per otto anni di istruzione normale è di circa 1.000 marchi. L’istruzione di un bambino sordo costa circa 20.000 marchi. In tutto, …

"L'orrore si racconta così" di Wlodek Goldkorn

Il 27 è il Giorno della Memoria. Ma gli ultimi testimoni della Shoah stanno morendo. Così il museo di Auschwitz ha deciso di cambiare. Perché il campo diventi anche uno spunto di riflessione sul nostro domani. Non potevano pensare, e tantomeno immaginare, i soldati dell’Armata Rossa che nella loro marcia verso Berlino, il 27 gennaio 1945 scoprivano l’esistenza del lager in Alta Slesia, che quel luogo sarebbe diventato il simbolo della Shoah e l’icona della Memoria. Avevano visto ben peggio, e prima, i militari sovietici: Treblinka, campo di sterminio dove 900 mila ebrei sono passati direttamente dai treni alle camere a gas; Sobibor e Belzec di cui perfino si stava perdendo la memoria, perché non c’erano praticamente superstiti. Ad Auschwitz trovarono pochi prigionieri, per lo più malati, ma comunque vivi (tra loro Primo Levi), baracche in muratura e in legno, i resti delle fabbriche dove lavoravano per la gloria del Terzo Reich e il profitto delle sue imprese i reclusi schiavi. Oggi, sono oltre un milione trecentomila le persone che nell’arco di un anno visitano …

"Sachsenhausen, un monito per l'umanità", di Riccardo Valsecchi*

Era il lager modello dei nazisti. Oggi un museo. Le motivazioni che portarono alla deviazione nazista sono presenti ancora oggi. L’unico modo per evitare che degenerino è sapere cosa significava vivere sotto una dittatura, essere prigionieri in un campo. Sachsenhausen – È una giornata gelida e dalle nuvole sopra il cielo di Brandeburgo scende un misto di pioggia e neve che, appena giunge al suolo, si trasforma in poltiglia e fango. “Proprio lì dove siede lei ora”, spiega Günter Morsch, esperto di storia del nazismo e direttore del Museo della memoria di Sachsenhausen, “si trovava la scrivania di Anton Kaindl, l’ultimo famigerato Comandante delle SS assegnato a questo lager. Qui venivano prese le decisioni su tutto ciò che riguardava il campo.” Costruito nel 1936, Sachsenhausen è stato il primo vero e proprio campo di prigionia nazista: “Dal 1936 al 1945 sono state imprigionate circa 200 mila persone, di cui il 20% d’origine ebraica”, spiega Morsch. “Alla fine della guerra, quando i nazisti scapparono, restavano solo tremila prigionieri stremati dalla fame e dalle malattie”. “Sachsenhausen era …

Boris Pahor: «Non dimenticate gli orrori del fascismo», di Marisa Fumagalli

«Quando cesserò di indignarmi, sarà l’inizio della mia vecchiaia. Così, diceva Gide, vero?» . Sorride, Nicole Michelangeli, ambasciatrice di Francia in Slovenia, mentre il suo discorso rivolto a Boris Pahor («La vostra vita è segnata dal coraggio, dalla perseveranza, dalla ribellione contro ogni totalitarismo» ) si avvia alla conclusione. Poi, lo scrittore triestino di lingua slovena, 97 anni, applaudito da amici e giornalisti, prende la parola. Ed è un fiume in piena. Tra passato e presente, senza perdere un colpo. Al collo, la medaglia di Commendatore delle Arti e delle Lettere: è l’ultima onorificenza accordatagli dal ministro della Cultura francese, dopo che lo stesso ministero l’ha nominato Ufficiale del medesimo Ordine e dopo che il presidente della Repubblica, nel 2007, gli attribuì la Legion d’Onore. Ma Pahor, che vanta altre decorazioni (manca quella italiana, da lui rifiutata ritenendo «parziale» la motivazione indicata dalla municipalità di Trieste), non si considera un uomo-monumento. Ha la scorza del combattente. Sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti (esperienza raccontata in Necropoli, il suo libro più famoso), guarito dalla tubercolosi («Con …

"Bidussa: La giornata della memoria è in affanno, cambiamola", di Simonetta Fiori

“La commemorazione ufficiale dell´Olocausto ormai è diventato solo un esercizio mnemonico. Manca la presa di coscienza”. Lo storico sociale dell´Istituto Cervi s´interroga su quanto sia ancora adeguata la ricorrenza del 27 gennaio “Il bilancio dell´iniziativa non è da considerare negativo Ha avuto il merito di estendere enormemente la sensibilità sulla Shoah ma non basta più”. “Non siamo stati capaci di costruire una storia narrata popolare. La nostra è una storiografia litigiosa che ha ceduto al modello della tv”.La giornata della memoria, il 27 gennaio, compie dieci anni. E se indiscusso appare il successo dell´iniziativa sul piano delle celebrazioni e della produzione editoriale, ci si comincia a interrogare sull´efficacia su un anniversario sempre più schiacciato sul «marketing memoriale». Un consumo veloce e rassicurante. Una storia usa-e-getta piegata a un utilizzo autoassolutorio piuttosto che un´indagine perturbante dentro l´orrore che ancora ci appartiene. Un martirologio che rischia di rimanere muto sulle inquietudini del presente. Dall´Istituto Cervi, officina di ricerca e di ripensamenti, parte una riflessione che non vuole certo demolire una data significativa ma pone alcuni interrogativi su …

"Prima e dopo la Shoah: tutte le responsabilità italiane", di Frediano Sessi

Alcuni storici sostengono oggi la necessità di riscrivere la storia della persecuzione e dello sterminio degli ebrei d’Europa in modo «integrato» , mettendo insieme documenti d’archivio di parte nazista e fascista, che rendano conto dei fatti prodotti dagli esecutori e dai loro apparati militari e civili, e la voce delle vittime, non solo sulla base delle testimonianze postbelliche (deposizioni nei tribunali, interviste, memorie ecc.); ma soprattutto utilizzando diari, lettere, annotazioni scritte durante lo svolgersi degli avvenimenti. Così ha fatto recentemente Saul Friedländer (con il suo Gli anni dello sterminio, Garzanti 2009), restituendo al lettore uno sguardo sulla storia più coinvolto, perché dentro le parole, le paure, i drammi e la vita in generale di chi non poteva prevedere forse nemmeno il domani. Ed è certo questo un modo di fare la storia che si oppone a coloro che vorrebbero riscrivere la vicenda del nazismo e del fascismo dando voce solo ai persecutori (siano essi semplici soldati SS o ufficiali e alti gerarchi). Così accade che lo spazio aperto per questa storia vista e ricostruita con …

"La memoria è giustizia", di Ferruccio De Bortoli

Viviamo schiacciati in un disperato presente e a volte ci assale un senso di vuoto che mette in forse anche la nostra incerta identità italiana. Se è consentito per un attimo evadere dalla stretta e pruriginosa attualità, senza che questo appaia una forma di disimpegno morale, vorremmo cogliere l’occasione della prossima giornata della memoria, 27 gennaio, il ricordo dell’immane tragedia della Shoah, per parlare un po’ di noi stessi e discutere di quello che stiamo diventando: un Paese smarrito che fatica a ritrovare radici comuni e si appresta a celebrare distrattamente i 150 anni di un’Unità che molti mostrano di disprezzare. Noto una certa stanchezza, nell’approssimarsi di una ricorrenza (il 27 gennaio del ’ 45 venne liberato il campo di Auschwitz), peraltro istituita con una legge dello Stato soltanto undici anni fa. Avverto un pericoloso scivolamento nella retorica o nella ritualità dei ricordi. Anna Foa, sul Sole 24 Ore di ieri, giustamente ci metteva in guardia dall’ipertrofia della memoria, che rischia di far perdere l’indispensabile nesso fra funzione conoscitiva (sapere perché non accada più) e …