Tutti gli articoli relativi a: memoria

“Ciampi e la festa per l’ Unità d’ Italia: non faccio da alibi, pronto a lasciare”, di Breda Marzio

«Se non si muoverà nulla, se non ci sarà niente di nuovo da parte del governo, a settembre lascerò il comitato dei garanti per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’ Unità d’ Italia. Un passo che mi sembra ormai inevitabile, dato che non avverto alcuna voglia di impegnarsi seriamente in quest’ iniziativa. Insomma, più che i soldi per metterla in cantiere, come mi sono sentito ripetere infinite volte nei mesi scorsi, quello che manca davvero è il cuore, l’ animus. Togliendo il mio nome di mezzo potrò almeno dire di non aver fatto da alibi a nessuno». E’ deluso e amareggiato, Carlo Azeglio Ciampi. Il primo impulso per onorare nel 2011 il giubileo della Nazione è maturato quand’ era ancora al Quirinale e fu poi raccolto, nel 2007, dall’ allora premier Romano Prodi. Il quale insediò l’ organismo che avrebbe dovuto «monitorare» e «verificare» i progetti delle celebrazioni, il comitato dei garanti, appunto, affidando a Ciampi la presidenza. Una scelta obbligata, se si considera che proprio a lui si deve l’ unico serio tentativo di …

I partigiani di via Rasella non furono “massacratori”

Non possono essere considerati dei “massacratori dei civili” i partigiani che nel 1944 attaccarono i soldati nazisti occupanti portando a termine quello che è passato alla storia come l’attentato di via Rasella a Roma, al quale come è noto seguì la rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Al contrario, compirono soltanto una «legittima azione di guerra» contro l’esercito occupante. Con questa motivazione, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 16916 di ieri (pubblicata sul sito www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com), ha accolto la richiesta di risarcimento danni della figlia di una gappista che partecipò all’azione, contro un quotidiano che aveva definito “massacratori” coloro che parteciparono all’azione di via Rasella. La Cassazione ha così riformato la decisione presa dalla Corte di Appello di Roma nel 2004, che aveva respinto la richiesta di risarcimento danni ritenendo che il titolo di un quotidiano che definiva i partigiani come “massacratori” rientrasse nella libertà di giudizio critico «in merito ad una vicenda di sicura rilevanza per l’opinione pubblica» senza trascendere «in attacchi personali». E che perciò si giustificava nell’intendimento di riassumere «in un solo appellativo» …

“In ricordo di Srebrenica”, di Simone Arminio

SREBRENICA — Prima della guerra era una ridente cittadina. L’11 luglio del 1995 per i suoi trentamila abitanti, colpevoli di appartenere all’etnia sbagliata, è iniziato l’inferno. Qualcuno ce l’ha fatta, fuggendo nelle città vicine, altri no. Più di ottomila giacciono nelle fosse comuni — Srebrenica siamo noi. Siamo i palazzoni bruciati del centro cittadino, simbolo di ricchezza e decadenza, dove la gente trova ancora la forza di vivere. Srebrenica, in bosniaco significa “montagna d’argento”: prima della guerra era una ricca città termale a maggioranza bosniacca (l’etnia musulmana che si oppone a quella serba, di religione ortodossa). Un paradiso terrestre che le milizie del generale Ratko Mladic hanno cancellato in poche ore, l’11 luglio 1995, quando i trentamila abitanti di Srebrenica, colpevoli solo di appartenere all’etnia sbagliata, sono stati assediati e spinti a fuggire nella vicina Potocari, sede della forza di interposizione Onu, con il miraggio della salvezza. Chi ce l’ha fatta è sparito nei boschi, in alcuni casi per sempre, in altri arrivando sano e salvo oltre l’assedio, in Croazia o nella vicina Tuzla. Gli …

12 luglio 2009: Commemorazione del 65° Anniversario dell’Eccidio dei 67 Martiri di Fossoli

Il 12 luglio 1944, 67 internati politici, prelevati dal vicino Campo di concentramento di Fossoli (presso Carpi), furono trucidati dalle SS naziste all’interno del vicino poligono di tiro di Cibeno. Le vittime provenivano da 27 diverse province italiane, avevano diversa estrazione sociale e rappresentavano le varie anime dell’antifascismo (per saperne di più clicca qui). Come ogni anno, l’Amministrazione comunale di Carpi, l’ANED, l’ANPI Sezione di Carpi, la Fondazione ex campo Fossoli, il Comitato per la Memoria del Città di Carpi hanno organizzato una cerimonia per ricordare le vittime e la brutale strage. Io voglio farlo postanto la lettera aperta che, qualche giorno fa, la Presidente dall’ANPI di Modena Aude Pacchioni ha inviato ai parlamentari modenesi: una lettera importante, che attualizza il sacrificio dei martiri di Fossoli e di quanti lottarono per i valori di libertà, eguaglianza, solidarietà e giustizia poi sanciti dalla nostra Costituzione «Ai DEPUTATI e SENATORI ELETTI nella Provincia di Modena. Non appaia irriguardoso ciò che mi permetto di chiedere a nome dell’ANPI di Modena, che come è noto, è una Associazione di …

Ustica, 29 anni. “Bandiere nascoste”, di Giulia Gentile

Mancano solo le bandiere. Quelle dipinte sulle carlinghe degli aerei militari che la sera del 27 giugno 1980 abbatterono un DC9 Itavia in «un’azione che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata» come recitava la sentenza Priore del 1999. Sta tutta qui, per l’avvocato di parte civile Alessandro Gamberini, l’importanza dell’ultima indagine aperta a Roma sulla strage di Ustica, 81 vite partite dall’aeroporto Marconi di Bologna alle 20.08 di ventinove anni fa e finite a oltre tremila metri di profondità nel mare Tirreno. Un mistero che resiste da quasi 30 anni anche se ogni anno perde un pezzo. La verità su quella strage ricorda la tartaruga del famoso paradosso: sempre più vicina ma sempre irraggiungibile. Dodici mesi fa, i Pm romani Maria Monteleone e Erminio Amelio hanno aperto un nuovo fascicolo sulla base delle dichiarazioni del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga («Furono i nostri servizi segreti che informarono Amato e me che erano stati i francesi, con un aereo della Marina, a lanciare un missile non a impatto, ma …

“Enrico Berlinguer: Come immaginare una nuova democrazia in un’Italia diversa”, di Alfredo Reichlin

Dalla morte di Enrico Berlinguer è passato un quarto di secolo, e da allora tutto è cambiato: il mondo. Del comunismo si è sbiadito perfino il ricordo e l’ethos del paese è dominato da idee, culture, modi di vivere rispetto ai quali quell’uomo schivo che invocava l’austerità e che chiedeva ai giovani del suo partito di sottomettersi alla dura disciplina «dell’arido studio», sembrerebbe un alieno. Perché allora torniamo a parlarne? La verità è che – come sempre per certi anniversari – sono i problemi di oggi che ci interrogano.(…) Berlinguer è stato l’emblema di un nodo fondamentale della storia italiana, affrontato consapevolmente (i suoi amici possono testimoniarlo) ma non risolto: quel peculiare sistema italiano quale era stato edificato dopo la Resistenza e la Costituzione e via via si era sviluppato durante la guerra fredda in un complesso gioco di equilibri interni e internazionali. Una democrazia incompiuta la quale però aveva garantito il progresso del paese. Il Berlinguer che oggi torna ad occupare i nostri pensieri assume la responsabilità della segreteria comunista come un duro dovere …

“Revisionismo peso piuma. Il trionfo della memoria ad hoc”, di Michele Prospero

Una memoria condivisa che riconcili chi si è schierato su fronti opposti nelle esperienze traumatiche del ‘900: questa è la formula magica che viene impiegata sempre più spesso. Il tema della pacificazione di per sé non è nuovo, anche De Gasperi lo sollevò sul finire dei ‘40. Questo vecchio problema di un oblio riparatore delle ferite è però diventato di scottante attualità soprattutto nei primi ‘90. Aldo Giannuli (L’abuso pubblico della storia) fissa al riguardo una data simbolo: nel 1994 i partiti dell’antico arco costituzionale totalizzarono insieme solo il 45% dei consensi. Appena due anni prima avevano ancora il 75%. Si registrava dunque nelle urne della nuova Italia maggioritaria una catastrofe della coalizione dominante che aveva progettato e gestito per mezzo secolo la democrazia dei partiti. La destra è invece passata in modo fulmineo dal 14%, riscosso nel 1992 dal Msi e dalla Lega, al 43% dei suffragi riportato dal polo della libertà nel 1994. È chiaro che il successo della destra ha segnato una discontinuità politica e anche simbolica. La Resistenza è stata dipinta …