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"Il listone di Bersani", di Mario Lavia

Con l’intervista di ieri a Repubblica Pier Luigi Bersani ha di fatto aperto la campagna elettorale del suo partito e avviato la personale corsa alla conquista di palazzo Chigi. Il tono dell’intervista non deve stupire. Bersani ha bisogno di marcare il più possibile la distinzione da Mario Monti, rivendicando al suo partito una sperimentata capacità di governo, un messaggio chiaro a quell’Europa che reclama certezze per il dopovoto.
D’ora in avanti conviverà nel leader del Pd una doppia “narrazione”: quella del sostegno leale al governo e la crescente autonomizzazione da questa esperienza. Giocoforza, prevarrà quel tratto della discontinuità che sarà il segno distintivo della campagna elettorale voluto dal gruppo dirigente del Pd. Il leader dem correrà il rischio di apparire contraddittorio ma per lui il gioco vale la candela. Un doppio binario faticoso sotto l’aspetto propagandistico presso il proprio elettorato, una parte del quale potrebbe non capire perché si sostiene un governo che viene criticato (la richiesta di «un cambio di passo») o al contrario perché se ne chiede l’archiviazione («una parentesi non ripetibile») se sta funzionando bene, come sostiene quel pezzo del Pd che reclama la prosecuzione dell’agenda Monti con Monti.
Ma il tempo di queste contraddizioni sarà abbastanza breve. Si tratta di far passare l’idea – come dice Matteo Orfini nel suo libro – che «noi faremmo meglio», o, per usare le parole dello stesso segretario, che «può succedere che Monti non riesce a portare a casa una legge contro la corruzione, e Bersani ci riesce». Il segretario ha in mente una road map scandita principalmente in tre grandi fasi: la Festa di Reggio Emilia che si apre oggi; le primarie; la campagna elettorale vera e propria. Non è vero che fra i suoi desiderata rientrino le elezioni anticipate («elucubrazione dannosa») né è vero che tema le primarie o peggio brighi per farle saltare («tra novembre e dicembre le faremo») per la buona ragione che non solo è sicuro di vincerle (per alcuni: di stra-vincerle) ma perché l’appuntamento costituirà una formidabile occasione di promozione del Pd e della personale candidatura alla guida del governo.
Vincere le primarie, sì: non sono un Vendola divenuto mansueto alleato né un Renzi per lui a corto di programmi a impensierire il numero uno del Nazareno. E si può star certi che la carta del rinnovamento generazionale sarà lui a giocarla, a partire dalle liste. Infine, da adesso in poi, il leader del Pd deve anche sconfiggere l’idea che il risultato elettorale sia del tutto incerto. Di qui le contromisure sul piano concreto. Ecco dunque l’idea di una lista-coalizione per avere la certezza di arrivare primi e aggiudicarsi così quel premio di maggioranza che secondo l’ultima ipotesi di accordo sulla legge elettorale dovrebbe spettare al primo partito: una quota superiore al 10 per cento che dovrebbe garantire al partito vincente la possibilità di formare una maggioranza di governo.
Il Pd punta su questo: a imbarcare nelle proprie liste socialisti di Nencini, Verdi, Api, personalità “esterne” come Lorenzo Dellai e magari qualche transfuga dal Pdl. Senza dire dei tentativi che verranno fatti per arruolare esponenti dell’attuale governo. Dulcis in fundo – ma questo è ancora tutto da studiare, siamo ai lavori in corso – c’è l’ipotesi di saldare nella stessa lista Pd e Sel. Una possibilità che potrebbe proiettare il “listone” dalle parti del 40 per cento. Un asso nella manica. La cosa non è facile. Soprattutto per Vendola, ed infatti per ora viene fermamente esclusa dai suoi. A corollario vi sarebbe l’impegno a riformare i regolamenti parlamentari per impedire che all’indomani del voto si possano formare gruppi delle varie “componenti”.
In ogni caso, l’idea di liste aperte ad altre forze politiche, senza mettere in discussione il simbolo del Pd sulla scheda, può esprimere il senso del “voto utile” (proprio perché finalizzato ad aggiudicarsi il premio) e comporta un fattore dinamico di non poco conto, quel quid in grado di scongiurare lo scenario prospettato dall’Istituto Cattaneo, secondo il quale dalle urne non uscirebbe nessun vincitore.

da Europa Quotidiano 26.08.12

"La fiera dei tesoretti inesistenti", di Tito Boeri

Speriamo che il seminario di ieri e forse ancora di più il ritorno dello spread in prossimità dei 450 punti base abbiano riportato alcuni ministri e viceministri coi piedi per terra.
L’obiettivo della riunione era quello di app rofondire provvedimenti attuabili fin da subito a favore della crescita, dopo che una riunione a questo consacrata a inizio agosto era stata rinviata per l’impreparazione di alcuni ministri. Ma l’impressione che si era avuta negli ultimi giorni è che, anziché approfittare della pausa estiva per studiare a fondo i dossier, il governo tecnico si fosse trasformato in un governo preelettorale, in grado a parole di moltiplicare i pani e i pesci e, nei fatti, varare un “deraglia- Italia” che avrebbe vanificato i sacrifici fatti in questi mesi per salvare il nostro paese. Dapprima era stata annunciata una defiscalizzazione dell’Iva sulle nuove grandi opere finanziate dai privati, che si sarebbe come d’incanto finanziata da sola, col reddito generato attraverso la realizzazione di questi progetti infrastrutturali. Se fosse vero che questi sgravi si autofinanziano, nel senso che generano entrate fiscali tali da compensare la perdita di gettito dell’Iva, allora perché non finanziare le opere direttamente con soldi pubblici? La sensazione è che si voglia in realtà trasformare il conclamato project financing, il coinvolgimento dei privati nel finanziamento delle grandi opere infrastrutturali, in un maggiore public financing.
Dal punto di vista delle casse dello Stato, non c’è infatti grande differenza fra agevolare fiscalmente investimenti privati o aumentare il proprio coinvolgimento diretto nel loro finanziamento.
Si era anche parlato, a Rimini e dintorni, di tagli del cuneo fiscale e contributivo. Ricordiamo che questo comporta circa 2,5 miliardi di entrate in meno per ogni punto di riduzione del prelievo e che ancora devono essere trovati i 6,5 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva nel luglio 2013. Anche questa riduzione doveva allora essere autofinanziata? Oppure limitarsi ad alcune imprese? E chi e come avrebbe deciso quali?
La verità è che sia il quadro macroeconomico che gli oneri sul debito pubblico sono fortemente peggiorati da quando sono stati stilati gli ultimi documenti programmatici del governo. Presentando a fine settembre la legge di bilancio bisognerà necessariamente tenere conto di questo deterioramento che si riassume in due cifre: il 2012 sembra destinato a chiudersi con una riduzione del Pil due volte più forte di quanto stimato ad aprile (attorno al 2,5 per cento contro l’1,2 del Documento di economia e finanza) mentre il ritorno dello spread al di sopra dei 400 punti base potrebbe comportare una spesa per interessi nel 2012 fino a 10 miliardi più alta di quanto preventivato. Inoltre il contesto internazionale si è deteriorato con il forte rallentamento della Cina, il Regno Unito in recessione e gli Stati Uniti che si avvicinano pericolosamente al fiscal cliff, la data post-elettorale in cui tutti gli incentivi fiscali varati per sostenere l’economia dovranno essere rimossi d’un colpo solo, rischiando di far precipitare il reddito nazionale come giù dalle scogliere di Moher.
Quindi, per quanto ci siano molti pionieri in cerca di protagonismo, di tesoretti proprio non ce ne sono in giro. E non ce ne saranno nei prossimi anni. Vero che oggi ci sarebbe bisogno di politiche di sostegno della domanda per rilanciare l’economia, ma purtroppo queste politiche a noi non sono consentite per le dimensioni del nostro debito pubblico e la crisi di credibilità che attraversiamo. Questa fa sì che gli annunci di tagli non finanziati siano dannosi oltre ad alimentare inutili illusioni. Rischiano, infatti, di far aumentare fin da subito la spesa per interessi sul debito, vanificando i progressi compiuti nell’avvicinarci al bilancio in pareggio. Quello che possiamo fare oggi è ridurre la spesa pubblica liberando risorse per tagli delle imposte e rendere più produttivo, più orientato alla crescita, il prelievo fiscale e l’uso delle risorse pubblieche. Per questo le politiche della crescita devono andare di pari passo con i progressi nella spending review.
Il governo dovrebbe rendicontarli sistematicamente e impegnarsi a trasformare una quota ben definita di questi risparmi in riduzioni delle tasse.
Ci sono poi tante riforme a costo zero per la crescita che magari non hanno effetti immediati, ma che aumentano grandemente la nostra capacità di beneficiare di un eventuale miglioramento della congiuntura internazionale. Fra queste misure, figurano gli unici provvedimenti varati ieri dal Consiglio dei ministri, quelli per la valutazione del nostro sistema scolastico. Sono ancora preliminari e per questo ignorano molti problemi attuativi, ma il rischio, dopo l’offensiva scatenata nell’ultimo anno contro ogni valutazione obiettiva e comparativa delle nostre scuole, era quello di fare passi indietro anziché in avanti. Invece il decreto presidenziale sul sistema di valutazione delle scuole varato ieri concede spazio ad una valutazione anche esterna e trasparente di insegnanti, presidi e studenti, tenendo conto delle specificità del contesto locale. Questa è una premessa indispensabile per permettere alle famiglie di scegliere meglio a quale scuola iscrivere i propri figli e per incentivare attraverso comportamenti imitativi una migliore qualità dell’istruzione. Ci sarebbe anche il capitolo politiche dell’immigrazione che può darci tanto in termini di crescita. È stato sin qui ignorato dal governo, ma speriamo che la dichiarazione del ministro Riccardi in entrata nel Consiglio dei Ministri di ieri («gli immigrati non sono una questione da affrontare per bontà, ma perché favoriscono la crescita») preluda ad atti concreti, ad una riforma che dia un senso all’ennesima sanatoria degli immigrati varata a luglio, su cui torneremo. Certo è che dagli immigrati ci si può aspettare un maggiore contributo alla generazione di nuove imprese che da provvedimenti demagogici e sistematicamente riciclati come l’impresa da un euro. Tutti sanno che per far partire un’impresa, soprattutto nell’hardware, dove oggi abbiamo maggiori vuoti da colmare, c’è bisogno di un consistente patrimonio iniziale. E questo capitale, dato lo scarso sviluppo dei mercati finanziari in Italia, nella stragrande maggioranza dei casi non può che essere fornito dalle banche. Ecco allora che parlare di impresa a un euro nel mezzo di una pesante stretta creditizia che colpisce soprattutto i giovani suona perciò come una presa in giro. Soprattutto se a pronunciare questa formula magica fosse un ex-banchiere.

La Repubblica 25.08.12

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“Le ambizioni vanno realizzate”, di STEFANO LEPRI

La canicola prosegue ma stiamo già cominciando a capire come sarà l’autunno. Sempre più i partiti reclameranno che solo un ritorno alla politica può ridare prospettiva al Paese; ognuno a suo modo chiederà di mettere più soldi nelle tasche della gente offrendo ipotesi vaghe su come trovarli. Nel frattempo, è probabile che l’economia seguiti a perdere colpi, e la disoccupazione ad aumentare.

È bene che il governo Monti prosegua il mandato fino alla fine naturale della legislatura. Ma occorre anche domandarsi perché stia perdendo impulso. Non si può limitarsi a dire che l’impaccio viene da una maggioranza parlamentare eterogenea, composta di forze che erano rivali prima e torneranno ad esserlo nella campagna elettorale ormai prossima.

Ieri a Palazzo Chigi si sono confrontati progetti disparati di singoli ministri, alcuni sensati ma frenati dalla carenza di risorse, altri velleitari seppure benintenzionati, altri ancora di scarso respiro. L’impegno a nuove liberalizzazioni è importante; ma tra una congerie di proposte sembrano talvolta anche farsi avanti interessi ristretti, ben insinuati nell’alta burocrazia.
Non è solo la «casta» politica a mancare di risposte ai problemi del Paese. C’è un deficit complessivo di classe dirigente, dai burocrati agli imprenditori passando per le professioni e l’accademia. Quanti progetti ambiziosi esaminati dal governo dei tecnici si arenano nel timore che i meccanismi amministrativi non siano in grado di portarli a compimento, o che la resistenza degli interessi parassitari colpiti prevalga sulle energie sane dell’economia capaci di reagire allo stimolo?

Nel breve termine, l’Italia reggerà se la crisi europea, come oggi pare possibile, non sprofonderà in un circolo vizioso di pessimismo che si autorealizza. Possediamo ancora grandi risorse, sì: nel senso che i patrimoni delle famiglie e i beni delle imprese sono di dimensione sufficiente a consentirci di proseguire a campare intaccandoli a poco a poco.
Nell’interesse dei figli più che dei padri, tuttavia, occorre riconoscere che questo non basta. Si perde solo tempo a ripetere i soliti scaricabarile politici nazionali; né vale prendersela contro i tedeschi cattivi. Come si vede in questa estate, non si tratta solo dell’euro: in tutto il mondo avanzato l’economia offre sviluppi poco promettenti.

La crisi iniziata nel 2007 segna un riaggiustamento imponente dei rapporti economici internazionali. I Paesi avanzati avevano vissuto a credito, attraendo capitali dal resto del mondo; ora sono chi più chi meno carichi di debiti, tranne la Germania che ancora vende ai Paesi emergenti i macchinari con cui domani le faranno concorrenza. Tutti cresceranno a rilento, nessuno potrà fare da locomotiva. Noi ci troviamo in difficoltà maggiori, perché il «modello italiano» sembra invecchiato senza rimedio.

L’abilità ad arrangiarsi non è più competitiva nel mondo di oggi, perché altri si arrangiano a costi minori. Non produce con efficienza una società in cui le leggi sono rigide contro i deboli e interpretabili con elasticità a favore di chi può. E come si fa ad escogitare innovazioni, se i giovani non hanno prospettive di carriera, se «si è sempre fatto così» è saggezza ovunque sbandierata dai burocrati come dai faccendieri?

Chi aspira a governare l’Italia dovrebbe dirci come si fa a farla funzionare meglio. Quando il governo tecnico incontra ostacoli, sarebbe gradita una spiegazione precisa di come si potrebbe superarli. Altrimenti avremo una campagna elettorale dove i partiti affermati gareggeranno in promesse di denaro inesistente, mentre i partiti nuovi si limiteranno a ripetere che quelli vecchi fanno schifo.

La Stampa 25.08.12

"Sul regolamento del Sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione" di Giovanni Bachelet e Francesca Puglisi

Il PD è favorevole allo sviluppo di un sistema nazionale di valutazione del sistema scolastico (Snv), secondo le linee guida del breve documento programmatico “Valutazione e rilancio della scuola italiana”, approvato nel 2010 dall’assemblea nazionale. Rispetto a queste linee risultano incompatibili l’ipertrofia del Miur a danno dell’indipendenza e autonomia del Snv la carenza o assenza di coordinamento con l’attuazione del titolo V della Costituzione (vedi doc. PD accluso), con la legge 953 sull’autogoverno delle scuole autonome (sulla quale il Governo ha da poco dato parere favorevole) e perfino con le indicazioni nazionali emanate dallo stesso Miur in questi mesi (scuola primaria: perché prove in seconda e quinta anziché terza e quinta?) la mancata previsione di risorse umane e finanziarie adeguate ai compiti di indagine e miglioramento che il regolamento affida al Snv (vedi documento PD 2010).

Per molti altri aspetti, invece, le linee guida del regolamento presentato al CdM dello scorso 9 agosto sono ampiamente compatibili con quelle del PD, se non ad esso ispirate; risalgono, del resto, a governi di centrosinistra l’istituzione dell’Invalsi, la promozione della ricerca educativa su base regionale e nazionale, il sostegno all’autonomia scolastica.

Proprio perché punta ad un serio, robusto e condiviso Snv e giudica questa bozza di regolamento abbastanza positivamente, il PD sconsiglia vivamente al Governo passi falsi che potrebbero pregiudicarne l’avvio oggi, domani e dopodomani, con grave danno per il Paese: ne hanno urgente bisogno le scuole autonome e anche il sistema di istruzione e formazione professionale, meritoriamente incluso da questo regolamento nel Snv.

Senza ampia condivisione politica e sociale capace di sfatare i miti negativi e creare consenso attorno a un progetto di conoscenza e miglioramento della scuola, anche attraverso l’istituzione di una rendicontazione periodica degli esiti del Snv a diversi soggetti per un’ampia e continua riflessione sui temi della valutazione (cfr. documento PD) forte cultura e competenza nella “scienza della valutazione” da parte dei tecnici chiamati ad avviare il sistema (3) adeguate risorse umane e finanziarie per avvio e funzionamento del nuovo sistema ed effettiva finalizzazione alla conoscenza e al miglioramento della scuola, un regolamento lascerà il tempo che trova o, piú probabilmente, solleverà mille vespai.

Sotto questi profili appare imprudente la scelta del Governo di un “blitz” fra il 9 e il 24 agosto senza adeguata consultazione e comunicazione né con i partiti che lo sostengono né con una scuola provata da anni di ingiurie e salassi (finora l’istruzione ha pagato il prezzo piú alto nel risanamento dei conti pubblici) il Miur non può affrontare l’avvio di questo processo impegnativo prima di aver analizzato e colmato le lacune culturali e tecniche emerse proprio nella “scienza della valutazione” con due recenti e fragorose frane nei concorsi per dirigente scolastico e Tfa: i molti aspetti che nel regolamento restano indefiniti (criteri/indicatori, natura del supporto al miglioramento, della rendicontazione, della valutazione dei dirigenti) si configurano, alla luce dell’esperienza, come una imprudente delega in bianco non è realistico prevedere nuovi compiti per l’Invalsi (definanziato negli anni scorsi e già sofferente rispetto alla missione attuale) o per il corpo degli ispettori (pochi e anziani, e un concorso bloccato da tempo) “a costo zero”, come invece ad ogni pié sospinto si legge nel regolamento. Come sarà possibile potenziare le rilevazioni Invalsi, o mandare team di valutatori a visitare migliaia di scuole italiane, senza nuovi oneri per lo Stato, e neppure il ricorso a quel terzo di risparmi della legge 133/2008 originariamente previsti per il miglioramento della scuola, qui mai citati? (cfr. documento PD 2010).

In effetti, a causa di gravi errori contabili e infortuni legislativi del precedente governo, il terzo di risparmi della legge 133/2008 non sarà utilizzato per il miglioramento della scuola e nemmeno per gli scatti stipendiali dei suoi lavoratori (non pagati nel 2011, cfr. rendiconto), per i quali nel 2010 era stato utilizzato. Questa considerazione finale non ha direttamente a che fare con il Snv, ma illustra con un esempio quanto si diceva all’inizio: la scuola è da anni in sofferenza, e ogni disegno riformista che, anziché colmarlo, ignori il gap di consenso e risorse che si frappongono alla sua attuazione è destinato a naufragare, con effetti controproducenti sul presente e sul futuro.

www.partitodemocratico.it

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Miur, approvati in CdM quattro decreti: Sistema nazionale di valutazione e nuove assunzioni.

Nuovo concorso per 11.892 docenti, il primo dal 1999 .

Il Consiglio dei Ministri di oggi ha esaminato e approvato quattro decreti presidenziali in tema di pubblica istruzione, riguardanti il regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione e l’autorizzazione al Miur ad effettuare assunzioni di: dirigenti scolastici, docenti e personale educativo; docenti per le Accademie e i Conservatori di Musica; personale tecnico-amministrativo e tre unità di direttore amministrativo per il settore AFAM.
Queste azioni rientrano nella più ampia e complessiva azione del Miur a favore dell’istruzione e della formazione. Un’azione che si articola anche in: procedure per l’abilitazione nazionale dei docenti universitari, un piano straordinario per l’assunzione di professori universitari associati, reclutamento di docenti della scuola tramite concorso.

DPR recante autorizzazione al Miur ad assumere a tempo indeterminato, per l’a.s. 2012 – 2013, 1213 dirigenti scolastici, a trattenere in servizio 134 dirigenti scolastici per l’a.s. 2012/2013, ad assumere 21.112 unità di personale docente ed educativo
Le assunzioni di dirigenti scolastici e di docenti e personale educativo autorizzate dal DPR per l’a.s. 2012/2013 rientrano nel programma triennale di assunzioni nel comparto scuola 2011-2013 per rispondere al fabbisogno corrispondente alle effettive esigenze di funzionalità del servizio scolastico. Tali assunzioni devono essere effettuate entro il 31 agosto 2012 al fine di consentire un ordinato avvio dell’anno scolastico. Con riferimento ai dirigenti scolastici, oltre all’assunzione di 1213 unità (risultati vincitori del recente concorso), sono stati autorizzati 134 trattenimenti in servizio di presidi con 65 anni di età per l’assoluta necessità di coprire i numerosi posti che risulteranno vacanti al 1° settembre 2012.
DPR recante l’autorizzazione al Miur ad assumere 60 docenti di I e II fascia per le Accademie e i Conservatori di Musica
Le assunzioni di docenti di I e II fascia autorizzate dal DPR per l’anno accademico 2012/2013 rispondono al fabbisogno corrispondente alle effettive esigenze di funzionalità del sistema dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica. Infatti, alla data del 1° novembre 2012 cesseranno dal servizio 214 docenti di prima e seconda fascia. Rispetto a queste nuove vacanze di organico 60 posti saranno ricoperti con l’assunzione autorizzata dal DPR dei docenti iscritti nelle graduatorie nazionali; le restanti cattedre vacanti saranno attribuite con incarichi a tempo determinato annuale.
DPR recante l’autorizzazione al Miur – Direzione generale per l’Alta formaziona artistica, musicale e coreutica, ad assumere 280 unità di personale tecnico –amministrativo (149 assistenti amministrativi e 131 coadiutori) e 3 unità di direttore amministrativo – EP/2 a seguito di mobilità intercompartimentale
Le assunzioni del personale tecnico – amministrativo e delle unità di direttore amministrativo autorizzate dal DPR per l’anno accademico 2012/2013 rispondono all’esigenza di garantire un corretto avvio dell’anno accademico per le Accademie e i Conservatori. Infatti, le assunzioni autorizzate servono a coprire quota parte delle vacanze di organico che si determineranno a seguito di cessazioni dal servizio del personale al 1° novembre 2012.
DPR recante regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione
Questo DPR, proposto del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, riguarda l’istituzione e la disciplina del Sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione delle istituzioni scolastiche e formative, comprese le scuole paritarie, definendone finalità, struttura e modalità di funzionamento, in linea con le migliori prassi internazionali.
Il Sistema di valutazione si basa sull’attività di collaborazione di tre istituzioni: l’Invalsi (l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione), che assume il coordinamento funzionale dell’intera procedura di valutazione; l’Indire (l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa), che sostiene le scuole nei piani di miglioramento; gli Ispettori, che collaborano nella fase di valutazione esterna delle scuole.
Uno dei perni di questa riforma è costituito dall’autovalutazione delle scuole, determinata sulla base di dati forniti dal sistema informativo del Ministero dell’istruzione, università e ricerca, dall’Invalsi e dalle stesse scuole. Questa analisi sarà contenuta in un Rapporto di autovalutazione da cui successivamente l’Invalsi desumerà gli indicatori che consentiranno di individuare le istituzioni scolastiche da sottoporre alla valutazione esterna, coordinata dagli ispettori.
In base ai risultati del Rapporto, la scuola definirà un piano di miglioramento avvalendosi anche del sostegno dell’Indire, o della collaborazione con università, enti di ricerca, associazioni professionali e culturali. Gli esiti del procedimento di valutazione non hanno l’obiettivo di sanzionare o premiare ma intendono rendere pubblico il rendimento della scuola in termini di efficacia formativa. Lo scopo è attivare un processo di miglioramento sistematico e complessivo dell’efficienza e dell’efficacia del servizio, che deve essere mirato soprattutto a innalzare i livelli di apprendimento degli studenti e a dotarli di conoscenze e competenze essenziali per operare scelte consapevoli per il loro futuro. Il sistema permetterà anche di comprendere il valore dell’azione di coordinamento dei dirigenti scolastici.
L’intervento normativo, dalla cui attuazione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, completa il processo di decentramento dell’Amministrazione a favore delle autonomie scolastiche, divenute operative dal 2000, e permette di dotarle di uno strumento di validazione del loro operato. In quest’ottica, il Sistema di valutazione costituisce una risorsa strategica per orientare le politiche educative alla crescita culturale, sociale ed economica del Paese e per promuovere un esercizio responsabile dell’autonomia da parte di tutte le istituzioni scolastiche e formative. Inoltre, permette di colmare il ritardo che il nostro Paese ha accumulato rispetto agli altri Paesi europei, perché fornisce una risposta all’impegno preciso richiesto dall’Europa di sostenere, con un programma di ristrutturazione, le scuole che hanno fatto registrare risultati insoddisfacenti.
Il decreto sarà successivamente sottoposto, per i prescritti pareri, al Consiglio nazionale della pubblica istruzione, alla Conferenza unificata, al Consiglio di Stato e alle competenti Commissioni parlamentari. Contemporaneamente all’acquisizione dei pareri degli organi consultivi, si aprirà un percorso di consultazioni e confronto sul testo con gli operatori del mondo della scuola, con le realtà associative rappresentanti i genitori, gli studenti e la società civile, nonché con i sindacati del comparto e con le forze politiche.
Procedure abilitazione nazionale docenti universitari
Dopo l’emanazione dei due bandi per la formazione delle commissioni nazionali per l’abilitazione al ruolo di professore di I e II fascia e per i candidati, si avvicinano le prime scadenze per l’avvio dell’operatività delle procedure: 1) il 28 agosto scadranno i termini per la presentazione da parte dei professori ordinari in servizio presso le Università italiane delle candidature a far parte delle commissioni nazionali; 2) il 3 settembre scadranno i termini per l’eventuale ritiro della candidatura. Si tratta complessivamente di 184 commissioni nazionali che saranno formate a seguito dell’accertamento della qualificazione degli aspiranti commissari da parte dell’ANVUR e successivo sorteggio nell’ambito delle liste di idonei formate per ciascun settore concorsuale. Per quanto riguarda i candidati sarà possibile presentare la domanda entro il 20 novembre attraverso la procedura telematica predisposta dal Ministero e accessibile dal sito dedicato all’abilitazione nazionale.

Piano straordinario di assunzione professori universitari associati
Per l’anno in corso si prevede l’assegnazione agli atenei della seconda tranche di risorse destinate alla chiamata di professori di II fascia per un importo di 15 milioni di euro relativo al 2012 pari ad una spesa annua a regime di 90 milioni di euro. Tali risorse consentiranno l’assunzione di un numero di professori di II fascia compreso tra 2.500 e 3.000. Si ricorda che l’assegnazione della tranche 2012 sarà ripartita tra tutte le università statali con perequazione per quelle che sono state escluse dal riparto dell’anno 2011. Il Decreto di riparto terrà inoltre conto dei risultati della didattica e della ricerca di ogni università e del grado di virtuosità relativo alla spesa del personale. Il decreto di assegnazione delle risorse predisposto dal Miur di concerto con il Mef sarà sottoposto per il previsto parere delle competenti commissioni parlamentari agli inizi del mese di settembre.

Reclutamento docenti della scuola tramite procedura concorsuale
E’ prevista per il 24 settembre la pubblicazione di un bando di concorso, per titoli ed esami, su base regionale, finalizzato alla copertura di 11.892 cattedre nelle scuole statali di ogni ordine e grado, risultanti vacanti e disponibili; altrettanti posti saranno messi a disposizione dal Miur attingendo dalle attuali graduatorie. La procedura concorsuale avverrà secondo modalità innovative per favorire l’ingresso nella scuola di insegnanti giovani, capaci e meritevoli. Visto l’elevato numero di potenziali candidati, vi sarà una prova selettiva da svolgersi alla fine di ottobre, su una batteria di test uguale per tutte le classi di concorso. A gennaio sarà svolta la prova scritta (consistente anche in una prova strutturata di verifica delle competenze disciplinari), in modo da avere i tempi per svolgere la prova orale (con l’inserimento di una simulazione di una lezione per verificare l’abilità didattica) e pubblicare le graduatorie in tempo utile per l’immissione in ruolo per l’a.s. 2013/2014. A questo primo bando seguirà un secondo entro maggio 2013, disciplinato dalle nuove regole di reclutamento, attualmente in fase di preparazione.

da www.istruzione.it

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“Cambia il sistema di valutazione 30 mila assunzioni di docenti arriva il primo concorso dal ’99”, di VALENTINA CONTE

LA SCUOLA al centro della crescita per far ripartire il Paese. Il primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva decide di scommettere sul vero motore di cambiamento della società e dell’economia italiana, non solo confermando le previste assunzioni di dirigenti scolastici – gli ex presidi – e professori. Ma bandendo, per la prima volta dal lontano 1999, un nuovo concorso per docenti. In tutto, tra decreti e bando, si tratta di oltre 34 mila professionalità. Un barlume di luce che si affianca a un altro traguardo storico: l’approvazione del regolamento che rende operativo il Sistema nazionale di valutazione delle 9.150 scuole italiane, a undici anni dalla sua ideazione. Un meccanismo che consentirà di valorizzare i punti di forza e superare le debolezze di tutti gli istituti del Paese, dalle primarie alle secondarie. Secondo criteri di efficienza e meritocrazia. E con un occhio all’università e al mondo del lavoro.
ASSUNZIONI E NUOVO CONCORSO
Il Cdm di ieri ha approvato due decreti che consentono l’assunzione di 1.213 dirigenti scolastici, vincitori di concorso, e ben 11.892 docenti. Un bacino, quest’ultimo, che ricomprende insegnanti in attesa da decenni e parcheggiati nelle graduatorie ad esaurimento, create con le supplenze. Ma anche i vincitori di concorsi del 1991 e del 1999. Un secolo fa. Il nuovo bando, il primo da 13 anni, farà invece spazio a 11.892 nuovi docenti e sarà aperto, ovviamente, anche ai tanti ancora in graduatoria e che, specie i trentenni, potranno sperare di entrare in ruolo senza aspettare i cinquant’anni.
IL SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE
Si chiama Snv ed è stato inventato nel 2001. Pensato dal ministro Moratti, implementato da Fioroni con l’Invalsi e la valutazione dei dirigenti, sperimentato dalla Gelmini, il Sistema potrebbe finire in Gazzetta ufficiale entro l’anno. Ieri è stato approvato il Regolamento in sette articoli. Ora mancano ancora 5 passaggi istituzionali, mentre una prima verifica degli strumenti partirà già a settembre in 300 scuole italiane. «Se vogliamo mettere il Paese al centro, dobbiamo porre la scuola al centro. Perché la scuola è il cuore del Paese e migliorarla è utile a tutti – genitori, insegnanti, studenti – ma anche alla politica»,
commenta il sottosegretario Elena Ugolini che dal 2001 segue la lunga elaborazione del Snv.
COME FUNZIONA
Anche qui l’Italia arriva in ritardo. In Inghilterra un sistema di valutazione esiste da vent’anni. Così in Olanda e Australia. E nei principali Paesi Ocse. Il nuovo meccanismo prevede alcuni passaggi che consentiranno di riorganizzare i dati che oggi il Miur, il ministero dell’Istruzione, già possiede, renderli standard e confrontabili poi con le migliori esperienze straniere, ma anche con tutto ciò che viene dopo la scuola: l’università e il lavoro.
I PASSAGGI
Il primo step è l’autovalutazione. Ad ogni scuola sarà inviato un fascicolo elettronico con i dati del Miur su alcuni elementi chiave: assenze degli insegnanti, tasso di ripetenza degli studenti, il successo o meno del ragazzo nei passaggi scolastici successivi, l’inserimento nel mondo del lavoro o la carriera universitaria. Gli istituti correggono o completano il fascicolo, costruiscono un Rapporto e propongono un Piano di miglioramento. Il secondo step è la valutazione esterna fatta da appositi “Nuclei di valutazione”, composti da tre persone: un ispettore del ministero dedicato e due “esperti”. Il Nucleo arriva nelle scuole (si partirà da quelle con criticità, per poi arrivare a tutte) e discute il Piano con dirigente e docenti. Terzo step, le “azioni di miglioramento” messe in campo dagli istituti stessi. Ultimo step,
la sintesi tra i due Rapporti (della scuola e del Nucleo) sarà la base per la valutazione finale del direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale, già oggi incaricato a questo scopo, ma mai operativo. Mancavano gli strumenti, ora sono arrivati.

La Repubblica 25.0712

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“Sindacati divisi sì da Cisl e Uil Cgil: servono soldi”, di SALVO INTRAVAIA

Su valutazione e reclutamento il ministro Profumo incassa una sostanziale approvazione del mondo della scuola. Dopo l’approvazione dei provvedimenti di ieri in Consiglio dei ministri, la vita di docenti, dirigenti scolastici e alunni cambierà ma la cosa dovrebbe avvenire in maniera soft. Senza cioè i traumi dei precedenti sistemi di valutazione lanciati dal ministro Gelmini. Anche l’esigenza di un nuovo sistema di reclutamento che premi i migliori e soprattutto porti in cattedra docenti giovani viene salutato con un certo favore ma la strada da precorrere è ancora lunga. Per l’ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni (Pd), «l’approvazione della bozza di regolamento sulla valutazione e l’apertura del confronto è un atto estremamente positivo». Lo spauracchio degli insegnanti è sempre stata la valutazione singola del proprio operato. «Quella che esce dalla bozza approvata oggi — spiega Fioroni — è invece una interpretazione migliorativa della legge vigente: i docenti avranno la consapevolezza che la valutazione non è un avviso di garanzia da temere ma l’occasione per migliorare il risultato del proprio lavoro. Partendo dall’autovalutazione d’istituto si individueranno le cose che non vanno e si cercherà con l’aiuto dell’Indire di migliorarle». Senza premi né punizioni. Anche i sindacati approvano il lavoro del ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo. «La scuola — spiega Francesco Scrima, leader della Cisl scuola — ha bisogno di valutazione. E quello che traspare dalla bozza di regolamento approvata dal governo è un modo per creare, senza punizioni, la cultura della valutazione che mancava». Inoltre, «viene introdotta anche la valutazione del dirigente scolastico cui va la retribuzione di risultato”. Per Massimo Di Manna, a capo della Uil scuola, «i tempi di attuazione saranno lunghi ma il provvedimento avrà effetti senz’altro positivi sulle scuole». Il motivo è presto detto. «Si punta sulla valutazione complessiva delle scuole e non sulla valutazione del singolo docente — continua Di Menna —. Inoltre, al centro del processo viene messo il risultato delle attività formative: un mutamento importante per la scuola che prima badava soprattutto ad avere cosiddette carte a posto». Nelle scuole la vita «probabilmente cambierà e migliorerà perché sapere che c’è un soggetto esterno che contribuisce alla valutazione dei risultati cambierà anche l’operato degli stessi insegnanti».
Ma c’è anche chi boccia senza scusanti le modalità portate avanti dal governo. «La sfida era importante e rilevante per il Paese», dice Mimmo Pantaleo segretario della Flc Cgil. «Quando si affrontano temi di questa portata, generalmente si mettono in campo risorse e idee. Non è il caso della bozza di regolamento sul sistema di valutazione approvata ieri». E in più non vengono stanziate risorse aggiuntive. Insomma, «zero confronto e zero risorse». Sulla esigenza di aprire il reclutamento ai giovani e meritevoli sono tutti d’accordo. Ma occorre, secondo Fioroni, «provvedere al più presto all’approvazione del nuovo provvedimento sul reclutamento degli insegnanti che accorci i tempi di permanenza all’università valorizzando l’esperienza all’interno delle scuole». «Spero — conclude l’ex inquilino di viale Trastevere — sia anche l’occasione per rivedere il Tfa, accorciando i tempi ed evitando inutili spese aggiuntive per i futuri insegnanti».

La Repubblica 25.08.12

"Democrazia è mediazione ma anche sano conflitto", di Giunio Luzzatto

Si sta diffondendo l’esaltazione della mediazione come virtù di una democrazia aliena dagli estremismi (ultimo esempio, Michele Ciliberto su l’Unità del 21 agosto). Ora, è certo vero che la democrazia comprende la reciproca legittimazione tra le forze politiche che si contrappongono; essa però comprende anche l’accettazione del conflitto. Anzi, essa si sostanzia nel conflitto. Quando gli opposti schieramenti presentano proposte poco distinguibili l’elettore non è incentivato a partecipare (questa spesso è stata la situazione degli Stati Uniti); e quando essi danno vita alle soluzioni di massima mediazione, i governi di «grande coalizione», viene deluso soprattutto l’elettorato che vorrebbe soluzioni di progresso (esempi recenti in Germania e in Austria).

Nel caso italiano, i nostalgici della mediazione si riferiscono alla “Prima Repubblica”; al proposito, è il caso di richiamare alcuni fatti. 1) Non tutte le forze politiche erano legittimate: per decenni, il Msi è stato considerato fuori dall’ «arco costituzionale». 2) Il periodo considerato il più positivo (la ricostruzione, il boom economico con la lira premio Oscar) è stato quello della massima contrapposizione tra centro e sinistra; De Gasperi e i successivi leader Dc mediavano sì, ma all’interno della propria coalizione. 3) Anche quando il Psi è entrato nella maggioranza questa è stata rigorosamente «delimitata», con l’esclusione di qualsiasi contributo dalle sinistre di opposizione; era in atto un ulteriore conflitto, quello tra le spinte moderate e quelle progressiste all’interno della coalizione di governo, e tale conflitto in qualche caso ha portato a riforme ragionevolmente «mediate» tra esse, ma in molti altri alla paralisi. 4) Su tematiche poste al di fuori delle logiche di schieramento, i risultati di maggior valore storico sono stati conseguiti a conclusione di contrapposizioni durissime: il divorzio, la depenalizzazione dell’aborto.

Beninteso, vi sono stati anche episodi di mediazioni ampie: la riforma sanitaria, il nuovo diritto di famiglia. Ma sono positive eccezioni; quasi sempre, quando sul conflitto è prevalso il consociativismo si è giunti a soluzioni che, anziché mirare all’interesse generale del Paese, sommavano le richieste avanzate dai diversi gruppi, rappresentativi di interessi particolari, ai quali era sensibile l’uno o l’altro partito.

Quanto alla «seconda Repubblica», non si vede come sarebbe stato possibile legittimare un «Polo» costruito intorno al protagonista del più colossale conflitto di interessi mai presentatosi nella leadership politica di un Paese democratico occidentale; l’errore non è stato l’antiberlusconismo, bensì la sordità ai suggerimenti di chi chiedeva una linea di assoluto rigore su questa pregiudiziale (ricordo Paolo Sylos Labini, non certo un «estremista»). Il limite del centrosinistra stesso – cui è doveroso porre rimedio – non è stata perciò la conflittualità con la parte opposta, bensì l’incapacità di costruire una coalizione omogenea, capace di attuare, quando ha avuto la maggioranza parlamentare, un proprio progetto di governo.

Giustamente, lamentiamo che a livello europeo le socialdemocrazie e le altre componenti progressiste siano state troppo omologate con il «pensiero unico», incapaci di presentare una proposta chiaramente alternativa anche quando esso, con la crisi, si è dimostrato fallace. A livello italiano, il discorso deve essere altrettanto netto; non basta dire che al governo dei tecnici deve seguire uno che veda impegnati i partiti, occorre che sia evidente che tra questi vi sono progetti contrapposti. Con una destra che finalmente fosse decente è possibile la legittimazione, non una mediazione paralizzante.

l’Unità 24.08.12

"Flc all’attacco della riforma Fornero sulle pensioni", di P.A. da La Tecnica della Scuola

Il sindacato di Pantaleo, senza fare riferimento alla battaglia legale che il comitato civico “Quota 6” sta conducendo in sede legale per avere spostato il diritto alla pensione dal 31 dicembre 2011 al 31 agosto 2012, in conformità all’unica finestra di uscita prevista per la scuola, si rivolge a coloro che avrebbero potuto andare in pensione a decorrere dal 1.09.2012 e che, invece, sono stati bloccati dall’applicazione della cd. Riforma Fornero.
La FLC CGIL ricorda anche che ha agito su due binari.
Il primo proponendo un ricorso nazionale al TAR del Lazio contro i provvedimenti amministrativi attuativi della Riforma Fornero. Il 5 luglio il Tar del Lazio ha declinato la propria giurisdizione in favore del giudice del lavoro. Contro questa decisione la FLC CGIL sta preparando un ricorso al Consiglio di Stato.
Il secondo tramite la tutela legale dei lavoratori, già nel momento di predisposizione della domanda, con la presentazione dei ricorsi individuali che stanno già approdando nelle aule dei Tribunali.
Le udienze sono state calendarizzate negli ultimi giorni del mese di agosto.
Poiché non ci sono scadenze, tutti coloro che fossero interessati ad esaminare la propria posizione professionale si possono rivolgere alle strutture FLC CGIL.
La FLC, dice ancora il comunicato, è convinta che per l’affermazione dei diritti, anche quando si promuovono i ricorsi, la via maestra resta la dimensione sindacale e politica.
Questa ultima via è stata però anche percorsa soprattutto attraverso l’impegno delle parlamentari Bastico e Ghizzoni, ma non ha portato da nessuna parte, perché gli emendamenti e gli ordini del giorno proposti sono stati regolarmente respinti dal Governo e perfino da alcuni gruppi parlamentari.
Inoltre c’è pure da dire che anche CislScuola, UilScuola, Gilda si sono mossi e si stanno muovendo sulla stessa linea della Flc, coi propri uffici legali, consapevoli della profonda ingiuria perpetrata ai danni di questi colleghi che maturano il diritto al 31 agosto 2012, in conformità con l’unica finestra di uscita concessa alla scuola.
Ma c’è pure di più: un paradosso politico che la dice lunga sulla intransigenza del Governo ad accettare l’istanza.
Infatti ai sopra numerai è concesso di andare in pensione se maturano il diritto al 31 agosto, riconoscendo quindi la specificità della scuola e dei suoi ritmi didattici, ma a tutti gli altri viene negato similare diritto.
Da un lato dunque il governo è consapevole di questa antica logica, ma dall’altro la nega, facendo orecchie da mercante.
Un paradosso paradossale di sapore tipicamente bizantino a cui fra l’altro ormai siamo abituati.

La Tecnica della Scuola 24.08.12

"Dalla siderurgia alla chimica la nuova mappa della crisi", di Luciano Costantini

Mario Monti vede la luce in fondo al tunnel, il sindacato neppure uno spiraglio. La Cgil pronostica un «autunno caldissimo». Insomma, sensazioni. Perché i dati oggettivi non sono certo incoraggianti: in tre anni la crisi ha bruciato 450.000 posti di lavoro e altri 500.000 rischiano di essere cancellati nei prossimi mesi.
Dal 2009 oltre 30.000 imprese hanno dovuto chiudere i cancelli, al ministero dello Sviluppo sono aperte attualmente 131 vertenze (erano 109 lo scorso gennaio) che vengono discusse con maggiore frequenza perché rappresentano le situazioni più acute. Sono interessati 163.000 dipendenti. Ma in effetti le aziende in crescenti difficoltà sono oltre trecento, i lavoratori coinvolti più di 450.000 con grandi possibilità di arrivare al mezzo milione. Così la cassa integrazione che oggi copre 500.000 persone potrebbe trasformarsi in una perdita secca di altrettanti posti di lavoro. Un rapido conto: in poco meno di quattro anni – dal 2009 a fine 2012 – il Paese potrebbe conteggiare quasi un milione di disoccupati in più, tra dipendenti espulsi dalle fabbriche, dalle attività commerciali, dagli uffici. Ballano 10.000 posti alla Fincantieri e alla Thyssenkrupp, 7.500 alla St Microel, 7.000 alla Electrolux, 6.000 alla Eds, 4.500 alla Indesit, 4.400 alla Sirti, 4.000 alla Micron.
Una crisi che fa sentire i morsi da Nord (Vinyls di Porto Marghera) alla Sicilia (Fiat di Termini Imerese) alla Sardegna (Alcoa ed Eurallumina di Portovesme) attraversando l’Italia Centro meridionale (Ilva di Taranto e Fincantieri di Castellamare di Stabia). «E’ la dimostrazione che la politica industriale è soltanto una voce marginale nell’agenda di governo mentre serve un piano di sviluppo e crescita nazionale», dice Salvatore Barone, coordinatore del dipartimento Industria della Cgil. Situazioni critiche per Alcoa e Ilva.
Elettrodomestici. Vertenza ancora aperta alla Merloni con oltre 600 lavoratori di Nocera Umbra in cassa integrazione. Alla Elettrolux espulsi 230 dipendenti e altri 500 in cigs. Terza chiusura in pochi mesi alla Indesit e 360 dipendenti in scadenza di cig.
Chimica: Alla Vinyls di Porto Marghera in 150 attendono la riconversione industriale del sito che produce oli vegetali, farine e biodiesel. All’Eni di Gela due delle tre linee sono ferme da maggio e per 10 mesi 400 lavoratori saranno a rotazione in cassa integrazione.
Farmaceutica. La Sigma Tau ha presentato un piano di ridimensionamento con la cig per 400 lavoratori del sito di Pomezia. La Corden Pharma di Sermoneta (Lazio) ha confermato i 179 esuberi che dovranno lasciare entro l’agosto del prossimo anno.
Siderurgia. Ipotesi di chiusura per Alcoa dopo il disimpegno degli americani. Ed Eurallumina è ormai fuori gioco da tre anni. Alla Lucchini della Severstal si è fatto ricorso ai contratti di solidarietà per dodici mesi. Almeno 4 mila posti a rischio.
Edilizia e mobili. Italcementi ha avvito le procedure per la mobilità di 180 lavoratori e confermato la chiusura degli stabilimenti di Porto Empedocle e Vibo Marina. La Natuzzi, produttrice di salotti, ha comunicato ai sindacati la volontà di richiedere la cig a zero ore per 1.300 dipendenti su un totale di 2.700.
Telecomunicazioni. Alcatel ha tagliato 245 lavoratori, la Nokia ha aperto le procedure di licenziamento per 445 sui 1.104 che operano in Italia. Sirti e sindacati sono alla ricerca di un accordo per la gestione di 1.000 esuberi. La Ericsson ha annunciato licenziamenti collettivi.
Auto e trasporti. Alla Fiat cassa integrazione stop and go mentre per lo stabilimento di Termini Imerese si attende ancora un piano concreto di reindustrializzazione. Incertezze alla Irisbus della Valle Ufita con rischi conseguenti per il futuro di 658 lavoratori. Alla Wind Jet cinquecento potrebbero essere appiedati dopo il flop della compagnia.
Ferroviario. Finmeccanica vuole dismettere diverse società in Italia. All’Ansaldo-Breda procede il piano di risanamento: da quando è scattato sono stati tagliati 164 posti.

Il Messaggero 24.08.12

"Estate 2012, fuga dalle vacanze più della metà degli italiani a casa", di Maria Novella De Luca

Brevi, e più modeste che mai. Più corte, più sobrie, più povere. Portafoglio sigillato e acquisti all’osso, le vacanze dell’estate 2012 raccontano se possibile l’Italia che verrà. E cioè risparmio assoluto e consumi a zero. Gli esperti del settore lo avevano previsto, i numeri di questa caldissima fine estate lo confermano: tracollo di presenze, fatturato in calo, taglio netto su ogni piccolo extra, dal gelato all’ombrellone, e tanto tanto turismo casalingo. A casa dei parenti, day-by-day nel litorale più vicino, magari in campeggio o a sorpresa in crociera, unici settori con il segno più, grazie anche ad un serio “contenimento” di tariffe. Presenze in calo del 20% dappertutto, fatturato in picchiata del 30%, o addirittura peggio in regioni come la Sardegna.
«È l’estate nera del turismo — dice sconfortato Franco Giovannoni, presidente della Fiavet, la Federazione degli agenti di viaggio — gli italiani hanno tagliato su tutto, e temo che non pochi alberghi o stabilimenti a settembre saranno costretti a chiudere. Partiamo dal dato principale: è aumentato il numero di chi non ha fatto nemmeno un giorno di vacanza, il 60% della popolazione del nostro paese. E chi invece si è potuto permettere una piccola “fuga” ha ridotto notti in albergo e pranzi al ristorante, ma anche ombrelloni e lettini allo stabilimento, consumi al bar, insomma ogni tipo di spesa non strettamente necessaria ». Attenti al centesimo dunque, perché la vita fa paura, “la sensazione è che molti abbiano deciso di risparmiare sulle ferie, perché non si sa che cosa accadrà in autunno”, aggiunge Giovannoni. E sulle vacanze già all’osso hanno pesato e non poco l’aumento della benzina, le tariffe “monstre” dei traghetti verso la Sardegna, e adesso, a penalizzare la Sicilia (e migliaia di lavoratori) il fallimento di Wind Jet. Per fortuna, dicono gli operatori turistici, il numero degli stranieri in Italia è rimasto stabile, mentre ciò che è crollato è stato il cosiddetto “mercato domestico”.
A leggere i dati si scoprono comunque alcune controtendenze: se da una parte calano le presenze negli alberghi (da 7 a 5 notti in media) ma anche negli agriturismi e nei villaggi turistici, diventati forse troppo cari, tornano in auge le “case vacanza”, più 3% di prenotazioni, ma soprattutto le crociere, più 15% di viaggiatori, e i campeggi, più 6% di presenze, un giro d’affari da 5 miliardi di euro e da 70 milioni di presenze l’anno. E se l’appartamento in affitto permette di abbattere i costi, dividendo le spese con amici e parenti e cucinando in casa, è il successo del settore “open air” la vera novità dell’estate 2012. «Sì, è vero, il nostro settore ha tenuto, anzi in alcune regioni abbiamo avuto un incremento grazie agli stranieri, ma anche alle prenotazioni last minute degli italiani», conferma soddisfatto Maurizio Vianello, presidente della Faita federazione che raggruppa i campeggi di tutta Italia. «Il mondo del turismo open air, cioè i camping, ma anche le crociere, resiste alla crisi perché con un costo ragionevole riesce a dare una vacanza a 360 gradi, che è proprio quello che le persone ci chiedono. Facciamo l’esempio del campeggio: si può arrivare con una tenda canadese da pochi euro, cucinare sul proprio fornellino e spendere pochissimo. O alloggiare in un bungalow con l’aria condizionata. I servizi del camping però poi sono uguali per tutti…».
Una voce positiva, nell’estate nera del turismo italiano. «E noi speriamo molto nei viaggiatori stranieri di settembre e ottobre», conclude Vianello.

La Repubblica 24.08.12