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"Senza rinvio fiscale, in Emilia tagli alle paghe", di Claudio Visani

Il Consiglio dei ministri dovrebbe decidere oggi il rinvio al 30 novembre del pagamento delle tasse per tutti i residenti nei Comuni colpiti dal terremoto del 20 e 29 maggio scorsi. E dovrebbe, soprattutto, varare un nuovo decreto per consentire la sospensione fino al 30 giugno 2013 di tutti gli adempimenti fiscali, tributari, contributivi e amministrativi per le imprese e per i cittadini che hanno subito danni dal sisma e hanno ancora la casa o lo stabilimento inagibile. Dopo il no alla proroga comunicato il giorno dopo Ferragosto dall’Agenzia delle entrate (ministero dell’Economia e delle Finanze), dal cratere si è levato un coro di proteste da parte di sindaci, sindacati e categorie economiche. Il commissario delegato alla ricostruzione, Vasco Errani, presidente dell’Emilia-Romagna e della Conferenza dei presidenti delle Regioni, è tornato alla carica con una lettera al premier Mario Monti e al ministro Vittorio Grilli firmata anche dai governatori di Lombardia e Veneto. «Non chiediamo assistenza – ha ripetuto ieri Errani a Uno Mattina – ma chi ha la casa inagibile non può pagare l’Imu e non si può chiedere di versare le tasse all’imprenditore che non può produrre. È una questione di equità e giustizia. Sono convinto che il governo risponderà positivamente. È anche nell’interesse del Paese». Il pressing sul governo è fortissimo, e arriva trasversalmente sia dalla politica che dal mondo economico. «La proroga è indispensabile», dice a Monti il leader Udc, Pier Ferdinando Casini, sottolineando come «in questi mesi amministratori e cittadini delle zone colpite hanno dato una dimostrazione di efficienza e virtuosità che deve essere di insegnamento per tutti». Analoghi inviti arrivano al premier dai parlamentari del Pdl. La Cgil giudica insufficienti i 4 mesi di sospensione delle tasse decisi a maggio dal governo e chiede una ulteriore proroga «per tutto il periodo dell’emergenza». Assieme a Cisl e Uil, chiede inoltre all’esecutivo «di prevedere per via normativa la rateizzazione dei versamenti contributivi, come avvenuto per l’Abruzzo», per evitare che le trattenute (Irpef, addizionali locali, contributi previdenziali) «riducano in maniera pesante le buste paga». In Emilia, il tavolo regionale dell’imprenditoria (15 associazioni, 350mila imprese) sposa la proposta di Errani e invita il governo ad accoglierla per «ridare fiato ai cittadini e alle imprese che senza troppo clamore si sono rimboccati le maniche e stanno compiendo sforzi notevolissimi per ripristinare abitazioni e attività produttive». Ieri, intanto, è entrato in vigore il decreto che dà una boccata d’ossigeno ai Comuni terremotati alleggerendo il Patto di stabilità 2012. Il provvedimento riduce «nel limite massimo di 50 milioni di euro gli obiettivi per i Comuni dell’area del sisma». I Comuni potranno così spendere una parte delle risorse che hanno in cassa, ma che finora erano bloccate dal Patto, per pagare aziende e fornitori. E in Emilia, Errani, dopo aver varato le ordinanze per avviare la ricostruzione di scuole, case e aziende, ha stanziato 43,5 milioni di euro per rifare le sedi dei Municipi crollati o lesionati. Il commissario ha poi rassicurato i cittadini e le imprese emiliane preoccupati dei tempi lenti di erogazione dei fondi che «non ci saranno danni da troppa burocrazia». «I 6 miliardi stanziati per la ricostruzione saranno disponibili da gennaio – ha detto – e dimostreremo che è possibile dare risposte di qualità nei tempi giusti e senza burocrazia, contrastando le infiltrazioni della criminalità organizzata. Su questo saremo molto attenti».

L’Unità 24.08.12

Bersani: “Monti ha fatto un gran lavoro ma è una parentesi non ripetibile il Pd è pronto a governare”, di Massimo Giannini

«Sento in giro molte preoccupazioni sul dopo Monti. Allora chiariamo subito un punto: qualunque ragionamento sul prossimo futuro deve partire dal presupposto che non vengano abolite le elezioni, magari su suggerimento di Moody’s. Se in Italia passasse l’idea che la politica non è in grado di tirarci fuori dalla crisi, noi ci porremmo automaticamente al margine delle democrazie del mondo». Finite le brevi ferie d’agosto, Pierluigi Bersani torna in campo e detta a Monti le condizioni dell’autunno. Il leader del Pd considera quella del governo tecnico una «parentesi non ripetibile». «Perché vede – spiega – il limite della soluzione tecnica non sta nel governo Monti, che pure ha fatto un gran lavoro, ma nella mancanza di univocità di una maggioranza che ha opinioni diverse, perché in natura esistono una destra e una sinistra alternative l’una all’altra. E se a Bruxelles o sui mercati si ha paura per la tenuta del rigore in Italia, io voglio credere che ci si riferisca a un rischio Berlusconi o a un pericolo populista, non al
centrosinistra».
Eppure, segretario, l’impressione è che cancellerie e Borse non si fidino neanche di voi…
«Noi abbiamo fatto la moneta unica, con Prodi, D’Alema e Amato abbiamo raggiunto accordi storici con la Ue e la Nato, io ho lavorato con Ciampi e Padoa- Schioppa. I mercati e le cancellerie non possono far finta di non conoscerci. Se ci sono manovre interessate per dire che nell’Italia del dopo Monti non c’è un presidio credibile, noi siamo qui, con la nostra storia, a dimostrare che non è vero».
Quindi lei fin da ora dice no a un Monti bis e dice no a una Grande Coalizione?
«Io dico che in un Paese maturo si fronteggiano un centrodestra, un centrosinistra ed eventualmente una posizione centrale che da una legislatura all’altra può dare flessibilità al sistema.
Chi vince, governa. Questo è il vero tema, non quanti tecnici ci sono nel governo. E questo significa che non si può andare al voto proponendo una Grande Coalizione. Non esiste proprio».
Perciò, Bersani va al voto con il suo programma e le sue alleanze, e se vince va a Palazzo Chigi. Giusto?
«Così funziona, nelle democrazie normali. E poi, hai visto mai, può succedere che una figura come Monti non riesce a portare a casa una legge contro la corruzione, e invece Bersani ci riesce».
Il Pd è sempre più insofferente col governo. Oggi c’è il primo Consiglio dei ministri dopo le ferie. Cosa chiede a Monti?
«A Monti chiedo un cambio di passo. Non sono d’accordo su come stanno andando le cose. È ora di riscrivere l’agenda. Per noi progressisti è il momento di rompere l’avvitamento tra austerità e recessione. Il rigore non va abbandonato. Ma è ora di aprire gli occhi. Lo dico anche al Consiglio dei ministri che si riunisce oggi: date finalmente uno sguardo alla realtà».
Perché finora il premier e i ministri non l’hanno fatto?
«Non sto dicendo questo. Dico che ora ci sono due problemi da affrontare. Il primo è europeo: a settembre il messaggio dell’Ue sulla stabilizzazione degli spread non deve più essere un oggetto da Sibilla Cumana, ma deve diventare operativo. A proposito di battere i pugni sul tavolo, questa è l’occasione. Il secondo è italiano. Sento parlare di via d’uscita dalla crisi. Io credo nella possibilità di uno spiraglio, ma ancora non lo vedo. E ho l’impressione che il governo finora non abbia percepito lo scivolamento dell’economia reale. C’è un crollo della produzione industriale, un segno meno nei consumi, lavorano 22 milioni di italiani su 60. Io chiedo: come affrontiamo queste emergenze?».
E cosa si aspetta che le risponda, Monti?
«Per me il rigore è la condizione necessaria, ma non è l’obiettivo. Il vero obiettivo, qui ed ora, è il sostegno all’economia reale. Leggo di piani energetici, di piani per gli aeroporti. Per carità, va tutto benissimo. Ma i problemi di famiglie e imprese, in questo momento, sono altri. Per esempio: il prezzo della benzina si può ridurre? I pagamenti della Pubblica Amministrazione sono stati sbloccati? E che facciamo di fronte alle crisi industriali, dalla Fiat a Finmeccanica all’Alcoa? Le eventuali operazioni di alienazione del patrimonio pubblico possono essere destinate a politiche industriali e allo stimolo all’economia reale? In agenda io vorrei queste priorità. Attenzione a messaggi troppo astratti, che non generano fiducia ma semmai scollamento».
Da mesi si critica il governo perché non fa niente sulla crescita, ora lei lo critica perché prova a fare qualcosa?
«Io non lo critico, ma dico che non bisogna passare dal niente al troppo. Sento parlare di una defiscalizzazione del-l’Iva sulle infrastrutture, praticamente senza copertura. Bene, ma perché da mesi si dice no alla sterilizzazione dell’Iva sulle accise per la benzina? Ci sono cose che il governo può fare subito. Rafforzi gli sgravi fiscali sulle ristrutturazioni immobiliari in funzione antisismica e ambientale. Adotti misure di sburocratizzazione, eliminando pas-
saggi burocratici o esternalizzandoli. Finanzi l’innovazione coi crediti d’imposta sulla ricerca e la defiscalizzazione degli investimenti. Introduca una vera Dual Income Tax».
Il nodo vero è la pressione fiscale. Lei pensa che Monti dovrebbe cominciare a rimodulare le aliquote Irpef?
«Senta, io non riesco a raccontare favole. È un obiettivo per il futuro, ma per ora non possiamo permettercelo. Dobbiamo scongiurare gli aumenti dell’Iva, questo sì. Ed è possibile farlo, aumentando il recupero dell’evasione fiscale, concludendo l’accordo con la Svizzera sulla tassazione dei capitali, lavorando realisticamente sugli incentivi alle imprese, e poi definendo meglio con gli enti locali la griglia della spending review».
Elsa Fornero ha detto che porterà il taglio del cuneo fiscale in Consiglio dei ministri. Lei è d’accordo?
«Certo, in prospettiva il cuneo fiscale va ridotto. Ma anche qui, non ci sono soluzioni miracolistiche. E poi serve uno schema pattizio: Prodi tagliò il cuneo fiscale di 5 punti, ma purtroppo questo non servì a rilanciare gli investimenti».
E la patrimoniale? La deve fare Monti, o la farete voi quando tornerete al governo?
«Noi proponemmo un’imposta sui grandi patrimoni immobiliari per alleggerire l’Imu. Non si fece allora, per me va fatta adesso. Quanto alla finanza, la ricchezza scappa e la povertà resta. Va rafforzata la tracciabilità dei capitali, anche su scala europea. Questo Monti può farlo, entro la fine della legislatura».
Lei parla di fine della legislatura. Ma tornano in ballo le elezioni anticipate a novembre.
«Le elezioni anticipate sono un’elucubrazione dannosa. Io non le auspico e non le vedo all’orizzonte, anche se è nostro dovere tenerci pronti a qualunque evenienza. Poi, lo dico una volta per tutte, non c’è alcun nesso tra voto anticipato e legge elettorale…».
Ma l’intesa col Pdl sulle modifiche al Porcellum c’è o no?
«Oggi un accordo non c’è ancora, ma da parte nostra c’è la disponibilità a chiudere in fretta. Naturalmente, non rinunciamo ai nostri due paletti. Primo: la sera in cui si chiudono le urne il mondo deve sapere chi governa, altrimenti ci travolge uno tsunami. Secondo: i cittadini devono scegliere chi mandare in Parlamento. In concreto, questo significa due cose. Ci vuole un premio di maggioranza ragionevole, e il 15% lo è, perché sarebbe curioso che il Pdl che nel 2005 ha introdotto una premialità sconosciuta in Occidente oggi dicesse no a una premialità decorosa. E poi ci vuole una quota significativa di collegi uninominali, per ricreare un legame tra elettori ed eletti».
Mi dica la verità, c’è imbarazzo nel Pd sul conflitto sollevato dal presidente Napolitano contro i pm di Palermo per le intercettazioni sulla trattativa Stato-mafia?
«Nessun imbarazzo. Napolitano ha fatto quel che doveva. Dopodichè, in un sistema costituzionale e democratico lo schema non è chi è d’accordo e chi no con il Capo dello Stato, ma chi lo rispetta e chi no. E allora, se il presidente ha chiesto alla Consulta di chiarire un punto cruciale che riguarda le sue prerogative, può anche essere criticato ma deve essere rispettato. E questo non sta avvenendo sempre. C’è una campagna contro Napolitano: esiste un filone populista, in certe aree della politica e del giornalismo, che forse ha anche un disegno in testa. Ma non passerà».
Ma lei e il Pd siete d’accordo con Monti e la Severino, che annunciano una nuova legge sulle intercettazioni?
«Per me in una democrazia liberale il diritto alla riservatezza di chi è al di fuori da un’indagine penale non è un optional. Ma attenzione: questo diritto si garantisce con un filtro rigoroso affidato alla magistratura, senza limiti alle indagini e bavagli all’informazione. Dunque, se il governo vuole presentare un ddl con queste caratteristiche, noi siamo pronti a discuterne. Ma la condizione è che ci sia un pacchetto complessivo di riforma della giustizia, con al primo posto le nuove norme contro la corruzione. E dopo, semmai, anche le intercettazioni».
Le primarie tornano a infuocare la vostra metà campo. Le farete, come e quando?
«Il percorso è chiaro. In autunno vareremo una carta di intenti, con regole d’ingaggio, criteri di partecipazione, impegni e responsabilità comuni. E tra novembre e dicembre faremo le primarie di coalizione, con la massima apertura alle forze politiche e alla società civile ».
Del rottamatore Matteo Renzi che mi dice?
«In questi mesi non ho mai alimentato polemiche, e continuerò a farlo. Siamo dentro la più grave crisi del dopoguerra. Ne usciamo solo se c’è condivisione tra noi».
Sulle alleanze il quadro è problematico, tra Vendola e Casini. Riuscirete a vincere e a governare, mettendo insieme i centristi e i comunisti?
«Noi organizziamo un centrosinistra aperto a un incontro con forze politiche e sociali moderate. Entro ottobre saranno pronti 10-15 punti di programma, non 281 pagine. Sarà poi il candidato premier a fare il resto…».
Lei, presumibilmente…
«Se mi voteranno, sarò io. Sulla base di quel programma, il centrosinistra proporrà un’alleanza di legislatura alle forze liberali e moderate del Paese. Dentro questo perimetro non ci sono solo Vendola e Casini, ma ad esempio anche i socialisti».
Con Di Pietro è finita per sempre?
«Mi pare evidente che lui vuole star fuori. Il centrosinistra deve fare spesso i conti con le forze agite da questo istinto minoritario di auto-esclusione dalle responsabilità. Io, da riformista, lavoro perché questa maledizione finisca. Il Pd è pronto per governare, e sono convinto che governerà».

La Repubblica 24.08.12

Modena – Festa Pd Provinciale – Terremoto: reinventarsi il lavoro e reinventarsi la vita

(RI)COSTRUIAMO PIÙ DIRITTI
Reinventarsi il lavoro e reinventarsi la vita

Intervengono

Manuela Ghizzoni Parlamentare PD
Palma Costi Consigliere regionale PD
Susanna Benfatti Presidente Impresa Donna CNA e promotrice di EmiliAmo
Luisa Turci Sindaco di Novi
Roberta Verdelli Imprenditrice
Rossella Setti Artigiana

L’iniziativa è a cura della Conferenza provinciale delle Democratiche

"Carburanti, si muova il governo", di Antonio Lirosi

Sugli aumenti improvvisi del prezzo dei carburanti, spesso nei periodi d’esodo, cade il sospetto di speculazioni dal quale i petrolieri si difendono prontamente richiamandosi alle leggi della domanda e dell’offerta e alle quotazioni internazionali. Va detto che, da fine luglio a oggi, la crescita dei prezzi è certamente dipesa da fattori esterni al mercato italiano: i carburanti non potevano che diventare più cari, considerato il deprezzamento dell’euro e l’incremento delle quotazioni del greggio pagato in dollari. Tuttavia il problema principale non sorge oggi, con le nuove condizioni che hanno portato la benzina a superare la barriera dei 2 euro al litro. Occorre mettere a fuoco quello che è successo negli ultimi due anni.

Ricercando i fattori principali che hanno portato i prezzi alla pompa a un livello ben superiore di quello del luglio 2008 (più o meno 1,4 euro al litro) quando il petrolio mise a segno il record storico di 145 dollari al barile (molto distante dai circa 115 dollari della quotazione attuale). Oltre alla debolezza dell’euro, ci sono altre tre componenti che hanno inciso sulla formazione dei prezzi al consumo: 1) il prelievo fiscale che si è fatto molto più pesante a causa della nuova aliquota Iva del 21% e soprattutto dei continui incrementi delle accise (per la benzina 16,44 centesimi al litro divisi più o meno equamente tra le decisioni del governo Monti e le manovre di Tremonti); 2) l’incremento medio del margine lordo determinato quotidianamente dalle compagnie petrolifere che operano in Italia e che comprende anche la loro quota di profitto. Tale valore negli anni passati era stato mediamente tra i 12 e i 15 centesimi al litro mentre, secondo una ricerca di Nomisma energia dello scorso maggio, quest’anno ha toccato picchi di 23 centesimi per la benzina e di 18 centesimi per il gasolio; 3) il progressivo aumento delle quotazioni internazionali del prodotto finito. I valori Platt’s sono calcolati e diffusi da un’Agenzia (per la verità, da una società partecipata sembrerebbe da agenzie di rating e da operatori in potenziale conflitto di interesse) soltanto a coloro che si abbonano a pagamento al bollettino. Si tratta di un meccanismo di determinazione della quotazione sulla base dei valori di compravendita all’ingrosso nei vari mercati di riferimento e la cui fonte non può che essere quella dei soggetti economici che vi operano.

Insomma, qualcosa di analogo all’Euribor. Sembra incomprensibile ai più il fatto che in questi due anni di recessione, con i consumi dei prodotti petroliferi calati del 10-15 %, le quotazioni Platt’s di benzina e gasolio nel mercato del Mediterraneo, sono costantemente aumentate e in modo rilevante. Sarebbe opportuno che l’Antitrust europeo, magari su sollecitazione del governo, accendesse un faro su questa vicenda.

Per fortuna che gli sconti del fine settimana hanno dato sollievo agli automobilisti: i consumatori hanno gradito e molti fanno ormai il pieno soltanto tra sabato e domenica. Questa abitudine sta spostando quote di mercato tra le compagnie e si spera possa finalmente far scattare un circolo virtuoso di competizione. D’altronde poiché i produttori non fanno beneficenza, le politiche aggressive di prezzo non fanno che confermare che lo spazio per abbassare il prezzo di vendita dei carburanti c’era e c’è non solo per il week-end (e speriamo possa essere rivista la recente presa di posizione di Paolo Scaroni sulla conclusione il 3 settembre della campagna Eni: perché senza gli sconti del week-end sarebbe davvero un altro salasso e si alimenterebbero nuove tensioni inflattive).

Un cittadino, con una lettera a un quotidiano, si domandava come mai il distributore davanti casa rimasto aperto in modalità self 24h, mentre il gestore era in ferie, cambiasse ogni giorno il prezzo di vendita indicato dai display delle varie colonnine senza aver fatto mai un nuovo approvvigionamento e quindi non tenendo conto del costo di acquisto dei carburanti presenti in cisterna. La risposta è che nell’80% dei distributori (quelli che dipendono sostanzialmente dalle decisioni delle imprese petrolifere che nella maggior parte dei casi sono anche proprietarie degli impianti), il prezzo finale prescinde dal costo di acquisto della fornitura all’ingrosso del carburante. Come avviene per i gioiellieri, che per le collane e i braccialetti che hanno in cassaforte fissano giornalmente il prezzo di vendita al pubblico in base alla quotazione internazionale dell’oro, e non in base a quanto lo hanno effettivamente pagato dai loro rifornitori, per benzina e diesel le compagnie petrolifere apprendono dal Platt’s qual è la quotazione giornaliera del prodotto finito e decidono quanto deve essere il margine lordo da aggiungere a tale valore. Così si forma il prezzo di vendita alla pompa da comunicare ai gestori delle stazioni di servizio. Insomma una prassi che metterebbe in sordina una delle principali doti dell’essere imprenditore: quella di cercare di spuntare i prezzi migliori nella fornitura dei beni per poi essere più competitivo a valle nella vendita al cliente finale e assicurarsi così un adeguato guadagno. Il ministero dello Sviluppo economico, essendo abbonato ai dati del Platt’s, conosce il margine lordo applicato dai petrolieri e quindi ha gli elementi per fare un monitoraggio efficace e per esercitare la necessaria moral suasion a tutela dell’interesse generale.

Ma forse in queste condizioni, oltre a dar corso velocemente alle scarse misure di liberalizzazione del decreto Crescitalia, bisognerebbe chiedere al ministro Passera anche di fare qualcosa in più per migliorare la trasparenza del processo di formazione dei prezzi al fine di far crescere il grado di consapevolezza degli automobilisti, e quindi stimolare meccanismi virtuosi di competizione tra gli operatori: pubblicare ogni giorno sul sito dell’Osservatorio prezzi ministeriale l’ammontare della quota di margine destinata ai petrolieri e la sua incidenza sul prezzo di vendita al pubblico dei vari carburanti.

l’Unità 23.08.12

Sisma e ricostruzione, Tizian "I clan sono già tutti in azione", di Valerio Varesi

“Ci proveranno e forse sono già all’opera” assicura Giovanni Tizian, il giornalista esperto di infiltrazioni mafiose già minacciato dalla malavita organizzata. Il presidente Vasco Errani e i sindaci dei Comuni terremotati sono avvertiti. Tra i clan della ’Ndrangheta Grande Aracri a Reggio, i Longo-Versace di Polistena nella provincia di Modena, i Mancuso nel bolognese e i casalesi nella Bassa intorno a Cavezzo, lo schieramento mafioso è al completo e pronto a buttarsi sui miliardi per la ricostruzione.
Abbiamo sufficienti strumenti per contrastare l’infiltrazione?
“Gli strumenti ci sono, ma queste organizzazioni hanno una velocità molto superiore ai tempi burocratici delle prefetture e molto spesso ci si accorge troppo tardi dell’infiltrazione”.

Per esempio?
“Le mafie lavorano nel subappalto. Vince una ditta pulita che si vede offrire subappalti vantaggiosi e spesso li accoglie. Per eseguire la radiografia a tutta la catena di subappaltatori occorre molto tempo, anche un anno e nel frattempo questi lavorano. Una ditta mafiosa chiama a collaborare i suoi fornitori, coinvolge altre aziende colluse e il giro si allarga sempre più”.

È possibile intercettare tutto ciò?
“Un sistema efficace c’è
ed è quello adottato dai Carabinieri in Calabria: si chiama ‘Sciamano’ e consiste in un data base molto ricco che mostra nell’immediatezza tutto il curriculum di un’azienda e dei suoi titolari. Ti fotografa in un clic l’universo dei protagonisti di un cantiere. Di recente, per gli appalti della Salerno-Reggio Calabria, sono state aperte due inchieste con numerosi arresti usando questo strumento”.

Qui sarà adottato?
“Ancora non mi risulta, ma forse sarebbe bene farlo al più presto visto che alcuni appalti preliminari sono già partiti. In Calabria i Carabinieri lo stanno usando e anche Milano lo ha adottato in vista della grande torta dell’Expò. Per dare un’idea della sua efficacia, in un appalto inquisito risultava l’anomalia di un individuo che era stato assunto tre volte in poco tempo dalla stessa azienda. Quest’uomo è risultato colluso con la ’ndrangheta”.

Quale sarà il settore più vulnerabile?
“Credo che occorrerà forzare un po’ la mano e sorvegliare anche i privati, i cittadini che si ricostruiscono la casa avvalendosi di imprese da loro scelte e gli imprenditori che rimettono in piedi il capannone. L’attenzione dovrà essere massima su questa miriade di rapporti economici. Basti pensare che a Cavezzo risiede Renato Corvino ritenuto legato al clan camorristico dei casalesi ed è difficile pensare che questa gente non sia già pronta a bussare dai privati per offrire il servizio delle loro aziende. Magari usando professionisti insospettabili o prestanome. In ogni caso sarà un rischio grosso anche perché costoro lavorano al risparmio con materiali di scarsa qualità e così si rischia di avere immobili ancora non a norma antisismica”.

da repubblica.it