Latest Posts

"La giustizia in polvere", di Gad Lerner – La Repubblica 20.11.14

La malapolvere che lacera i polmoni ieri, nel palazzo della Cassazione, ha inferto una ferita sanguinante all’intera giustizia italiana. Mi sento stupido a scrivere di amianto, adesso. Perché tre anni fa c’ero anch’io, monferrino d’adozione, a confidare nel diritto e quindi a implorare l’allora sindaco di Casale Monferrato affinché rifiutasse i 18,3 milioni di euro che l’imputato miliardario Stephan Schmidheiny gli offriva come transazione purché rinunciasse a costituirsi parte civile nel processo Eternit, al fianco di tremila famiglie.
Ci sembrava una mancia offensiva, quella somma, meno della liquidazione di un manager, quota infinitesimale dei profitti miliardari accumulati quando già si sapeva che lo stabilimento intorno a sé spargeva una malapolvere mortale. Avremmo fatto meglio a incassarli — sporchi, maledetti e subito — quei soldi, da un signore svizzero resosi irraggiungibile, dotato di ottimi avvocati e potere extraterritoriale abbastanza per rendersi indisponibile anche solo a un interrogatorio? Davvero tocca rassegnarsi alla giustizia del più forte? Il fatto è che a Casale e nelle verdi colline del Monferrato ne abbiamo visti morire troppi di mesotelioma pleurico, rapiti da una malattia che sopraggiunge improvvisamente colpendo a casaccio fra coloro che anni prima avevano respirato quelle fibre cancerogene, sparse dovunque, a riempire i sottotetti o a imbiancare l’aia della cascina.
La strage è fatta di nomi e di volti familiari, non c’è abitante di Casale Monferrato che non ne custodisca almeno uno cui rispondere. Bisognava incassare la mancia e rassegnarsi? Cosa avrebbero detto del “patto col diavolo”, della transazione Schmidheiny, il mio collega Marco, direttore del giornale locale; o il mio formidabile amico Renzo, vignaiolo, alpino e maestro nella caccia al cinghiale? Come avremmo potuto guardare ancora in faccia Romana Blasotti Pavesi che ha perso un marito, una sorella, una figlia e due nipoti? Potrei continuare con migliaia di nomi… La dignità esemplare con cui i familiari delle vittime hanno costruito un’associazione rispettosa del diritto, fiduciosa nella giustizia, capace di assumere il ruolo di capofila internazionale nella campagna per la messa fuorilegge dell’amianto, ieri ha subito un’offesa che ci fa sentire, come minimo, ingenui. Umiliati.
Possibile che si sia svegliato all’ultimo minuto prima della sentenza decisiva il procuratore generale della Cassazione, Francesco Iacoviello, nel sostenere in punta di diritto che un disastro ambientale non si consumerebbe a lungo nel tempo? Davvero può fermarsi al 1986 la colpa dell’imprenditore beneficiato di ignominiosa prescrizione, quando la scia di morte ha trascinato via con sé migliaia di vittime nei ventotto anni successivi, e ancora non si arresta? Non suona forse macabro addebitare alle pubbliche istituzioni la responsabilità successiva, riguardante il divieto all’uso dei materiali velenosi e la mancata bonifica, scagionando chi per convenienza economica, pur sapendo, non fermò subito la produzione?
Schmidheiny ha assoldato società di pubbliche relazioni per presentarsi come ambientalista coscienzioso, vittima di una giustizia italiana prevenuta. Intanto sfuggiva a ogni confronto con il territorio violentato dalla sua azienda. Sarebbe stato lecito aspettarsi come minimo da parte sua un cospicuo finanziamento alla ricerca medico-scientifica che tuttora annaspa, povera di fondi, nel tentativo di trovare una cura per il mesotelioma. Invece ha tentato solo il trucco meschino, lo scambio utilitaristico giocato a ridosso della prima sentenza di Torino, quando ha intuito la mala parata: una manciata di soldi in cambio dell’immunità. Cavarsela a buon mercato, di fronte a magistrati che i suoi depistaggi non erano riusciti a fermare. Ci ha pensato la Cassazione, infine. I calcoli di Schmidheiny sulla malagiustizia italiana erano ben riposti, purtroppo. La legge del più forte ha prevalso sulla sofferenza di una comunità civile che per anni ha continuato a inalare le fibre cancerogene della sua Eternit. Nelle alte sfere multinazionali, quelle particelle affilate che lacerano i polmoni non arrivano mai. Il disastro per lui si è fermato al 1986, prescritto. Quel che è successo dopo sono affari del Monferrato. Fesso chi ha creduto, in Italia e nel mondo, che il Codice penale non potesse ignorare gli effetti ritardati dell’amianto.

"Siamo la seconda meta preferita dai giovani Usa: in 30mila hanno scelto l’Italia per un periodo di studi", di Marzio Bartoloni – Scuola 24 19.11.14

Gli Stati Uniti restano la destinazione numero uno per chiunque voglia studiare all’estero. Nell’ultimo anno accademico quasi un milione di studenti è volato oltreoceano in uno dei tanti college americani. Ma l’Italia a sua volta è una delle mete più gettonate dai giovani statunitensi in cerca di formazione all’estero. Sempre l’anno scorso quasi in 30mila hanno fatto le valigie per venire da noi a studiare. Dopo l’Inghilterra siamo il Paese preferito dagli studenti Usa. A rivelarlo è l’ultimo censimento contenuto nel rapporto «Open Doors on International Educational Exchange» pubblicato dall’Institute of international education di Washington.

Resta il sogno americano 
Gli studenti stranieri hanno ancora un sogno americano. Gli Stati Uniti restano infatti la meta numero uno dove frequentare l’università. E l’anno scolastico 2013/14 è stato secondo il rapporto «Open Doors on International Educational Exchange» da record con quasi 900 mila studenti stranieri iscritti, pari ad un 8% in più rispetto all’anno precedente. A spopolare sono ancora una volta i cinesi con 275 mila studenti ed un incremento di circa il 17% rispetto al 2012/13. In cima alla classifica anche India (96mila) e Corea del Sud (70mila studenti). Seguono Arabia Saudita (44mila), Canada (27mila) e Taiwan (21mila). Il primo paese europeo è l’Inghilterra, con 9.400 studenti volati in America. In aumento anche il numero di studenti provenienti da Paesi come Kuwait e Brasile. Secondo i dati, gli studenti internazionali hanno contribuito all’economica americana per 27 miliardi di dollari, un incremento di tre miliardi rispetto all’anno precedente. L’università americana con più studenti stranieri è quella di New York (11mila), seguita dalla Southern California (10mila).

Italia seconda meta 
In compenso anche il Vecchio Continente resta una meta ambita dagli studenti americani e un numero sempre maggiore va in Europa per studiare: 151mila sui 283mila complessivi. È la Gran Bretagna la destinazione preferita con 34mila studenti americani , seguita subito dopo dall’Italia che ha attratto nell’anno accademico 2012/2013 ben 29.848 studenti. La terza meta preferita dagli studenti Usa è la Spagna (26.281) seguita dalla Francia (17.210). I settori di studio sono soprattutto le «Stem» (Sienza, tecnologia, ingegneria e matematica) per 65.223 studenti, le scienze sociali (63.914), l’economia (59.147) e le materie umanistiche (30.167). Il 58% dei giovani americani va all’estero per motivi di studio per un periodo di 8 settimane o meno, il 37,9% da un trimestre fino a un semestre mentre solo il 3,2% frequenta all’estero un periodi di studio di un anno accademico.

i numeri della formazione americana

http://www.scuola24.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANO_SCUOLA/Online/_Oggetti_Correlati/Documenti/2014/11/19/Fast-Facts-2014.pdf

 

"L'amaca", di Michele Serra – La Repubblica 19.11.14

La citazione di “Garibaldi, Mazzini e Lamarmora” (in mezzo a un nugolo di santi benedicenti) nel rituale di iniziazione di non so quale cavolo di cosca calabra è una vera e propria manna per dietrologi e complottisti, le due correnti di pensiero egemoni sul web. Dopo che i carabinieri hanno reso pubblica la registrazione di quella ridicola cerimonia, nei commenti fibrilla l’entusiasmo per la conferma che alla radice di ogni nostro male ci sono le società segrete, in specie la massoneria, in cordata con mafia, camorra e ‘ndrangheta. La stessa unità d’Italia — si sa — fu una cospirazione massonica per impadronirsi dei beni dei Borbone (bravi e buoni). Poiché siamo il paese della P2, di Sindona, del caso Calvi, delle bombe del 92/93 e di infinite altre macchinazioni sanguinarie, il ruolo nefasto di poteri occulti risulta incontestabile. Ma nella loquace faciloneria dietrologica risuona, prima di tutto, il piacere così italiano di sentirsi vittime di manovre diaboliche, di lobbies invincibili, con i cattivi in cima alla Torre del Palazzo (volo di pipistrelli attorno alla tenebrosa merlatura) e noi, così brave persone, vittime impotenti. Sparisce la società, sparisce la politica, rimane solo la cospirazione di pochi contro tutti. Bisogna guardarsi dal complottismo: è una micidiale semplificazione e una potente macchina per alibi.

La politica non può demandare, interrogazione al Governo su Quota 96 – Manuela Ghizzoni 18.11.14

Interrogo il Governo su Quota 96 dopo la sentenza di Salerno, affinché non siano solo i tribunali a parlare, con una cacofonia incomprensibile. Per questioni regolamentari, ho dovuto presentato una interrogazione e non una interpellanza urgente, poiché mi sarebbero occorse 30 firme di sottoscrtitori che – dall’inizio del mese di novembre – non avessero  già sottoscritto interpellanze urgenti (se ne possono firmare 1 al mese: e io stessa non sono in questa condizione). Poichè siamo già nella terza settimana di novembre, la ricerca di “firme libere” è ardua. Solleciterò una risposta rapida e, se non arrivasse, trasformerò l’interrogazione in interpellanza nei primi giorni di dicembre. Il senso del mio intervento rimarrà comunque invariato: dopo tre anni di richieste, proposte, emendamenti, dichiarazioni e silenzi, ora la questione è nelle mani della giustizia, che sta rispondendo con sentenze diverse e in alcuni casi opposte, col rischio di creare la disparità di un diritto che invece è acquisito. La politica non può demandare. E’ tempo che  riprenda il suo ruolo e dia una risposta, pena la credibilità e l’affidabilità di uno Stato che non può non provvedere ad un errore che pesa sulla vita di 4.000 cittadini.

Di seguito il testo dell’interrogazione:

 

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro della Funzione pubblica, per sapere –

premesso che:

la riforma pensionistica nota come riforma Fornero, introdotta dal decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, non ha tenuto conto della specificità del comparto scuola nel quale, l’accesso al pensionamento è concesso un solo giorno all’anno, il 1 settembre, in considerazione della continuità didattica che deve essere garantita agli studenti;

più specificatamente, l’articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, vincola la cessazione del servizio nel comparto scuola «all’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata»; al contempo, l’articolo 59 della legge n. 449 del 1997, tuttora vigente, dispone che per “il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione del servizio ha effetto dall’inizio dell’anno scolastico e accademico con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno”. Inoltre, a normativa Fornero vigente, anche nella circolare n. 2 dell’8.3.2012 del dipartimento Funzione Pubblica al punto 6) si fa riferimento alla particolarità del comparto scuola, affermando espressamente che rimane ferma la vigenza degli specifici termini di cessazione dal servizio stabiliti in relazione all’inizio dell’anno scolastico per le esigenze di servizio;

l’assenza di una disposizione riferita alla specificità della scuola nella riforma Fornero, che non era mai mancata nella normativa pensionistica precedente, ha prodotto effetti negativi su circa 4.000 lavoratori del comparto scuola, tra docenti e personale ATA – noti come “Quota96Scuola” – che avrebbero maturato i requisiti per il pensionamento nel corso dell’a. s. 2011/2012 e che avrebbero quindi avuto diritto alla quiescenza a far data dal 1 settembre 2012, ma che invece sono rimasti e restano in servizio;

considerato che:

dal gennaio 2012 sul pensionamento di questo personale sono intervenuti diversi gruppi parlamentari con atti di sindacato ispettivo, proposte di legge ed emendamenti a testi in esame delle Camere che però non hanno conseguito esito positivo, poiché i diversi governi, succedutisi nel frattempo, non hanno convenuto sulle coperture finanziarie individuate dai parlamentari per dare soluzione alla questione;

preso atto che:

con la sentenza numero 31595 del 3 novembre 2014, il giudice del lavoro del Tribunale di Salerno, dr.ssa Ippolita Laudati, ha accolto il ricorso di 42 docenti salernitani appartenenti alla suddetta platea dei “Quota96Scuola”, accertando e dichiarando “il diritto dei ricorrenti tutti ad esser collocati in quiescenza alla data dell’1.9.2012”. Nella sentenza, il giudice fonda il proprio pronunciamento proprio sulla richiamata specificità della scuola “laddove il DPR n. 358/98 stabilisce una sfasatura tra data di maturazione del diritto e data di collocamento a riposo che coincide con la fine dell’anno scolastico, ossia il 31.8.2012 nel caso di specie”. Al contempo egli ravvede una incongruenza insita nella citata circolare n. 2 dell’8.3.2012 del dipartimento della Funzione Pubblica che “non sembra invece preoccuparsi dei problemi relativi ad eventuali sfasature temporali tra il momento in cui si verificano i fatti costitutivi del diritto (età-anzianità contributiva) ed il termine dal quale si può far valere tale diritto (cessando di fatto la prestazione lavorativa). La circolare della quale si sta discorrendo distingue la data di maturazione del diritto dai termini di cessazione dei servizio, ossia distingue i fatti costitutivi del diritto a pensione dai momento afferente la decorrenza. Dunque, se la legge nuova non si occupa della decorrenza, avendo presente come discrimen il momento di maturazione dei requisiti di età/anzianità, il termine di decorrenza è regolato dalla vecchia normativa… Poiché per evitare un disservizio e garantire la continuità didattica al docente viene “imposto” di continuare a lavorare fino al 31.8.2012, appare irragionevole che proprio in forza di questa esigenza egli subisca gli effetti (negativi o positivi poco importa) di leggi successive che modificato il suo diritto già acquisito e non ancora esercitato”;

ad analoghe considerazioni era giunto nel 2012 il giudice dr.ssa Baroncini del Tribunale di Roma, collocando in quiescenza due docenti in deroga alla vigente riforma Fornero, senza che il M.I.U.R. proponesse specifico ricorso in appello;

altri giudici del Lavoro si sono espressi differentemente da quelli di Roma e Salerno: in taluni casi hanno respinto la richiesta dei ricorrenti; in altri si sono dichiarati incompetenti per materia e hanno rinviato alla Corte dei Conti; in altri, ancora, hanno rinviato alla Corte Costituzionale per eventuali profili di incostituzionalità. La detta Corte si è espressa sull’inammissibilità del ricorso per la sua formulazione: conseguentemente, due ricorsi sono stati ripresentati (da parte dei tribunali di Siena e Ragusa) e sono in attesa di sentenza della Corte stessa. Si ricorda, inoltre, che inizialmente era stato presentato ricorso anche al Tar del Lazio e che anch’esso aveva dichiarato la sua incompetenza, dando così inizio alla serie di rinvii alle varie giurisdizioni – a cui si è fatto accenno – che di fatto, dopo tre anni, privano dei cittadini anche del diritto della certezza di una sentenza, positiva o negativa che sia;

valutato che:

le sentenze di Roma e Salerno sanciscono liceità, correttezza, validità e fondatezza della aspettativa del personale della scuola denominato “Quota96Scuola” che, in presenza di requisiti economici, professionali, giuridici ed anagrafici identici e speculari a quelli dei colleghi mandati in pensione dal giudice del lavoro ritengono di dover ottenere una estensione degli effetti delle sentenze richiamate;

l’incertezza nell’individuazione del giudice naturale così come l’eccessiva alternanza di sentenze opposte tra loro e la collocazione in pensione da tre anni di due docenti in esecuzione di sentenza, nonché  la mancata approvazione di una soluzione politica – attesa da tre anni ma mai conseguita nonostante le iniziative parlamentari e i pronunciamenti dei diversi governi in favore di una risoluzione alla questione – esprimono una situazione di grave pregiudizio al diritto dei cittadini di avere un “giusto processo”, testimoniando una disparità di trattamento tra lavoratori con identici titoli e medesimi diritti al pensionamento, ed accentuano il senso di distacco dalle Istituzioni, le quali creano aspettative senza poi assumere adeguate decisioni in merito;

riconoscere e garantire la specificità della scuola in relazione ai requisiti per il pensionamento come descritto in premessa, consentirebbe di incrementare le immissioni in ruolo di personale giovane, riducendo il precariato e contrastando un’anomalia propria dell’Italia, che risulta essere il Paese dell’Unione europea con la percentuale più alta di insegnanti ultra cinquantenni e quella più bassa di insegnanti al di sotto dei 30 anni;

la “finestra fissa” per il pensionamento dei lavoratori della scuola è stata dettata dalla salvaguardia della qualità e continuità del servizio scolastico e per questo non un privilegio di pochi ma un esigenza legata ad un bene comune: l’istruzione dei nostri alunni;

uno Stato che si dica affidabile e credibile agli occhi dei cittadini non può non provvedere alla correzione di errori che pesano sulla vita delle persone. –

 

quali iniziative o atti il Governo intenda assumere – concretamente e con la sollecitudine dovuta dopo tre anni di attesa – in ordine ai lavoratori della scuola della cosiddetta «quota 96», per risolvere le problematiche interpretative e applicative della riforma Fornero e per sanare la diseguaglianza di trattamento generata dalle sentenze di Roma, che hanno concesso il pensionamento già a due docenti – mentre quella di Salerno, se passasse in giudicato, lo concederebbe ad altri 42 ricorrenti – al fine di non creare ulteriore pregiudizio al principio di uguaglianza nel diritto nonché alla dignità umana e professionale dei lavoratori coinvolti.

Sisma, Ghizzoni e Vaccari “Sulla white list siamo stati apripista” – comunicato stampa 18.11.14

I parlamentari modenesi del Pd Manuela Ghizzoni e Stefano Vaccari rispondono a Carlo Giovanardi del Nuovo centro destra che bolla i cittadini della Bassa modenese come persone che “vogliono continuare a farsi prendere per i fondelli”. Nello specifico Vaccari, in quanto componente dell’Antimafia, interviene sul tema della gestione della white list delle imprese, deprecata da Giovanardi, ma considerata dal presidente dell’Autorità anticorruzione Cantone come un modello, certo migliorabile, ma da applicare agli appalti pubblici nel nostro Paese.

“Il senatore Giovanardi la smetta – dicono i parlamentari modenesi del Pd Manuela Ghizzoni e Stefano Vaccari dopo che, in una iniziativa di campagna elettorale, Carlo Giovanardi del Nuovo centro destra ha parlato dei cittadini della Bassa modenese come di persone che “vogliono continuare a farsi prendere per i fondelli. “Giovanardi continua ad usare le diverse campagne elettorali per accreditarsi come l’unico paladino del territorio – aggiungono l’on. Ghizzoni e il sen. Vaccari – Purtroppo lo fa con invettive che offendono l’intelligenza degli elettori che risiedono nei comuni colpiti dal sisma e dall’alluvione, nonché quella del personale delle forze dell’ordine, a partire dai vertici cioè prefetto e questore, che sulle interdittive antimafia hanno cercato di applicare con coscienza e realismo la legge”. “Anzi – rincara Stefano Vaccari – come componente della Commissione Antimafia, posso aggiungere che se il collega Giovanardi avesse partecipato più spesso alle sedute della Commissione avrebbe avuto l’opportunità di ascoltare il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone affermare che le “white list” usate per le zone del sisma 2012 e per Expo2015, seppure da migliorare, dovranno diventare una precondizione di qualificazione delle imprese per partecipare agli appalti pubblici nel nostro Paese”. “Ecco, senatore Giovanardi – concludono Manuela Ghizzoni e Stefano Vaccari – se questo è il tuo “aiuto”, nella Bassa possono anche farne a meno».

Rimini – Tavola rotonda su Memoria e Linea Gotica

Nell’ambito del Convegno internazionale “Comunità in Guerra sull’Appennino. La Linea Gotica tra storia e politiche della memoria, 1944 – 2014” (sala di Palazzo Agolanti, via Gambalunga 29, Rimini), sabato 22 novembre alle 11,30 si svolgerà la Tavola rotonda “Politiche per la Memoria”. Presiede il direttore dell’INSMLI Claudio Silingardi, partecipano: Massimo Mezzetti, Manuela Ghizzoni, Alessandro Zucchini e Alberto De Bernardi.