Latest Posts

“Come aprire le porte del mercato del lavoro”, di Tito Boeri

Accade talvolta che in una trattativa difficile si possa perdere la bussola, immersi come si è nella faticosa ricerca di un compromesso. Così si perde di vista l´obiettivo principale. La riforma del mercato del lavoro di cui il Paese ha bisogno deve servire a rilanciare la crescita. Questo significa aumentare la produttività del lavoro e impedire che il dualismo del nostro mercato del lavoro continui ad emarginare coloro che hanno maggiori possibilità di contribuire a generare reddito e occupazione. Bisogna farla in fretta questa riforma non solo perché non vogliamo deludere mercati che stanno faticosamente tornando a credere in noi (ieri lo spread fra Italia e Spagna, la misura vera della nostra credibilità, è tornato sotto i 30 punti base), ma anche per evitare che la recessione alle porte colpisca i soliti noti: i lavoratori con partita iva, contratti a progetto, i falsi associati in partecipazione e chi ha contratti a tempo determinato. Eppure negli ultimi giorni abbiamo avuto ripetuti segnali di una trattativa che evolve in una direzione diversa, talvolta ortogonale a questa. Dapprima abbiamo assistito a una serie abbastanza sconcertante di dichiarazioni di esponenti del governo che hanno voluto sminuire il richiamo del posto fisso per i giovani. Come se il problema fosse quello di convincere i giovani che i contratti temporanei sono meglio di quelli a tempo indeterminato e non, invece, di offrire loro finalmente copertura assicurativa, formazione sul posto di lavoro e condizioni contrattuali e retributive pari a quelle degli altri lavoratori dipendenti. Si sono poi susseguite le anticipazioni sui contenuti del negoziato. A quanto pare, si tratta su riforme della Cassa Integrazione e sull´estensione delle procedure dei licenziamenti collettivi ai licenziamenti individuali. Intendiamoci, si tratta di operazioni importanti. Dobbiamo migliorare il funzionamento della nostra Cassa Integrazione, superando quella in deroga e facendo pagare, dunque responsabilizzando, quelle imprese che continuano ad accedervi senza versare contributi. Dobbiamo anche spingere perché non si arrivi mai alle zero ore, ma il lavoratore cassintegrato continui a mantenere davvero un piede e non solo formalmente il cedolino in azienda. È parimenti importante ridurre la discrezionalità dei giudici nelle procedure di licenziamento, anche perché hanno ampiamente mostrato di agire in modo poco obiettivo e con tempi troppo lunghi. Meglio sarebbe evitare di sostituire questa discrezionalità dei giudici con quella del sindacato, come avviene oggi nei licenziamenti collettivi. Anche perché è davvero difficile pensare a un sindacato che sceglie, assieme al datore di lavoro, la persona da licenziare per permettere all´impresa di aumentare i profitti. E se si vogliono cambiare le regole sui licenziamenti, meglio farlo a partire dai nuovi assunti. Non è un bene rendere i licenziamenti più facili per chi ha già un posto stabile durante una recessione. Non è proprio il momento giusto per farlo.
Il problema principale è che tutti questi tavoli in corso tralasciano il problema più importante, quello dell´ingresso nel mercato del lavoro. Riformando gli ammortizzatori oggi non si riesce a proteggere chi ha formalmente rapporti di lavoro autonomo. Per proteggerli dobbiamo trasformare il parasubordinato in rapporti di lavoro anche formalmente alle dipendenze. Il datore di lavoro che vorrà continuare in questa finzione sarà costretto a pagare quelli che sono di fatto suoi dipendenti molto di più. La Cassa Integrazione non riguarda i lavoratori temporanei in scadenza di contratto. Men che meno li riguarda la cosiddetta “manutenzione” dell´articolo 18. Potrebbe tra l´altro ritorcersi contro di loro. Le procedure per i licenziamenti collettivi oggi richiedono che il datore di lavoro stabilisca espressamente i criteri in base ai quali ha scelto chi deve essere licenziato. Tra questi criteri occupa un posto centrale l´anzianità. Ora che non è più possibile permettere al lavoratore licenziato l´accesso ai pensionamenti anticipati, il rischio è che questa procedura spinga imprese e sindacati ad accordarsi per licenziare sistematicamente i lavoratori più giovani.
Non basterà per risolvere il problema del dualismo espandere il contratto di apprendistato. È fatto per numeri piccoli, non per i milioni di lavoratori precari. E costa troppo per le casse dello Stato perché implica la rinuncia ad entrate contributive. Difficile, inoltre, pensare di proporre un contratto di apprendistato a un cinquantenne in cerca di lavoro. Per incentivare la formazione basta allungare la durata dei contratti spingendo le imprese ad assumere fin da subito con contratti a tempo indeterminato. Non serve neanche disboscare i contratti atipici togliendo di mezzo qualche figura contrattuale che già oggi è del tutto marginale nel nostro mercato, come lo staff leasing o il job on call. Per favorire le assunzioni con contratti fin da subito a tempo indeterminato non servono gli incentivi fiscali. Basta offrire costi certi, crescenti nel tempo, per licenziamenti individuali, sia economici che disciplinari, ai nuovi assunti, a tutte le età. Essenziale, infine, fare in fretta, non pensare a due o tre fasi per le riforme. Durante i periodi di incertezza normativa le imprese ritardano le assunzioni, aspettando di vedere cosa succede. È un costo che davvero non possiamo permetterci alle porte di una recessione. E poi c´è l´apprensione delle famiglie e dei lavoratori coinvolti. A proposito: si narra sui giornali, a titolo di esempio, di riforme che permettono finalmente di licenziare singoli portinai per ragioni economiche senza incorrere nell´articolo 18. Vorremmo rassicurare la categoria e tutti gli italiani. I portinai d´Italia, tranne forse quelli di Montecitorio, come tutti i lavoratori di imprese con meno di 15 dipendenti, non sono coperti dall´articolo 18. Dunque quella “manutenzione”, per quanto ardita possa essere, proprio non li riguarda.

La Repubblica 10.02.12

Decreto Crescitalia

Le dieci proposte prioritarie del Partito Democratico nel campo delle Liberalizzazioni, presentate al Senato. “Deve essere fatto un ulteriore passo in avanti perché il paese ne ha grande bisogno. Il decreto del governo è il primo tentativo serio di liberalizzare il mercato”. Il decreto legge liberalizzazioni ha “un ampissimo raggio d’azione che cercheremo di rendere più incisivo con le nostre proposte”. Il presidente dei senatori del PD, Anna Finocchiaro, assicura che il partito sosterrà il provvedimento messo in campo dal governo anche se “non sarà facile perché la difesa dei privilegi è molto forte”. Il Partito democratico terrà “il punto su tutto” anche se il governo porrà la fiducia, assicura Finocchiaro.
Le proposte di modifica riguarderanno circa 40 interventi, attraverso i quali sarà effettuata “la manutenzione sul documento uscito dal Consiglio dei ministri”, spiega il senatore Pierpaolo Baretta. “Vorremmo che il testo uscisse dall’esame del parlamento rafforzato e completato” in tre settori: diritti dei consumatori, produttività del paese e giovani.

I settori nei quali si incide, attraverso il decreto legge, “sono moltissimi, dal gas alle banche e assicurazioni”, spiega Finocchiaro. Proprio in questi settori, però, il PD ritiene che debba essere fatto un ulteriore passo in avanti perché il paese ne ha “grande bisogno”.

Il presidente dei senatori del Partito democratico promuove “l’approccio assolutamente innovativo” del governo. Si tratta di “un’occasione che non può andare sprecata”; questo è il “primo tentativo serio” di liberalizzare il mercato e “deve essere un tentativo ben riuscito”. Finocchiaro è consapevole che “niente è facile da compiere” e infatti “abbiamo già segnali di resistenze. Non ci colgono impreparati”.

Quanto al lavoro in Parlamento il Partito democratico ritiene giusto appoggiare il governo in “un’azione così vasta che deve rendere ancora più incisiva”. Negli anni passati si è preferita la “conservazione dei privilegi, delle lobby, e assetti che impediscono l’accesso al mercato in particolare ai giovani”.

“Nessuno dei provvedimenti – sottolinea il responsabile economico del partito, Stefano Fassina – ha un carattere punitivo nei confronti delle categorie”. Si tratta invece di misure che “mettono in moto la mobilità sociale” che rappresenta un fattore macroeconomico.

*****

Decreto Crescitalia

1. BANCHE

MUTUI E CONTI CORRENTI
a) nella stipula di un mutuo, le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari non possono offrire o vendere contratti assicurativi in forma individuale o collettiva di cui siano contemporaneamente beneficiari o vincolatari (come richiesto da Antitrust e Isvap);
b) Qualora le banche condizionino l’erogazione di un mutuo bancario alla stipula di un’assicurazione sulla vita, il cliente può autonomamente reperirla sul mercato;
c) Viene prevista la restituzione (che finora è stata disattesa) dei premi delle polizze vita relativi al periodo residuo del mutuo in caso di estinzione anticipata o portabilità del mutuo stesso;
d) Viene stabilito la cancellazione automatica (senza oneri per il cittadino) delle c.d. ipoteche perenti che rimangono formalmente iscritte nei registri immobiliari pur non essendo state rinnovate dal creditore ovvero dopo la decadenza ventennale;
d) le banche non possono condizionare l’erogazione di un mutuo bancario all’apertura di un conto corrente presso la medesima banca pena l’applicazione di una sanzione come pratica commerciale scorretta;
e) viene stabilito il principio della portabilità (trasferimento) senza oneri per il cliente del conto corrente presso un’altra banca;

COSTI TRANSAZIONI ELETTRONICHE
a) il ripristino del limite dell’1,50% come limite soglia per eventuali incrementi delle commissioni interbancarie a carico degli esercenti coerentemente con il comma che ha proprio come obiettivo la riduzione di tali commissioni;
b) riduzione dei tempi previsti per la riduzione delle commissioni interbancarie a carico degli esercenti;
c) l’eliminazione della sospensiva della gratuità delle transazioni con carta di credito fino a 100 euro dei pagamenti presso gli impianti di distribuzione dei carburanti;
d) la gratuità dei conti correnti di base destinati esclusivamente all’accredito della pensione.

2. ASSICURAZIONI – RCAUTO

a) si elimina la norma che prevede la riduzione del 30% del risarcimento dei danni per la riparazione del veicolo danneggiato che risulta penalizzante per l’assicurato che si rivolge alla propria autocarrozzeria di fiducia;
b) si vincola la compagnia di assicurazione a dichiarare in sede di preventivo e in sede di stipula del contratto la diminuzione del premio assicurativo relativo all’anno successivo a quello assicurato nel caso in cui il cliente non abbia incidenti, per garantire una efficace applicazione della formula bonus-malus. Il cliente rimane comunque libero di scegliere nell’anno successivo a quello assicurato, la polizza assicurativa RC Auto;
c) si affida all’Isvap il compito di riformare entro sei mesi la formula bonus-malus per legare la riduzione del premio delle polizze assicurative legato anche al comportamento dell’assicurato rilevabile dal sistema della patente a punti.
d) Si propone la correzione dell’articolo 34 sul confronto delle tariffe con una stesura che rende effettivamente praticabile la presentazione di più offerte da parte dell’agente attraverso la collaborazione con altri agenti allo scopo comunque di fornire al cliente una soluzione contrattuale immediatamente stipulabile;
e) Si prevede una sanzione a carico delle imprese di assicurazione che non provvedono a trasmettere la relazione all’Isvap sull’attività svolta per il contrasto alle frodi.
f) si rende efficace e meno onerosa l’installazione e la disinstallazione della scatola nera, prevedendo anche la portabilità senza costi per l’assicurato della scatola in caso di cambio della compagnia assicurativa
g) Si reintroduce la disciplina favorevole all’assicurato sulla disdetta delle polizze pluriennali introdotta dalla legge n. 40 del 2007 (Bersani) e successivamente modificata dalla legge n. 99 del 2009 che ne ha ridotto portata ed efficacia.

3. ENERGIA E CARBURANTI

a) si sostituisce la norma sulla separazione della rete di trasporto del gas per definire un perimetro e tempi certi e brevi all’operazione di scorporo di Snam da Eni da avviarsi con l’adozione del DPCM entro il 31 maggio 2012;
b) si rafforzano le norme per rendere più liberi i rapporti tra i gestori d’impianti di vendita e le fasi approvvigionamento dei carburanti, anche con interventi di regolazione del mercato all’ingrosso da parte del Ministero sviluppo economico e dell’Acquirente unico;
c) si prevede l’eliminazione dei vincoli e degli obblighi alla vendita contestuale di diverse tipologie di carburanti e all’apertura di impianti self service anche nei centri abitati;
d) Si sopprime la norma che cambia le attuali modalità di calcolo del prezzo medio praticato in Italia allo scopo di abbassare, rilevando soltanto il prezzo praticato nei self service, il divario del prezzo industriale con l’Unione europea alterando la validità della rilevazione statistica.

4. TRASPORTI

a) si rende subito operativa una specifica Autorità indipendente per i trasporti (eliminando l’assegnazione temporanea delle funzioni all’Autorità per l’energia e il gas);
b) si rivedono le disposizioni riguardanti il rispetto del contratto collettivo nazionale per tutti gli operatori del settore ferroviario;
c) si introduce una più rigorosa scansione temporale per la separazione tra l’impresa ferroviaria e quella che gestisce l’infrastruttura;

5. AUTORITA’ DI REGOLAZIONE

Si introducono misure sull’incompatibilità degli incarichi per coloro che hanno ricoperto ruoli di governo o sono stati componenti in altre autorità di regolazione o vigilanza nei quattro anni precedenti (al fine di evitare passaggi diretti dei componenti dei collegi da un’Autorità all’altra anche durante l’esercizio del mandato).

6. TUTELA DEI CONSUMATORI

Si integrano le disposizioni sulla class action volte a semplificare e rendere meno oneroso l’accesso a questo strumento di tutela collettiva da parte dei cittadini.

7. TRIBUNALE DELLE IMPRESE

Si rivede l’organizzazione, prevedendo la sede presso ciascun tribunale avente sede nel capoluogo del distretto della Corte di Appello (al posto delle attuali 12 sezioni specializzate), e le competenze in materia di controversia tra imprese.

8. PROFESSIONI

a) si ripristina l’equo compenso per i tirocinanti (già previsto nel decreto 138/2011);
b) si prevedono nuovi principi per la modernizzazione del ruolo e dell’assetto degli ordini professionali assicurando pari opportunità per i giovani;
c) si stabilisce che non possono essere posti limiti di tempo per lo svolgimento dell’esame di stato a seguito della conclusione del tirocinio.
d) si prevede la costituzione di libere associazioni nel campo delle professioni non regolamentate;
e) si propone di limitare la partecipazione al capitale delle società professionali da parte dei soci non iscritti all’albo.

9. FARMACIE

a) si rimuovono le limitazioni alla piena liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C (come richiesto da relazione Antitrust) contenute nell’articolo 32 del DL 201/2011 (Salva Italia), estendendola anche ai medicinali veterinari, al fine di ampliare la concorrenza a vantaggio dei cittadini;
b) si propone che siano i comuni ad individuare entro 60 giorni il numero e le zone delle nuove farmacie in base al quorum di 3.000 abitanti per farmacia;
c) si semplificano le procedure per i concorsi straordinari per soli titoli delle nuove sedi disponibili stabilendo tempi perentori sia per l’adozione dei bandi che per l’espletamento dei concorsi;
d)ai soli fini del concorso straordinario si prevedono tre diverse graduatorie, distintamente per titolari di farmacie rurali, farmacisti non titolari e farmacisti operanti presso le parafarmacie ai fini dell’assegnazione delle nuove sedi;
e)si sopprimono le disposizioni vigenti sull’ereditarietà della farmacia a familiari non farmacisti;
f) si stabilisce che la direzione della farmacia privata non può essere mantenuta oltre il compimento del sessantasettesimo anno di età dai farmacisti iscritti all’albo.

10. NOTAI
a) si prevedono tempi certi di espletamento dei nuovi concorsi per coprire tutte le sedi vacanti (le attuali più quelle risultanti dall’aumento della pianta organica);
b) si propone che le compravendite e le donazioni immobiliari entro un certo valore catastale e i mutui ipotecari possano essere stipulati con scrittura privata autentica, anche con l’ausilio di altri professionisti, allo scopo di ridurre i costi delle transazioni a carico dei cittadini, rimanendo in capo al notaio l’esclusiva sulle operazioni di trascrizione nei pubblici registri.

"Un passo avanti", di Federica Resta e Luigi Manconi

Sarà forse un piccolo passo, ma va nella direzione giusta: e, soprattutto, risponde a un’idea del diritto e a una concezione della pena ispirate a robusti principi garantisti. Il primo decreto-legge del ministro Severino affronta un tema cruciale: la dignità – prima vittima dell’attuale drammatica situazione delle carceri – delle persone private della libertà. Sebbene, infatti, non risolva – come ovviamente non potrebbe fare un solo provvedimento – tutti i problemi della realtà penitenziaria italiana, il decreto-legge sul sovraffollamento nelle carceri, su cui il governo ha posto la questione di fiducia, ne disciplina alcuni degli aspetti più importanti: quello della custodia degli arrestati per reati di minore gravità; quello della detenzione domiciliare per condannati non socialmente pericolosi che abbiano espiato gran parte della pena e, infine, quello degli ospedali psichiatrici giudiziari.

Sul primo punto, il Parlamento ha addirittura rafforzato quanto disposto inizialmente dal decreto, prevedendo che l`arrestato per reati di minore gravità (esclusi comunque rapina, scippo, estorsione, furto in abitazione), in attesa della convalida, sia condotto agli arresti domiciliari.

Solo in caso di indisponibilità di un luogo idoneo ai domiciliari o quando l`arrestato sia ritenuto pericoloso, sarà condotto nelle camere di sicurezza o, in caso di necessità, in carcere. Si delinea quindi un sistema “a scalare”, in cui la custodia in carcere (o nelle camere di sicurezza), in attesa della convalida dell`arresto, deve rappresentare la misura estrema, destinata solo ai soggetti socialmente pericolosi.

Si tratta di una novità importante, che in primo luogo contribuisce a ridurre, seppure in misura lieve, il sovraffollamento nelle carceri, che ha portato a una condanna dell`Italia da parte della Corte europea dei diritti umani. La sentenza Sulejmanovic del 16 luglio 2009 ha infatti stabilito che «l`evidente mancanza di spazio personale di cui il ricorrente ha sofferto» (si trattava di 2,7 mq) «integra, di per sé, un trattamento inumano o degradante», tale dunque da violare il relativo divieto, assimilato alla condanna della tortura nella Convenzione europea dei diritti umani. Di più: questa norma riafferma un principio centrale dello Stato di diritto, recentemente ribadito dalla Corte costituzionale in relazione alla custodia cautelare obbligatoria. Si tratta del principio del minor sacrificio necessario della libertà personale, per il quale le limitazioni della stessa libertà del soggetto in attesa di giudizio vanno contenute nei limiti minimi indispensabili a soddisfare esigenze di difesa sociale. Questo principio vale ovviamente, a maggior ragione, per l`arrestato in attesa della convalida. Per assicurare un controllo sulle condizioni in cui gli arrestati vengono custoditi nelle camere di sicurezza, il Senato ha inoltre esteso ad esse il diritto di visita senza autorizzazione già riconosciuto, per il carcere, a parlamentari, ministri, garanti dei diritti dei detenuti, ecc.

Anche l`estensione – operata dal decreto- della legge Alfano svuotacarceri va nella direzione (tutta ancora da percorrere e per nulla scontata) di rendere il carcere misura residuale, per ridurre la popolazione penitenziaria, ma anche per rispettare davvero il principio di libertà, pur salvaguardando le esigenze di difesa sociale. Si è infatti portata da 12 a 18 mesi la soglia di pena detentiva, anche residua, per l`accesso alla detenzione presso il domicilio da parte di condannati per reati non particolarmente gravi, ritenuti non socialmente pericolosi e che abbiano tenuto in carcere una buona condotta.

Lo stesso bilanciamento tra difesa sociale e garanzie individuali ispira la previsione introdotta in Senato – del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, in favore di strutture prevalentemente di cura (pur assistite da personale di custodia all`esterno), che accolgano gli autori di reato affetti da disturbi psichici per garantirne, nel rispetto della dignità, il diritto alla cura, senza che ciò comporti la loro segregazione lontano dalla comunità e in una condizione che è segnata, attualmente, dal più mortificante degrado. Anche in questo caso possiamo dire: un piccolo passo, ma nella direzione giusta.

L’Unità 09.02.12

“Un passo avanti”, di Federica Resta e Luigi Manconi

Sarà forse un piccolo passo, ma va nella direzione giusta: e, soprattutto, risponde a un’idea del diritto e a una concezione della pena ispirate a robusti principi garantisti. Il primo decreto-legge del ministro Severino affronta un tema cruciale: la dignità – prima vittima dell’attuale drammatica situazione delle carceri – delle persone private della libertà. Sebbene, infatti, non risolva – come ovviamente non potrebbe fare un solo provvedimento – tutti i problemi della realtà penitenziaria italiana, il decreto-legge sul sovraffollamento nelle carceri, su cui il governo ha posto la questione di fiducia, ne disciplina alcuni degli aspetti più importanti: quello della custodia degli arrestati per reati di minore gravità; quello della detenzione domiciliare per condannati non socialmente pericolosi che abbiano espiato gran parte della pena e, infine, quello degli ospedali psichiatrici giudiziari.

Sul primo punto, il Parlamento ha addirittura rafforzato quanto disposto inizialmente dal decreto, prevedendo che l`arrestato per reati di minore gravità (esclusi comunque rapina, scippo, estorsione, furto in abitazione), in attesa della convalida, sia condotto agli arresti domiciliari.

Solo in caso di indisponibilità di un luogo idoneo ai domiciliari o quando l`arrestato sia ritenuto pericoloso, sarà condotto nelle camere di sicurezza o, in caso di necessità, in carcere. Si delinea quindi un sistema “a scalare”, in cui la custodia in carcere (o nelle camere di sicurezza), in attesa della convalida dell`arresto, deve rappresentare la misura estrema, destinata solo ai soggetti socialmente pericolosi.

Si tratta di una novità importante, che in primo luogo contribuisce a ridurre, seppure in misura lieve, il sovraffollamento nelle carceri, che ha portato a una condanna dell`Italia da parte della Corte europea dei diritti umani. La sentenza Sulejmanovic del 16 luglio 2009 ha infatti stabilito che «l`evidente mancanza di spazio personale di cui il ricorrente ha sofferto» (si trattava di 2,7 mq) «integra, di per sé, un trattamento inumano o degradante», tale dunque da violare il relativo divieto, assimilato alla condanna della tortura nella Convenzione europea dei diritti umani. Di più: questa norma riafferma un principio centrale dello Stato di diritto, recentemente ribadito dalla Corte costituzionale in relazione alla custodia cautelare obbligatoria. Si tratta del principio del minor sacrificio necessario della libertà personale, per il quale le limitazioni della stessa libertà del soggetto in attesa di giudizio vanno contenute nei limiti minimi indispensabili a soddisfare esigenze di difesa sociale. Questo principio vale ovviamente, a maggior ragione, per l`arrestato in attesa della convalida. Per assicurare un controllo sulle condizioni in cui gli arrestati vengono custoditi nelle camere di sicurezza, il Senato ha inoltre esteso ad esse il diritto di visita senza autorizzazione già riconosciuto, per il carcere, a parlamentari, ministri, garanti dei diritti dei detenuti, ecc.

Anche l`estensione – operata dal decreto- della legge Alfano svuotacarceri va nella direzione (tutta ancora da percorrere e per nulla scontata) di rendere il carcere misura residuale, per ridurre la popolazione penitenziaria, ma anche per rispettare davvero il principio di libertà, pur salvaguardando le esigenze di difesa sociale. Si è infatti portata da 12 a 18 mesi la soglia di pena detentiva, anche residua, per l`accesso alla detenzione presso il domicilio da parte di condannati per reati non particolarmente gravi, ritenuti non socialmente pericolosi e che abbiano tenuto in carcere una buona condotta.

Lo stesso bilanciamento tra difesa sociale e garanzie individuali ispira la previsione introdotta in Senato – del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, in favore di strutture prevalentemente di cura (pur assistite da personale di custodia all`esterno), che accolgano gli autori di reato affetti da disturbi psichici per garantirne, nel rispetto della dignità, il diritto alla cura, senza che ciò comporti la loro segregazione lontano dalla comunità e in una condizione che è segnata, attualmente, dal più mortificante degrado. Anche in questo caso possiamo dire: un piccolo passo, ma nella direzione giusta.

L’Unità 09.02.12

Stragi naziste, i parlamentari hanno presentato un’interrogazione

Identici testi sono stati depositati al Senato e alla Camera dai parlamentari modenesi Pd. L’impegno era stato preso subito dopo la pubblicazione della sentenza della Corte dell’Aja: in mattinata, i parlamentari modenesi del Pd Barbolini, Bastico, Garavini, Ghizzoni, Miglioli e Santagata hanno presentato una interrogazione con la quale sollecitano il governo, e il ministro Terzi in particolare, ad avviare i negoziati bilaterali con la Germania necessari a definire la questione degli indennizzi dei familiari delle vittime delle stragi naziste.

E’ stata presentata, questa mattina, in contemporanea alla Camera e al Senato, l’ interrogazione indirizzata al presidente del Consiglio e al ministro degli esteri messa a punto dai parlamentari modenesi sul tema dei risarcimenti ai familiari delle vittime delle stragi naziste dopo la sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja. I senatori Barbolini e Bastico e i deputati Garavini, Ghizzoni, Miglioli e Santagata interrogano il governo, e in particolare il ministro Terzi, per sapere “quale iniziativa intenda intraprendere per avviare, al più presto, il negoziato tra il nostro paese e la Germania, così come richiesto dalla Corte dell’Aja, nella consapevolezza che la ricerca della verità e della giustizia non va mai in prescrizione e il riconoscimento dei risarcimenti ai familiari delle vittime innocenti, che meritano di ricevere una giustizia completa e assoluta, è alla base della costruzione di un’Europa di pace e di democrazia, perché quelle terribili tragedie non si ripetano mai più”. I parlamentari modenesi del Pd, nei giorni scorsi, avevano raccolto l’appello del sindaco di Palagano che aveva denunciato come la sentenza della Corte dell’Aja, se non avrebbe influito sulle decisioni già prese in sede penale, rischiava però di travolgere i diritti dei famigliari delle vittime, in primis quelli della strage di Monchio, Susano, Costrignano e Savoniero, una delle più efferate avvenute nel nostro paese. Si erano impegnati, tutti insieme, a presentare identiche interrogazioni sul tema nei due rami del Parlamento che, proprio questa mattina, sono state depositate. L’auspicio è che il ministro Terzi dia seguito a quanto dichiarato già in prima battuta, ovvero l’impegno ad “affrontare insieme alla Germania tutti gli aspetti che derivano dalle dolorose vicende della seconda Guerra mondiale, in una prospettiva di dialogo e di tutela delle istanze di giustizia delle vittime e dei loro familiari”.

"Una relazione da rafforzare", di Pierluigi Battista

Il governo Monti ha svolto più che egregiamente i compiti a casa. Ha ridato credibilità e centralità all’Italia. Ha fatto del nostro Paese un interlocutore autorevole dell’Europa (e degli Stati Uniti, come ha confermato sul Corriere l’ambasciatore Usa a Roma). Ha avviato una politica economica dolorosa ma efficace, rimesso sui binari i conti impazziti, allontanato il fantasma del fallimento. Ma basta? Forse, a costo di apparire incontentabili, non basta. Perché gli incoraggianti risultati sui conti sembrano un po’ più opachi, se dalle formule matematiche si passa alla vita vera degli italiani, alle emozioni e ai simboli che ne cementano la coesione.
È vero, un governo tecnico non ha come obiettivo il consenso. Ma la prospettiva di un destino comune è pur sempre la missione di un governo che, oltre all’autorevolezza e alla competenza, deve saper trasmettere agli italiani fiducia, forza, energia in uno dei momenti più difficili della loro storia. Se il naufragio di una nave colpisce l’immaginazione pubblica e ferisce come un’umiliazione l’intera compagine nazionale per la sconsideratezza di comandanti fatui e tremebondi, un governo sensibile al bene comune deve esserci, deve dire qualcosa, deve essere presente. Se l’Italia, sommersa dalla neve, conta decine di morti, paesi senza energia elettrica, treni bloccati nel gelo, Roma tramortita dal caos, autostrade paralizzate, il governo, anche se tecnico, non può rifugiarsi dietro un’impassibile tecnicità, deve dare l’impressione di voler tirar fuori l’Italia dal disastro, sanzionare gli incapaci, dare una sferzata all’opera di chi si spende senza requie per soccorrere chi è in difficoltà. «Populista» sarà pure una brutta parola, una tentazione troppo invasiva nella nostra storia più recente. Ma i pericoli del populismo non devono impedire a un governo di essere popolare, di entrare in un rapporto di sintonia, di connessione emotiva, di compartecipazione con le sorti del «popolo» genericamente inteso. Non è obbligatorio essere simpatici, ma nemmeno perdersi in dichiarazioni inutilmente antipatiche. Bisogna dire la verità, ma non è che per evitare il rischio della demagogia bisogna mostrarsi indifferenti alle passioni della democrazia. Andare in una fabbrica in difficoltà, affrontare una delle piazze pulite in cui si esprime un malcontento diffuso, visitare un’università del Mezzogiorno per parlare con gli studenti di talento ma senza futuro, un convegno di liberi professionisti che si sentono penalizzati da misure dure e per loro drammatiche, persino sfidare in un confronto pubblico chi è vittima della crisi, darebbe a questo governo una forza simbolica straordinaria.
Nessuna nostalgia dell’esibizionismo festaiolo, ma l’atmosfera dei centri studi che hanno sfornato un consesso di ministri tra i più preparati e affidabili della nostra storia non può essere l’unico orizzonte emotivo, culturale, persino lessicale di chi sta chiedendo agli italiani di «fare compiti» difficili e gravosi. In un’atmosfera di angoscia che non può lasciare sordo anche il più tecnico ed efficace dei governi. Che ha reso miracolosamente credibile l’Italia nel mondo, ma che comunichi agli italiani un nuovo orgoglio. Missione impervia, ma non impossibile.

Il Corriere della Sera 09.02.12

******

“Più realismo che ottimismo sul cammino difficile delle riforme”, di Stefano Folli

A proposito di riforme e di “dialogo” fra i partiti, gli ottimisti si sono già pronunciati e hanno speso ottimi argomenti per salutare il disgelo fra Pdl e Pd. In sostanza, però, l’enfasi è servita a salutare la scelta di un metodo (sempre meglio della non-comunicabilità precedente) e alcune intese di principio.

Ad esempio, è chiaro che non si potrà tornare al voto con la pretesa delle segreterie di compilare la lista dei candidati destinati a sicura elezione: come nel 2006 e nel 2008. Né si potrà ignorare che il paese si attende un tentativo, almeno un serio tentativo, di ridurre il numero dei parlamentari: 630 deputati e 315 senatori oggi sono eccessivi per il sentimento collettivo. Ma che si riesca davvero a rimaneggiarli con legge costituzionale prima della fine della legislatura, è tutt’altra questione. Per crederlo ci vuole una dose supplementare di ottimismo.

In ogni caso, per ora siamo a questo: accordi di principio per trasmettere all’opinione pubblica il senso di una classe politica desiderosa di recuperare credibilità e impegnata ad auto-riformarsi. Non c’è molto di più. Il resto del percorso – in Parlamento e fuori – non sarà più facile, ma assai più difficile. Il che, s’intende, non toglie valore all’obiettivo finale, il rinnovamento del sistema e dei suoi assetti. Ma è bene essere realisti.
La prova l’abbiamo avuta ieri nella conferenza dei capigruppo al Senato. Dopo tanti buoni propositi, è bastato scendere sul terreno delle decisioni concrete per scoprire quanto sono numerose le riserve mentali. Il centrodestra vuole incardinare le riforme istituzionali (bicameralismo, numero dei parlamentari, eccetera) prima e non dopo la legge elettorale. Il centrosinistra e anche i centristi vogliono l’opposto.

È un ostacolo insormontabile? In situazioni normali non lo sarebbe. Si tratta di schermaglie abbastanza normali che vengono superate se esiste una volontà politica forte e determinata. Dunque la vera domanda è: esiste questa volontà nel circuito Alfano-Bersani-Casini? E soprattutto, esiste in Silvio Berlusconi? Il quesito al momento non trova una risposta certa. Abbiamo assistito all’apertura di un dialogo, ma nessuno ha spiegato con chiarezza quale Italia si vuole costruire in vista delle elezioni del 2013. Un impianto politico più o meno bipolare di quello che oggi si è arreso al governo tecnico? Al momento si cerca di ottenere un doppio risultato, venato peraltro di notevoli contraddizioni: un modello che premia i due maggiori partiti, ma al tempo stesso non umilia e anzi concede un ragionevole spazio agli altri soggetti intermedi (Lega, terzo polo, area Vendola-Di Pietro). Un proporzionale corretto, reso più solido dall’indicazione del premier e dall’istituto della sfiducia costruttiva. Aspetto, quest’ultimo, che proietta il dibattito sul terreno scivoloso delle modifiche costituzionali.

Tutto si può e anzi si deve fare, ma ci vuole una grande coesione politica. Che al momento è tutta da verificare. Se Pdl, Pd e terzo polo fossero davvero decisi, avrebbero i numeri e i mezzi per procedere di buona lena. Tuttavia dovrebbero disinteressarsi del destino della Lega, da un lato, e del binomio Vendola-Di Pietro, dall’altro. Prima di dare per scontato un tale esito, aspettiamo almeno la primavera. Il disgelo con la temperatura sotto zero non è garantito.

Il Sole 24 Ore 09.02.12