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“Lusi, Conti e dintorni: come si alimenta il fiume dell’antipolitica”, di Stefano Folli

Tra i paradossi della politica c’è anche questo. Da mesi si discute su come ridurre i costi della politica, via maestra in vista di restituire una qualche credibilità al sistema dei partiti. Negli ultimi giorni, e non senza sofferenza, Camera e Senato hanno definito alcuni parziali interventi volti ad arginare antichi privilegi e a ridurre il costo pro-capite di deputati e senatori.

Misure tutt’altro che rivoluzionarie, decise o forse strappate ai diretti interessati con l’argomento che è urgente risalire la china del discredito.
Ebbene, mentre si sbandierano le poche centinaia di euro risparmiate sui «cedolini» dei parlamentari, ecco che esplode nel Pd l’affare Lusi. Milioni di euro distratti dalle casse della Margherita, un ex partito che sopravvive in qualche modo all’interno del Pd con una propria contabilità, un autonomo flusso di denaro, un bilancio distinto. Vicenda oscura, a dir poco, che sta suscitando infiniti interrogativi. Ci sarà modo di capire se il tesoriere traditore, nel frattempo espulso dal Pd, ha agito da solo o ha goduto di coperture. Certo, è tutto piuttosto strano.

Non ultimo il fatto che tredici milioni scomparsi avrebbero dovuto lasciare una traccia profonda nel bilancio di un semi-partito che non è una multinazionale. Invece nessuno si è accorto di nulla e il solo Arturo Parisi ha ricordato di essersi opposto a bilanci poco convincenti. Il meno che si possa dire è che i flussi del finanziamento pubblico sono eccessivi e incontrollati, se consentono che il denaro in circolazione sia abbondante al punto che tredici milioni svaniti non si notano.
Secondo punto. La compravendita di un palazzo a Roma curata da un senatore del Pdl, Riccardo Conti, che ha realizzato – a quanto pare – una plusvalenza davvero ragguardevole. Ne ha parlato il TgSette di Mentana e ieri il diretto interessato ha smentito sdegnato, con l’appoggio del suo partito. Cosa ha smentito? Non che l’operazione ci sia stata, ma che fosse illegale. Lo disturba l’accostamento a Lusi, perché «in quel caso si tratta di risorse pubbliche, qui invece è il mio lavoro privato» (Conti è un intermediario immobiliare).

E i suoi colleghi di partito lo difendono sullo stesso registro: «Si tratta di un’attività imprenditoriale». Eppure è singolare che sfugga il lato grottesco della vicenda. Siamo in quella zona grigia in cui politica e affari si sfiorano o s’intrecciano. Un senatore della Repubblica non vede alcuna anomalia nel proseguire la sua professione di mediatore sfruttando, si suppone, i contatti e le opportunità che gli si presentano anche grazie al mandato parlamentare (quel mandato che dovrebbe assorbire tutte le sue energie).
Due casi molto diversi: uno (Lusi) incredibile, l’altro (Conti) sconcertante. Il primo configura un grave reato, il secondo quantomeno un’attitudine del tutto inopportuna. Entrambi convergono nell’alimentare senza posa il fiume dell’anti-politica. Altro che limature agli stipendi dei deputati, se poi le prime pagine dei giornali si riempiono di notizie come queste, lasciando intravedere un retroterra di insensibilità civile. Va bene allora mettere mano alle assurdità del finanziamento dei partiti (ma c’era bisogno dell’affare Lusi per accorgersene?). Ben vengano i controlli e il «codice etico» di cui parla Violante. Ma prima di tutto servirebbe che certi personaggi e certe forze politiche si rendessero conto del baratro in cui stanno scivolando.

Il SOle 24 Ore 02.02.12

Taglio ai vitalizi: no di 26 deputati. Ben 15 sono della Lega…

Sono 26 i deputati che hanno fatto ricorso contro la riforma del vitalizio, dopo la modifica del sistema previdenziale. Ben 15 sono della Lega. Solo tre i deputati attualmente in carica.

Sono 26 i deputati (ex o in carica) che hanno fatto ricorso contro la riforma del vitalizio. Ben 15 sono della Lega. Sono tre (Roberto Rosso e Giorgio Jannone del Pdl, Daniele Molgora della Lega) su un totale di 26 i deputati in carica che hanno presentato ricorso al Consiglio di giurisdizione della Camera contro la decisione dell’ufficio di presidenza di Montecitorio di modificare il sistema previdenziale dei deputati. I restanti 23 sono tutti ex parlamentari, specialmente della XII legislatura, la maggior parte della Lega nord (ben 15 in tutto). Lo ha reso noto il presidente del Consiglio di Giurisdizione, Giuseppe Consolo (Fli), dopo la riunione di oggi in cui è stata fissata per il 18 aprile prossimoalle 13.30 la prima udienza pubblica.

Con la delibera dell’ufficio di presidenza del 14 dicembre scorso è stato approvato il il nuovo sistema previdenziale per i deputati basato sul metodo di calcolo contributivo, che ha sostituito il vitalizio a partire dal 1° gennaio di quest’anno. La nuova disciplina prevede: l`accesso al trattamento a 65 anni, con un periodo contributivo minimo di 5 anni (per ogni anno di mandato ulteriore, l’età è diminuita di un anno con il limite inderogabile di 60 anni). Tale requisito vale per tutti i deputati cessati dal mandato, indipendentemente dalla data di inizio del mandato parlamentare; l’applicazione del sistema pro rata ai deputati in carica al 1° gennaio 2012, e ai parlamentari che avevano esercitato il mandato elettivo precedentemente a tale data e che saranno successivamente rieletti.

Contro questa decisione hanno presentato ricorso 26 tra deputati ed ex deputati: della Lega il parlamentare in carica Daniele Molgora e gli ex soprattutto della XII legislatura cioè Elisabetta Castellazzi (nata a Milano nel 1966), Franca Valenti (nata a Milano nel 1959), Roberta Pizzicara (nata a Milano nel 1955), Diana Battaggia (nata a Venezia nel 1966), Enrico Cavaliere (nato a Venezia nel 1958, deputato sia nella XII che nella XIII), Oreste Rossi (nato ad Alessandria nel 1964, deputato nell’XI, XII e XIII legislatura), Alberto Bosisio (nato a Lecco nel 1953), Francesco Stroili (nato a Venezia nel 1954), Edouard Ballaman (nato a Vallenried nel 1962), Flavio Bonafini (nato a Brescia nel 1953), Fabio Padovan (nato a Conegliano nel 1955, deputato nell’XI legislatura), Salvatore Bellomi (nato a Robecco D’Oglio nel 1952), Roberto Asquini (XII e XII legilsatura, nato a Udine nel 1964), Giulio Arrighini (XI e XII legislatura, nato a Brescia nel 1962). Hanno presentato ricorso anche due ex Fi, cioè Emanuela Cabrini (XII legislatura nata a Piacenza nel 1961) e Paola Martinelli (XII legislatura, nata a Parma nel 1955); due ex deputati dell’Ulivo Michele Cappella (XIII legislatura, nato in provincia di Catania nel 1953), Antonio Borrometi (XIII legislatura, nato a Modica nel 1953), Ugo Malagnino (XIII legislatura nato a Manduria nel 1952); due ex di An Domenico Basile (XIII legislatura, nato a Vibo Valentia nel 1952) e Daniele Franz (XIII e XIV legislatura, nato a Udine nel 1963); uno di Rifondazione comunista, Martino Dorigo (XI e XIII legislatura, nato a Venezia nel 1961). Ha presentato ricorso anche Adriano Paroli (classe ’62, eletto dalla XIII all’attuale legislatura), deputato del Pdl che soltanto quindici giorni fa ha optato per la carica di sindaco di Brescia.

da www.unita.it

Fornero: "Riforma si farà con o senza dialogo"

Articolo 18, nuova polemica con i sindacati. Il ministro: “Non abbiamo chiesto eliminazione né difeso”. E sull’incontro con le parti sociali: “Clima positivo e di collaborazione. Dobbiamo chiudere in due o tre settimane”. Il presidente di Confindustria: “Reintegro per casi di licenziamento discriminatorio”. Bonanni: “Governo sia cauto”. Camusso a Monti: “Niente battute”

ROMA – Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, va avanti con fermezza: l’esecutivo proseguirà comunque sulla riforma del mercato del lavoro, con o senza l’accordo con le parti sociali. Durante il nuovo incontro a Palazzo Chigi, al quale non ha partecipato il premier, Mario Monti, il ministro ha chiarito più volte che “il governo non intende perdere questo treno” e varerà la riforma “con o senza accordo entro due o tre settimane”. E anche sulla riforma delle pensioni Fornero non vacilla: “Non si tocca, non voglio essere arrogante, ma ha determinato la riduzione dello spread”, ha detto nell’incontro a Palazzo Chigi. Ma a catalizzare l’attenzione delle parti sociali è, ancora una volta, il dibattito sull’art.18. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia dice di condividere gli obietivi del governo, ma sul licenziamento dice: “Il reintegro deve valere per tutti i casi discriminatori”. Dai sindacati l’invito al governo a muoversi con cautela su questo delicato terreno e una frecciata al premier viene scagliata dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso: “Più che fare delle battute bisognerebbe indicare (ai giovani) quale strada il Paese intende intraprendere”.

Riforma, con o senza dialogo. Si è svolto in un clima di collaborazione, ha riferito il ministro del Lavoro, il tavolo con le parti sociali: “L’incontro di oggi – ha dichiarato Fornero – non è rituale perché l’Europa, il mercato, noi e voi sappiamo che questa è un’occasione per fare una cosa buona per il mercato, e che, se non la cogliamo, perdiamo”. Tra governo e parti sociali “è un dialogo”, ma l’esecutivo, ha ammonito Fornero, “farà di tutto per prendere il treno della riforma. Se lo facciamo insieme siamo contenti, altrimenti il governo cercherà comunque di farlo”. “Saremo giudicati – ha aggiunto il ministro – dagli italiani che hanno subito esclusioni e non hanno avuto prospettive, appiattendosi su precarietà e basse aspirazioni”.

Fornero ha proposto alle parti sociali un nuovo incontro tra 10 giorni, ricordando il “vincolo di tempo e di risorse” per fare la riforma: “Dobbiamo chiudere in due, tre settimane”. Una riforma che non dovrà “costare di più alle imprese” ma dovrà, sottolinea ancora Fornero, “rafforzare la posizione dei lavoratori, sia di quelli che già lavorano che di quelli che lo cercano”. “Il nostro è un disegno di grande respiro – avrebbe detto Fornero secondo fonti presenti a Palazzo Chigi -. L’obiettivo complessivo non è aiutare i lavoratori a discapito delle imprese o viceversa”.

Il ministro ha ribadito a sindacati e industriali la volontà del governo di “distinguere la flessibilità buona da quella cattiva”, primo di quattro obiettivo del governo. Gli altri tre sono una distribuzione uniforme delle tutele “sia nei segmenti di lavoro, sia nel ciclo di vita della persona”, formazione e apprendistato, potenziamento delle politiche attive e dei servizi al lavoro. Fornero ha quindi aperto alla “flessibilità” anche nella trattativa. In alternativa ai tavoli, il ministro ha infatti proposto la costituzione di “gruppi di lavoro flessibili” per ragionare sui capitoli della riforma. “Abbiamo tempi stretti, pertanto il governo è disponibile a parlarvi congiuntamente o separatamente, già dalla prossima settimana” ha aggiunto il ministro, lasciando comunque a sindacati e imprese la libertà “di organizzarvi come credete”.

Più tardi, intervenendo al Gr Parlamento, il ministro sull’articolo 18 ha spiegato che “non abbiamo né chiesto l’eliminazione, né l’abbiamo difeso così com’è. Valuteremo quali sono gli strumenti più appropriati per garantire l’ottenimento dell’aumento dell’occupazione e della crescita. Sotto questo profilo l’arbitrato è uno strumento buono”, ha aggiunto.

Marcegaglia: “Art.18 solo per discriminazioni”. La riforma del mercato del lavoro “è fondamentale Condividiamo completamente l’obiettivo di una maggiore occupazione e di un aumento dei salari”, ha detto il presidente di Confindustria, che appoggia gli obiettivi del governo, soprattutto considerato che “l’unione europea, i mercati e gli investitori aspettano di vedere come faremo questa riforma”. Ma si sofferma sulla questione dell’art.18, spiegando che “crea dicotomia drammatica, pesantissima all’interno del mercato del lavoro. Questo tema è posto, è sul tavolo” della riforma, ha sottolineato. Poi ha illustrato quali sono i casi in cui è indispensabile considerare il reintegro: “Pensiamo – ha detto – che il tema del reintegro deve valere per tutti i casi di licenziamenti discriminatori o casi per cui la legge dice che il licenziamento è nullo. Ci sono casistiche molto chiare per cui la reintegra deve valere. È un fatto di civiltà. In tutti gli altri casi – ha aggiunto la leader degli industriali – dobbiamo diventare europei. Ci deve essere un’indennità di licenziamento”. Infine ha aggiunto: “Il ministro Fornero ha parlato di licenziamenti per motivi economici, senza il tema del reintegro, ma solo con l’indennità di licenziamento. Il tema è sul tavolo”.

La Marceglia, poi, ha parlato anche di cassa integrazione: “Sugli ammortizzatori sociali il ministro ha spiegato che uno strumento di cassa integrazione ordinaria e, questa volta anche su nostro suggerimento e dei sindacati, ha aggiunto anche di cassa straordinaria, che serve per ristrutturazioni e riorganizzazioni industriali, verrà mantenuto”. Non è mancato, infine, un riferimento alla dichiarazione di Monti sul posto fisso 1: “Non penso che il posto di lavoro sia monotono, ma bisogna prendere atto che in questa situazione il posto fisso non c’è più. Credo che Monti lo dicesse in questo senso”, è stato il commento del presidente di Confindustria, alle parole del premier Mario Monti. “Penso – ha aggiunto – che Monti lo dicesse nella logica per cui per un giovane fare più esperienze è utile, arricchisce, crea più professionalità”.

Bonanni: “Bene superamento di flessibilità negativa”. “Se la flessibilità diventerà il perno della discussione, tutto diventerà più facile”, nell’ottica di superare quella “negativa”. Così il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, al tavolo con il governo, giudicando “positivo che il ministro Fornero dia spazio a un accordo tra le parti sociali. Se da parte di tutti ci sarà buona volontà, allora si farà un buon lavoro”. Tra gli obiettivi, ha sottolineato Bonanni, “c’è l’occupazione dei giovani con il superamento della flessibilità negativa attraverso più e maggiore formazione, il rilancio dell’apprendistato, l’incentivazione delle assunzioni. Su questi temi la Cisl sarà rigorosissima”. In merito all’art.18, Bonanni ha detto: “Spero che in tutti ci sia l’idea che sia sbagliato mettersi in testa di far cadere un simbolo. L’effetto sulla gente sarà devastante. Invitiamo il Governo a usare molta cautela, perché siamo in una fase delicata”. Poi ha assicurato: “Noi tratteremo fino alla fine, non daremo l’esca a nessun estremista che
aizzi allo scontro. Il governo faccia lo stesso”.

Angeletti: “L’emergenza è l’occupazione”. Più duro il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, che agli esponenti del governo avrebbe chiesto: “Ma si lavora per fare un accordo o solo per individuare soluzioni che poi il governo si riserva di valutare?”. Poi Angeletti ha smorzato i toni, dichiarando di considerare “condivisibile l’idea di concentrare la discussione su metodi e strumenti per raggiungere questi obiettivi”, però – ha poi aggiunto – “oggi abbiamo l’emergenza occupazione. Nel 2012 avremo 250 mila posti di lavoro in pericolo. Questa emergenza va affrontata con razionalità e urgenza”. E il sistema degli ammortizzatori sociali – ha sottolineato – fino a ora ha funzionato e perciò andrebbe preservato”. Angeletti ha anche chiesto di differire l’applicazione della riforma pensionistica perché “ha reso ancora più problematica la gestione dell’emergenza” occupazionale. Infine, sull’art.18: “Per licenziare ci vuole un giustificato motivo e l’onere della prova deve essere a carico dell’impresa. Altrimenti è un sopruso o una discriminazione”.

Camusso: “Governo vuole ragionare su precarietà”. ”Il Governo ha l’intento di ragionare sulle precarietà, a partire dalle partite Iva. C’è una flessibilità cattiva, che noi chiamiamo precariato”, ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che però ha detto di apprezzare lo sforzo del governo di cercare l’accordo: “Dobbiamo apprezzare l’intento del Governo che è quello di lavorare per trovare un accordo”, anche se ha tenuto a precisare che sulla crescita, da parte del governo, ci sono ”solo annunci e non risposte”.

Il segretario generale della Cgil ha poi affrontato il tema delle pensioni, dicendo: “Continuiamo a indicare al governo che la modalità con la quale sono intervenuti sulle pensioni ci apre molti problemi, occorre ragionare su questo”. Infine, sull’art. 18, la Camusso si è limitata a dire: ”Le opinioni le conoscete. Confindustria si fa prendere un po’ la mano sulla scorciatoia dei licenziamenti, ma il problema non è quello”. Poi ha aggiunto, lanciando una frecciata a Monti: “In questo momento ci sarebbero in Italia tantissime persone che sarebbero felici di annoiarsi, ma ce ne sono moltissime che non si possono annoiare perché stanno cercando disperatamente un posto di lavoro. Più che fare delle battute bisognerebbe indicare loro quale strada il Paese intende intraprendere”.

Le reazioni. “Non ci siamo proprio. Sulla riforma del mercato del lavoro il ministro del Welfare Elsa Fornero lancia diktat e tira dritto: finge di volere concertazione con i sindacati e con Confindustria, ma in realtà vuole solo fare presto e sbrigarsi a fare il colpo di mano volto ad abolire l’art. 18”. Così il presidente del gruppo Idv al Senato, Felice Belisario, ha commentato quanto detto nell’incontro di Palazzo Chigi. “In realtà il governo fa il gioco delle tre carte perché ha già pronto un decreto nel cassetto e i tavoli di confronto con le parti sociali sono solo fumo negli occhi degli italiani”. Il licenziamento per motivi economici è ‘inaccettabile’: lo sostiene Cesare Damiano, capogruppo Pd nella Commissione Lavoro di Montecitorio: “Nessuno rivendica più il posto fisso per tutta la vita, tanto meno i giovani, ma nessuno può tollerare – sottolinea Damiano – la precarietà e i bassi salari che caratterizzano oggi il mercato del lavoro. Al primo posto dobbiamo mettere risorse per la crescita, se vogliamo aumentare l’occupazione, e rendere più facili le assunzioni e non i licenziamenti: la proposta del ministro Fornero di consentire il licenziamento individuale per motivi economici, senza reintegrazione, non è accettabile”. ”Il tempo delle battute e degli annunci è finito per tutti. Il tema del lavoro è questione drammatica, per i giovani, le donne e una generazione di ultracinquantenni in un limbo tra mobilità, disoccupazione e pensione che non arriva” dice Rosy Bindi, vicepresidente della Camera dei Deputati e presidente dell’Assemblea nazionale del Pd. “Hanno ragione i sindacati a chiedere al governo di non caricare sulla riforma del mercato del lavoro tutte le aspettative di crescita economica. È un tassello importante, ma non l’unico in una fase di acuta di recessione, nella quale è prioritario indicare risorse certe e misure praticabili per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo”, conclude.

da www.repubblica.it

Fornero: “Riforma si farà con o senza dialogo”

Articolo 18, nuova polemica con i sindacati. Il ministro: “Non abbiamo chiesto eliminazione né difeso”. E sull’incontro con le parti sociali: “Clima positivo e di collaborazione. Dobbiamo chiudere in due o tre settimane”. Il presidente di Confindustria: “Reintegro per casi di licenziamento discriminatorio”. Bonanni: “Governo sia cauto”. Camusso a Monti: “Niente battute”

ROMA – Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, va avanti con fermezza: l’esecutivo proseguirà comunque sulla riforma del mercato del lavoro, con o senza l’accordo con le parti sociali. Durante il nuovo incontro a Palazzo Chigi, al quale non ha partecipato il premier, Mario Monti, il ministro ha chiarito più volte che “il governo non intende perdere questo treno” e varerà la riforma “con o senza accordo entro due o tre settimane”. E anche sulla riforma delle pensioni Fornero non vacilla: “Non si tocca, non voglio essere arrogante, ma ha determinato la riduzione dello spread”, ha detto nell’incontro a Palazzo Chigi. Ma a catalizzare l’attenzione delle parti sociali è, ancora una volta, il dibattito sull’art.18. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia dice di condividere gli obietivi del governo, ma sul licenziamento dice: “Il reintegro deve valere per tutti i casi discriminatori”. Dai sindacati l’invito al governo a muoversi con cautela su questo delicato terreno e una frecciata al premier viene scagliata dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso: “Più che fare delle battute bisognerebbe indicare (ai giovani) quale strada il Paese intende intraprendere”.

Riforma, con o senza dialogo. Si è svolto in un clima di collaborazione, ha riferito il ministro del Lavoro, il tavolo con le parti sociali: “L’incontro di oggi – ha dichiarato Fornero – non è rituale perché l’Europa, il mercato, noi e voi sappiamo che questa è un’occasione per fare una cosa buona per il mercato, e che, se non la cogliamo, perdiamo”. Tra governo e parti sociali “è un dialogo”, ma l’esecutivo, ha ammonito Fornero, “farà di tutto per prendere il treno della riforma. Se lo facciamo insieme siamo contenti, altrimenti il governo cercherà comunque di farlo”. “Saremo giudicati – ha aggiunto il ministro – dagli italiani che hanno subito esclusioni e non hanno avuto prospettive, appiattendosi su precarietà e basse aspirazioni”.

Fornero ha proposto alle parti sociali un nuovo incontro tra 10 giorni, ricordando il “vincolo di tempo e di risorse” per fare la riforma: “Dobbiamo chiudere in due, tre settimane”. Una riforma che non dovrà “costare di più alle imprese” ma dovrà, sottolinea ancora Fornero, “rafforzare la posizione dei lavoratori, sia di quelli che già lavorano che di quelli che lo cercano”. “Il nostro è un disegno di grande respiro – avrebbe detto Fornero secondo fonti presenti a Palazzo Chigi -. L’obiettivo complessivo non è aiutare i lavoratori a discapito delle imprese o viceversa”.

Il ministro ha ribadito a sindacati e industriali la volontà del governo di “distinguere la flessibilità buona da quella cattiva”, primo di quattro obiettivo del governo. Gli altri tre sono una distribuzione uniforme delle tutele “sia nei segmenti di lavoro, sia nel ciclo di vita della persona”, formazione e apprendistato, potenziamento delle politiche attive e dei servizi al lavoro. Fornero ha quindi aperto alla “flessibilità” anche nella trattativa. In alternativa ai tavoli, il ministro ha infatti proposto la costituzione di “gruppi di lavoro flessibili” per ragionare sui capitoli della riforma. “Abbiamo tempi stretti, pertanto il governo è disponibile a parlarvi congiuntamente o separatamente, già dalla prossima settimana” ha aggiunto il ministro, lasciando comunque a sindacati e imprese la libertà “di organizzarvi come credete”.

Più tardi, intervenendo al Gr Parlamento, il ministro sull’articolo 18 ha spiegato che “non abbiamo né chiesto l’eliminazione, né l’abbiamo difeso così com’è. Valuteremo quali sono gli strumenti più appropriati per garantire l’ottenimento dell’aumento dell’occupazione e della crescita. Sotto questo profilo l’arbitrato è uno strumento buono”, ha aggiunto.

Marcegaglia: “Art.18 solo per discriminazioni”. La riforma del mercato del lavoro “è fondamentale Condividiamo completamente l’obiettivo di una maggiore occupazione e di un aumento dei salari”, ha detto il presidente di Confindustria, che appoggia gli obiettivi del governo, soprattutto considerato che “l’unione europea, i mercati e gli investitori aspettano di vedere come faremo questa riforma”. Ma si sofferma sulla questione dell’art.18, spiegando che “crea dicotomia drammatica, pesantissima all’interno del mercato del lavoro. Questo tema è posto, è sul tavolo” della riforma, ha sottolineato. Poi ha illustrato quali sono i casi in cui è indispensabile considerare il reintegro: “Pensiamo – ha detto – che il tema del reintegro deve valere per tutti i casi di licenziamenti discriminatori o casi per cui la legge dice che il licenziamento è nullo. Ci sono casistiche molto chiare per cui la reintegra deve valere. È un fatto di civiltà. In tutti gli altri casi – ha aggiunto la leader degli industriali – dobbiamo diventare europei. Ci deve essere un’indennità di licenziamento”. Infine ha aggiunto: “Il ministro Fornero ha parlato di licenziamenti per motivi economici, senza il tema del reintegro, ma solo con l’indennità di licenziamento. Il tema è sul tavolo”.

La Marceglia, poi, ha parlato anche di cassa integrazione: “Sugli ammortizzatori sociali il ministro ha spiegato che uno strumento di cassa integrazione ordinaria e, questa volta anche su nostro suggerimento e dei sindacati, ha aggiunto anche di cassa straordinaria, che serve per ristrutturazioni e riorganizzazioni industriali, verrà mantenuto”. Non è mancato, infine, un riferimento alla dichiarazione di Monti sul posto fisso 1: “Non penso che il posto di lavoro sia monotono, ma bisogna prendere atto che in questa situazione il posto fisso non c’è più. Credo che Monti lo dicesse in questo senso”, è stato il commento del presidente di Confindustria, alle parole del premier Mario Monti. “Penso – ha aggiunto – che Monti lo dicesse nella logica per cui per un giovane fare più esperienze è utile, arricchisce, crea più professionalità”.

Bonanni: “Bene superamento di flessibilità negativa”. “Se la flessibilità diventerà il perno della discussione, tutto diventerà più facile”, nell’ottica di superare quella “negativa”. Così il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, al tavolo con il governo, giudicando “positivo che il ministro Fornero dia spazio a un accordo tra le parti sociali. Se da parte di tutti ci sarà buona volontà, allora si farà un buon lavoro”. Tra gli obiettivi, ha sottolineato Bonanni, “c’è l’occupazione dei giovani con il superamento della flessibilità negativa attraverso più e maggiore formazione, il rilancio dell’apprendistato, l’incentivazione delle assunzioni. Su questi temi la Cisl sarà rigorosissima”. In merito all’art.18, Bonanni ha detto: “Spero che in tutti ci sia l’idea che sia sbagliato mettersi in testa di far cadere un simbolo. L’effetto sulla gente sarà devastante. Invitiamo il Governo a usare molta cautela, perché siamo in una fase delicata”. Poi ha assicurato: “Noi tratteremo fino alla fine, non daremo l’esca a nessun estremista che
aizzi allo scontro. Il governo faccia lo stesso”.

Angeletti: “L’emergenza è l’occupazione”. Più duro il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, che agli esponenti del governo avrebbe chiesto: “Ma si lavora per fare un accordo o solo per individuare soluzioni che poi il governo si riserva di valutare?”. Poi Angeletti ha smorzato i toni, dichiarando di considerare “condivisibile l’idea di concentrare la discussione su metodi e strumenti per raggiungere questi obiettivi”, però – ha poi aggiunto – “oggi abbiamo l’emergenza occupazione. Nel 2012 avremo 250 mila posti di lavoro in pericolo. Questa emergenza va affrontata con razionalità e urgenza”. E il sistema degli ammortizzatori sociali – ha sottolineato – fino a ora ha funzionato e perciò andrebbe preservato”. Angeletti ha anche chiesto di differire l’applicazione della riforma pensionistica perché “ha reso ancora più problematica la gestione dell’emergenza” occupazionale. Infine, sull’art.18: “Per licenziare ci vuole un giustificato motivo e l’onere della prova deve essere a carico dell’impresa. Altrimenti è un sopruso o una discriminazione”.

Camusso: “Governo vuole ragionare su precarietà”. ”Il Governo ha l’intento di ragionare sulle precarietà, a partire dalle partite Iva. C’è una flessibilità cattiva, che noi chiamiamo precariato”, ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che però ha detto di apprezzare lo sforzo del governo di cercare l’accordo: “Dobbiamo apprezzare l’intento del Governo che è quello di lavorare per trovare un accordo”, anche se ha tenuto a precisare che sulla crescita, da parte del governo, ci sono ”solo annunci e non risposte”.

Il segretario generale della Cgil ha poi affrontato il tema delle pensioni, dicendo: “Continuiamo a indicare al governo che la modalità con la quale sono intervenuti sulle pensioni ci apre molti problemi, occorre ragionare su questo”. Infine, sull’art. 18, la Camusso si è limitata a dire: ”Le opinioni le conoscete. Confindustria si fa prendere un po’ la mano sulla scorciatoia dei licenziamenti, ma il problema non è quello”. Poi ha aggiunto, lanciando una frecciata a Monti: “In questo momento ci sarebbero in Italia tantissime persone che sarebbero felici di annoiarsi, ma ce ne sono moltissime che non si possono annoiare perché stanno cercando disperatamente un posto di lavoro. Più che fare delle battute bisognerebbe indicare loro quale strada il Paese intende intraprendere”.

Le reazioni. “Non ci siamo proprio. Sulla riforma del mercato del lavoro il ministro del Welfare Elsa Fornero lancia diktat e tira dritto: finge di volere concertazione con i sindacati e con Confindustria, ma in realtà vuole solo fare presto e sbrigarsi a fare il colpo di mano volto ad abolire l’art. 18”. Così il presidente del gruppo Idv al Senato, Felice Belisario, ha commentato quanto detto nell’incontro di Palazzo Chigi. “In realtà il governo fa il gioco delle tre carte perché ha già pronto un decreto nel cassetto e i tavoli di confronto con le parti sociali sono solo fumo negli occhi degli italiani”. Il licenziamento per motivi economici è ‘inaccettabile’: lo sostiene Cesare Damiano, capogruppo Pd nella Commissione Lavoro di Montecitorio: “Nessuno rivendica più il posto fisso per tutta la vita, tanto meno i giovani, ma nessuno può tollerare – sottolinea Damiano – la precarietà e i bassi salari che caratterizzano oggi il mercato del lavoro. Al primo posto dobbiamo mettere risorse per la crescita, se vogliamo aumentare l’occupazione, e rendere più facili le assunzioni e non i licenziamenti: la proposta del ministro Fornero di consentire il licenziamento individuale per motivi economici, senza reintegrazione, non è accettabile”. ”Il tempo delle battute e degli annunci è finito per tutti. Il tema del lavoro è questione drammatica, per i giovani, le donne e una generazione di ultracinquantenni in un limbo tra mobilità, disoccupazione e pensione che non arriva” dice Rosy Bindi, vicepresidente della Camera dei Deputati e presidente dell’Assemblea nazionale del Pd. “Hanno ragione i sindacati a chiedere al governo di non caricare sulla riforma del mercato del lavoro tutte le aspettative di crescita economica. È un tassello importante, ma non l’unico in una fase di acuta di recessione, nella quale è prioritario indicare risorse certe e misure praticabili per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo”, conclude.

da www.repubblica.it

Responsabilità civile giudici. PD: “Chiediamo un impegno immediato del governo per modificare al Senato questa norma”

La norma è sbagliata e con tanti profili di incostituzionalità ma abbiamo votato a favore per evitare procedimenti di infrazione a carico del nostro Paese e di violazione delle norme comunitarie

“Chiediamo che il governo riprenda il filo con le forze che lo sostengono e che al Senato venga sanata la situazione”. Così il segretario Pier Luigi Bersani per risolvere la questione politica che è scoppiata dopo il voto dell’emendamento leghista alla legge comunitaria sulla responsabilità civile dei giudici.

“Non si può accettare una situazione in cui c’è chi è leale nel sostegno al governo e chi si mette il libertà”, spiega il segretario del PD. “Chi ha votato per quella norma ha sottovalutato la situazione: noi stiamo mettendo al primo posto l’Italia, che ha problemi seri, chi destabilizza questo percorso si prende una responsabilità seria”.

Bersani ha respinto le accuse mosse al gruppo PD della Camera: “Non c’è una parte del PD che ha votato quella norma, chi lo dice faccia i conti. Si sono visti anche gli applausi in aula. Ogni volta che succede una cosa del genere scatta il solito film: il Parlamento ha votato in un modo. No, la destra del Parlamento. L’andamento della discussione ha fatto vedere anche a un cieco come andavano i lavori. Non facciamo ammucchiate, se no si pensa che non c’è più democrazia”. Nel merito, sull’emendamento, Bersani ha parlato di “una intimidazione alla libertà di giudizio dei magistrati e alla possibilità di rivolgersi a loro. Serve un ripensamento della norma in modo ragionevole e non intimidatorio”.

*****

Il presidente dei deputati del Pd Dario Franceschini ha formalmente chiesto al presidente del Consiglio Monti di assumere la gestione della vicenda politica della norma sulla responsabilità civile dei giudici (l’emendamento Pini alla Comunitaria) per modificare il testo della legge Comunitaria al Senato.

Franceschini lo ha fatto intervenendo in aula alla Camera a conclusione dell’esame sulla legge e ribadendo il giudizio del Pd su quello che ha definito “un fatto gravissimo politicamente e nel merito”. Il Pd, ha sottolineato, avrebbe votato contro la Comunitaria inquinata ma di avere accolto l’invito del governo a non farlo a causa delle sanzioni europee che sarebbero scattate in caso di bocciatura dell’intero testo.

“Oggi – ha detto Franceschini – è successo un fatto politicamente molto grave, grave politicamente e nel merito. Innestato in un buon lavoro. Ma dentro questo buon lavoro è stato introdotto un gravissimo elemento inquinante: questa norma sbagliata e con tantissimi profili di incostituzionalità sulla responsabilità civile dei magistrati, tema che non si può affrontare in modo così affrettato e approssimativo”.

“Per questo – ha aggiunto Franceschini – dovremmo votare contro la legge comunitaria, perché è difficile votare un testo nel quale c’è una norma di questo genere. Per noi è molto difficile: per il partito e per noi deputati. Votiamo a favore soltanto perché il ministro delle Politiche comunitarie ha fatto appello alle forze politiche facendo presente che la mancata approvazione della Comunitaria comporterebbe dei procedimenti di infrazione a carico del nostro Paese e di violazione delle norme comunitarie”.

“Soltanto per questo, ma lo facciamo con una richiesta – ha detto ancora Franceschini – che io voglio fare in quest’aula in modo formale e cioè la richiesta di un impegno del presidente del Consiglio Mario Monti perché gestisca politicamente questa vicenda tra le forze politiche che sostengono il governo. Una vicenda troppo delicata per poter essere lasciata ad un voto segreto e a un meccanismo di maggioranze variabili e improvvisate. A noi il governo prima della votazione ci ha riferito di un impegno del Pdl di votare contro quell’emendamento. Il voto segreto ha invece dimostrato che è successa un’altra cosa. Rientra nella libertà dei deputati ma non è normale che questo avvenga su un parere contrario del governo. Non è possibile che ci sia una distinzione non dichiarata. Allora un governo non si può basare su un sostegno leale a prescindere di alcuni gruppi parlamentari e sulle mani libere di altri: non può funzionare così”.

“È per questo – ha concluso Franceschini- che noi votiamo la legge comunitaria ma chiediamo un impegno immediato del ministro della Giustizia e del presidente del Consiglio per modificare al Senato questa norma , con una iniziativa del governo nei confronti delle forze politiche che lo sostengono”.

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“Con un trucco da illusionista, il Pdl ha votato un emendamento della Lega alla comunitaria che modifica la legge in materia di responsabilità dei magistrati. C’è un problema di metodo, visto che si è assistito a un’imboscata dell’ultimo momento, e un problema di merito, visto che su una materia così delicata non si interviene con un emendamento spot all’interno di un provvedimento come la comunitaria. Al ministro Severino dico di stare tranquilla, sono certa che al Senato ci saranno le condizioni per un ulteriore approfondimento”. Lo ha ribadito Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del PD al Senato.

“L’episodio che si è verificato alla Camera è davvero molto grave – ha proseguito Anna Finocchiaro – La norma approvata rischia di apparire addirittura come una ritorsione nei confronti dei magistrati. Io credo che tutta la questione meriti un supplemento di approfondimento che certamente al Senato non mancherà. Ribadisco che noi siamo contrari a una norma che supera il contenuto della sentenza comunitaria sulla responsabilità civile dei magistrati e dunque lavoreremo attivamente per cambiarla”.

da www.partitodemocratico.it

Donne, famiglia è motivo di abbandono per 40%

Il divario tra l’occupazione maschile e quella femminile è ancora molto ampio: solo il 3% dei padri lascia l’ufficio per restare a casa: “Il sistema italiano non fornisce servizi alla famiglia. Perciò le donne non entrano nel mercato del lavoro”, sostiene il Cnel. Amano lavorare, ma preferiscono lasciare il posto di lavoro per badare alla famiglia. Tra i motivi di abbandono del posto di lavoro da parte delle donne al primo posto, per il 40% c’è la volontà di curare la famiglia, mentre è solo del 3% la percentuale dei padri che fa la stessa scelta. “Il 40,8% delle ex lavoratrici dichiara di aver interrotto l’attività lavorativa per prendersi cura dei figli e circa il 5,6% per dedicarsi totalmente alla famiglia o ad accudire persone non autosufficienti”, è quanto emerge da uno studio dell’Isfol condotto su un campione rappresentativo delle donne italiane in età compresa tra i 25 e i 45 anni. Ma gli affetti non sono l’unico motivo di riduzione dell’occupazione femminile che, nel 2011, ha fatto registrare un netto calo: a fronte di un “modesto recupero” generale del mercato del lavoro, infatti, si è registrato un”ulteriore peggioramento per le giovani, con – 45 mila occupate nella media dei primi tre trimestri”.

Pochi servizi. Stando a quanto sostiene il Cnel, “il sistema italiano non fornisce servizi alla famiglia e di conciliazione, di conseguenza le donne non entrano nel mercato del lavoro o ne escono dopo il primo figlio o per assistere parenti anziani”. Basti pensare che, alla luce delle ricerche presentate nel corso degli Stati generali sul Lavoro, “tra le donne in età compresa tra i 25 e i 45 anni, dopo la nascita di un bambino il tasso di occupazione femminile passa bruscamente
dal 63% al 50%, per crollare ulteriormente dopo la nascita del secondo, evidenziando come il ruolo femminile nel mondo del lavoro sia sacrificabile alla cura dei figli e all’attività domestica”.

Non solo la famiglia. La ricerca, presentata in occasione degli Stati generali sul Lavoro delle donne organizzati al Cnel, fa però notare anche come ci sia “una buona parte delle ex lavoratrici che dichiara di aver dovuto terminare l’attività lavorativa per cause non volontarie”. Dall’indagine risulta che “oltre il 17% segnala la scadenza di un contratto a termine o stagionale, il 15,8% il licenziamento o la chiusura dell’azienda”.

Tra casa e ufficio, le donne lavorano di più degli uomini. In Italia la ripartizione dei carichi domestici e di cura, si deduce dai dati della ricerca, è ancora “molto sbilanciata” a sfavore delle donne. Roberta Zizza della Banca d’Italia riporta, infatti, dati Istat secondo cui le donne svolgevano nel 2008-2009 il 76% del lavoro familiare (la quota era del 78% nel 2002 e del dell’85% nel 1989). L’esperta di Palazzo Koch evidenzia come “l’Italia sia l’unico paese occidentale in cui le donne lavorano, considerando lavoro retribuito e lavoro domestico, significativamente più degli uomini (secondo alcuni dati riportati da Zizza si tratterebbe di ben 75 minuti in più al giorno). Sulla stessa linea la ricerca dell”Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori), presentata dal responsabile del servizio statistico Marco Centra: “La giornata media lavorativa degli occupati con almeno un figlio, tenendo conto del lavoro retribuito, del lavoro familiare e degli spostamenti da casa al lavoro, è di circa 15 ore. La maggior parte del tempo dei padri, circa 10 ore su 24, è dedicato al lavoro retribuito, mentre il tempo delle madri è diviso tra lavoro familiare, 8 ore e 35 minuti, e lavoro retribuito, 7 ore e 9 minuti”. Ecco che, spiega Centra, “in generale la giornata lavorativa femminile, rispetto a quella maschile, è più lunga di 45 minuti. Le donne dormono circa 10 minuti meno degli uomini, hanno meno tempo da dedicare alla cura di sè e al tempo libero, ma soprattutto dedicano molto più tempo al lavoro domestico”.

Le ‘scoraggiate’ italiane sono 4 volte di più che in Europa. La quota di donne inattive che “non cercano attivamente lavoro, ma sono subito disponibili a lavorare”, in Italia, è quasi 4 volte più elevata che in Europa (16,6% rispetto al 4,4%). Sono “donne scoraggiate”, dice Linda Laura Sabbadini, direttore del dipartimento Statistiche sociali e ambientali dell’Istat. La distanza, secondo l’Istat, è ancora più forte in confronto ai principali Paesi europei.

da www.repubblica.it

"Auschwitz. Le parole per dirlo: ai nostri figli", di Paolo Nori

Appena tornato ho detto alla Battaglia che il vento, a Cracovia, ti tagliava la faccia.“E come facevi? ”, mi ha chiesto lei. “Eh, c’eran dei medici, in albergo, che tutte le sere ti ricucivan la faccia te la mettevano a posto”. “Davvero? ” mi ha detto lei. No, – le ho detto io. – Scherzavo”. Ero stato ad Auschwitz con la fondazione Fossoli, cinque giorni. Eravamo andati in treno. Eravamo andati da Carpi a Cracovia. Poi da Cracovia, in corriera, tutti i giorni andavamo sui campi, se così si può dire, ad Auschwitz e a Birkenau. Tutto il giorno sui campi, a quindici sotto zero, al vento, a tagliarsi la faccia. E dopo indietro a Cracovia. E di sera, tutte le sere, a veder gli spettacoli, al cinema Kijow, i primi due giorni, poi in una discoteca polacca nel quartiere universitario. Una discoteca che si doveva chiamare Officina Metallurgica e invece non si chiamava così. Si chiamava Studio zero, o Club studio, o qualcosa del genere. E, si vede, avevano appena lavato i pavimenti, c’era un gran odore di detersivo.
Eravamo in settecento.
E lo storico Carlo Saletti diceva: “Siamo qui in massa”. E a me veniva da pensare: “Siamo qui insieme”.
Tutta questa bontà
C’ERANO delle cose complicate, lì ad Auschwitz.
La cosa più complicata, mi sembra, era: tutta questa bontà. Esser lì insieme a settecento studenti, tutta questa bontà. Ma lì io non ci pensavo, ci penso adesso che sono tornato: tutta questa bontà. Noi, siamo abituati che essere buoni c’è da avere vergogna, mi sembra. Noi siamo abituati così. Non in Polonia, in Italia.
Agli studenti, uno, non sa cosa dirgli.
A uno studente di diciassette anni, che è lì ad Auschwitz e a Birkenau, in gennaio, con quindici gradi sottozero, a tagliarsi la faccia, uno, cosa gli dice? Uno magari non gli dice niente.
Però magari se ti chiedono di accompagnare le guide, di aggiungere ogni tanto qualcosa ai loro discorsi che sembrano preregistrati, tu, cosa gli dici? Magari gli dici che tu, un po’ di anni fa, su youtube, hai trovato un discorso del presidente della camera Fini sulle leggi razziali che cominciava dicendo che era strano, che in un paese cattolico come l’Italia ci fossero state queste leggi contro gli ebrei e, quando avevi sentito così, ti era venuto in mente che ghetto, “ghetto”, è una parola italiana.
I ghetti e la bolla papale del 1555
E CHE i ghetti erano stati istituiti il 14 luglio del 1555 dal papaPaoloIV, italiano. Conlabolla Cum nimis absurdum. E che Cum nimis absurdum era l’incipit della bolla, e significava: “Poiché è oltremodo assurdo”. E la cosa oltremodo assurda e “disdicevole”, c’era scritto nella bolla, era il fatto “che gli ebrei, che sono condannati per propria colpa alla schiavitù eterna”, avevano “l’insolenza” di voler vivere in mezzo ai cristiani, e di voler possedere immobili, e di voler assumere balie e donne di casa. E per punirli per la loro insolenza, il papa italiano Paolo IV, con la bolla Cum nimis absurdum ordinava loro di “Abitare in un luogo separato dalle case dei cristiani”, il ghetto, che nella bolla viene chiamato il serraglio, serraglio che doveva avere un solo ingresso e una sola uscita, e che di notte doveva essere chiuso, e tutti gli animali dentro, e due sentinelle cristiane all’ingresso a controllare, e pagate dalla comunità ebraica. E la bolla del papa italiano stabiliva, per gli ebrei, l’obbligo di portare un segno distintivo di colore giallo (un cappello giallo per gli uomini e un fazzoletto giallo per le donne), e l’obbligo di non tenere servitù cristiana, e l’obbligo di non lavorare durante le festività cristiane, e l’obbligo di non prestare denaro a cristiani, e l’obbligo di mantenere buoni rapporti con i cristiani. E il divieto di esercitare alcun commercio al di fuori di quello degli stracci e dei vestiti usati, e l’esplicito divieto a commerciare “beni alimentari destinati al sostentamento umano”; non potevano toccare con le mani una cosa che doveva esser mangiata da un cristiano. E non potevano curare i cristiani, i medici ebrei; e non potevano farsi chiamare con l’appellativo di “signore” da alcun cristiano, e non potevano fare un sacco di altre cose.
Cultura e barbarie
E DOPO aver letto Cum nimis absurdum, dicevi, non c’era tanto da sorprendersi, che in un paese cattolico come l’Italia ci fossero state le leggi razziali, e che questa idea che noi italiani siam tanto bravi, e che con la Shoah non c’entriamo niente e che quello è stato il male assoluto e che son stati i tedeschi e l’han fatto allora e coi nostri tempi non c’entra niente, questo ti sembra un modo per farti dimenticare per esempio che tua nonna, quandoeripiccolo, tidicevadi stare attento agli zingari che rubano i bambini, e ti diceva che le zingare hanno le gonne così larghe perché sotto ci nascondono i bambini, e quella cosa lì, anche se la diceva tua nonna, che tu le hai voluto un bene che non si può dire, era una menzogna razzista, perchénonc’èmaistato, nellastoria della Repubblica Italiana, nessuno zingaro condannato per rapimento di bambini. E ti viene in mente quelli che pochi mesi fa, a Torino, hanno bruciato un campo rom per vendicarsi di uno stupro che non c’era mai stato, e poi hanno impedito ai pompieri di avvicinarsi per spegnere il fuoco, esattamente come i nazisti con i negozi degli ebrei la notte dei cristalli. E ti viene in mente Dickens, che da qualche parte racconta che quando, da piccolo, andava a scuola, c’era un insegnante che prendeva sempre in giro un ragazzochenonerasveglissimo; “Enoi, –scriveDickens, –cani, ridevamo”. E che forse comincia tutto lì. E che in quel senso, solo in quel senso, tu riesci a capire quello che dice lo storico Carlo Saletti che dice che la cultura è il miglior alleato della barbarie, e lui ti sembra non lo dica in quel senso. E difatti è per quello che il compositore Carlo Boccadoro dice che quella, adesso riassumo, è una gran puttanata. E in tutto il vagone ristorante, siete in treno, state tornando, si accende una discussione e sono tutti intorno a Carlo Saletti a chiedergli: “Ma cosa dici? ”. E lui dice che quello che voleva dire era che “La cultura non ti immunizza dalla barbarie”. E gli altri dicono “Ahhhh”. E una ragazza di diciassette anni ti chiede “Ma come faccio, a capire quello che devo fare? ”. E tu le rispondi che non lo sai. E di portare pazienza. E che se sta attenta, forse, se ne accorge da sola. E una ragazza di diciotto anni ti dice che lei, a Birkenau, voleva stare da sola. Senza la guida, senza la gente, senza la massa. Non insieme, da sola. E tu dici che Birkenau, è strano, ma è un posto bellissimo. E è un posto che non si può raccontare. E che ti mette addosso una voglia di raccontarlo che, da un certo punto di vista, inspiegabile. E che tu, la prima volta che l’hai visto, quando sei uscito, hai pensato Quando torno a casa lo devo raccontare alla Battaglia”. E ti sei inspiegabilmente commosso. E la Battaglia è tua figlia. E allora aveva tre anni. E dopo, quando sei tornato, hai avuto vergogna non gliel’hai raccontato.

Il Fatto Quotidiano 02.02.12