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"Smemorati e distratti", di Michele Ainis

Domani votiamo, però senza sapere bene per che cosa. Pare ci sia di mezzo il governo presieduto da Renzi: i suoi avversari (e molti suoi compagni di partito) non aspettano che un flop per buttarlo giù dal trono. Secondo altre indiscrezioni la posta in palio è invece il Quirinale: Grillo e Casaleggio sono pronti a chiamare una ditta di traslochi, se il loro movimento verrà benedetto dalle urne. Berlusconi no, lui è in una botte di ferro. Ma se perde di brutto, perde pure la legge elettorale: come fai a timbrare il ballottaggio previsto dall’Italicum, quando al ballottaggio balleranno soltanto i tuoi nemici? E il Pd, avrà ancora voglia di cambiare il Senato, se tracolla alle elezioni? Non si sa, non si capisce, anche perché c’è un tale baccano! Durante questa campagna elettorale abbiamo sentito rimbombare minacce ed improperi, chi ha evocato Stalin, chi Hitler, chi il fumo nero che saliva al cielo dalle fornaci di Auschwitz.
Eppure è proprio su Auschwitz che si vota. Perché l’Europa è nata lì, da quell’orrore senza precedenti. È nata per bandire il genocidio, e siccome il genocidio aveva celebrato la massima potenza dello Stato, l’idea europea coltivò fin dall’inizio il genocidio degli Stati. Da qui trattati e protocolli, in un processo federativo sempre più esteso, in nome d’una solidarietà sempre più stretta fra i popoli europei. Solo che, strada facendo, alla solidarietà si è sostituito l’egoismo. Davanti ai morti di Lampedusa così come rispetto alla crisi finanziaria della Grecia, l’Europa guarda altrove. Sicché i partiti antieuropei hanno buon gioco, mentre gli europeisti si trincerano in un atteggiamento puramente difensivo. Sperano così di salvare l’esistente, ma intanto hanno rinunziato a ogni progetto, a ogni utopia costituzionale.
Ecco, la Costituzione europea. C’è qualcuno che ne ha più sentito parlare? Dopo il fallimento del 2005 (quando un doppio referendum in Olanda e in Francia bocciò il testo firmato l’anno prima a Roma), questa parola è ormai tabù, vietato pronunziarla. Ed è un errore, perché gli europei non otterranno mai un’identità comune senza una Costituzione in comune. Errore doppio, perché tutta la storia dell’integrazione europea è scandita da eventi e da incidenti, da salti in avanti e da passi del gambero all’indietro. La prima doccia fredda cadde nel 1954, dopo che Francia e Italia respinsero il trattato sulla difesa comune siglato dai 6 Stati fondatori nel 1952. Ma nel 1957 venne alla luce la Comunità economica europea, capostipite di tutti gli sviluppi successivi.
Nel frattempo, tuttavia, si va modificando la Costituzione «materiale» dell’Europa. Questa volta i 300 milioni di cittadini disseminati in 28 Paesi voteranno per eleggere un leader, oltre che un parlamentare. Juncker, Schulz, Tsipras, Bové e Ska Keller, Verhofstadt: il prossimo presidente della Commissione sarà uno di loro. È l’effetto d’un accordo fra i partiti europei, che finalmente hanno cominciato a ragionare su un unico popolo europeo. Rivendicando così anche il primato democratico del Parlamento sulle altre istituzioni dell’Unione, anche se quel Parlamento è assurdamente dislocato in tre sedi (Bruxelles, Strasburgo, Lussemburgo), anche se all’Unione manca un programma fiscale comune e una politica estera condivisa. Ma non c’è via d’uscita, oggi come ieri: o tutto o niente, o l’Europa saprà guardare avanti o finirà accecata come Polifemo. E questo sguardo — lo sguardo sul futuro — prima o poi dovrà fissarsi su una Costituzione.

Il Corriere della Sera 24.05.14

«Solo il Pd cambierà l’Europa» di Matteo Renzi

Più volte mi sono sentito chiedere quanto mi stessi giocando in queste elezioni. Come se il 25 maggio fosse una data riguardante la carriera politica di una persona, di un partito o di un governo. Un vecchio vizio italiano di riportare sempre tutto alle provinciali beghe politiche interne. Domenica invece ci giochiamo qualcosa di molto più grande e decisivo. Ciascuno di noi è chiamato, attraverso il voto, ad indicare quale futuro costruire in Europa e quale ruolo l’Italia saprà interpretare per imprimere un cambiamento profondo, reale e duraturo all’Europa. Sapendo che questo riguarda la propria vita, la vita della propria famiglia e della propria comunità. Perché l’Europa non è qualcosa di astratto, lontano dai nostri problemi quotidiani. Se noi non ci occupiamo dell’Europa, questa comunque si occupa di noi.

Mi sarebbe piaciuto poter discutere seriamente delle grandi sfide che ci attendo- no nei prossimi anni e di come poterle affrontare con un’Italia protagonista. Discutere di quanto l’Europa del solo rigore in questi anni non ha funzionato e di come farla tornare ad essere il sogno dei padri fondatori, la casa comune dove le persone possono stare meglio. Noi abbiamo fatto di tutto per farlo. Altri si sono lasciati andare al solo insulto, evocando parole pesanti che nemmeno per paradosso andrebbero usate. Non un contenuto, non una proposta, solo invettiva. Ma noi del Pd non facciamo così. Noi abbiamo conti- nuato e continueremo fino all’ultimo a spiegare a tutti quelli che incontriamo sulla nostra strada, uno per uno, che il 25 maggio può essere la domenica della rinascita.

L’Italia in questi 80 giorni è già ripartita. Ancora molto dobbiamo fare, ma nessuno finora era riuscito a mantenere le promesse fatte in così pochi giorni. Dobbiamo essere orgogliosi di questo, deve essere orgoglioso il Partito democratico, che ormai è l’unica forza politica che può guidare l’Italia fuori dalla palude. Per questo noi saremo nel Parlamento europeo con persone capaci e preparate, che ci hanno messo la faccia e si sono assunte la responsabilità di portare l’Italia a testa alta alla guida del cambiamento dell’Europa. Qui nel Pd noi facciamo così. Domani ci giochiamo il futuro. E l’Italia vincerà la partita.

L’Unità 24.05.14

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Il passato non ci basta, il futuro è casa nostra
“Non lasceremo questo Paese nelle mani di chi lo vuole distruggere. Il futuro che costruiremo è un futuro di speranza. Vi chiedo una mano perché il PD prenda per mano l’Italia”. Così Matteo Renzi in piazza della Signoria a Firenze ha chiuso la campagna elettorale del PD

Matteo Renzi è arrivato in piazza della Signoria a Firenze per la chiusura della campagna elettorale per le Europee e le Amministrative. Il segretario del PD è stato preceduto sul palco dal candidato sindaco Dario Nardella. Al suo arrivo il premier è stato accolto da un lungo applauso, da un tripudio di bandiere e dai cori “Matteo, Matteo”.

Renzi ha ringraziato i fiorentini presenti in piazza Signoria, ricordando l’anniversario della strage di Capaci: “La lotta alla mafia non è una guerra di parte, noi oggi ricordiamo Falcone, la moglie, la scorta. Nessuno di noi tirerà per la giacchetta le forze dell’ordine, giù le mani dagli uomini che rappresentano le istituzioni, sono di tutti”.

“La piazza di stasera non è solo un tributo o un modo di chiudere la campagna elettorale – ha ribadito – non è solo questo, ma è il tentativo di dire che gli italiani e tutti quelli che sono qui non si accontentano di essere ‘la gente’, ma qualcosa di più: donne e uomini che vivono la quotidianità con grinta e impegno, che l’Italia è molto più abile delle paure di chi continua a fare di noi solo un racconto in bianco e nero. Qui non c’è la star che si va ad assistere”.

“Noi andiamo in Europa – ha sottolineato il premier – a rappresentare la bellezza, l’arte e la cultura, la laboriosità, non i vaffa e l’odio. Noi vogliamo bene a questo Paese che non lasceremo nelle mani di chi lo vuole distruggere. Dobbiamo dire qui che il passato non ci basta, che il futuro è casa nostra. Mentre tutti ci dicono che l’Italia è finita, che ci sono i colpi di Stato, ci siamo noi che ci impegniamo per il futuro del nostro Paese”.

E il segretario ha ricordato: “Ho capito che il Partito Democratico era casa mia quando dopo aver perso le primarie, Pier Luigi Bersani non mi ha cacciato dal PD con un post sul blog. La scritta Partito democratico è qualcosa di più di un’espressione e di uno slogan. E vorrei ringraziare Gianni Cuperlo che è qui con noi stasera”.

Europa “Renzi ha sottolineato che “ricorrono delle coincidenze incredibili: si rinnovano i vertici europei, l’Italia guida il semestre Ue, e ci sono 183 milioni di fondi europei e per lo sviluppo da spendere. In Europa le politiche di austerity e del rigore non bastano più. Serve un partito che dica agli italiani che l’Europa è casa nostra, e che ci faremo sentire più di prima, è così che cambiamo le regole del gioco. Noi andiamo in Europa per renderla più umana”.

80 euro, inizio di una giustizia sociale. “Ma vi sembra normale definire gli 80 euro mensili una mancia, un’elemosina? Sono un libro per un insegnante, la possibilità per una donna di uscire una sera, per un babbo di pagare la bolletta”. E, rivolto a Grillo e a Belrusconi: “Quegli 80 euro sono l’inizio di una giustizia sociale che noi porteremo in questo Paese nonostante voi. Abbasseremo anche le tasse, ma non solo”.

Riconoscenza a Napolitano. “Ha detto bene Nardella: “Questa è la piazza della speranza, mentre in un’altra piazza c’è il jukebox dell’odio, una piazza dove si offende e si deride Giorgio Napolitano. Napolitano non merita una campagna di odio. Diciamolo da Firenze. Come si fa a dire ‘odio Giorgio Napolitano non come politico ma come uomo’. Da qui diamo un segnale di solidarietà e riconoscenza prima all’uomo e poi al politico Napolitano”. Lo ha detto Matteo Renzi rispondendo agli insulti della piazza M5S contro il Capo dello Stato.

Il segretario del Pd ha poi aggiunto: “Andando a casa non pensate di essere stati ad uno spettacolo, ad uno show, a sfogare la vostra rabbia, ma siate capaci di caricare sulle vostre spalle la grande bellezza di questo Paese. C’è da chiedere al PD di non avere paura, c’è da chiedere ai nonni e ai genitori di non avere paura se c’è una generazione più giovane a guidare l’Italia. È un po’ come il babbo che dice al figlio: ‘vai, guida te’. Quando toccherà a noi far posto ai nostri figli gli lasceremo una macchina che funziona”.

“L’Italia deve essere un Paese che guida, non che va a rimorchio. Il futuro che costruiremo è un futuro di speranza. Il futuro che ci aspetta è molto più grande delle nostre paure! “.
www.partitodemocratico.it

#unoxuno #iovotoPd

Tra meno di 48 ore si apriranno le urne per rinnovare il parlamento europeo e per eleggere i sindaci e i consigli comunali di molti comuni. Alcune forze politiche, in oltre un mese di campagna elettorale, hanno molto inveito e urlato per trasformare questa competizione elettorale in un test sul governo Renzi. Un governo alla guida del Paese solo da 80 giorni e che ha già conseguito diversi, tangibili risultati: uno su tutti, la più significativa RESTITUZIONE di tasse a 10 milioni di lavoratori (80 euro netti al mese) e a 3 milioni di imprese (2,3 miliardi). E chi dice che è poco, forse non è tra coloro che ne hanno veramente bisogno, come purtroppo milioni di italiani. Ciò detto, ora bisogna rimboccarsi le maniche per dare sostegno agli incapienti e ai pensionati. Un passo allora alla volta. Ma potrei ricordare anche l’accordo per salvare l’Elettrolux, l’avvio di Garanzia Giovani, gli investimenti in cultura e turismo con Artbonus, il decreto varato ieri, oltre ai provvedimenti per ridurre le spese della politica (con il superamento delle Province come enti elettivi), i compensi sproporzionati a manager, i tagli degli sprechi… Pertanto, se fossimo chiamati ad un giudizio sul governo, dovremmo valutare i fatti degli ultimi 80 giorni. Ma il punto non sono le iniziative prese e le riforme avviate (elettorale e costituzionale) dal governo Renzi: il punto è che siamo chiamati a dire quale Europa vogliamo, anche attraverso l’indicazione, per la prima volta, del Presidente della Commissione. E allora, credete davvero che il socialista Schulz equivalga ai popolari Barroso (presidente uscente) e Jean-Claude Juncker o al liberale Guy Verhofstadt? Se vogliamo che l’Europa ritorni ad essere la terra dei diritti, della solidarietà, della conoscenza e della crescita, dobbiamo cambiare verso, dobbiamo sostituire chi ha imposto solo rigore e politiche neoliberiste (come cura sbagliata alla più grave crisi dopo quella del 1921) con Martin Schulz. Abbiamo già provato la ricetta dei conservatori e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. D’altra parte, non si può fare riferimento al candidato del M5S perché non c’è, come non è dato sapere in quale gruppo andranno a sedersi gli europarlamentari pentastellati: insomma, siamo passati dalla retorica dell’apriscatole al fidarsi a scatola chiusa.
Un’altra Europa è non solo possibile, è un dovere di tutti quelli che, consapevoli della paura e del risentimento che pervade l’Europa, voglio costruire una alternativa di speranza e fiducia. Perché credono in un NOI, perché sanno che sto bene io solo se stiamo bene tutti, perché il miglior antidoto alla tecnocrazia è la buona politica.
Per questi motivi, domenica alle europee voterò Partito Democratico, confluito nei mesi scorsi nella famiglia dei socialisti europei. Nel farlo, esprimerò anche 3 preferenze: Cécile Kyenge, perché in Europa ci sia un punto di vista modenese sui temi dell’immigrazione e della giustizia sociale; Damiano Zoffoli perché ci sia più Emilia-Romagna nelle politiche europee; Alessandra Moretti, tenace e combattiva capolista, interprete delle istanze del Nord-Est che così tanto ha contribuito alla crescita del Paese e ai diritti delle donne.
Voterò Partito Democratico anche per le comunali (saremmo stati chiamati a votare anche per le “provinciali”, se non fosse intervenuto la legge Del Rio: ricordarlo, male non fa) e per il candidato sindaco: Alberto Bellelli. Ho stima di lui e della sua competenza. Ma soprattutto ho fiducia nella sua passione e nell’ideale che lo guida: lavorare al servizio di una comunità solidale e fare scelte perché nessuno resti indietro. La vicenda del menù differenziato nelle scuole di Pomezia, decisa da un’amministrazione pentastellata, dimostra che il sindaco non è il notaio che ratifica le scelte espresse da altri (siano genitori o gruppi di interesse), ma è colui che dopo aver ascoltato i suoi cittadini, assume con responsabilità e consapevolezza le decisioni per il bene della comunità. E in quelle decisioni si sostanzia la politica: assumersi la responsabilità di scegliere, cioè governare per migliorare le condizioni di vita dei cittadini. E Alberto questo saprà farlo bene, come ha dimostrato nella sua esperienza di assessore alla cultura prima e di assessore alle politiche sociali dopo, negli anni della crisi economica e sociale e del sisma. Avanti, con coraggio e fiducia, nonostante tutto. Io scommetto sul Partito Democratico, perché oggi significa scommettere su di noi, sull’Italia e l’Europa.

L’ultimo pensiero, di questa riflessione sul voto del 25 maggio, va alla tenace, combattiva e indomita comunità di Q96 (che, come me, aspetta la discussione sul decreto 58). A voi non rivolgo un appello al voto: siete adulti e consapevoli. La vostra scelta l’avete maturata. Ne approfitto, invece, per una “variazione sul tema”: c’è, tra i colleghi deputati, chi si erge a paladina indiscussa della tormentata vicenda, salvo averla ignorata fino a un anno fa. Bene: recuperare è pregevole. Dal mio punto di vista e per il bene vostro, ho sempre pensato che più parlamentari avremmo mobilitato per Q96 meglio sarebbe stato per la causa comune. Che ingenua! Vedo (ma soprattutto leggo) che invece la questione di Q96 è mera merce propagandistica. Non c’è dubbio: questo atteggiamento – a mio dire un po’ spregiudicato – porterà vantaggio alla suddetta, perché oggi, a far leva sulla frustrazione, si vince. Ma si vince davvero?

Lettera di Matteo Renzi agli elettori

Gentile amica, caro amico,
meno di sei mesi fa le primarie del Partito Democratico mi hanno consegnato il compito di guidare la nostra comunità. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, sia nella vita del PD che in quella del Governo. Oggi l’Italia prova a ripartire concretamente con misure di sostegno al ceto medio come gli 80 euro mensili, con la diminuzione del 10% dell’Irap per le aziende, con un decreto occupazione che ha consentito di salvare migliaia di posti di lavoro a cominciare da Electrolux, con un investimento senza precedenti sulle scuole con circa diecimila cantieri che partiranno nella pausa estiva.
Dall’agricoltura al volontariato, dalla cultura alla pubblica amministrazione, dal fisco alla giustizia i progetti del Governo sono pronti, nel rispetto dei tempi previsti. E le riforme istituzionali e costituzionali stanno marciando: legge elettorale approvata alla Camera, testo base del Senato adottato in commissione, riforma delle province conclusa. Non è un caso che il prossimo 25 maggio non voteremo più per le province. Migliaia di politici in meno, grazie all’azione del PD.

L’elenco potrebbe continuare e spaziare dalla vendita delle auto blu fino alle grandi questioni internazionali, dalla nomina di Raffaele Cantone alla autorità contro la corruzione alla scelta di aprire gli archivi su alcune delle pagine più oscure della nostra storia, dall’Italicus alla Stazione di Bologna. Dal tetto alla retribuzione degli alti dirigenti di stato fino al recupero dell’evasione sono molti i risultati che in 80 giorni abbiamo iniziato a ottenere. E tutto ciò che vorrete condividere come idee suggerimenti o critiche è per me prezioso: matteo@governo.it

Ma vi scrivo perché il 25 maggio anche se non si vota per le provinciali, si vota per le europee. Anche per le comunali in alcuni casi. Per le Europee dovunque.

Il passaggio del 25 maggio è dunque fondamentale.

Noi non dobbiamo uscire dall’Euro, ma al contrario entrare in Europa. L’Italia può e deve contare in Europa e non andare lì a farsi prendere in giro. Essere la locomotiva, non lo zimbello. Le politiche di immigrazione, sul lavoro non solo giovanile, sulle infrastrutture e le nuove tecnologie si decidono anche e soprattutto a Bruxelles. Dobbiamo incidere nelle scelte e conta chi governa, non chi urla. Conta chi realizza, non chi protesta.

Ora siamo alla stretta decisiva. I dati delle ultime ore sono straordinariamente incoraggianti. I sondaggi sono ottimi, le piazze piene di speranza, il clima decisamente positivo. Abbiamo la possibilità di rappresentare la prima delegazione dentro il gruppo del centrosinistra europeo. E questo consentirebbe di dare autorevolezza all’Italia per cambiare verso anche alle politiche europee.

Abbiamo bisogno del tuo aiuto, però. Noi non siamo proprietà privata di una persona, come altri. Noi apparteniamo a chi ci vota. E con il tuo voto alle primarie mi hai dato e ci hai dato una responsabilità. Tocca a noi, a tutti noi. Non ci salva uno da solo. Ci salviamo tutti insieme.

Per questo motivo ti chiedo di andare a votare per il PD domenica prossima. Ma ti chiedo anche di fare un gesto politico, un atto civico: convinci anche un’altra persona. Uno di quelli che vorrebbe astenersi, uno di quelli che magari è deluso dalle promesse non mantenute di Beppe Grillo o impaurito dai toni di questi ultimi giorni, uno di quelli che in passato stava con Berlusconi e ora non ci crede più, uno di quelli che era deluso dalla sinistra e ha visto nelle misure del governo segni concreti di giustizia sociale che da tempo non si vedevano. Una sola persona. Ti chiedo il tuo voto. E chiedo di portare con te al seggio un amico, un collega di lavoro, un conoscente, un condomino, un vecchio avversario politico.

Se davvero credi che l’Europa debba cambiare e che possa farlo grazie all’Italia, dacci una mano.

Uno per uno riprendiamoci la bella politica, quella fatta con passione e onestà.

Uno per uno riprendiamoci la speranza, contro gli insulti di chi scommette per il fallimento dell’Italia.

Uno per uno riprendiamoci la fiducia.

In questi ultimi giorni sto firmando molti accordi per investimenti italiani e stranieri nel nostro Paese: sono posti di lavoro che stanno ripartendo. Non buttiamo via questa occasione. Uno per uno, sono sicuro ce la faremo.

Buon lavoro, grazie
Matteo Renzi

"Mafia, Napolitano chiede di combatterla con le armi della Scuola", di Alessandro Giuliani

Il Capo dello Stato per la prima volta a Civitavecchia per salutare i 1.500 studenti della Nave della legalità in partenza per Palermo in occasione dell’anniversario della strage di Capaci: per vincere la mafia bisogna studiare, capire, impegnarsi ed entusiasmarsi. Bisogna combattere tenacemente, contiamo su di voi. Il presidente del Senato Pietro Grasso: stando con voi mi sento più forte e ricco. Il ministro Giannini: è giunta l’ora di investire la scuola di compiti che vanno oltre la classe dandole mezzi, sostegno e fiducia che forse sono mancati negli ultimi anni.

È arrivato il momento di “puntare anche sulle armi della Scuola” per combattere la criminalità organizzata. A dirlo è stato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, salutando per la prima volta a Civitavecchia gli studenti della Nave della legalità in partenza per Palermo. Il Capo dello Stato ha parlato della necessità di contrastare la criminalità organizzata, commuovendosi al ricordo dell’assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

“Prevenire soprattutto la corruzione che è la principale fonte di cedimento verso le mafie”, ha detto Napolitano. Incaricando la scuola di dare mantenere in mano il timone. “Per vincere la mafia bisogna studiare, capire, impegnarsi ed entusiasmarsi. Bisogna combattere tenacemente. Noi – ha detto Napolitano ai ragazzi – contiamo su di voi per un’Italia migliore”.

Il capo dello Stato si è soffermato a lungo sul ruolo dello Stato: come la mafia impara dai proprio errori, “anche lo Stato deve essere capace di rinnovare le sue strutture e la sua azione di lotta. Ce la stiamo mettendo tutta” ha assicurato, citando i “molti colpi alla mafia” e i “molti capi che sono in galera e ci rimarranno”.

“L’obiettivo di veder sparire la mafia non è ancora vicino – ha aggiunto il Capo dello Stato – ma di strada ne abbiamo fatta molta grazie alla magistratura, alle procure antimafia, alle forze di polizia, ai governi che più hanno sentito il problema, contribuendo con efficaci provvedimenti a combattere la mafia”.

Sulla nave – partita dal porto laziale la sera del 22 maggio in direzione Palermo, dove arriverà 12 ore dopo, in occasione del ventiduesimo anniversario della strage di Capaci – ci sono 1.500 studenti. Con loro il presidente del Senato, Pietro Grasso e il ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, promotrice insieme alla ‘Fondazione Giovanni e Francesca Falcone’ dell’iniziativa che si ripete dal 2006 ogni anno.

I giovani che partecipano ai viaggi della legalità, ha detto Grasso, “si sentono parte di un esercito, l’esercito dell’antimafia, della speranza”. “Per me ogni anno questo è un momento importante – ha detto ancora la seconda carica dello Stato – perché stando con voi mi sento più forte, più ricco e ciò mi aiuta a capire, a sognare una speranza per il futuro”.

Il 23 maggio due cortei a Palermo confluiranno verso l’Albero di Falcone: “davanti a quell’albero penso che voi come me – ha detto Grasso rivolgendosi ai ragazzi – sentirete un brivido, ma anche una brezza che muove le foglie di quell’albero, quasi a darci un segnale della presenza dei caduti. Facciamo che questa brezza diventi un vento forte che scacci i dubbi e le perplessità e faccia riemergere il coraggio e l’indignazione per poter andare avanti”.

Il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, salutando gli studenti alla partenza, ha acceso invece i riflettori sullo stretto rapporto esistente tra disoccupazione e tasso di criminalità: “le mafie purtroppo distribuiscono ricchezza parassitaria sfruttando le mancate risposte delle istituzioni alla domanda di lavoro legale” ha detto. E ha aggiunto che “non bastano i valori della cultura, é inutile parlare ai giovani se lo Stato non dimostra chi è davvero contro le mafie”.

Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha ripreso il concetto espresso dal Capo dello Stato. “E’ questo il momento – ha detto la titolare del Miur – di investire formalmente la scuola di compiti che vanno oltre la classe dandole mezzi, sostegno e fiducia che forse sono mancati negli ultimi anni. Sappiamo che lei – ha concluso il ministro rivolgendosi a Napolitano – è dalla nostra parte”.

La Tecnica della Scuola 23.05.14

"Tutte le sfide che ci attendono da lunedì", di Paolo De Castro

Gli elettori non cadano nella trappola di euroscettici come leghisti e grillini. Combattere la retorica dell’Europa dei tecnocrati e dimostrare che a Bruxelles pagano doti come impegno, capacità negoziale, studio approfondito delle tematiche in discussione. Questo è l’impegno che dobbiamo assumere dal giorno dopo le elezioni europee. Rappresentando ai cittadini cosa è davvero l’Europa, quali sfide possiamo affrontare per migliorarla, quanto è indispensabile per il futuro nostro e dei nostri figli. Dobbiamo recuperare un deficit di comunicazione e di impegno che ha pregiudicato in larga parte il rapporto tra cittadini e politiche europee.
L’irresponsabile uso dell’Europa come capro espiatorio di ogni male, di cui una politica demagogica e irresponsabile ha abusato, ha portato l’Europa ad essere un concetto addirittura inviso ad una buona parte di elettori.

La mia esperienza al parlamento europeo mi ha insegnato che il lavoro paga e che la tecnocrazia europea è una balla che fa comodo raccontare all’occorrenza. Mi ha insegnato anche un modo diverso di fare politica: pochi riflettori e molta concretezza. Non c’è l’eco mediatico a cui siamo abituati guardando ai temi della politica nazionale, i tempi sono serrati e il lavoro negoziale necessario e mettere insieme le visioni di paesi profondamente diversi tra loro richiede costanza e studio. In un processo democratico nel quale il parlamento europeo può anche “ribaltare” le proposte della Commissione.

Significa che i deputati che eleggiamo hanno un potere enorme e non sono semplici spettatori. Significa – come spesso diciamo – che l’Europa siamo noi, anzi noi e tutti gli altri cittadini dei 28 paesi membri e il parlamento europeo ci rappresenta tutti.

Una politica responsabile ha il dovere di raccontare innanzitutto questo ai cittadini. Come Pd abbiamo assunto questa missione come prioritaria. Un po’ scomoda, ma chiara e soprattutto responsabile. Senza peraltro fare finta che tutto vada bene, ma sottolineando quelle criticità che pure esistono e che oggi pesano come macigni. Attorno alla candidatura di Martin Schulz abbiamo deciso di scrivere un nuovo corso per il futuro dell’Europa più solidale, meno ragionieristico, più ancorato ai valori e ai principi ispiratori di quello che è un grande e ambizioso processo d’integrazione.

Noi abbiamo deciso di coltivare questa ambizione ripartendo dall’Europa come impegno prioritario. Su questa idea di futuro gli elettori decideranno domenica e sarebbe un peccato sprecare questa occasione cadendo nella trappola dell’euroscetticismo, di cui si stanno alimentando, non avendo altri argomenti, leghisti, grillini e altri. Una trappola il cui unico vero effetto sarebbe quello di mortificare le aspettative e le prerogative del nostro paese in Europa.

Art bonus, Ghizzoni “Governo apre i cantieri della cultura”

Deputata modenese Pd plaude al decreto approvato oggi dal Consiglio dei ministri. «Art bonus è il secondo decreto in dieci mesi che dispone interventi a favore della cultura: finalmente le cose cambiano. In questi giorni c’è chi vuole oscurare qualsiasi azione positiva del Governo puntando ad alimentare rabbia e disagio sociale, noi pensiamo a lavorare per il paese”. Così Manuela Ghizzoni, vice presidente della commissione Cultura della Camera palude al decreto approvato oggi dal Consiglio dei ministri. Ecco la sua dichiarazione:

“Il decreto approvato oggi dal Consiglio dei ministri dispone misure puntuali per il rilancio del paese attraverso investimenti nel settore culturale e nel turismo. Gli interventi messi in campo garantiranno concretamente sviluppo e lavoro attraverso il credito fiscale, come ad esempio nel settore cinematografico, e impiegheranno i talenti delle migliaia di operatori dei Beni culturali fortemente specializzati ma abbandonati da troppi governi negli anni passati e che a breve vedranno riconosciuta la loro professionalità. Finalmente la cultura è percepita come la ricchezza dell’Italia. “Art bonus” è il secondo decreto in dieci mesi che dispone interventi a favore della cultura: finalmente le cose cambiano. In questi giorni c’è chi vuole oscurare qualsiasi azione positiva del governo puntando ad alimentare rabbia e disagio sociale, noi pensiamo a lavorare per il paese”.