Latest Posts

Violenze in famiglia: la polizia potrà intervenire d’ufficio", di Francesco Grighetti

Nuove norme a difesa delle donne da compagni violenti: il governo nel decreto annunciato per il sovraffollamento carcerario, che doveva approdare oggi al consiglio del ministri, ma che all’ultimo momento si è deciso di far slittare a martedì prossimo, ha inserito un lungo capitolo dedicato alla violenza domestica. Con una logica un po’ all’americana, senza andare a toccare più di tanto il codice penale, è la polizia che è chiamata a intervenire con strumenti inediti. In caso di lesioni personali, che attualmente sono punibili solo su querela della persona offesa, e come si sa non sono poi così tante le moglie che denunciano i mariti maneschi, si prevede che i questori possano intervenire in autonomia con un «ammonimento» al violento. Anche in assenza di querela.

Sarà sufficiente che la polizia venga informata da qualcuno, che peraltro è garantito dall’anonimato, per chiamare d’ufficio il coniuge violento e intimargli di finirla con «tutti gli atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare». Nè si dimenticano gli ex. Nell’ammonimento potranno cadere «attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima». Perché poi l’interessato capisca che non si scherza, il questore può chiedere al prefetto anche una misura accessoria: la sospensione della patente di guida da 1 a 3 mesi.

Una ricaduta sul codice penale, però, questo «ammonimento» ce l’avrà. E notevole. In caso di reiterazione delle violenze domestiche, e il coniuge violento fosse stato ammonito a finirla, il giudizio può partire d’ufficio e senza dover aspettare la denuncia della vittima. Se poi si arrivasse a una condanna, per il condannato che a suo tempo non avesse rispettato l’ammonimento del questore, la pena è aumentata. Quando poi le violenze domestiche avvenissero nell’ambito di una famiglia di immigrati, la vittima potrà avere un permesso di soggiorno di carattere umanitario.

Altra novità: aumentano le pene qualora violenza sessuale o atti persecutori siano effettuati nei confronti di donne in stato di disabilità psico-fisico anche temporanea oppure siano in stato di gravidanza. Ma si rivedono anche le norme sugli stalker. La tragica esperienza di questi mesi ha dimostrato che l’attenzione va spostata anche sui separati di fatto e non solo quelli separati legalmente. E rientra nello stalking anche la persecuzione commessa «attraverso strumenti informatici e telematici». Si rafforzano infine le sanzioni per chi viola «il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa» (ordinanze del giudice).

Nel provvedimento non mancano poi norme specifiche contro il furto di rame. Ci sono nuove aggravanti se il furto è commesso ai danni di società di servizio pubblico quali Ferrovie o Telecom. Nasce un nuovo reato specifico: la frode con falsa identità, articolo 494 bis. Prevede la reclusione da 1 a 5 anni e la multa fino a 10.000 euro per chi assume abusivamente un’identità altrui o fittizia «funzionale alla formazione di un rapporto contrattuale di qualsiasi genere, anche attraverso l’invio massivo di corrispondenza informatica ingannevole». Per chi si impadronisce dei dati identificativi altrui e li usa per fare acquisti, abbonamenti, accendere mutui, pagare beni e servizi, c’è la reclusione da 4 a 12 anni.

Da ultimo, una storica aspirazione del ministero dell’Interno: disfarsi dell’immenso parco di automobili sequestrate. Se al termine di due anni il proprietario non dà segni di volere recuperare l’automezzo, o l’auto viene venduta oppure sarà rottamata.

La Stampa 15.06.13

"Quale futuro per l’eurosinistra", di Marc Lazar

Oggi a Parigi ha luogo il Forum dei progressisti europei, che riunisce i rappresentanti di vari partiti, tra cui il Partito Socialista francese, l’Spd tedesco, il Partito Democratico, il Partito Socialista portoghese, il Pasok greco, il Partito Socialista Operaio spagnolo. La sinistra europea tenta così di disporsi in ordine di combattimento in vista delle elezioni del giugno 2014. Nel suo seno continuano a sussistere motivi di disaccordo. C’è chi da tempo si pronuncia nettamente in favore di un’Europa federale, mentre altri si mostrano più riservati. Come i socialisti francesi, sempre divisi su questo tema.
Nonostante alcune dichiarazioni del presidente Hollande, che con la sua abituale prudenza cerca di convertire a questa prospettiva i suoi compagni di partito. Alcuni continuano a richiamarsi alla socialdemocrazia; se i francesi si proclamano tuttora socialisti, altri preferiscono il termine di progressisti. Tutti però condividono gli obiettivi generali, che saranno riaffermati nel corso di quest’incontro: favorire la crescita e l’occupazione in Europa, in via prioritaria per i giovani, e rifondare un’Unione europea più democratica, ecologica e sociale.
Queste proposte costituiscono peraltro i capisaldi delle politiche della sinistra quando è al potere, come ad esempio in Francia e in Italia – seppure in situazioni del tutto diverse. In Francia i socialisti, alleati agli ecologisti, governano con un presidente della Repubblica che dispone di considerevoli poteri, di una maggioranza parlamentare, del controllo di quasi tutte le regioni e di moltissimi comuni; mentre in Italia i Democratici operano nel quadro di un governo di larghe intese, instabile e incerto, minacciato ogni giorno di paralisi. In entrambi i casi le difficoltà sono comunque notevoli, sia per le limitazioni dei margini di manovra imposte dai vincoli di bilancio, sia perché a livello europeo una politica comune di rilancio della crescita stenta a decollare, nonostante alcuni piccoli progressi registrati in quest’ultimo anno, che attendono conferma al Consiglio europeo del 27 giugno. Per di più, la sinistra è chiamata ad affrontare una serie di sfide di grande rilievo: tre in particolare, che si impongono in maniera sempre più netta, e rappresentano altrettanti dilemmi da risolvere.
Innanzitutto, come agire in un contesto caratterizzato da contrasti e forze centrifughe? Da un lato le società europee sono tentate a chiudersi, a ripiegarsi su se stesse: egoismo sfrenato, xenofobia, paura della globalizzazione, contrasti identitari. La crisi economica e la disoccupazione crescente accentuano queste tendenze, provocando una forma di radicalizzazione verso destra, percepibile in particolare – e qui sta il grosso problema per la sinistra – nei ceti popolari, che però al tempo stesso vorrebbero il mantenimento delle politiche sociali e di welfare, escludendone gli immigrati. Ma d’altra parte si manifestano anche tendenze di segno opposto: apertura al mondo, aspirazione al cosmopolitismo, propensione al
métissage, volontà di liberalizzazione dei costumi, tolleranza, desiderio di riattivare la solidarietà sociale e la fratellanza umana. La necessità di tener conto di queste aspirazioni contraddittorie, presenti nelle due principali componenti della sua base elettorale — da un lato le fasce popolari, dall’altro i ceti medi urbani e istruiti, in buona parte giovani – rappresenta per la sinistra una scommessa rischiosa ma ineludibile.
Un’altra sfida è quella di rispondere alla “crisi della politica”. Come è noto, la sinistra è in difficoltà: criticata incessantemente dalla sua ala più radicale, delude chi la sostiene, soffre di un deficit di idee, di strategie e di leadership, e non è sempre impermeabile alla corruzione. Di fatto, però, la situazione della destra non è migliore, come dimostra il disastro del Pdl alle ultime elezioni locali, o le forti turbolenze in seno all’Unione del Movimento popolare in Francia, dilaniato dopo il ritiro – provvisorio? definitivo? solo il futuro lo dirà – di Nicolas Sarkozy. I populisti hanno il vento in poppa, ma l’attuale disintegrazione del Movimento 5 Stelle mette a nudo la fragilità politica e strutturale di questi gruppi. Una fragilità che ritroviamo, sia pure in forme diverse, al di là delle Alpi, nel Fronte nazionale, dove Marine Le Pen guadagna in popolarità ma non riesce a dissimulare lo scarso radicamento del suo partito sul territorio, né la mancanza di professionalità dei suoi amici. Perché la politica è anche un mestiere, che dev’essere rinnovato e reinventato in un’epoca in cui i partiti, pur senza scomparire, sono chiamati a evolvere considerevolmente. Un altro cantiere per la sinistra, e di grande rilievo, poiché è in gioco la stessa democrazia che talora, come in Italia, passa per una serie di riforme istituzionali di vasta portata.
Infine, la sinistra riformista è chiamata a riformulare il suo progetto. Nel XIX e nel XX secolo – a differenza delle forze rivoluzionarie che ripetono a iosa le stesse ricette – ha saputo adattarsi alle mutazioni del capitalismo, della politica e delle società. E oggi tenta di ripensare le modalità del compromesso tra le forze del lavoro, trasformate e assai più complesse, e quelle del capitale, in un’economia aperta e globalizzata, con un capitalismo finanziario potente e spietato, ma al tempo stesso foriero di continue innovazioni. Il compito della sinistra consiste nel conciliare tra loro gli incentivi all’efficienza economica delle imprese, le misure in favore dell’attrattività dei Paesi europei e le esigenze della solidarietà sociale. Deve dunque affrontare una rivoluzione culturale che richiede coraggio e audacia.
Traduzione di Elisabetta Horvat

La Repubblica 15.06.13

Carpi (mo) – Solenne Celebrazione di Beatificazione di Odoardo Focherini

Ore 7.00/9.00
Apertura dei varchi e accesso ai settori indicati dal pass
(Area a nord della piazza zona “Torre dell’Uccelliera”, delimitata e riservata ai portatori di Handicap e ai loro accompagnatori)
Scarica la mappa con gli ingressi e settori

Ore 9.00
Preparazione alla Celebrazione

Ore 9.30
Inizio dell’Azione liturgica
Presieduta da S.E.R. il Sig. Cardinale Angelo Amato SDB
(Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi)

Saranno presenti
Una ventina Vescovi
Provenienti anche da fuori regione
Un centinaio di sacerdoti
Dalle Diocesi di Carpi e Trento e dell’Azione Cattolica
Funzionario della Presidenza del Capo dello Stato, per consegna targa alla famiglia
Parteciperanno i sindaci dei comuni che fanno parte della Diocesi di Carpi, di Rumo (Tn) e di Pejo (Tn), nonché i presidenti della provincia di Modena e della provincia autonoma di Trento
Familiari Focherini

I quattro concelebranti principali saranno monsignor Francesco Cavina, Vescovo di Carpi, l’Arcivescovo di Trento monsignor Luigi Bressan, monsignor Domenico Sigalini, Assistente nazionale dell’Azione cattolica e monsignor Antonio Lanfranchi, Arcivescovo metropolita della provincia ecclesiastica

Saranno presenti anche monsignor Bassano Staffieri e monsignor Elio Tinti, che come Vescovi di Carpi hanno rispettivamente iniziato e seguito il processo di beatificazione

La presidenza nazionale Ac interverrà con una delegazione guidata dal presidente nazionale Franco Miano
Avvenire sarà presente con il direttore responsabile Marco Tarquinio e il direttore generale Paolo Nusiner

"Poche risorse vanno messe sulla crescita", di Stefano Lepri

Sempre più difficile! L’esercizio di equilibrio di un governo che i vari pezzi della sua maggioranza sballottano in direzioni diverse nella giornata di ieri è diventato più affannoso. Il vicepresidente del Consiglio enumerava una serie di obiettivi di politica economica. Nel contempo il ministro dell’Economia dichiarava di non poterli raggiungere tutti insieme salvo tagli alle spese severissimi «al momento non rinvenibili».

All’esterno, alcuni limiti sono meglio definiti. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble boccia l’idea di esentare gli investimenti dal calcolo del deficit; da settimane i nostri politici ci si trastullavano facendo finta di non capire che l’allentamento di regole in discussione a Bruxelles riguardava materie assai più circoscritte.

Inoltre, gli umori dei mercati internazionali sono cambiati: «per motivi del tutto estranei alla politica italiana», secondo le parole di Fabrizio Saccomanni, ma sono cambiati. Ora si attende un rialzo dei tassi. Non si può più sperare in minori spese sugli interessi dei titoli di Stato.

Dall’Europa qualcosa lo avevamo già ottenuto. Il comune giudizio che la dose di austerità fin qui adottata sia sufficiente ha aperto nuovi margini sul bilancio 2014. Ciò nonostante, all’interno il gioco al rialzo continua. Si è data l’impressione che la fine della procedura contro l’Italia per deficit eccessivo (che poi ufficialmente chiusa ancora non è) potesse autorizzarci a peccare di nuovo, da subito. A questo si riferisce il richiamo arrivatoci nel bollettino della Bce.

Tutto insieme non si può fare: detassare le assunzioni dei giovani, evitare l’aumento Iva già previsto per legge il 1° luglio, togliere l’Imu sulla prima casa, ridurre il «cuneo fiscale» alle imprese, e chissà che altro. Occorre fare delle scelte; possibilmente evitando di dare retta a chi strilla di più e ragionando a mente fredda su che cosa è più utile.

Difficile riuscirci, se una componente della maggioranza continua a insistere che due più due fa tre e un’altra che quattro meno tre fa due. Un contributo a rimettere i piedi per terra l’ha dato ieri la Banca d’Italia: non è affatto vero che la proprietà della casa sia tartassata da noi, dato nella media con l’Imu paghiamo poco più della metà di quanto il fisco pretende in Francia e in Gran Bretagna.

Se una revisione dell’Imu va fatta, è solo per correggerne alcuni difetti. Nel frattempo, è logico che il governo rinunci a bloccare l’aumento dal 21 al 22% dell’aliquota principale dell’Iva. Proprio in una fase di consumi fiacchi come questa, l’effetto sui prezzi dovrebbe risultare contenuto. Non è nemmeno esatto che ne sarebbero danneggiati i più poveri, perché sui beni di prima necessità le aliquote agevolate resteranno ferme.

La priorità va riconosciuta nel lavoro. Il presidente del Consiglio la enuncia spesso, ma ora occorre passare ai fatti. Su come perseguirla girano idee diverse, gli industriali ne hanno alcune, i sindacati altre, altre categorie altre ancora; i partiti si cimentino su questo, su come trovare un filo comune tra le richieste degli uni e degli altri, invece di ripetere gli slogan che vengono meglio in tv.

Un sondaggista noto rifletteva giorni fa che dai cittadini la politica viene sentita lontanissima proprio ora che i partiti ordinano di continuo sondaggi di opinione, arricchendo la sua ed altre aziende che li svolgono. Beppe Grillo lo fa con la Rete, ma il risultato è ugualmente inconcludente, come sempre di più si vede. Se è giustificato che esistano politici di professione, è perché occorre l’arte di capire che cosa unisce un Paese frammentato, guardando in avanti. La si mostri.

La Stampa 14.06.13

"Occupazione una cura choc", di Andrea Cozzolino

Quasi scontato ricordare quale sarà il primo punto all’ordine del giorno, al vertice di oggi a Roma, tra i Ministri del lavoro e dell’Economia di Spagna, Francia, Germania e dell’Italia: come combattere efficacemente e subito la disoccupazione giovanile, che ha assunto numeri e aspetti drammatici, al limite della tenuta sociale, soprattutto in alcune aree a ritardo di sviluppo, come il Mezzogiorno. Se ne parla da mesi, in Italia, così come in Europa. Ce lo ricordano e lo documentano ormai quotidianamente tutti i rapporti di tutti gli studi degli istituti di ricerca economica. Alle tante e giuste parole, alle numerose e corrette analisi formulate fino ad ora, è arrivato il momento di far seguire finalmente atti e misure concrete. Non si può più aspettare. È una responsabilità questa che spetta in primo luogo alle forze parlamentari di maggioranza e soprattutto al Governo, che pure, anche in queste ore, ha lanciato segnali positivi, nella direzione giusta, a partire dall’utilizzo dei fondi europei. Sono, tuttavia, quelli che vengono da Palazzo Chigi, segnali ancora troppo timidi rispetto alla enormità del problema che abbiamo di fronte e all’urgenza di affrontarlo.
Occorre mettere in campo, e subito, misure choc. L’obiettivo prioritario, non più rinviabile, dev’essere quel- lo di dare un’opportunità concreta di lavoro, entro il 2015, ad almeno 250mila giovani tra i 18 e i 32 anni residenti in quelle aree del Paese (regioni o sub-regioni) dove il tasso medio di disoccupazione supera il 25 per cento. Ognuno di questi giovani deve poter portare all’impresa, oltre alle proprie capacità e al proprio bagaglio di formazione, anche una dotazione di 600 euro messagli a disposizione dallo Stato. Per fare presto e fare bene, bisogna utilizzare e potenziare, attraverso una corposa dotazione finanziaria di risorse disponibili e fuori vincoli del Patto di Stabilità, quegli strumenti già operativi al fine di evitare lungaggini burocratiche ed estenuanti trattative. Non occorre, insomma, inventare nulla di nuovo, ma semplicemente rendere più conveniente quello che già c’è. Dobbiamo far diventare il contratto a tempo determinato, nelle forme in cui già esiste, un contratto «Incentivato» triennale che dia diritti veri ai giovani e favorisca la crescita facendo aumentare la domanda interna. La dotazione finanziaria, pari a circa 4 miliardi di euro (2,5 miliardi di fondi europei, 1,5 miliardi dai cofinanziamenti nazionali), verrebbe dalla enorme massa di risorse europee non utilizzate dalle Regioni del Sud, in particolare, come ha ricordato l’altro ieri anche il ministro Trigilia, dalla Campania, dalla Calabria e dalla Sicilia. Queste risorse sarebbero subito disponibili grazie alla terza riprogrammazione del Piano Azione Coesione che le ha svincolate dai piani regionali. Per mettere tutto a sistema occorrerebbe l’approvazione – anche questa possibile in tempi rapidi – di una legge delega così da dare al governo la massima operatività per approvare attraverso successivi decreti attuativi la serie di interventi che darebbero vita al contratto «Incentivato». Si potrebbero così attuare misure per tagliare all’impresa il costo del lavoro su ogni nuovo assunto di 300 euro al mese attraverso il taglio del cuneo fiscale e il credito d’imposta e per assegnare direttamente ad ogni nuovo assunto una misura (tipo borsa lavoro) di sostegno per ulteriori 300 euro. Si eviterebbe così, attraverso lo spacchettamento degli interventi, di incappare nei vincoli degli aiuti di stato. Va, poi, istituito d’intesa con la Cassa Depositi e Prestiti, rimodulando la massa enorme risorse bloccate, un fondo di garanzia per le imprese necessario a fare investimenti di lunga durata per l’innovazione (cam- bio macchinari, internazionalizzazione ecc.) e il consolidamento delle passività a breve in modo da garantire ai soggetti imprenditoriali liquidità e competitività sui mercati. Solo aumentando la domanda si creano opportunità vere di lavoro. Infine, con i primi risparmi ottenuti dalla riforma previdenziale, si bandisca una selezione pubblica con l’alta sorveglianza della Commissione Europea, sottratta a qualsiasi tipo di clientelismo e di intermediazione locale, politica e sindacale, che consenta a 2000 giovani con profili di altissimo livello e con la conoscenza di almeno tre lingue, di fare prima un tirocinio di 6-12 mesi nelle migliori pubbliche amministrazioni europee e poi di rientrare a lavorare in Italia per cambiare il volto della Pubblica Amministrazione, nelle Regioni, negli enti locali e in tutto il settore pubblico. È questa l’unica e vera spending review che serve all’Italia, da Nord a Sud. Una pubblica amministrazione rinnovata, più giovane, più al passo con le sfide che richiede l’Europa è un incentivo fondamentale alla crescita e all’economia.
Il percorso disegnato può partire in poche settimane.
Potrebbe andare a regime già entro la fine dell’estate. Occorre solo la volontà politica di farlo. Per questo non c’è un attimo da perdere. Il Pd faccia sue queste proposte, o se ne ha di alternative e valide le metta sul tavolo per fare battaglia politica a partire dal Mezzogiorno. Si mettano da parte, nel dibattito quotidiano, stucchevoli discussioni su tatticismi congressuali o su percorsi legati a progetti di riforme costituzionali, che, per quanto importanti, in que- sto momento sono lontanissimi dal grido di dolore che viene dai giovani e dai disoccupati del nostro Paese.

L’Unità 14.06.13

"Sta franando il concorso a cattedre", di R.P., da La Tecnica della Scuola

In Piemonte le prove orali rimandate a settembre per difficoltà nel reperimento di esperti di lingua straniera e di informatica. Non è da escludere un effetto domino in altre regioni, prima di tutto la Toscana. Il testo del comunicato diramato in queste ore dall’Ufficio scolastico regionale del Piemonte è quasi incredibile.
Lo riportiamo integralmente: “A seguito della difficolta’ riscontrata da questo ufficio scolastico regionale nel reperire i componenti da aggregare alle commiossini giudicatrici che, nelle prove orali, devono procedere all’accertamento delle conoscenze informatiche e delle lingue straniere, le prove orali per le procedure concorsuali per la scuola primaria e per la scuola dell’infanzia sono rinviate successivamente al periodo estivo”.
Il significato è dirompente ma assolutamente inequivocabile: le prove orali sono sospese e riprenderanno a settembre.
I docenti vincitori di concorso, quindi, non potranno prendere servizio il 1° settembre come dal Ministero si sono invece sempre affrettati ad assicurare.
L’Usr del Piemonte parla di difficoltà nel reperire componenti aggiunti ma è probabile che i problemi riguardino anche la regolare composizione delle commissioni.
A questo punto l’effetto domino potrebbe essere inevitabile: anche in altre regioni potrebbe diventare difficile “convincere” docenti ed esperti a far parte quasi gratuitamente delle commissioni di concorso.Con quali effetti è facile comprendere.
Il pressapochismo con cui è stata gestita la questione dei compensi dei commissari di concorso sta dando i suoi risultati.

La Tecnica della Scuola 14.06.13