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Appello al voto di Pier Luigi Bersani

Cara elettrice, Caro elettore,
un ultimo sforzo ci separa dall’obiettivo di aprire una pagina nuova per l’Italia.
Durante le primarie e poi in questa lunga campagna elettorale in giro per l’Italia ho verificato personalmente quanta sofferenza abbia prodotto la crisi più grave che abbiamo vissuto dal dopoguerra, quanta sfiducia e quanta rabbia ci siano nel Paese. Ma ho potuto vedere anche quanto grande sia il desiderio di pulizia, di onestà, di riscossa e quante energie e straordinarie capacità si possono risvegliare.
Tocca a tutti noi lo sforzo e la responsabilità di rimettere in moto queste risorse. Tocca alle forze politiche del centrosinistra, agli iscritti, ai militanti, agli elettori delle primarie ma anche ai cittadini che in questi anni non si sono mai arresi al berlusconismo, al populismo, all’epopea dell’immoralità, al maschilismo deteriore. Ciascuno può essere determinante con la propria iniziativa.
Il Partito Democratico, pur con i limiti di una formazione politica nuova, nata dalla confluenza di diverse correnti culturali, ha lottato giorno dopo giorno negli anni del predominio berlusconiano, ha risalito la corrente, costruito con tenacia e pazienza la credibilità di un’alternativa di governo. Con il sostegno degli italiani, il Pd ha contribuito a far cadere Berlusconi e nel nome e per il bene dell’Italia ha accettato un governo di transizione che poi lealmente ha sostenuto, pur non condividendone diversi interventi. Se toccherà a noi, nonostante le difficoltà di una lunga e grave crisi, ridaremo fiducia e orgoglio al Paese. Rilanceremo l’occupazione. Metteremo al centro il lavoro e la moralità.
Domenica e lunedì saranno dunque in gioco la governabilità, il cambiamento, il futuro dell’Italia e, allo stesso tempo, tutti gli sforzi compiuti in questi anni dai cittadini che hanno rivendicato la propria dignità, l’impegno profuso dai militanti, dagli elettori, dai gruppi parlamentari di centrosinistra.
La sconfitta del berlusconismo e l’avvio di una fase stabile di ricostruzione civile, morale, economica del paese è a portata di mano. Dipende dalla vittoria del centrosinistra, alla Camera e al Senato.
Ma c’è bisogno di un’ultima spinta. La legge elettorale che Berlusconi e la Lega hanno voluto tenacemente mantenere mette in gioco la governabilità con un premio su base nazionale alla Camera e prevede invece al Senato premi di maggioranza Regione per Regione. Per questa ragione vi chiedo un impegno straordinario. Nei prossimi giorni, in particolare giovedì e venerdì, scendete in strada, parlate con i vicini, convincete persona per persona, conquistate voto per voto, bussate a ogni casa. In alcune città i giovani si sono organizzati per distribuire materiali di informazione alle fermate dei mezzi pubblici, sono saliti sugli autobus, sulle metropolitane, sui treni. Prendete dunque l’iniziativa nei luoghi di lavoro e di ritrovo. Parlate con gli indecisi. Inventate nuove forme di mobilitazione. Con passione, con fantasia e libertà ciascuno partecipi alla volata finale e produca così la sua parte della vittoria politica che cambierà l’Italia.

Pier Luigi Bersani

www.bersani2013.it
www.elezionipd2013.it

"Grillo, il movimento e le donne", di Giovanni Belfiori

Ieri sera una mia amica mi ha inviato questo sms: “ dammi un buon motivo per non votare grillo ”. Ho deciso che risponderle con un sms non sarebbe stato sufficiente. L’ho chiamata.
Più che altro, le dico, dovresti chiedermi quali buoni motivi ci sono per votare Grillo e ti risponderei che non ce ne sono. Intendo veri buoni motivi. Hai letto il programma del M5S?
No, non l’ho letto, ha risposto lei.
Male, le ribatto, perché avresti scoperto che non è neanche all’altezza del programma di partito che si candida a governare una circoscrizione.
Risposta: ma tanto nessun partito rispetta i programmi, questo si sa.
Quindi voterai Grillo a scatola chiusa, le dico, senza sapere esattamente quali sono le linee politiche del movimento. E poi, mi spieghi come faranno Grillo e Casaleggio a trovare una sintesi con un elettorato che va dall’estrema destra all’estrema sinistra?
Tu sei vecchio! Destra e sinistra non esistono più!
E fascismo e comunismo? Razzismo e tolleranza? Dittatura e democrazia? Oppressione e libertà? Queste cosucce esistono o no?
Vedi? Tu la metti in politichese, Grillo vuole invece spazzar via tutto il vecchiume della politica.
La conversazione è stata lunga, alla fine il tarlo del dubbio è entrato nella sua testa: forse Grillo non è proprio quel che dice di essere. Motivo della riflessione? Il Movimento 5 Stelle, Grillo e le donne.

Le liste del M5S sono piene di donne e dalle ‘parlamentarie’ grilline è venuto fuori un bel 55% di candidate . Eppure mai come in questo movimento si registrano posizioni, dichiarazioni e comportamenti contro le donne .

Se nel PD si dimissionasse un’amministratrice perché incinta , e quindi con comprensibile meno tempo da dedicare alla cosa pubblica, verrebbe giù il cielo, giustamente.
Il Movimento 5 Stelle, invece, manda a casa l’assessore di Mira, Roberta Agnoletto, avvocato, donna e incinta e tutto sembra normale, accettabile. Nessuno si indigna e i militanti del M5S ancora una volta giustificano, scrivendo, senza pudore, che “ la sostituzione dovrebbe essere interpretata non come una bocciatura ma come un dovere nei confronti del M5S, se ritenuta inadeguata, e dall’altra un sollievo per la propria salute e la gravidanza ”.

E un altro, tale Rossano: “ In un epoca in cui anche il Papa si dimette perché non è più in grado di operare al meglio per la sua comunità non vedo per quale motivo un assessore che ha voluto avere un figlio, non possa avere la chiara consapevolezza di avere delle priorità diverse da quelle politiche ”.
Capito? Sei incinta? Raus, a casa! A far figli e calzetta. La politica non è per te. E Grillo? Tace. Rumorosamente tace.

Quando un’altra donna, Federica Salsi, accetta l’invito di Floris e partecipa a Ballarò senza il permesso del Capo, il Capo stesso non solo la scomunica e la caccia dal movimento, ma lo fa adoperando una metafora sessuale in perfetta linea col peggior machismo da bar : “ Il punto G – scrive Grillo sul suo blog– quello che ti dà l’orgasmo nei salotti dei talk show “.

Per gli adoratori del dio Grillo la via è finalmente aperta, si può dare libero sfogo ai peggiori istinti: la Salsi? ‘puttana’, ‘donnaccia’, ‘donnetta’, una che non ha le palle e neanche il punto G (scritto da una certa Paola). Anche l’ironia, becera, rimane sul sessuale: ‘ io gli farei fare una bella intervista su playboy ‘, scrive un altro.

Nelle Marche la capolista al Senato del M5S , in un’iniziativa organizzata a Osimo da “Se non ora quando”, a proposito della legge 194 si esprime così : “ La legge 194 può considerarsi una sconfitta e non una vittoria per tutte le donne ”.
Reazioni dai vertici grilleschi? Nessuna. Cosa dobbiamo attenderci, dunque, se il M5S avesse la (s)ventura di determinare le sorti del Paese? La cancellazione di diritti acquisiti dopo decenni di battaglia per la parità uomo-donna e per la liberazione da stereotipi e condizioni oppressive?

La perla, la vera perla è arrivata alcuni mesi fa, lo scorso 25 giugno. Una perla nascosta, perché tutto ciò che è imbarazzante per Grillo e per il M5S viene messo in second’ordine rispetto ai proclami del guru della piazza.
In una intervista al quotidiano israeliano Yedioth Ahronot, Grillo a una domanda sui diritti delle donne in Iran , rivela il suo pensiero sulla condizione femminile: “ Mia moglie è iraniana. Ho scoperto che la donna, in Iran, è al centro della famiglia. Le nostre paure nascono da cose che non conosciamo “. Non ho trovato traccia di smentita o di rettifica a questa affermazione. Chissà, forse Grillo pensa davvero che la condizione della donna in Iran rappresenti un modello positivo e magari da esportare anche qui da noi?

Le dieci azioni del PD per l'economia reale

Liquidità, Investimenti, Economia verde, Banda larga e Ict, Industria 2020, Credito di imposta per la ricerca, Internazionalizzazione, Strumenti finanziari per l’innovazione e gli investimenti, Scuola tecnica e occupazione giovanile, Riqualificazione dei siti produttivi.

Le proposte del PD in dieci azioni per rilanciare l’economia reale:
1. Liquidità per dare respiro alle imprese con un piano di 50 miliardi in 5 anni per il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione verso le imprese. La misura sarà finanziata con l’emissione di titoli ad hoc sul modello dei Btp Italia.
2. Investimenti con un grande piano di piccole opere: 7,5 miliardi di euro in tre anni per mettere in sicurezza scuole e ospedali. Con meno spese per i cacciabombardieri, Fondi strutturali europei e sgravi fiscali per i privati che investono.
3. Economia verde con lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili e con la riqualificazione degli immobili, per rivitalizzare l’edilizia senza consumare territorio.
4. Banda larga e diffusione delle tecnologie digitali. Una grande opera infrastrutturale per sviluppare un sistema di servizi che dia lavoro ai giovani.
5. Industria 2020, riprendendo il filo di Industria 2015, il piano Bersani dei grandi programmi prioritari, che dava frutti ma che Berlusconi ha smantellato. Servirà a portare sviluppo tecnologico, internazionalizzazione e ricerca nei settori del saper fare italiano: il Made in Italy, la manifattura, tecnologie della salute, green economy, la nuova agricoltura, l’innovazione nel settore turistico, della cultura e i nuovi settori creativi.
6. Credito di imposta sui costi di ricerca, sviluppo e innovazione delle imprese, come misura continuativa e strutturale.
7. Potenziamento e qualificazione degli strumenti promozionali, finanziari e assicurativi per l’internazionalizzazione in partnership tra pubblico e privato.
8. Nuovi strumenti fiscali e finanziari – con l’utilizzo della garanzia pubblica come volano – che superino la pratica degli incentivi a pioggia, per sostenere: la capitalizzazione e la crescita dimensionale delle imprese, il reinvestimento degli utili in azienda per la crescita degli investimenti produttivi e la nascita di nuove imprese.
9. Il rilancio della scuola tecnica superiore e dell’alta formazione tecnica e un programma di rapida realizzazione per l’inserimento dei giovani nelle imprese, specie ad alta qualificazione, per sostenere i processi di innovazione e internazionalizzazione.
10. Un programma diffuso di riqualificazione energetica, ambientale e digitale delle aree produttive e artigianali, anche per accelerare la crescita di nuove imprese.

www.pder.it

"Bersani: i progressisti europei «votano» per noi", di Maria Zegarelli

L’ultimo comizio in piazza del Plebiscito a Napoli, piena zeppa, tantissimi giovani, le parole più dure contro Silvio Berlusconi e Beppe Grillo, l’appello più sentito proprio ai loro elettori, berlusconiani delusi e grillini arrabbiati, la chiamata più decisa al popolo di centrosinistra, «l’arma atomica».
«Noi nun scassamm, accungiamm», noi non rompiamo, aggiustiamo, recita uno dei tanti striscioni che sventolano sotto una pioggerellina lieve ma insistente. Pier Luigi Bersani sceglie il Sud prima a Salerno e poi a Napoli perché «se il Mezzogiorno non si muove anche l’Italia non si muove e Napoli deve fare la sua parte» per chiudere la campagna elettorale in piazza, per percorrere l’ultimo miglio, le ultime ore in cui si gioca tutto. I sondaggi invitano all’ottimismo, certo, ma quante volte hanno raccontato umori diversi da quelli usciti dalle urne?
«Voglio rivolgermi anche agli elettori che hanno creduto alle favole del centrodestra e rimasti delusi, noi possiamo garantire la governabilità e lo faremo senza settarismi. Noi dice tra gli applausi a differenza di Berlusconi non abbiamo bisogno di nemici, abbiamo avversari. Non abbiamo bisogno di rendere il Paese cattivo e astioso, ci rivolgiamo alla parte migliore che abbiamo dentro di noi». E ai grillini: «Non ho niente da dire ai disillusi e agli arrabbiati, a chi non va a votare o vota Grillo. Noi la capiamo bene quella rabbia. Capiamo quello che è uno stato d’animo prima ancora che una scelta politica. Ma io ho qualcosa da dire a Grillo: questo disagio dove viene portato? Dove porta dire che l’Euro non serve? Ci porta fuori dall’Europa. E dove porta uno che non risponde alle domande e comanda solo lui? Ci porta fuori dalla democrazia. Non si può dar fiato e corda a chi vuol vincere sulle macerie, sulle macerie non si vive, solo un miliardario può farlo».
Bersani dunque lancia un appello agli indecisi, ai delusi e agli arrabbiati, quella fetta di elettorato cioè che può decidere il risultato delle elezioni al Nord come al Sud, nelle cinque Regioni ancora in bilico e dove il centrodestra sta perdendo colpi mentre Mario Monti non riesce ad avanzare, «non ci saranno sorprese, non diciamo fandonie, faremo quello che diciamo». Torna su quella frase di Monti, sulla preoccupazione di Angela Merkel se vincesse Bersani (smentita prontamente dalla diretta interessata e ridimensionata dallo stesso premier). «Mi è dispiaciuto replica il leader Pd parlando da Radio 2 mi è sembrata più una gaffe del Professore che un’iniziativa della Merkel. I governi europei si rispettano reciprocamente, e Monti lo sa. E questa è stata anche la mia impressione dopo il viaggio in Germania».
Rapporti freddini con il possibile futuro alleato, soltanto contatti legati alla normale attività di governo in queste ultime settimane, «ognuno sta pensando alla sua campagna elettorale», ma il clima non è sereno e Bersani non nasconde il fastidio per i continui attacchi al suo partito. «La nostra coalizione assicura vincerà, le loro si squaglieranno come neve al sole. Dove sono i loro patti? Voglio vederli». Si dice certo della vittoria «anche in Lombardia», come è certo che non sarà una passeggiata il dopo: «Sarà difficile fare qualsiasi cosa, se non riprendiamo il meccanismo di fiducia tra cittadini e politica», se non si colma «quel baratro» che si è creato in questi anni. Promette «guerra» contro la criminalità e la corruzione, problema «che non è solo del Sud: in Lombardia si vota perché le ronde padane non hanno fermato la ‘ndrangheta». Assicura nei primi cento giorni di governo una legge contro il femminicidio, una legge sui partiti e le posizioni dominanti, contro il conflitto di interessi, «e non venga a dire Berlusconi che gli mando le minacce mafiose… Quando sente parlare di regole gli viene la scarlattina».
Riccardo Nencini, Enrico Letta e Guglielmo Epifani si guardano intorno e sorridono davanti a quel fiume di persone e bandiere e a quegli applausi più forti quando il leader Pd dal palco parla di guerra alla criminalità e all’evasione fiscale. E poi il lavoro, quello che cercano e non trovano i giovani e le donne, quello che si perde a tutte le età e ti spezza il futuro. Come è accaduto a Giuseppe Burgarella, l’operaio che si è impiccato lasciando un biglietto nella Costituzione italiana. Bersani lo ricorda e la piazza gli dedica un lunghissimo applauso: «Il lavoro è anche dignità e non ti possono togliere la dignità».
Ai napoletani promette: «Dobbiamo vincere domenica e lunedì perché l’Europa si aspetta che noi vinciamo, l’Europa dei progressisti. Adesso tocca a noi dare una spinta per cambiare. Andiamo a vincere».

l’Unità 22.02.13

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Schulz: la posta è altissima il pericolo è Berlusconi. Il presidente del Parlamento europeo: se vince Bersani riforme e lotta alla disoccupazione, di Marco Mongiello

I voti a Berlusconi rischiano di riportare l’Italia nel baratro. L’osservazione del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, riportata ieri dal quotidiano tedesco Bild ma risalente a diversi giorni prima, è oramai un’ovvietà a Bruxelles, condivisa da progressisti e conservatori, dalla Commissione europea come dalle cancellerie nazionali. Gli esponenti del Pdl però hanno parlato di «ingerenza» nella campagna elettorale italiana e ieri hanno perfino chiamato in causa il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, affinché intervenga per salvaguardare la sovranità nazionale.
Schulz, in questi giorni a letto con la febbre, qualche giorno addietro aveva spiegato alla Bild che «Silvio Berlusconi ha già fatto precipitare l’Italia in fondo al baratro con la sua irresponsabile guida di governo e con le sue scappatelle personali» e che «alle prossime elezioni la posta in gioco è importante». Quindi il socialdemocratico tedesco, probabile futuro candidato progressista alla Commissione europea, ha detto di avere «molta fiducia nelle elettrici e negli elettori italiani, che faranno la scelta giusta per il proprio Paese».
Secondo il presidente del Parlamento europeo il leader del Pd Pier Luigi Bersani è «un buon candidato» per proseguire le riforme, stimolare la crescita e lottare contro la disoccupazione. Del resto sia Schulz, ex leader dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, che Bersani hanno sempre criticato la politica di austerità della Cancelliera tedesca Angela Merkel.
Al Pdl invece le dichiarazioni del presidente dell’Assemblea di Strasburgo non sono andate giù. «Mai si era vista un’intromissione politica così evidente dalla più alta carica istituzionale del Parlamento europeo», ha commentato Giovanni La Via, che dopo il passaggio di Mario Mauro alla lista Monti è il nuovo capogruppo degli europarlamentari Pdl. Per La Via «le dichiarazioni di Schulz sono l’ennesima intromissione partigiana di chi, invece, dovrebbe attenersi all’imparzialità che il ruolo richiede».
Sullo stesso tono gli eurodeputati Pdl Roberta Angelilli e Carlo Fidanza e diversi deputati Pdl al Parlamento italiano, tra cui Alessandra Mussolini. Licia Ronzulli, l’eurodeputata ex infermiera che fu indicata da una delle «papi girl» come l’organizzatrice della logistica dei viaggi delle ragazze a Villa Certosa, quella che negò di esserci stata e poi ammise di esserci stata ma solo col marito, ha ricordato che «solo un anno fa Schulz non disdegnava il sostegno degli eurodeputati del Popolo Della Libertà che servivano ad eleggerlo presidente dell’Europarlamento, promettendo in cambio la garanzia del ruolo super partes, che sta però clamorosamente tradendo».
In effetti l’elezione di Schulz alla presidenza del Parlamento europeo è avvenuta anche con i voti dei popolari del Ppe, il che rafforza l’idea che a Strasburgo le considerazioni su Berlusconi siano oramai «super partes».

L’Unità 22.02.13

"E' in gioco l’Europa", di Claudio Sardo

È bene che l’Europa e il mondo entrino in questa campagna elettorale. Che si parli di Merkel, di Hollande, di Obama. Che ci si confronti con loro come con le valutazioni dei fondi di investimento asiatici, con le sentenze della Corte di Strasburgo, con i giudizi dell’Europarlamento. E’bene che tutto ciò concorra a formare l’opinione dei cittadini-sovrani, anche se talvolta fingono stupore o gridano all’ingerenza persino certe élite che conoscono i danni del provincialismo ma lo coltivano pensando di sfruttarne ancora i vantaggi. La sovranità non è più una questione esclusivamente nazionale. L’interdipendenza economica, politica, commerciale è una dimensione della nostra civiltà, perché è la condizione di un benessere (oltre che, ovviamente, di limitazioni) a cui non intendiamo rinunciare. È la condizione del nostro modello sociale.

L’Italia ha bisogno di un’Europa diversa. Ma ha bisogno dell’Europa. E così l’Europa ha bisogno di un’Italia che torni ad essere un fattore propulsivo e non una zavorra, come è stata negli anni di Berlusconi. Alla prossime elezioni è questa la vera, decisiva posta in gioco. Mai come questa volta si percepisce l’interesse diretto delle cancellerie europee: attendono l’esito delle urne con il fiato sospeso. Quelle del 24 e 25 febbraio saranno elezioni «europee», come lo sono state le presidenziali francesi del maggio scorso, e come lo saranno le politiche tedesche del settembre prossimo. Si decide se, dopo la più lunga crisi economica e finanziaria dal dopoguerra, ci sarà ancora un futuro per l’Europa oppure no. Si decide se il processo di integrazione avrà un nuovo impulso almeno nell’Eurozona, oppure se la moneta unica dovrà arrendersi proprio nel momento in cui produce il massimo di squilibrio interno tra i Paesi membri. Si decide se i Paesi fondatori riusciranno a concepire una nuova unità politica e fiscale prima del referendum britannico del 2017 sull’uscita dall’Unione europea.

Una quota importante di questa decisione sta alla sovranità degli italiani. Per questo le prossime elezioni sono le più importanti dopo quelle del ’48. Siamo a un bivio storico. E il domani non è affatto scontato. Quale strada imboccare è la risposta cruciale che l’Europa e il mondo attende da noi – e in realtà riassume tutti gli altri argomenti della contesa politica, dal ricambio delle classi dirigenti alla necessaria svolta in termini di moralità e legalità, dalla priorità programmatica della questione lavoro ad una nuova idea di sviluppo fondata sull’equità sociale. La vittoria socialista in Francia ha impresso una prima correzione alla linea di austerità europea: non sufficiente, ma senza di essa non avrebbe trovato spazio neppure la nuova politica monetaria di Draghi. Ora tocca all’Italia spingere di nuovo per gli investimenti, il lavoro, la crescita. Per uscire dalla spirale delle politiche recessive. E se la Germania dovesse chiedere in cambio un maggiore impegno di integrazione nelle politiche economiche, il governo italiano di centrosinistra potrebbe diventare il più utile mediatore tra Parigi e Berlino. Ma la drammaticità di questo passaggio italiano sta nel fatto che c’è un solo attore possibile, in grado di svolgere questa funzione. È per questo che tutti i governi, anche quelli di centrodestra, si augurano che lunedì sera sia Bersani il vincitore e che abbia i numeri per costruire un governo forte, capace di tenere gli impegni nel tempo. È lo stesso auspicio di Washington, anche se Obama come la Merkel non nascondono il desiderio di vedere ancora Monti nel gruppo di testa italiano, accanto a Bersani. Purtroppo, la non felice campagna elettorale del Centro ha indebolito l’attuale premier. E oggi le vere alternative alla vittoria del centrosinistra sono Berlusconi e Grillo: chiunque dei due vincesse, è evidente che la prospettiva europea sarebbe travolta. Magari qualche economista, con velleità rivoluzionarie e ricchi conti in banca, si divertirà a discettare sui vantaggi competitivi di una nostra uscita dall’euro, o di una fine tout court della moneta unica. Ma il contraccolpo in termini di impoverimento del Paese, di disoccupazione, di famiglie ridotte alla fame sarebbe pesantissimo: e non più rimontabile nel medio periodo il destino di un’Italia relegata in serie B o C. Senza Europa potrebbe non tenere più neppure l’unità d’Italia. Questo ci giochiamo. Questa è la scelta nelle mani degli elettori. Ci sono momenti in cui la storia può cambiare percorso. Noi vogliamo un’Europa del lavoro. Anzi, pensiamo che solo l’Europa del lavoro può sopravvivere ai populismi dei Grillo e dei Berlusconi. Ci rifletta bene anche quella sinistra radicale che, con spensierato avventurismo, ha deciso di costruirsi una rendita di posizione tra la sinistra di governo e il movimento di Grillo. Il drammatico risultato è che a Grillo non fa alcun argine, ma intanto rischia di dare una mano a Berlusconi.

l’Unità 22.02.13

Bersani: «Dico agli arrabbiati, è meglio il voto al Pd», di Mariantonietta Colimberti

Ha appena salutato l’ultima, e forse la più bella, delle tante piazze di questa campagna elettorale, breve eppure infinita. A Napoli, davanti alle migliaia di persone e alle bandiere sventolanti in piazza del Plebiscito, Pier Luigi Bersani ha attaccato duramente la destra e la Lega, ma la conclusione del suo comizio l’ha riservata a Grillo, anzi, a quelli che sono «disamorati, disillusi, arrabbiati, che dicono non vado a votare o voto Grillo».
Gli chiediamo se sia proprio così, che la vera attesa sia per “quel” risultato. «Spero che prima di tutto la notizia sarà chi vince, anche se siamo abituati a non partire dal dato principale».
Quello principale vorremmo darlo per scontato…
No, la destra nel nostro paese esiste e non vorrei sottovalutarla. Per quel che riguarda Grillo, non so quali potranno essere le percentuali. Certamente, c’è una preoccupazione, non per il nostro risultato, ma per il paese, perché lì c’è un serbatoio di disagio, un’ammaccatura profonda, uno stato d’animo, più che un humus politico. Un disagio che se viene portato verso esiti distruttivi, non congrui all’esigenza di governare questa fase, diventa veramente un problema, al di là dei dieci deputati in più o in meno. Non è quello che fa la differenza, è il fatto che come punto di riferimento di una parte di questo disagio viene fuori una soluzione populista, semplificatrice, antieuropea. E questa non è una buona notizia.
Segretario, hai l’impressione anche tu che la rimonta di Berlusconi si sia fermata e si sia fermata anche perché c’è Grillo che preme?
È chiaro che l’offerta politica non è come quella del giro precedente ed è un’offerta con cui tutti facciamo i conti. C’è Grillo, poi ci sono Monti, Ingroia… L’arco è molto ampio e la contesa è particolarmente complessa. La destra sembrava scomparsa, ma dopo un periodo in cui essa sembrava fatta di nebbia e c’eravamo solo noi, hanno richiamato un po’ del loro elettorato, perché in tutti i paesi europei e del mondo la destra esiste. Credo che abbiano ricostruito una parte del loro patrimonio elettorale, ma una cosa è ricostruire, un’altra è essere espansivi. Vedo anch’io che non ce la fanno, tuttavia con le mosse di Berlusconi i conti si fanno sempre dopo perché rispondono a una predisposizione di un certo popolo di destra a farsi convincere.
Hai detto che vinceremo anche a Milano. Questo clima di fiducia viene anche dall’idea che l’eventuale vittoria di Ambrosoli possa essere un traino per il senato?
I nostri risultati in Lombardia sono stati sempre un po’ sottovalutati. Quando si mette in moto un movimento con questo respiro, crea un’onda, un umore generale. Non escludo che su Ambrosoli possano convergere consensi più larghi. Il voto regionale in un certo senso è più libero rispetto a quello politico. Voglio comunque ricordare che noi partivamo da più di 30 punti di distacco e siamo ancora in rimonta.
Tornando al rapporto con i grillini, nei giorni scorsi tu hai usato il termine “scouting”. Vuol dire che il tuo concetto di dialogo è esteso agli eletti nelle liste di Grillo?
Ho detto “scouting” perché noi non conosciamo l’attitudine di questo nuovo gruppo. Qualcuno ha interpretato le mie parole come se io intendessi reclutarli. Io non vado a reclutare nessuno, voglio solo capire qual è l’atteggiamento che avranno, se si potrà ragionare su questa o quella riforma. Io non ho riserve mentali verso il Movimento 5 Stelle, ne ho sull’eterodirezione e su un meccanismo che non assomiglia alla democrazia.
Hai idea di quali potrebbero essere i temi sui quali dialogare con loro?
Per quel che riguarda situazioni locali, li ho visti misurarsi sui temi della sobrietà della politica, della rete, su questioni ambientali. Ma io non so chi arriverà. Forse bisogna riservarsi il giudizio anche sui temi. Si prenderanno le misure in parlamento.
A conclusione della campagna elettorale, ti chiedo un giudizio sulla persona Monti. Il fatto che si sia messo a fare il candidato non lo ha snaturato? Al di là di una delusione politica di cui hai parlato, non hai anche l’impressione di una sbandata personale di Monti?
Non mi permetto di dare giudizi di questa natura, ma devo constatare che girando per l’Italia ho avuto la netta sensazione che gran parte di italiani la pensino così, che si siano trovati di fronte a un Monti che non si aspettavano. Non so se la sua vera natura fosse quella di prima o quella di adesso, registro che in giro ha colpito il prospettarsi come di un cambio di personalità. E non so quanto abbia portato vantaggio.
Veniamo a Renzi. Le manifestazioni che avete fatto insieme sono state bellissime e hanno dato l’impressione di un partito unito. Tu e lui siete sembrati molto affiatati. C’è un’aspettativa sul futuro di Renzi, nel Pd o con te a palazzo Chigi. Hai un’idea di come si possa spendere questa energia e il consenso che ha raccolto?
Lo conosco ormai abbastanza per capire che non è uno che prende suggerimenti. Giustamente…
Ma se tu potessi dargliene cosa gli diresti?
Preservati, tieni affetto, come stai dimostrando, alla ditta e poi… va dove ti porta il cuore! In queste settimane lui ha fatto molto bene quello che in condizioni diverse avrei fatto io. Stiamo dando l’idea di quel che siamo. Per me non c’è una gran sorpresa, anche nei momenti della contesa non ho mai avuto dubbi che la cosa sarebbe finita così. È la nostra forza.
La campagna elettorale è andata come la pensavi o qualche volta ti è sembrato che andasse da qualche altra parte?
Avevo qualche speranza in più che si potesse parlare seriamente di come venir fuori dalla crisi. Invece è venuto fuori questo meccanismo molto semplificato. Però devo dire che con molta fatica ci siamo presi anche delle belle soddisfazioni: in giro per l’Italia ci sono molta motivazione e molto entusiasmo.

da europaquotidiano 22.02.13

Ghizzoni “Alemanno si rilegga i dati ufficiali sul sisma in Abruzzo”

“Non si fa campagna elettorale sulle sfortune degli altri, ma non si può ignorare la realtà”. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno viene nell’Emilia terremotata e, come altri esponenti locali del Pdl, prova a cavalcare le preoccupazioni di chi vive e lavora nell’area del cratere, sostenendo quanto più efficiente sia stato il Governo Berlusconi a L’Aquila. Ma i dati ufficiali, forniti dal ministro Barca, a distanza di tre anni da quel sisma, testimoniano che le cose non stanno affatto così. Il commento di Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione Cultura e Istruzione della Camera e candidata Pd alle politiche di domenica e lunedì prossimi.
Nell’aprile dell’anno scorso, a tre anni dal terremoto de L’Aquila, il ministro Barca, nel corso di una conferenza stampa, rendeva noto ufficialmente lo stato della ricostruzione in Abruzzo: solo il 25% delle macerie rimovibili era stato effettivamente rimosso, solo 1500 istanze sulle 7.500 relative ad edifici privati gravemente danneggiati (quelli classificati in classe E) erano state ammesse all’accesso dei contributi, in particolare a L’Aquila città solo il 29% delle domande presentate aveva ottenuto il contributo definitivo per effettuare i lavori di edilizia privata. “Ha ragioni da vendere il commissario straordinario Vasco Errani quando dice che non si fa campagna elettorale sulle disgrazie degli altri – commenta Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione Cultura e Istruzione della Camera e candidata Pd alle politiche – ma lo stesso principio dovrebbe valere anche per il sindaco di Roma Gianni Alemanno che, pur di distogliere l’attenzione dai tanti problemi irrisolti della capitale, viene nell’Emilia terremotata per sostenere quanto sia stato più efficiente il Governo Berlusconi nell’affrontare l’emergenza terremoto in Abruzzo. E siccome questo è stato un leit-motiv più volte utilizzato anche dagli esponenti locali del Pdl in questa campagna elettorale, forse vale davvero la pena ricordare i dati ufficiali del sisma a L’Aquila citati dallo stesso ministro Barca, delegato per la ricostruzione – continua Manuela Ghizzoni – Disegnano un quadro di ritardi e immobilismo. Anzi, se scorriamo i giornali della zona scopriamo che soltanto a novembre, quindi solo tre mesi fa, la ricostruzione pesante è davvero partita, a distanza di tre anni e mezzo dalle scosse. E comunque non certo nel centro storico de L’Aquila dove gli edifici sono ancora tutti lì, imbragati e non toccati dall’opera di ricostruzione. Ecco prima di fare leva sui timori e le comprensibili preoccupazioni di chi vive e lavora nell’area del cratere, un sano esame di coscienza non farebbe male a nessuno”.