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"Regole contro la speculazione: è questa l’urgenza", di Emilio Barucci

Il problema non è che Matteo Renzi abbia incontrato i finanzieri quanto capire cosa si siano detti. La politica e la finanza sono centri di potere multiformi destinati a confrontarsi tra di loro, a volte scontrandosi e a volte collaborando. È naturale dunque che si parlino. Il momento è però particolare, non c’è dubbio che la crisi finanziaria e quella dell’euro stiano facendo voltare pagina a questa storia e che ci sia bisogno di un nuovo inizio. Quindi,occorre capire bene il messaggio che la politica – e un candidato alla premiership in questo caso –intende recapitareal mondo della finanza.
Bisogna partire dal fatto che le cause della crisi finanziaria e i rimedi per risolverla sono tutt’altro che condivisi. Nella opinione pubblica è passata l’idea che la finanza sia «cattiva», che le banche e i fondi di investimento, mettendo in circolo i famosi titoli tossici, abbiano appestato il sistema finanziario finendo per danneggiare l’economia reale e per appesantire oltre misura i
bilanci pubblici. Secondo questa interpretazione, la finanza ha bisogno di una bella «lezione» in quanto la regolazione e la supervisione non hanno funzionato a dovere. È questa la linea che l’amministrazione Obama ha sposato e che l’Ue con ritardo sta portando avanti: unione bancaria, proposta Barnier di separazione tra attività di investment banking e retail, Tobin tax.
Molti nella finanza e alcuni fautori del libero mercato sostengono invece che la politica sia stata all’origine del tutto favorendo la bolla immobiliare con l’amministrazione Bush e il propagarsi della stessa con i dispendiosi salvataggi bancari. Il lettore ricorderà che non sono mancati i sostenitori del fallimento di Lehman Brothers e dell’uscita della Grecia dall’euro. Può sembrare un’idea peregrina, ma c’è chi lo pensa. Questa posizione è popolare tra tutti gli operatori finanziari che mal sopportano l’ingerenza del pubblico nella loro attività (lo Stato azionista ha portato ad una calmierazione dei bonus) o che non hanno tratto alcun beneficio dall’intervento pubblico (i piccoli intermediari e quelli non regolamentati). Tra questi abbiamo gli hedge funds come quello che ha organizzato l’incontro con Renzi. Una tesi che curiosamente trova assonanze con le posizioni «anti sistema» di coloro che si battono contro i salvataggi bancari con i fondi pubblici. La loro richiesta è sostanzialmente di essere lasciati liberi di fare quello che vogliono, in cambio garantiscono di non chiedere aiuti pubblici.
Questa parte del mondo della finanza guarda con insofferenza alle mosse della politica e non ha nulla da guadagnare da un nuovo inizio, vorrebbe continuare sulla strada della deregolamentazione e tornare al più presto al business asusual limitando i danni.
In questo clima la politica deve mandare messaggi chiari al mondo finanziario. Spazzando via spauracchi, come l’ipotesi di nazionalizzazione, e demonizzazioni che non aiutano certo a risolvere i problemi, la politica deve aprire una nuova stagione della regolamentazione tenendo conto delle istanze del mondo finanziario ma senza farsi dettare la linea. La lezione da apprendere dalla crisi finanziaria è che i mercati finanziari sono talmente estesi e pervasivi che possono mettere a rischio la stabilità di un sistema economico. Poiché la stabilità e il benessere dell’economia non rientrano tra gli obiettivi che il privato intende perseguire, deve essere la politica ad occuparsene. Questo punto deve passare in modo chiaro nelle comunicazioni.
La linea da tenere è quella proposta dal commissario Barnier: separare attività creditizie di pubblico servizio (mutui, conto corrente, prestiti alle imprese) da quelle speculative. Le prime devono essere sottoposte a stretta regolazione con la garanzia
pubblica che l’intermediario non potrà fallire, le seconde devono essere alleggerite da vincoli operativi ma non devono godere di alcuna forma di garanzia pubblica. Il problema è come separare questi due mondi in modo efficace: occorre garantire che i piccoli risparmiatori non siano il parco buoi della finanza gestita in un’ottica puramente privata e che un eventuale fallimento della stessa non crei un dissesto a livello di sistema a spese dei fondi pubblici.
Si tratta di proposte che non faranno di sicuro piacere al mondo della finanza. La riregolamentazione porterà ad una segmentazione dei mercati e dell’attività finanziaria con profitti sicuramente inferiori rispetto al passato. Non è dato sapere cosa Renzi abbia sostenuto nel famoso incontro, speriamo abbia fatto la voce grossa, di sicuro nel suo programma (punto 2.a) c’è spazio per l’unione bancaria ma non c’è traccia di proposte di questo tipo.

l’Unità 21.10.12

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“Evasione fiscale, boom di segnalazioni alla Finanza”, di Marco Ventimiglia

Sarà un luogo comune, o piuttosto la nuda realtà, fatto sta che è pratica diffusa l’associare un periodo di difficoltà economica, come l’attuale, al crescere dei comportamenti illeciti in ambito fiscale. C’è però un altro comportamento, questo certificato da dati attualissimi, che emerge in questi tempi di crisi, ovvero la montante insofferenza dei cittadini italiani nei confronti dei cosiddetti furbi, ovvero gli evasori fiscali. Continuano infatti a crescere le chiamate al numero telefonico 117, utenza della Guardia di Finanza. Per la precisione, come hanno comunicato ieri le Fiamme Gialle, nei primi nove mesi dell’anno le telefonate sono state quasi 50.000, con un aumento del 92% rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente.
Il 117, è bene ricordarlo, è un numero gratuito di pubblica utilità operante 24 ore su 24, realizzato per instaurare un rapporto diretto tra la Guardia di Finanza ed i cittadini. Chiunque, con una semplice telefonata, può così entrare in contatto con le “sale operative” dei Comandi provinciali di tutto il territorio nazionale per fare una segnalazione, ottenere notizie e informazioni o chiedere l’intervento dei finanzieri. Quando, in base a quanto affermato dal segnalante al telefono, viene ritenuto necessario presentare direttamente un esposto, il cittadino viene invitato a presentarsi presso il reparto delle Fiamme Gialle più vicino per la formalizzazione della denuncia verbale.
TENDENZA COSTANTE
Nell’ambito di queste chiamate al 117 va evidenziato, appunto, l’incremento delle segnalazioni di violazioni fiscali (dalla mancata emissione dello scontrino, ai lavoratori in nero sino ai casi più complessi ed articolati di frode). Complessivamente, sempre dall’inizio anno alla fine di settembre, l’incremento registrato è risultato addirittura del 228%, con quasi 24.000 chiamate effettuate. Un boom di segnalazioni che era stato notato sin dai primi mesi del 2012, ma i dati di medio periodo confermano adesso un assestamento di questo trend destinato quindi a caratterizzare l’intero anno. Peraltro, crescono anche le denunce via telefono di presunti illeciti commessi in altri settori. L’incremento maggiore riguarda le segnalazioni relative ai distributori di carburante e, più in generale, i prodotti energetici (+152%), ma nel mirino ci sono anche giochi/scommesse/lotterie/monopoli (+73%) e sostanze stupefacenti (+24 %), tutti settori d’intervento caratterizzati dalla crescita delle segnalazioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
L’aumento delle segnalazioni, ritenuto «sintomatico della crescente partecipazione alla lotta all’illegalità economico-finanziaria», ha determinato anche il potenziamento del 117 con iniziative rivolte al Web. È appena stata aggiornata la specifica sezione del sito Internet www.gdf.gov.it , con la pubblicazione di modelli per le segnalazioni, che chiunque può compilare, stampare e presentare ai reparti territoriali. I nuovi format, che ora sono disponibili in versione editabile, contengono campi specifici che guidano l’utente nell’inserimento dei dati e delle informazioni, rendendo più agevole la compilazione.

L’Unità 21.10.12

"Regole contro la speculazione: è questa l’urgenza", di Emilio Barucci

Il problema non è che Matteo Renzi abbia incontrato i finanzieri quanto capire cosa si siano detti. La politica e la finanza sono centri di potere multiformi destinati a confrontarsi tra di loro, a volte scontrandosi e a volte collaborando. È naturale dunque che si parlino. Il momento è però particolare, non c’è dubbio che la crisi finanziaria e quella dell’euro stiano facendo voltare pagina a questa storia e che ci sia bisogno di un nuovo inizio. Quindi,occorre capire bene il messaggio che la politica – e un candidato alla premiership in questo caso –intende recapitareal mondo della finanza.
Bisogna partire dal fatto che le cause della crisi finanziaria e i rimedi per risolverla sono tutt’altro che condivisi. Nella opinione pubblica è passata l’idea che la finanza sia «cattiva», che le banche e i fondi di investimento, mettendo in circolo i famosi titoli tossici, abbiano appestato il sistema finanziario finendo per danneggiare l’economia reale e per appesantire oltre misura i
bilanci pubblici. Secondo questa interpretazione, la finanza ha bisogno di una bella «lezione» in quanto la regolazione e la supervisione non hanno funzionato a dovere. È questa la linea che l’amministrazione Obama ha sposato e che l’Ue con ritardo sta portando avanti: unione bancaria, proposta Barnier di separazione tra attività di investment banking e retail, Tobin tax.
Molti nella finanza e alcuni fautori del libero mercato sostengono invece che la politica sia stata all’origine del tutto favorendo la bolla immobiliare con l’amministrazione Bush e il propagarsi della stessa con i dispendiosi salvataggi bancari. Il lettore ricorderà che non sono mancati i sostenitori del fallimento di Lehman Brothers e dell’uscita della Grecia dall’euro. Può sembrare un’idea peregrina, ma c’è chi lo pensa. Questa posizione è popolare tra tutti gli operatori finanziari che mal sopportano l’ingerenza del pubblico nella loro attività (lo Stato azionista ha portato ad una calmierazione dei bonus) o che non hanno tratto alcun beneficio dall’intervento pubblico (i piccoli intermediari e quelli non regolamentati). Tra questi abbiamo gli hedge funds come quello che ha organizzato l’incontro con Renzi. Una tesi che curiosamente trova assonanze con le posizioni «anti sistema» di coloro che si battono contro i salvataggi bancari con i fondi pubblici. La loro richiesta è sostanzialmente di essere lasciati liberi di fare quello che vogliono, in cambio garantiscono di non chiedere aiuti pubblici.
Questa parte del mondo della finanza guarda con insofferenza alle mosse della politica e non ha nulla da guadagnare da un nuovo inizio, vorrebbe continuare sulla strada della deregolamentazione e tornare al più presto al business asusual limitando i danni.
In questo clima la politica deve mandare messaggi chiari al mondo finanziario. Spazzando via spauracchi, come l’ipotesi di nazionalizzazione, e demonizzazioni che non aiutano certo a risolvere i problemi, la politica deve aprire una nuova stagione della regolamentazione tenendo conto delle istanze del mondo finanziario ma senza farsi dettare la linea. La lezione da apprendere dalla crisi finanziaria è che i mercati finanziari sono talmente estesi e pervasivi che possono mettere a rischio la stabilità di un sistema economico. Poiché la stabilità e il benessere dell’economia non rientrano tra gli obiettivi che il privato intende perseguire, deve essere la politica ad occuparsene. Questo punto deve passare in modo chiaro nelle comunicazioni.
La linea da tenere è quella proposta dal commissario Barnier: separare attività creditizie di pubblico servizio (mutui, conto corrente, prestiti alle imprese) da quelle speculative. Le prime devono essere sottoposte a stretta regolazione con la garanzia
pubblica che l’intermediario non potrà fallire, le seconde devono essere alleggerite da vincoli operativi ma non devono godere di alcuna forma di garanzia pubblica. Il problema è come separare questi due mondi in modo efficace: occorre garantire che i piccoli risparmiatori non siano il parco buoi della finanza gestita in un’ottica puramente privata e che un eventuale fallimento della stessa non crei un dissesto a livello di sistema a spese dei fondi pubblici.
Si tratta di proposte che non faranno di sicuro piacere al mondo della finanza. La riregolamentazione porterà ad una segmentazione dei mercati e dell’attività finanziaria con profitti sicuramente inferiori rispetto al passato. Non è dato sapere cosa Renzi abbia sostenuto nel famoso incontro, speriamo abbia fatto la voce grossa, di sicuro nel suo programma (punto 2.a) c’è spazio per l’unione bancaria ma non c’è traccia di proposte di questo tipo.
l’Unità 21.10.12
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“Evasione fiscale, boom di segnalazioni alla Finanza”, di Marco Ventimiglia
Sarà un luogo comune, o piuttosto la nuda realtà, fatto sta che è pratica diffusa l’associare un periodo di difficoltà economica, come l’attuale, al crescere dei comportamenti illeciti in ambito fiscale. C’è però un altro comportamento, questo certificato da dati attualissimi, che emerge in questi tempi di crisi, ovvero la montante insofferenza dei cittadini italiani nei confronti dei cosiddetti furbi, ovvero gli evasori fiscali. Continuano infatti a crescere le chiamate al numero telefonico 117, utenza della Guardia di Finanza. Per la precisione, come hanno comunicato ieri le Fiamme Gialle, nei primi nove mesi dell’anno le telefonate sono state quasi 50.000, con un aumento del 92% rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente.
Il 117, è bene ricordarlo, è un numero gratuito di pubblica utilità operante 24 ore su 24, realizzato per instaurare un rapporto diretto tra la Guardia di Finanza ed i cittadini. Chiunque, con una semplice telefonata, può così entrare in contatto con le “sale operative” dei Comandi provinciali di tutto il territorio nazionale per fare una segnalazione, ottenere notizie e informazioni o chiedere l’intervento dei finanzieri. Quando, in base a quanto affermato dal segnalante al telefono, viene ritenuto necessario presentare direttamente un esposto, il cittadino viene invitato a presentarsi presso il reparto delle Fiamme Gialle più vicino per la formalizzazione della denuncia verbale.
TENDENZA COSTANTE
Nell’ambito di queste chiamate al 117 va evidenziato, appunto, l’incremento delle segnalazioni di violazioni fiscali (dalla mancata emissione dello scontrino, ai lavoratori in nero sino ai casi più complessi ed articolati di frode). Complessivamente, sempre dall’inizio anno alla fine di settembre, l’incremento registrato è risultato addirittura del 228%, con quasi 24.000 chiamate effettuate. Un boom di segnalazioni che era stato notato sin dai primi mesi del 2012, ma i dati di medio periodo confermano adesso un assestamento di questo trend destinato quindi a caratterizzare l’intero anno. Peraltro, crescono anche le denunce via telefono di presunti illeciti commessi in altri settori. L’incremento maggiore riguarda le segnalazioni relative ai distributori di carburante e, più in generale, i prodotti energetici (+152%), ma nel mirino ci sono anche giochi/scommesse/lotterie/monopoli (+73%) e sostanze stupefacenti (+24 %), tutti settori d’intervento caratterizzati dalla crescita delle segnalazioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
L’aumento delle segnalazioni, ritenuto «sintomatico della crescente partecipazione alla lotta all’illegalità economico-finanziaria», ha determinato anche il potenziamento del 117 con iniziative rivolte al Web. È appena stata aggiornata la specifica sezione del sito Internet www.gdf.gov.it , con la pubblicazione di modelli per le segnalazioni, che chiunque può compilare, stampare e presentare ai reparti territoriali. I nuovi format, che ora sono disponibili in versione editabile, contengono campi specifici che guidano l’utente nell’inserimento dei dati e delle informazioni, rendendo più agevole la compilazione.
L’Unità 21.10.12

Rossi Doria: “Non taglieremo posti di lavoro nella scuola”. Stop alle 24 ore per i docenti: “In Parlamento le modifiche”, di Ottavio Ragone

Il governo sta lavorando ad una soluzione diversa: i fondi possono essere recuperati su altri capitoli di spesa, ma non sul personale. La proposta, inserita nel disegno di legge sulla stabilità che comincia domani l’iter alla Camera, ha suscitato la sollevazione unanime di docenti di ruolo e non, sindacati, partiti, nessuno escluso. Il 24 novembre è in calendario uno sciopero generale. Una sollevazione. Il governo è stato colto di sorpresa e lo stesso ministro dell’Istruzione Francesco Profumo si è dichiarato disponibile a tornare sui propri passi. Rossi-Doria, a quanto si sa, era contrario fin dall’inizio
all’aumento delle ore, che consente di risparmiare cinque volte di più di quanto richiesto dalla spending review, ovvero 780 milioni contro i 183 necessari. Il “tesoretto” eccedente di oltre 600 milioni, nelle intenzioni del governo, poteva essere utilizzato per investimenti nella scuola, su personale, didattica e strutture. Ma chi ne avrebbe sopportato il peso? Migliaia di precari letteralmente spazzati via dalla sera alla mattina. E i docenti di ruolo, costretti a lavorare più ore con lo stesso stipendio di prima.
Rossi-Doria era ben consapevole della complessità delle questioni sollevate. E della necessità di avere a disposizione tempi più lunghi di quelli di fine legislatura, per affrontare una materia così scottante. Lo sforzo di mediazione del sottosegretario, che lavora in pieno accordo con il ministro ma porta il contributo autonomo di chi nella scuola ha lavorato duramente,
ora sta dando i suoi frutti.
Rossi-Doria, il governo dei tecnici sta risanando i conti, e non è poco ovviamente, ma rischia di passare agli occhi di milioni di italiani come l’esecutivo che tutela solo i forti e i garantiti.
«Far passare un maggiore orario nella scuola media di primo e secondo grado dentro una norma sulla stabilità comporta evidenti rischi politici. Una norma sul tempo di lavoro di chi è già occupato e di chi è precario deve passare attraverso una concertazione seria con tutti i protagonisti. Il mio impegno è per cambiare la norma durante la discussione parlamentare ».
Potevate pensarci prima.
«Non solo i sindacati, ma tutte le forze politiche hanno fatto notare che, accanto alle questioni innescate dall’aumento di orario, scatterebbe un ulteriore taglio per quei docenti che non hanno una posizione stabile. Ho sempre pensato che questo tipo di scelta va evitata, sono contrario al taglio di ulteriori posti di lavoro. I precari stabili sono persone con cui spesso ho lavorato fianco a fianco e hanno fatto funzionare la scuola italiana. Il tema semmai è un piano che salvaguardi il principio dei concorsi, giustamente ripristinati, e preveda una agenda di stabilizzazione per chi già lavora nella scuola».
Con quali fondi, considerati i tagli?
«Per reperire soldi per investimenti nella scuola occorre che la comunità nazionale rifletta su dove e come fare economie. Nel caso in questione anche il ministro Giarda ha ribadito alla Camera a nome del governo che si possono trovare altre soluzioni rispetto alla modifica oraria prospettata, a patto di rispettare quanto la spending review approvata dal parlamento ha deciso».
Concretamente dove troverete i 183 milioni da tagliare?
«Stiamo valutando alcune soluzioni e ne discuteremo con tutte le forze parlamentari, per condividere le scelte. Sarà questo il lavoro delle prossime settimane in Parlamento. Alla Camera stiamo lavorando con i gruppi parlamentari».
Ma lei è contrario in linea di principio all’innalzamento dell’orario
a 24 ore?
«Lo ribadisco: la scuola non ha bisogno di stravolgimenti, ma di innovazione. In questo senso va considerato che, in Europa, solo l’Italia fa coincidere l’orario di lavoro del docente con l’attività didattica in classe. Penso che il modello delle 24 ore delle scuole elementari possa essere esteso alle superiori: una parte dell’orario deve andare alla programmazione didattica, un’altra ai collegi e ai rapporti con le famiglie, al lavoro di recupero delle carenze di formazione, alla promozione delle eccellenze. Ma questo grande cambiamento ha bisogno di tempi più lunghi e di stare dentro una grande discussione nazionale, un nuovo patto per la scuola che ha bisogno del contributo di tutti, insegnanti, sindacati, associazioni, forze politiche».
Le 24 ore in “tempi più lunghi” che vuol dire?
«Una scelta del genere va condivisa attraverso un confronto culturale, sindacale e pedagogico. Dovrà essere data ai docenti, inoltre, la possibilità di scegliere in maniera più flessibile l’orario di lavoro. Al tempo stesso, l’innalzamento dell’orario a 24 ore va accompagnato con un programma di graduale assorbimento dei precari. Ecco, tutto questo richiede concertazione, gradualità, e tempi più lunghi per poter essere realizzato».
Quanto lunghi?
«Se ci sono le condizioni entro il 2015».

La Repubblica 21.10.12

"Violenza e possesso: se questi sono gli uomini", di Sara Ventroni

«Ti sto osservando, stai studiando Kant», scrive Samuele a Lucia in un sms. Siamo a Palermo. I due ragazzi da qualche tempo hanno smesso di flirtare. Lucia ha rotto con Samuele ma lui non ci sta. Allora lui la controlla, la segue, la osserva anche durante l’ora di filosofia. La minaccia con frasi cariche di presagio: «cenere sei e cenere ritornerai». Il resto è cronaca.
Leggendo i dettagli che hanno portato all’omicidio di Carmela, 17 anni, la sorella minore di Lucia che si è frapposta con il proprio corpo alla furia di Samuele, in agguato per colpire l’ex fidanzata, ci sentiamo tutti un po’ «lurker», come si dice in gergo: guardoni affamati di storie, di litigi al sangue, di tragedie. I lurker non si manifestano, non si espongono, non intervengono ma osservano, nutrendosi della vita degli altri. Un po’ come accade nel pomeriggio televisivo italiano, quando milioni di telespettatori si appassionano alle furiose litigate tra Teresanna e Francesco a «Uomini e donne» di Maria De Filippi o negli interminabili aggiornamenti di cronaca nera del primo pomeriggio di Raidue. I criminologi studiano i moventi dai profili facebook. Analizzano gli sms e la posta elettronica. Il pubblico in sala sbotta, applaude, parteggia, si indigna poi corre a dimenticare quello che non ha capito. Gli opinionisti adducono moventi, ma non hanno opinioni sulle cause dei fatti.
Da un buon ventennio abbiamo l’impressione di assistere a una grottesca messa in scena delle relazioni tra uomini e donne. Lo diciamo senza giudicare, lo diciamo sentendoci tutti parte in causa, consapevoli che a questo siamo ormai abituati, anche se questo non ci corrisponde. In prima serata i tiggì non lesinano dettagli nell’annunciare la morte sensazionale, la numero 100, di una ragazza di Palermo che ha difeso la sorella dalla furia omicida dell’ex moroso. La cosa fa notizia.
Femminicidio è una parola che pronuncia anche Salvo Sottile nel suo popolare «Quarto Grado». Fa piacere constatare che gli anchor-man si aggiornino, ma non vorremmo che l’espressione diventasse ora rubrica di palinsesto: apprendiamo che su facebook Samuele si faceva chiamare «Tigrotto» in omaggio a un peluche comprato con Lucia; guardiamo le sue foto a torso nudo, gli addominali perfetti, una leggera miopia che lo costringe agli occhiali, scaviamo nella sua storia familiare: il ragazzo è diplomato ma disoccupato. Carmela sognava di diventare medico. Aveva le media del 9. Ci concentriamo su di lei. Era una brava ragazza. Infine torniamo su Lucia: la studentessa voleva mollare Samuele, non ne poteva più delle sue attenzioni, per questo si era rivolta ai carabinieri e loro le avevano consigliato: cambia la scheda del cellulare. Noi che siamo semplici spettatori e, all’occorrenza, improvvisati ispettori di polizia sappiamo che la misura non è sufficiente. Un giorno forse ce lo spiegherà anche Barbara D’Urso, su «Pomeriggio Cinque», che interrompere la comunicazione non significa necessariamente spezzare una nèmesi culturale che vuole il maschio padrone della femmina. Giusto una settimana fa, a Torino, c’è stato un incontro sul tema del violenza sulla donne. Non si è parlato solo di femminicidio (esito estremo che giunge quando una donna decide di interrompere una relazione) ma del fondamento di possesso, di violenza e di esclusione che interroga gli uomini, le donne e la nostra democrazia.
«L’amavo più della sua vita», è il titolo della piéce teatrale scritta per l’occasione da Cristina Comencini. Il titolo si spiega da sé. Il suggerimento che ci arriva dalla due giorni torinese è di spostare lo sguardo. Come ha fatto Riccardo Iacona, che già anni fa si fece sentire con un’installazione alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, e ora prova a fare un bilancio con il suo ultimo libro:«Se questi sono gli uomini». Nella discussione, evidentemente, va messo in conto che le donne non sono più disposte a vestire i panni delle vittime sacrificali. Lo sapeva bene Stefania Noce, giovane femminista di Se non ora quando, uccisa lo scorso 26 dicembre dall’ex fidanzato: «Le donne non appartengono a nessuno», diceva Stefania. Meditate, uomini, meditate.

L’Unità 21.10.12

"Violenza e possesso: se questi sono gli uomini", di Sara Ventroni

«Ti sto osservando, stai studiando Kant», scrive Samuele a Lucia in un sms. Siamo a Palermo. I due ragazzi da qualche tempo hanno smesso di flirtare. Lucia ha rotto con Samuele ma lui non ci sta. Allora lui la controlla, la segue, la osserva anche durante l’ora di filosofia. La minaccia con frasi cariche di presagio: «cenere sei e cenere ritornerai». Il resto è cronaca.
Leggendo i dettagli che hanno portato all’omicidio di Carmela, 17 anni, la sorella minore di Lucia che si è frapposta con il proprio corpo alla furia di Samuele, in agguato per colpire l’ex fidanzata, ci sentiamo tutti un po’ «lurker», come si dice in gergo: guardoni affamati di storie, di litigi al sangue, di tragedie. I lurker non si manifestano, non si espongono, non intervengono ma osservano, nutrendosi della vita degli altri. Un po’ come accade nel pomeriggio televisivo italiano, quando milioni di telespettatori si appassionano alle furiose litigate tra Teresanna e Francesco a «Uomini e donne» di Maria De Filippi o negli interminabili aggiornamenti di cronaca nera del primo pomeriggio di Raidue. I criminologi studiano i moventi dai profili facebook. Analizzano gli sms e la posta elettronica. Il pubblico in sala sbotta, applaude, parteggia, si indigna poi corre a dimenticare quello che non ha capito. Gli opinionisti adducono moventi, ma non hanno opinioni sulle cause dei fatti.
Da un buon ventennio abbiamo l’impressione di assistere a una grottesca messa in scena delle relazioni tra uomini e donne. Lo diciamo senza giudicare, lo diciamo sentendoci tutti parte in causa, consapevoli che a questo siamo ormai abituati, anche se questo non ci corrisponde. In prima serata i tiggì non lesinano dettagli nell’annunciare la morte sensazionale, la numero 100, di una ragazza di Palermo che ha difeso la sorella dalla furia omicida dell’ex moroso. La cosa fa notizia.
Femminicidio è una parola che pronuncia anche Salvo Sottile nel suo popolare «Quarto Grado». Fa piacere constatare che gli anchor-man si aggiornino, ma non vorremmo che l’espressione diventasse ora rubrica di palinsesto: apprendiamo che su facebook Samuele si faceva chiamare «Tigrotto» in omaggio a un peluche comprato con Lucia; guardiamo le sue foto a torso nudo, gli addominali perfetti, una leggera miopia che lo costringe agli occhiali, scaviamo nella sua storia familiare: il ragazzo è diplomato ma disoccupato. Carmela sognava di diventare medico. Aveva le media del 9. Ci concentriamo su di lei. Era una brava ragazza. Infine torniamo su Lucia: la studentessa voleva mollare Samuele, non ne poteva più delle sue attenzioni, per questo si era rivolta ai carabinieri e loro le avevano consigliato: cambia la scheda del cellulare. Noi che siamo semplici spettatori e, all’occorrenza, improvvisati ispettori di polizia sappiamo che la misura non è sufficiente. Un giorno forse ce lo spiegherà anche Barbara D’Urso, su «Pomeriggio Cinque», che interrompere la comunicazione non significa necessariamente spezzare una nèmesi culturale che vuole il maschio padrone della femmina. Giusto una settimana fa, a Torino, c’è stato un incontro sul tema del violenza sulla donne. Non si è parlato solo di femminicidio (esito estremo che giunge quando una donna decide di interrompere una relazione) ma del fondamento di possesso, di violenza e di esclusione che interroga gli uomini, le donne e la nostra democrazia.
«L’amavo più della sua vita», è il titolo della piéce teatrale scritta per l’occasione da Cristina Comencini. Il titolo si spiega da sé. Il suggerimento che ci arriva dalla due giorni torinese è di spostare lo sguardo. Come ha fatto Riccardo Iacona, che già anni fa si fece sentire con un’installazione alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, e ora prova a fare un bilancio con il suo ultimo libro:«Se questi sono gli uomini». Nella discussione, evidentemente, va messo in conto che le donne non sono più disposte a vestire i panni delle vittime sacrificali. Lo sapeva bene Stefania Noce, giovane femminista di Se non ora quando, uccisa lo scorso 26 dicembre dall’ex fidanzato: «Le donne non appartengono a nessuno», diceva Stefania. Meditate, uomini, meditate.
L’Unità 21.10.12

"Puntare sul lavoro per uscire dalla crisi", di Pierpaolo Baretta e Cesare Damiano*

Vogliamo continuare la nostra riflessione, iniziata con un articolo sull’Unità lo scorso 20 settembre sulla politica economica, affrontando il tema cruciale del lavoro. In questa situazione di crisi e di incertezza politica siamo convinti che, ancora una volta, vada privilegiato un discorso di contenuti programmatici capace di individuare precise priorità. In questa logica riteniamo che il lavoro rappresenti un elemento centrale della nostra identità politica e sociale e pensiamo che la sua valorizzazione sia il motore di una crescita di qualità, l’unica che può portare il Paese fuori dalla crisi attuale.

Crediamo che sia importante che il Partito democratico, come ha fatto Pierluigi Bersani nella Carta di intenti, sia in grado di avanzare una proposta che assuma il riconoscimento della risorsa umana come elemento, non solo simbolico, di definizione di un programma di governo di centrosinistra capace di riformare il Paese. In questa ottica pensiamo che sul piano sociale sia indispensabile costruire una proposta che, mentre prosegue nell’impegno assunto da questo governo in Europa e sul piano internazionale per la difesa dell’Italia dall’aggressione dei mercati, dia un chiaro segno di cambiamento sul terreno dello sviluppo e del welfare. Proponiamo di assumere come obiettivo la costruzione di uno stato sociale di profilo europeo.

Dobbiamo puntare ad una politica di incentivi allo sviluppo che batta la logica del puro rigore e le politiche restrittive di stampo liberista, così come occorre una iniziativa sui temi della politica industriale che superi la logica dell’emergenza e si proponga di censire un catalogo di settori strategici della nostra economia, considerando che siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania. La riduzione del cuneo fiscale che grava sul costo del lavoro a tempo indeterminato può dare più competitività alle imprese e maggiore potere d’acquisto ai lavoratori, accanto ad una tassazione di favore per i redditi più bassi da lavoro dipendente, autonomo e da pensione. Considerata la particolare e drammatica situazione del mercato del lavoro occorre definire un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile. Inoltre, c’è un capitolo che riguarda le relazioni sociali: noi proponiamo la ripresa della concertazione come metodo di governo e di prevenzione del conflitto, l’introduzione di regole di democrazia economica nelle grandi imprese ed una nuova regolazione dei temi della rappresentanza nei luoghi di lavoro, a partire dalla modifica dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori.

Infine, le riforme del governo Monti non vanno cancellate ma corrette e migliorate a partire da quella del sistema previdenziale, per risolvere definitivamente il problema dei lavoratori rimasti senza stipendio e senza pensione; va reitrodotto il principio della flessibilità, assolutamente coerente con il sistema contributivo per consentire ai lavoratori, superata una certa soglia di età e di contributi versati, di scegliere il momento più opportuno per andare in pensione. Per quanto riguarda la riforma del mercato del lavoro dobbiamo attendere l’esito del monitoraggio previsto dalla riforma stessa, al fine di verificarne l’impatto sulla realtà del sistema produttivo.

Fin d’ora si può però immaginare che si renderà necessario correggere gli ammortizzatori sociali di fronte al prolungarsi della crisi economica e garantirne la universalizzazione a vantaggio dei più giovani. Su questi punti riteniamo che si debba sviluppare un dibattito nel Partito democratico e con le forze che ambiscono a costruire uno schieramento progressista che voglia candidarsi a guidare il Paese alle prossime elezioni politiche.

* deputati PD

L’Unità 21.10.12

"Puntare sul lavoro per uscire dalla crisi", di Pierpaolo Baretta e Cesare Damiano*

Vogliamo continuare la nostra riflessione, iniziata con un articolo sull’Unità lo scorso 20 settembre sulla politica economica, affrontando il tema cruciale del lavoro. In questa situazione di crisi e di incertezza politica siamo convinti che, ancora una volta, vada privilegiato un discorso di contenuti programmatici capace di individuare precise priorità. In questa logica riteniamo che il lavoro rappresenti un elemento centrale della nostra identità politica e sociale e pensiamo che la sua valorizzazione sia il motore di una crescita di qualità, l’unica che può portare il Paese fuori dalla crisi attuale.
Crediamo che sia importante che il Partito democratico, come ha fatto Pierluigi Bersani nella Carta di intenti, sia in grado di avanzare una proposta che assuma il riconoscimento della risorsa umana come elemento, non solo simbolico, di definizione di un programma di governo di centrosinistra capace di riformare il Paese. In questa ottica pensiamo che sul piano sociale sia indispensabile costruire una proposta che, mentre prosegue nell’impegno assunto da questo governo in Europa e sul piano internazionale per la difesa dell’Italia dall’aggressione dei mercati, dia un chiaro segno di cambiamento sul terreno dello sviluppo e del welfare. Proponiamo di assumere come obiettivo la costruzione di uno stato sociale di profilo europeo.
Dobbiamo puntare ad una politica di incentivi allo sviluppo che batta la logica del puro rigore e le politiche restrittive di stampo liberista, così come occorre una iniziativa sui temi della politica industriale che superi la logica dell’emergenza e si proponga di censire un catalogo di settori strategici della nostra economia, considerando che siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania. La riduzione del cuneo fiscale che grava sul costo del lavoro a tempo indeterminato può dare più competitività alle imprese e maggiore potere d’acquisto ai lavoratori, accanto ad una tassazione di favore per i redditi più bassi da lavoro dipendente, autonomo e da pensione. Considerata la particolare e drammatica situazione del mercato del lavoro occorre definire un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile. Inoltre, c’è un capitolo che riguarda le relazioni sociali: noi proponiamo la ripresa della concertazione come metodo di governo e di prevenzione del conflitto, l’introduzione di regole di democrazia economica nelle grandi imprese ed una nuova regolazione dei temi della rappresentanza nei luoghi di lavoro, a partire dalla modifica dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori.
Infine, le riforme del governo Monti non vanno cancellate ma corrette e migliorate a partire da quella del sistema previdenziale, per risolvere definitivamente il problema dei lavoratori rimasti senza stipendio e senza pensione; va reitrodotto il principio della flessibilità, assolutamente coerente con il sistema contributivo per consentire ai lavoratori, superata una certa soglia di età e di contributi versati, di scegliere il momento più opportuno per andare in pensione. Per quanto riguarda la riforma del mercato del lavoro dobbiamo attendere l’esito del monitoraggio previsto dalla riforma stessa, al fine di verificarne l’impatto sulla realtà del sistema produttivo.
Fin d’ora si può però immaginare che si renderà necessario correggere gli ammortizzatori sociali di fronte al prolungarsi della crisi economica e garantirne la universalizzazione a vantaggio dei più giovani. Su questi punti riteniamo che si debba sviluppare un dibattito nel Partito democratico e con le forze che ambiscono a costruire uno schieramento progressista che voglia candidarsi a guidare il Paese alle prossime elezioni politiche.
* deputati PD
L’Unità 21.10.12