Latest Posts

"Il sindaco scomodo", di Manuela Modica

Una vita d’intimidazioni quella del sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini. L’ultima è di venerdì notte. Questa volta è un barcone che va a fuoco, uno di quelli che ha trasportato un po’ miracolosamente i migranti sulle coste italiane di Lampedusa. Non solo, uno di quelli dati in dono dalla Prefettura alla associazione culturale Askavuza, destinati alla realizzazione del museo dell’immigrazione. Un barcone simbolico, quindi, accompagnato da volantini eloquenti: «No ai clandestini liberi per l’isola u capisti? Alla prossima gruppo armato Lampedusa Libera». E di eloquente c’è soprattutto quell’interrogativo: «U capisti?» (l’hai capito?). Diretto a una persona specifica: il sindaco. Quella Nicolini i cui incendi improvvisi punteggiano il ritmo della sua attività politica, del suo impegno civico: l’officina del padre, il casotto di Legambiente di cui era direttrice, prima la jeep e poi il pulmino del marito. Un lungo curriculum di intimidazioni che vanno di pari passo con le lotte ambientaliste, ma non solo. E che però, visti i risultati, farebbe pensare che questa strana cinquantenne, sindaco da pochi mesi ma già vicesindaco ad appena 23 anni, di capire, non capisce.A incontrarla pare una siciliana qualsiasi, spensierata, generosa. Materna quando parla di migranti. Quando dice: «Ci auguriamo che gli sbarchi ci siano, che queste persone riescano ad arrivare sulle nostre coste… Per noi non sono numeri ma persone». Parole che sembrano un abbraccio, che però scatenano l’odio, tanto da essere definita nei commenti di un sito che riporta la notizia «mentalmente deviata. Le sue dichiarazioni sono da neuro e tendenzialmente criminali».
Questo il clima, il contesto in cui opera il sindaco di Lampedusa ma è un clima in cui vive quasi da sempre. Lei non ne vuol parlare, perché non ama apparire. La storia lunga delle sue lotte e intimidazioni la raccontano quasi di nascosto gli amici, i sostenitori. E va così: è già giovanissima impegnata in politica, nelle fila della federazione dei giovani comunisti italiani.
Pochissimo dopo, a soli 23 anni, viene nominata vice sindaco dal Professore Giovanni Fragapane, in un’amministrazione Pci. Ed è proprio lei a reggere il Comune di Lampedusa dall’83 all’84, dopo l’attentato subito dal suo sindaco, un accoltellamento che lo ridusse in fin di vita. È questo il periodo di formazione che la porterà via via a restistere a incendi e minacce e vincere ogni battaglia. Dall’abolizione dell’ecomostro voluto da Sindona, alla fuga della Valtur da spiaggia dei conigli, ottenendo che fosse dichiarata riserva naturale.
Ma la lotta per spiaggia dei conigli era ancora all’inizio. Ed è proprio per salvare quel pezzo di paradiso che la vita della Nicolini fu iniziata agli «incendi». Il percorso è tutto in discesa ma pare in salita. Più si va giù a piedi, più sale il senso di stupore, di meraviglia. Alla spiaggia dei conigli, a Lampedusa, si arriva così. Una spiaggia caraibica, un mare che regala trasparenze da sogno. Non è un caso se le tartarughe marine scelgono questo scorcio di mondo per depositare le uova. Ma prima che Giusi Nicolini diventasse direttrice della riserva naturale per Legambiente, nel ’97, la spiaggia è un inferno di chioschi e lidini. Preda del commercio e della fruizione più selvaggia. Già dall’acqua, sui barconi, in questo paradiso naturale, si vendono panini e bevande. Si violenta la natura. Per questo la direttrice della riserva subisce il primo attentato, l’incendio dell’officina da fabbro del padre. Davanti alla quale viene posta anche una corona funebre come segno intimidatorio. Ma lei prosegue. E la prefettura di Agrigento, competente per Lampedusa, le dà ragione. A sostenerla sarà il prefetto Giosuè Marino che ordinerà lo sgombero della spiaggia. Ma gli appetiti dei commercianti dell’isola non sono deboli. Nessuno si smuove di lì. Nessuna ditta dell’isola si rende disponibile per lo sgombero. L’amministrazione non la sostiene. Nel frattempo viene incendiata anche la sede di Legambiente. Così, questa donna, mingherlina, giovanissima ancora «non capisce», anzi, s’illumina di creatività. E spiaggia dei conigli si tinge di giallo. Bussa sulle spalle dei turisti, uno per uno, regalando gli ombrelloni di legambiente, spiegando che pagando i chioschisti supportovano l’illegalità sulla spiaggia. Gesto che manco a dirlo ha prodotto altri incendi, alla macchina, al pulmino dell’allora fidanzato, oggi marito, Peppino Palmeri esponente del Pd, già allora membro dell’opposizione in consiglio comunale. E sarà un tale braccio di ferro che la prefettura di Agrigento si vedrà costretta a inviare un rinforzo di polizia sull’isola e ad impiegare addirittura l’aeronautica per sgomberare la spiaggia. Ora, sindaco dell’isola siciliana dallo scorso maggio, sostenuta anche dal Pd, chiede lo sgombero di chioschi anche sulle altre spiagge e parla di migranti come una mamma. Proprio non «capisce». E con lei l’associazione Askavuza. A spalleggiarli, il Pd. Ermete Realacci, responsabile di Green economy del Pd ha annunciato un’interrogazione parlamentare al Ministro degli Interni, per assicurare la tutela e la sicurezza del sindaco ma anche delle associazione e, soprattuto, dei migranti.

L’Unità 25.09.12

"Il sindaco scomodo", di Manuela Modica

Una vita d’intimidazioni quella del sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini. L’ultima è di venerdì notte. Questa volta è un barcone che va a fuoco, uno di quelli che ha trasportato un po’ miracolosamente i migranti sulle coste italiane di Lampedusa. Non solo, uno di quelli dati in dono dalla Prefettura alla associazione culturale Askavuza, destinati alla realizzazione del museo dell’immigrazione. Un barcone simbolico, quindi, accompagnato da volantini eloquenti: «No ai clandestini liberi per l’isola u capisti? Alla prossima gruppo armato Lampedusa Libera». E di eloquente c’è soprattutto quell’interrogativo: «U capisti?» (l’hai capito?). Diretto a una persona specifica: il sindaco. Quella Nicolini i cui incendi improvvisi punteggiano il ritmo della sua attività politica, del suo impegno civico: l’officina del padre, il casotto di Legambiente di cui era direttrice, prima la jeep e poi il pulmino del marito. Un lungo curriculum di intimidazioni che vanno di pari passo con le lotte ambientaliste, ma non solo. E che però, visti i risultati, farebbe pensare che questa strana cinquantenne, sindaco da pochi mesi ma già vicesindaco ad appena 23 anni, di capire, non capisce.A incontrarla pare una siciliana qualsiasi, spensierata, generosa. Materna quando parla di migranti. Quando dice: «Ci auguriamo che gli sbarchi ci siano, che queste persone riescano ad arrivare sulle nostre coste… Per noi non sono numeri ma persone». Parole che sembrano un abbraccio, che però scatenano l’odio, tanto da essere definita nei commenti di un sito che riporta la notizia «mentalmente deviata. Le sue dichiarazioni sono da neuro e tendenzialmente criminali».
Questo il clima, il contesto in cui opera il sindaco di Lampedusa ma è un clima in cui vive quasi da sempre. Lei non ne vuol parlare, perché non ama apparire. La storia lunga delle sue lotte e intimidazioni la raccontano quasi di nascosto gli amici, i sostenitori. E va così: è già giovanissima impegnata in politica, nelle fila della federazione dei giovani comunisti italiani.
Pochissimo dopo, a soli 23 anni, viene nominata vice sindaco dal Professore Giovanni Fragapane, in un’amministrazione Pci. Ed è proprio lei a reggere il Comune di Lampedusa dall’83 all’84, dopo l’attentato subito dal suo sindaco, un accoltellamento che lo ridusse in fin di vita. È questo il periodo di formazione che la porterà via via a restistere a incendi e minacce e vincere ogni battaglia. Dall’abolizione dell’ecomostro voluto da Sindona, alla fuga della Valtur da spiaggia dei conigli, ottenendo che fosse dichiarata riserva naturale.
Ma la lotta per spiaggia dei conigli era ancora all’inizio. Ed è proprio per salvare quel pezzo di paradiso che la vita della Nicolini fu iniziata agli «incendi». Il percorso è tutto in discesa ma pare in salita. Più si va giù a piedi, più sale il senso di stupore, di meraviglia. Alla spiaggia dei conigli, a Lampedusa, si arriva così. Una spiaggia caraibica, un mare che regala trasparenze da sogno. Non è un caso se le tartarughe marine scelgono questo scorcio di mondo per depositare le uova. Ma prima che Giusi Nicolini diventasse direttrice della riserva naturale per Legambiente, nel ’97, la spiaggia è un inferno di chioschi e lidini. Preda del commercio e della fruizione più selvaggia. Già dall’acqua, sui barconi, in questo paradiso naturale, si vendono panini e bevande. Si violenta la natura. Per questo la direttrice della riserva subisce il primo attentato, l’incendio dell’officina da fabbro del padre. Davanti alla quale viene posta anche una corona funebre come segno intimidatorio. Ma lei prosegue. E la prefettura di Agrigento, competente per Lampedusa, le dà ragione. A sostenerla sarà il prefetto Giosuè Marino che ordinerà lo sgombero della spiaggia. Ma gli appetiti dei commercianti dell’isola non sono deboli. Nessuno si smuove di lì. Nessuna ditta dell’isola si rende disponibile per lo sgombero. L’amministrazione non la sostiene. Nel frattempo viene incendiata anche la sede di Legambiente. Così, questa donna, mingherlina, giovanissima ancora «non capisce», anzi, s’illumina di creatività. E spiaggia dei conigli si tinge di giallo. Bussa sulle spalle dei turisti, uno per uno, regalando gli ombrelloni di legambiente, spiegando che pagando i chioschisti supportovano l’illegalità sulla spiaggia. Gesto che manco a dirlo ha prodotto altri incendi, alla macchina, al pulmino dell’allora fidanzato, oggi marito, Peppino Palmeri esponente del Pd, già allora membro dell’opposizione in consiglio comunale. E sarà un tale braccio di ferro che la prefettura di Agrigento si vedrà costretta a inviare un rinforzo di polizia sull’isola e ad impiegare addirittura l’aeronautica per sgomberare la spiaggia. Ora, sindaco dell’isola siciliana dallo scorso maggio, sostenuta anche dal Pd, chiede lo sgombero di chioschi anche sulle altre spiagge e parla di migranti come una mamma. Proprio non «capisce». E con lei l’associazione Askavuza. A spalleggiarli, il Pd. Ermete Realacci, responsabile di Green economy del Pd ha annunciato un’interrogazione parlamentare al Ministro degli Interni, per assicurare la tutela e la sicurezza del sindaco ma anche delle associazione e, soprattuto, dei migranti.
L’Unità 25.09.12

"L'altra Europa delle schiave del sesso", di Luigi Offeddu

I numeri sono allineati sul tavolo davanti a Cecilia Malmström, commissaria europea agli Affari interni: «Tre quarti delle persone vittime del traffico di esseri umani sono oggetto di sfruttamento sessuale. Le donne sono il 79% del totale, e il 12% di queste sono ragazze minorenni. Uomini e ragazzi rappresentano il restante 21%». Questa, dunque, è l’Unione Europea agli inizi del ventunesimo secolo. «E il traffico degli esseri umani è la schiavitù dei nostri tempi — dice la commissaria Ue — soprattutto il traffico delle donne sfruttate per il commercio del sesso. Romania e Bulgaria sono i Paesi più colpiti. I dati sono in aumento. Le cause? Certamente la crisi economica ha reso queste stesse vittime ancora più deboli. E noi avremmo dovuto fare molto di più nel passato, per aiutarle».
Non che non sia stato fatto nulla. Una direttiva Ue già approvata, che fissa i principi generali sulla prevenzione di questi fenomeni e sulla protezione delle vittime, dovrebbe entrare in vigore nell’aprile 2013. Ma il tempo corre, e le organizzazioni criminali pure: i casi di «schiavismo sessuale» rappresentavano il 70% di tutto il traffico nel 2008, ed erano passati già al 76% nel 2010, per poi salire ancora. Non si hanno ovviamente dati precisi, per la paura di vittime e testimoni, ma l’introito complessivo del traffico nella Ue raggiungerebbe già decine di milioni di euro all’anno, e nel mondo potrebbe arrivare al 2,5% del prodotto interno lordo complessivo: quasi 21 milioni le vittime, e di queste oltre 5 milioni sarebbero bambine e bambini.
Secondo la Commissione europea, il traffico è già oggi la seconda fonte di guadagno per le organizzazioni criminali internazionali (la prima è ancora la droga). Le indagini svolte finora disegnano un metodo sempre uguale: il viaggio più o meno clandestino verso i Paesi più ricchi, la prostituzione forzata e comunque le violenze, il debito verso il trafficante che diventa una catena, a volte per sempre; infine il reinvestimento dei profitti in immobili, case da gioco, stupefacenti.
Le leggi sono diverse da Paese a Paese, le situazioni economico-sociali e le tradizioni culturali pure: in alcuni Paesi, come la Svezia della commissaria Malmström, è reato comprare prestazioni sessuali (non venderle), in altri come l’Olanda i bordelli sono legali, e per qualcuno sono anch’essi una calamita che finisce per accrescere la domanda di sesso, quindi il traffico delle donne da Paesi meno ricchi. Secondo i sondaggi, il 90% dei cittadini Ue ritiene che si debba agire subito. Tutti, sulla carta, sono contro questa piaga, ma poi è difficile armonizzare le azioni. Così, la Commissione europea ha lanciato ora una consultazione fra gli Stati, per integrare la direttiva già approvata.
Viene chiesto ai governi, alle organizzazioni non governative, che cosa si possa fare di più e di meglio in questo campo. E, sulle risposte, dovrebbe imperniarsi una strategia quinquennale con 5 priorità già delineate: prevenzione del traffico; punizione sicura dei responsabili; identificazione e protezione delle vittime; coordinamento interstatale, anche con Paesi fuori dalla Ue; aumento dell’informazione sul fenomeno. «Sono stata nei centri di accoglienza in Kosovo, a Belgrado, a Londra, dovunque — dice ancora la commissaria Malmström — e dappertutto ho parlato con queste donne: bisogna davvero fare di più, in favore della vittima».

Il Corriere della Sera 25.09.12

"L'altra Europa delle schiave del sesso", di Luigi Offeddu

I numeri sono allineati sul tavolo davanti a Cecilia Malmström, commissaria europea agli Affari interni: «Tre quarti delle persone vittime del traffico di esseri umani sono oggetto di sfruttamento sessuale. Le donne sono il 79% del totale, e il 12% di queste sono ragazze minorenni. Uomini e ragazzi rappresentano il restante 21%». Questa, dunque, è l’Unione Europea agli inizi del ventunesimo secolo. «E il traffico degli esseri umani è la schiavitù dei nostri tempi — dice la commissaria Ue — soprattutto il traffico delle donne sfruttate per il commercio del sesso. Romania e Bulgaria sono i Paesi più colpiti. I dati sono in aumento. Le cause? Certamente la crisi economica ha reso queste stesse vittime ancora più deboli. E noi avremmo dovuto fare molto di più nel passato, per aiutarle».
Non che non sia stato fatto nulla. Una direttiva Ue già approvata, che fissa i principi generali sulla prevenzione di questi fenomeni e sulla protezione delle vittime, dovrebbe entrare in vigore nell’aprile 2013. Ma il tempo corre, e le organizzazioni criminali pure: i casi di «schiavismo sessuale» rappresentavano il 70% di tutto il traffico nel 2008, ed erano passati già al 76% nel 2010, per poi salire ancora. Non si hanno ovviamente dati precisi, per la paura di vittime e testimoni, ma l’introito complessivo del traffico nella Ue raggiungerebbe già decine di milioni di euro all’anno, e nel mondo potrebbe arrivare al 2,5% del prodotto interno lordo complessivo: quasi 21 milioni le vittime, e di queste oltre 5 milioni sarebbero bambine e bambini.
Secondo la Commissione europea, il traffico è già oggi la seconda fonte di guadagno per le organizzazioni criminali internazionali (la prima è ancora la droga). Le indagini svolte finora disegnano un metodo sempre uguale: il viaggio più o meno clandestino verso i Paesi più ricchi, la prostituzione forzata e comunque le violenze, il debito verso il trafficante che diventa una catena, a volte per sempre; infine il reinvestimento dei profitti in immobili, case da gioco, stupefacenti.
Le leggi sono diverse da Paese a Paese, le situazioni economico-sociali e le tradizioni culturali pure: in alcuni Paesi, come la Svezia della commissaria Malmström, è reato comprare prestazioni sessuali (non venderle), in altri come l’Olanda i bordelli sono legali, e per qualcuno sono anch’essi una calamita che finisce per accrescere la domanda di sesso, quindi il traffico delle donne da Paesi meno ricchi. Secondo i sondaggi, il 90% dei cittadini Ue ritiene che si debba agire subito. Tutti, sulla carta, sono contro questa piaga, ma poi è difficile armonizzare le azioni. Così, la Commissione europea ha lanciato ora una consultazione fra gli Stati, per integrare la direttiva già approvata.
Viene chiesto ai governi, alle organizzazioni non governative, che cosa si possa fare di più e di meglio in questo campo. E, sulle risposte, dovrebbe imperniarsi una strategia quinquennale con 5 priorità già delineate: prevenzione del traffico; punizione sicura dei responsabili; identificazione e protezione delle vittime; coordinamento interstatale, anche con Paesi fuori dalla Ue; aumento dell’informazione sul fenomeno. «Sono stata nei centri di accoglienza in Kosovo, a Belgrado, a Londra, dovunque — dice ancora la commissaria Malmström — e dappertutto ho parlato con queste donne: bisogna davvero fare di più, in favore della vittima».
Il Corriere della Sera 25.09.12

"Concorso, è fatta. Sarà per pochi", di Alessandra Ricciardi

A leggere la ripartizione a livello regionale, e per singola disciplina, delle 11.542 cattedre messe a gara ci si rende conto di come il prossimo concorso, atteso da 13 anni, scontenterà tanti aspiranti nuovi prof. E non quelli che vorrebbero partecipare e non potranno perché non abilitati (sono circa 300 mila), ma perché i posti disponibili a volte si contano sulle dita di una sola mano.

Scegliere, potendolo fare, la classe di concorso e la regione potrà dunque essere decisivo in una partita che punta a coprire in due anni la metà delle cattedre che saranno liberate dai prossimi pensionamenti su cui pesano i requisiti più restrittivi decisi con la riforma Fornero. A fronte di aspettative che invece sono cresciute a dismisura e che fanno stimare prudenzialmente al ministero almeno 160 mila concorrenti. Ma fonti sindacali fanno stime molto più sostanziose, dalle 300 a 500 mila. La tabella di ripartizione delle cattedre, con il decreto di indizione della gara, la tabella di valutazione dei titoli e i programmi di studio, di cui ItaliaOggi anticipa sul proprio sito le ultime bozze a ieri disponibili, sono attesi per oggi in Gazzetta Ufficiale: salvo sorprese dell’ultima ora, si tratta della GU 4° serie speciale, del 25 settembre 2012, n. 75. Il ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, sembra dunque aver vinto la sua personale gara a indire il concorso a tempi di record, nel giro di un solo mese dall’autorizzazione del consiglio dei ministri, superando le resistenze dei sindacati e le rigidità dell’amministrazione. É però preferibile che i candidati non si facciano troppe illusioni: 1411 le cattedre da coprire per la scuola dell’infanzia, il top delle disponibilità in Campania, con 278 posti, seguita dalla Sicilia a quota 246. La parte del leone la fa la scuola primaria: 3502 cattedre, Campania in testa a tutti con il 15% delle disponibilità. Poi cominciano le note dolenti delle medie e delle superiori. Per A059, Matematica e Scienze alla media, sono disponibili 410 posti, 10 in Abruzzo, 6 in Liguria, 8 nelle Marche, peggio per le discipline Economico-aziendali: 6, il minimo, in Abruzzo, Friuli e Puglia. Per meccanica, sono 26 posti in 4 regioni: Emilia Romagna, Lazio, Lombardia e Veneto. Per l’ambito disciplinare A025 e A028, Disegno e arte per medie e superiori, la Sardegna ha un posto per la prima e 5 per la seconda classe, la Lombardia 5 per la prima e due per la seconda. Poche cattedre per gli aspiranti prof di Filosofia e storia: l’ambito disciplinare 7, che accorpa medie e superiori, segnala 11 posti per la Calabria, 34 per la Campania e 35 per il Lazio, 7 in Piemonte, solo alle superiori, così come in Toscana. E per Matematica alle medie: 5 posti in Calabria, 12 in Lombardia, 6 in Sicilia, 4 in Toscana, 3 in Veneto. L’ambito più nutrito è il n. 4, con A043, italiano storia e geografia alle medie, e A050, materie letterarie alle superiori: complessivamente 2.437.

Per tutti i candidati un test preselettivo nazionale da farsi al pc: una batteria di 50 domande a risposta multipla, per le quali i candidati avranno a disposizioni 50 minuti, comprendente prove di comprensione del testo (18 quesiti), capacità logica (18 quesiti), conoscenza di una lingua straniera (a scelta del candidato – 7 quesiti) e di competenze informatiche (7 quesiti). I quesiti saranno estrapolati con modalità casuale dal tra quelli che saranno messi a disposizione dei concorrenti tre settimane prima della prova.

Chi supera il test preselettivo è ammesso alla prova scritta (unica nazionale), che consisterà in quesiti di carattere disciplinare a risposta aperta con griglia nazionale di valutazione. Le domande vanno presentate alla direzione scolastica della regione scelta a partire dal 6 ottobre. I test di ingresso a fine novembre. Intanto al ministero stanno ancora ultimando gli ultimi dettagli: i decreti sulla composizione delle commissioni giudicatrici, il ministro vorrebbe criteri più restrittivi per la scelta dei commissari. La sola laurea non basterà.

da ItaliaOggi 25.09.12

"Concorso, è fatta. Sarà per pochi", di Alessandra Ricciardi

A leggere la ripartizione a livello regionale, e per singola disciplina, delle 11.542 cattedre messe a gara ci si rende conto di come il prossimo concorso, atteso da 13 anni, scontenterà tanti aspiranti nuovi prof. E non quelli che vorrebbero partecipare e non potranno perché non abilitati (sono circa 300 mila), ma perché i posti disponibili a volte si contano sulle dita di una sola mano.
Scegliere, potendolo fare, la classe di concorso e la regione potrà dunque essere decisivo in una partita che punta a coprire in due anni la metà delle cattedre che saranno liberate dai prossimi pensionamenti su cui pesano i requisiti più restrittivi decisi con la riforma Fornero. A fronte di aspettative che invece sono cresciute a dismisura e che fanno stimare prudenzialmente al ministero almeno 160 mila concorrenti. Ma fonti sindacali fanno stime molto più sostanziose, dalle 300 a 500 mila. La tabella di ripartizione delle cattedre, con il decreto di indizione della gara, la tabella di valutazione dei titoli e i programmi di studio, di cui ItaliaOggi anticipa sul proprio sito le ultime bozze a ieri disponibili, sono attesi per oggi in Gazzetta Ufficiale: salvo sorprese dell’ultima ora, si tratta della GU 4° serie speciale, del 25 settembre 2012, n. 75. Il ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, sembra dunque aver vinto la sua personale gara a indire il concorso a tempi di record, nel giro di un solo mese dall’autorizzazione del consiglio dei ministri, superando le resistenze dei sindacati e le rigidità dell’amministrazione. É però preferibile che i candidati non si facciano troppe illusioni: 1411 le cattedre da coprire per la scuola dell’infanzia, il top delle disponibilità in Campania, con 278 posti, seguita dalla Sicilia a quota 246. La parte del leone la fa la scuola primaria: 3502 cattedre, Campania in testa a tutti con il 15% delle disponibilità. Poi cominciano le note dolenti delle medie e delle superiori. Per A059, Matematica e Scienze alla media, sono disponibili 410 posti, 10 in Abruzzo, 6 in Liguria, 8 nelle Marche, peggio per le discipline Economico-aziendali: 6, il minimo, in Abruzzo, Friuli e Puglia. Per meccanica, sono 26 posti in 4 regioni: Emilia Romagna, Lazio, Lombardia e Veneto. Per l’ambito disciplinare A025 e A028, Disegno e arte per medie e superiori, la Sardegna ha un posto per la prima e 5 per la seconda classe, la Lombardia 5 per la prima e due per la seconda. Poche cattedre per gli aspiranti prof di Filosofia e storia: l’ambito disciplinare 7, che accorpa medie e superiori, segnala 11 posti per la Calabria, 34 per la Campania e 35 per il Lazio, 7 in Piemonte, solo alle superiori, così come in Toscana. E per Matematica alle medie: 5 posti in Calabria, 12 in Lombardia, 6 in Sicilia, 4 in Toscana, 3 in Veneto. L’ambito più nutrito è il n. 4, con A043, italiano storia e geografia alle medie, e A050, materie letterarie alle superiori: complessivamente 2.437.
Per tutti i candidati un test preselettivo nazionale da farsi al pc: una batteria di 50 domande a risposta multipla, per le quali i candidati avranno a disposizioni 50 minuti, comprendente prove di comprensione del testo (18 quesiti), capacità logica (18 quesiti), conoscenza di una lingua straniera (a scelta del candidato – 7 quesiti) e di competenze informatiche (7 quesiti). I quesiti saranno estrapolati con modalità casuale dal tra quelli che saranno messi a disposizione dei concorrenti tre settimane prima della prova.
Chi supera il test preselettivo è ammesso alla prova scritta (unica nazionale), che consisterà in quesiti di carattere disciplinare a risposta aperta con griglia nazionale di valutazione. Le domande vanno presentate alla direzione scolastica della regione scelta a partire dal 6 ottobre. I test di ingresso a fine novembre. Intanto al ministero stanno ancora ultimando gli ultimi dettagli: i decreti sulla composizione delle commissioni giudicatrici, il ministro vorrebbe criteri più restrittivi per la scelta dei commissari. La sola laurea non basterà.
da ItaliaOggi 25.09.12

"La bancarotta politica del Lazio", di Francesco Cundari

Le dimissioni di Renata Polverini dalla Presidenza della Regione Lazio non sono state nè tempestive nè più spontanee di quelle di Silvio Berlusconi dalla guida del governo. Entrambi hanno tentato di restare al proprio posto con ogni mezzo, dopo avere rifiutato caparbiamente di cambiare rotta, anche quando era ormai chiaro a tutti che la nave sarebbe finita sugli scogli (per restare all’immagine della Concordia già utilizzata dalla presidente Polverini, evidentemente inconsapevole del ruolo che nella metafora spetterebbe a lei, come capitano della Regione). Non hanno voluto cambiare rotta né lasciare che altri prendessero il timone quando si era forse ancora in tempo per evitare gli scogli. La data decisiva è la stessa per entrambi: 14 dicembre 2010.
La prima delibera dell’ufficio di presidenza della Regione Lazio che dà inizio alla crescita esponenziale dei finanziamenti ai gruppi, infatti, porta la stessa data del voto di fiducia al governo Berlusconi. 14 dicembre 2010, dies horribilis del rapporto tra denaro e politica: il giorno in cui si decideva la sorte dell’esecutivo che un anno dopo avrebbe portato l’Italia sull’orlo della bancarotta, e a deciderne la sorte erano proprio i numeri della scissione promossa da Gianfranco Fini nel Pdl. Una coincidenza che getta una luce sinistra sulla vicenda e rende ancor più gravi, a due anni di distanza, silenzi e ambiguità di tutti i partiti di opposizione.
Evidentemente il mese di dicembre, con l’approssimarsi del Natale e la necessità di chiudere il bilancio, è stato sempre un mese importante per la giunta Polverini: il 16 dicembre 2011, meno di un anno fa, il centrodestra laziale approvava l’estensione del vitalizio previsto per i consiglieri anche agli assessori esterni. Proprio così: mentre tutto il Paese era alle prese con le pesanti misure della manovra Monti, mentre nelle altre Regioni i vitalizi si tagliavano o erano stati già tagliati, alla Regione Lazio venivano estesi. Una decisione che la presidente Polverini difendeva con fermezza. «La mancata equiparazione degli assessori ai consiglieri spiegava era un’anomalia della nostra Regione».
Quello che è emerso in questi giorni, attraverso scandali e inchieste giudiziarie, ha reso le dimissioni della presidente del Lazio semplicemente inevitabili. Un esito che non avrebbero comunque scongiurato né i comizi da capo dell’opposizione improvvisati disinvoltamente dalla presidente della Regione, né alcuno stratagemma avessero potuto escogitare i suoi consiglieri dal multiforme ingegno. Il tardivo e maldestro tentativo di indossare ora i panni della moralizzatrice decisa a tagliare e risanare non ha fatto che prolungare di pochi giorni l’agonia di una giunta e di una maggioranza ormai non più in grado di stare in piedi.
Lo scandalo della Regione Lazio, però, non riguarda soltanto il Pdl, ma tutti i partiti che con quel sistema hanno convissuto. Avere decuplicato in meno di un anno i finanziamenti ai gruppi presenti in Consiglio, mentre in tutto il Paese e anche nel Lazio si tagliavano i fondi a scuola e sanità, non è una responsabilità che possa essere rovesciata soltanto sulla maggioranza.
Può sembrare ingeneroso, dinanzi allo spettacolo offerto dal Pdl, prendersela proprio oggi con i suoi oppositori, a cominciare dal Pd. Ma c’è poco da fare: la responsabilità di chi si batte contro il vento dell’antipolitica è più grande di quella che spetta a chi preferisce andare con la corrente. Il compito è più difficile, la posta in gioco è più alta: chi sceglie di difendere le istituzioni e i partiti, difendendo i principi fondamentali della democrazia rappresentativa e della convivenza civile, può perdere le elezioni, ma non la faccia. Chi conduce una battaglia democratica in difesa del finanziamento pubblico ai partiti, proprio per impedire che la politica finisca ostaggio di interessi privati, deve essere più rigoroso con se stesso di chi cavalca la facile demagogia dell’abolizione di ogni finanziamento. Chi conduce una battaglia di civiltà contro l’idea che la pubblicazione sui giornali delle private conversazioni telefoniche di chiunque sia un fattore di trasparenza, invece che di ricatto e di manipolazione dell’opinione pubblica, deve essere il più determinato nel chiedere e nell’ottenere ogni forma di tracciabilità e rendicontazione di ogni euro di denaro pubblico; dev’essere il primo a chiedere e ottenere trasparenza nei bilanci di tutte le istituzioni e di tutti i partiti, a tutti i livelli.
Populisti e demagoghi di ogni colore possono attraversare ogni scandalo senza troppe preoccupazioni. La storia italiana degli ultimi vent’anni ne offre ampie dimostrazioni: finché la barca regge o sembra reggere ci sarà sempre un nuovo capro espiatorio su cui indirizzare rabbia e scontento, distogliendo l’attenzione dalle proprie magagne. Sono i democratici che non possono permetterselo.

L’Unità 25.09.12