Tutti gli articoli relativi a: lavoro

“Il pianto degli uomini forti”, di Adriano Sofri

Troppo. Come nelle tragedie, che fanno congiurare gli dei e il destino finché gli umani ne siano sopraffatti: troppo. Era un mercoledì di intervallo, fra l’annuncio della chiusura e la lusinga del “decreto”. È stato il colpo di grazia. “Usignore ha deciso che per noi è finita!”. Avete un bell’obiettare che non è il Signore, sono i signori. Lo spirito della città greca avrebbe raccontato la giornata come noi non sappiamo. C’erano uomini forti ieri, fermi per ore a fissare un mare tempestoso nel quale battelli sballottati cercavano in tondo il loro compagno, afferrato e inabissato con la cabina della sua gru. Piangevano nascosti l’uno nella spalla dell’altro. «Ieri abbiamo scioperato per avere il diritto di venire al nostro posto di lavoro oggi. Siamo arrivati all’appuntamento con la morte». E’ vicinissima, Samarcanda. Francesco Zaccaria, l’operaio disperso, ha 29 anni — come l’ultimo morto dell’acciaieria, “è l’età nostra, qui” — è di Talsano, ha genitori e fidanzata. La cabina di una gru sta a 40, 50 metri da terra, il mare è profondo 24 metri. «Non …

“Una giornata tra gli operai: dramma sotto gli occhi di tutti, però serve il rilancio”, di Grazia Longo

Siamo al sud di uno degli 8 Paesi più industrializzati del mondo, ai confini con la prosperosa terra di Salento, con i ragazzini che sul lungomare smanettano sugli smartphone, eppure i racconti degli operai Ilva portano a tempi e luoghi lontani. La fabbrica che uccide e divora, di dickensiana memoria, abita qui a Taranto. Con contraddizioni ai limiti del grottesco. «Perché gli impianti sono talmente antiquati da non garantire la tutela alla salute» dice Biagio Prisciano, 38 anni, all’Ilva da quando ne aveva 24. Ma anche perché «al giorno d’oggi in un Paese come il nostro è vergognoso essere vittime di un ricatto psicologico che confonde il diritto al lavoro con quello alla salute» aggiunge Claudio Lucaselli, 42 anni, da 12 operaio al colosso siderurgico più grande d’Europa. Claudio ha una moglie casalinga, un mutuo della casa da pagare e due figli di 12 e 16 anni. «La più grande frequenta il terzo liceo, lavoro perché possa avere un futuro migliore del mio» precisa Claudio, ed è l’unica volta in cui gli scappa un sorriso. …

“La doppia miopia dalla noncuranza all’iper-rigore”, di Mario Deaglio

Partito con difficoltà quasi 130 anni fa, l’acciaio italiano potrebbe oggi finire peggio, vittima della noncuranza con cui l’Italia sta affrontando le proprie scelte industriali: di una viscerale incomprensione dei processi economici e industriali da parte della magistratura e di un atteggiamento a dir poco non lungimirante della società proprietaria. La costruzione della prima grande acciaieria italiana non fu decisa in base a calcoli economici ma a considerazioni militari e, forse, anche clientelari: si scelse Terni, città isolata dai mercati di consumo del Nord e con forti problemi di trasporti e comunicazioni. Lo si fece su pressione della Marina Militare, che non voleva dipendere dall’estero per l’acciaio necessario alla costruzione delle corazzate e che vedeva nell’isolamento una garanzia contro possibili invasioni straniere. Diversi studi indicano però anche possibili interessi personali del ministro competente, un copione italiano con radici antiche: alcuni suoi amici e parenti possedevano terreni nella zona e vi avevano già impiantato una fonderia. Decisioni politiche e decisioni economiche, del resto, si intrecciano forse inevitabilmente, in ogni grande settore il che non è un …

“Una prova per il governo”, di Patrizio Bianchi

Dopo averlo a lungo predisposta è arrivata la svolta per l’Ilva. Ancora una volta siamo arrivati al baratro, senza essere capaci di mettere in atto nessuna azione effettiva per reindirizzare le condotte della società e nel contempo per avviare quel piano di bonifica dell’impianto – e più in generale del contesto urbano – che avrebbe potuto costituire una occasione per dimostrare che l’intero Paese si poneva sulla via di una economia sostenibile. E questo sia dal punto di vista ambientale che sociale. La richiesta di un incontro urgente a Monti fa tuttavia il paio con la richiesta rivolta al governo di delineare una linea di politica industriale che ci porti fuori da una crisi, che sta colpendo il Paese. Il governo è intervenuto con mano durissima sulla vita dei cittadini, prima con l’intervento sulle pensioni, poi con le norme sul lavoro, poi con i continui tagli alla spesa pubblica, in particolare agli enti locali, che stanno portando a riduzioni vere dei servizi alle persone, e specialmente alle fasce più deboli della nostra società, già segnate …

“Un colpo alla credibilità del Paese”, di Paolo Baroni

Con l’Ilva che si ferma, e con lei una quota rilevantissima della produzione siderurgica italiana che viene azzerata, la crisi di Taranto supera definitivamente il livello di guardia. I sindacati la chiamano «la catastrofe»: 12 mila addetti a spasso che diventano 25 mila contando anche gli stabilimenti di Genova, Novi Ligure, Racconigi e Marghera e tutto l’indotto. Un colpo per queste realtà, ma anche per l’intera industria nazionale e per certi versi anche alla credibilità del Paese. Schiacciata tra ingiunzione della magistratura, inchieste e nuovi arresti, un’opera di risanamento ambientale tanto indifferibile quando ciclopica ed una situazione politica e sociale pericolosissima, a Taranto ora – come racconta Guido Ruotolo nelle sue cronache – si rischia una vera e propria guerra civile. Uno scontro violento che va ben oltre la contrapposizione di questi ultimi tempi (ma anche di questi ultimi anni) tra lavoro e salute delle popolazioni. Un problema troppo grande ora da affrontare, per le dimensioni di quest’impianto, l’acciaieria più grande d’Europa, e troppo a lungo sottovalutato, dai governi come pure dagli enti locali. Ora …

“L’assurdità delle ricongiunzioni previdenziali”, di Cesare Damiano e Marialuisa Gnecchi

Dopo la votazione della legge di stabilità alla Camera che ha consentito di fare un passo avanti, anche se non risolutivo, sul tema dei lavoratori rimasti senza reddito a causa della riforma delle pensioni, la nostra battaglia sulla previdenza deve continuare. Tra gli argomenti che vanno tenuti in evidenza, quello delle ricongiunzioni dei contributi per poter avere un’unica pensione, è più che mai all’ordine del giorno. Il problema nasce da un vero e proprio errore compiuto nel 2010, al tempo del governo Berlusconi. Occorre una breve spiegazione: nel 2009 è stata innalzata l’età pensionabile di vecchiaia delle donne del pubblico impiego a 65 anni lasciando inalterata a 60 anni l’età di pensionamento delle lavoratrici dei settori privati. Per impedire che, attraverso la ricongiunzione gratuita dei contributi, le donne iscritte all’Inpdap potessero trasferire i contributi all’Inps utilizzando in questo modo la possibilità di andare in pensione in modo anticipato, il governo varò una norma restrittiva. Si tratta dell’articolo 12 della legge 122 del 2010 che ha abrogato: tutte le norme che consentivano la costituzione della posizione …

“La produttività dell’operaio”, di Bruno Ugolini

Tra i titoli inneggianti al recente accordo sulla produttività, uno, apparso sul Sole 24, diceva: «In busta paga fino a 850 euro in più». Un bella sommetta e un lettore distratto poteva arguire che la Cgil, non firmando, è ammattita. Quell’aumento salariale (annuo) a dire il vero, potrebbe essere riservato non a tutti, bensì a un livello salariale particolare. Una busta paga da pescare all’interno di una minoranza del mondo del lavoro. Sono i circa due milioni di donne e uomini che lavorano in fabbriche dove nel passato si sono potuti conquistare accordi aziendali. È possibile che il considerevole incentivo deciso dal governo allarghi questa platea anche se il fenomeno non può che essere bilanciato dalle aziende colpite dalla crisi e che chiudono o vanno in cassa integrazione, E resta il fatto che altri 16 milioni di lavoratori restano esclusi da questa scommessa. Per non parlare dell’esercito dei precari che pure sono un anello del sistema produttivo. Per loro niente incentivo fiscale. Quel che però ha più preoccupato la Cgil è constatare che questa scelta …