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"Alunni disabili e sostegno, il caos italiano", di Valentina Santarpia

Duecentomila bambini e ragazzi disabili che frequentano le nostre scuole, poco più di 103 mila insegnanti di sostegno, una norma — quella italiana — che ci mette ai primi posti nelle classifiche Ocse sull’integrazione, ma che poi fatica a tenere il passo con le esigenze delle famiglie. Un esempio su tutti: nel Lazio ci sono genitori che sono stati invitati dai presidi a fare ricorso preventivo al Tar per ottenere l’assegnazione delle ore di assistenza che spetterebbero al proprio figlio. Eppure si tratta di una regione con il migliore rapporto insegnanti di sostegno/alunni. Un sistema molto poco efficiente ma costoso. Da qui l’idea di «razionalizzare»: ci sta lavorando il ministero dell’Economia e delle finanze, in uno dei gruppi guidati dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli.
Sotto la lente di ingrandimento non c’è il numero di insegnanti: quest’anno, per la prima volta dopo anni, quelli che aiutano i ragazzi disabili a integrarsi nelle scuole e a partecipare alle attività didattiche sono cresciuti (+8,8%) più che gli stessi studenti disagiati (+3,7%). E il decreto istruzione approvato a ottobre prevede la stabilizzazione di 26 mila docenti (dei 43 mila precari che lavorano nel sostegno) nei prossimi tre anni: 4.447 entreranno in ruolo già nel 2014. Ma ci sono troppe discrepanze tra regione e regione per numero di disabili certificati dalle Asl, e di conseguenza per numero di ore di assistenza richieste agli uffici regionali scolastici. Se la media degli studenti disabili in Italia, ad esempio, è del 2,63%, rispetto agli studenti nelle classi, ci sono regioni dove la quota si alza, come l’Abruzzo (3,28%) e il Lazio (3,31%), e altre dove si abbassa drasticamente, come la Basilicata (1,95%). Ma anche l’assegnazione degli insegnanti è fortemente sbilanciata: rispetto a un rapporto medio nazionale sceso a 1,90 alunni disabili per docente, si registra infatti uno stato di non equa distribuzione dei posti di sostegno, pesantemente a favore del Sud e delle Isole, con il Molise a 1,45, la Basilicata a 1,57, la Calabria e la Campania a 1,58. Da qui la necessità di uniformare i criteri di assegnazione dei punti di disabilità, adottando protocolli standard e ottimizzando le prestazioni del servizio.
I sindacati temono che dietro la razionalizzazione si nasconda l’idea di tagliare le ore e gli insegnanti. L’Anief aveva già lanciato l’allarme giorni fa, quando sembrava che la stabilizzazione della prima tranche di insegnanti di sostegno stesse slittando. Mimmo Pantaleo, della Cgil scuola, precisa: «Se si parla di riorganizzazione del sistema del sostegno, va bene, purché non si tocchino i numeri degli insegnanti. È inconcepibile anche solo pensarci, la nostra capacità di integrazione è uno degli aspetti più qualificanti della scuola italiana. Anzi, bisognerebbe ricordarsi che l’assistenza ai disabili a scuola è anche data dai collaboratori scolastici, che spesso li supportano per i servizi igienici, la mensa, gli spostamenti: anche a loro va riconosciuto il giusto compenso economico».
«Un riequilibrio ci deve essere — sostiene invece Francesco Scrima, Cisl —. Significa che dobbiamo evitare ciò che accade ora, e cioè che qualche regione abbia di più e altre di meno. Per quanto riguarda gli insegnanti, bisognerebbe ripristinare il principio originale della norma sull’integrazione, e cioè che l’insegnante è di sostegno alla classe e non solo all’alunno».
Avverte invece Massimo Di Menna, della Uil: «Non vorrei che razionalizzazione fosse un modo elegante per dire che si vogliono tagliare i costi».
Ma il ministero dell’Economia replica: «Vogliamo usare meglio il lavoro degli insegnanti e riorganizzare la distribuzione del personale. Stiamo lavorando con le associazioni di disabili e dei genitori dei disabili».

Il Corriere della Sera 26.01.14

"Miur, fondi e programmi per fermare i cervelli in fuga", di Valeria Trigo

Sostenere i giovani ricercatori nella fase iniziale della loro carriera,attraverso il finanziamento di un programma di ricerca indipendente. È lo scopo del nuovo bando del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, «Sir Scientific Independence of young Researchers’» destinato agli studiosi under 40, che allinea per la prima volta la procedura di selezione dei progetti a quella dell’Erc, European Research Council. Il bando, pubblicato sul sito del Miur ( http://sir.miur.it/) stanzia oltre 47 milioni di euro a favore dei giovani cervelli. I singoli progetti dovranno essere presentati entro il 13 marzo 2014. Il bando Sir prevede il finanziamento di progetti svolti da gruppi di ricerca indipendenti e di elevata qualità scientifica sotto il coordinamento di un Principal Investigator (PI), italiano o straniero, residente in Italia o all’estero, anche lui under 40, che deve aver conseguito il suo primo dottorato (o la specializzazione di area medica, in assenza del dottorato) non prima di 6 anni rispetto alla data del bando e deve aver già prodotto almeno una pubblicazione. La costituzione del gruppo di ricerca è flessibile: i ricercatori possono provenire dalla stessa organizzazione ospite, da organizzazioni diverse o può essere prevista anche la sola presenza del PI. L’alta qualità scientifica dei progetti sarà il criterio di valutazione insieme alla qualità del PI. Gli ambiti scientifici di riferimento sono gli stessi determinati dall’Erc: Scienze della vita, Scienze fisiche e ingegneria, Scienze umanistiche e sociali. Saranno favoriti i progetti di natura interdisciplinare, quelli pionieristici o che introducono approcci innovativi o invenzioni scientifiche. La procedura si svolgerà interamente in lingua inglese. L’attrattività del finanziamento è anche per l`istituzione ospitante, che avrà un incentivo del 10% del costo del progetto nel caso in cui il PI non sia già un suo dipendente a tempo indeterminato. I progetti possono avere il costo massimo di 1 milione di euro per un periodo massimo di tre anni e saranno valutati da Comitati di selezione designati dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca (Cngr) sulla base di una rosa di nominativi proposti dal consiglio scientifico dell’Erc. Termine della presentazione il 13 marzo.

L’Unità 26.01.14

«Ma il ventennio del Cav non ha prodotto una riforma», di Maria Zegarelli

«Cosa ha detto Silvio Berlusconi?». Matteo Richetti, membro della Prima Commissione, alle prese con la riforma elettorale, risponde al telefono mentre fa un soprallugo nelle zone alluvionate del modenese. Ha detto che queste non sono le riforme di Renzi ma di Forza Italia, le stesse di vent’anni fa, fallite per colpa della sinistra. Torna il Caimano?

«Berlusconi ha avuto vent’anni per fare le riforme e quelle che ha prodotto sono sotto gli occhi di tutti: nessuna. Se adesso l’Italia dovesse conoscere una stagione riformatrice vera il merito sarebbe da ascrivere a chi ha impresso non solo un’accelerazione ma anche una svolta a questa discussione. Mi sembra surreale discutere per intestarsi le riforme, non servirebbe ad altro che a bloccare tutto».

Il vero problema sembra un altro: come farle. Il Pd è spaccato sulle preferenze, tema su cui anche Alfano darà battaglia. Berlusconi punta i piedi… lei resta fiducioso?

«Se le riforme devono essere frutto di un dialogo tra maggioranza e opposizione e di un accordo che riguarda tutte le forze politiche è evidente che sono un punto di mediazione nel quale nesuna delle parti in causa si riconosce fino in fondo. Noi volevamo un sistema bipolare, Alfano il doppio turno, Berlusconi i collegi plurinominali… il punto di caduta è una legge con collegi plurinominali, soglia di sbarramento e doppio turno se nessuno supera il tetto fissato. È evidente che questo implica un lavoro parlamentare per cercare di avvicinare ancora di più le posizioni, ma deve essere chiara una cosa: forzare il cambiamento di quell’accordo in un senso o in un altro è il modo migliore per far saltare il banco. Se salta tutto non sarà certo per colpa di Renzi e del Pd».

Ma in Commissione il Pd si è spaccato, si sono alzati i toni. Bindi e i bersaniani non accettano diktat.
«Renzi e Berlusconi non lanciano diktat, hanno fatto un accordo che non è blindato ma che non può neanche esse- re stravolto».

Dove è possibile intervenire?

«Se Fi, Pd e Ncd condividono un sistema bipolare, potrebbe essere ragionevole alzare la soglia del 35 al 38% abbassando così il premio di maggioranza al 15%. L’altro giorno in commissione, poi, gli stessi partiti che hanno siglato l’accordo si sono resi conto che forse può considerarsi un’ipotesi superata quella di inserire i collegi nel testo della legge. Le sembra un testo blindato?».

C’è chi non ritiene il Porcellum molto diverso dall’Italicum.
«Ma di cosa parliamo? Se verrà approvata questa legge elettorale il dopo non sarà affatto uguale al prima. Nel mio collegio con il Porcellum c’era una lista unica di cinquanta nomi blindati nessuno dei quali compariva sulla scheda elettorale. Con l’Italicum ci sarebbero collegi piccoli con quattro o cinque no- mi scritti sulla scheda in cui l’elettore sceglie alcuni candidati contro altri. Mi sembra una critica ingenerosa quella di chi rivendica le preferenze». Bonaccini contestato duramente da Sel, Renzi criticato da Vendola per aver disertato l’invito. Giornata critica a sinistra. «Berlusconi, che è un animale politico, sa che abbracciando Renzi lo indebolisce agli occhi del centrosinistra, ma vorrei dire che Renzi non ha bisogno di essere legittimato da Berlusconi che lo definisce “un interlocutore affidabile”. Renzi è legittimato da tre milioni di elettori di centrosinistra che gli hanno dato quella forza che gli permette di dire a Fi “adesso le riforme si fanno e si fanno con noi”».

Sel è caduta nel gioco di Berlusconi, sta dicendo questo?
«Dico che mi dispiace che Sel abbia contestato Bonaccini e criticato Renzi perché il segretario nell’avviare il percorso del dialogo ha sempre avuto l’attenzione ad incentivare la logica della coalizione. Anche nell’Italicum si è cercato di abbassare la soglia per chi entra in coalizione e se il 5% non basta a garantire l’accesso in Parlamento di alcune forze c’è la massima disponibilità a ragionare, ma dobbiamo anche dire con fermezza che le leggi non si fanno sulla base dei sondaggi dell’esistente. Sel, e lo dico con grande rispetto anche per il lavoro che stanno facendo in Par- lamento, farebbe bene a guardare con maggiore forza e determinazione alla costruzione di un soggetto unico di centrosinistra piuttosto che puntare ad abbassare le soglie».

C’è chi vede le elezioni anticipate dietro l’accordo Renzi-Berlusconi. I soliti retroscenismi fantasiosi?
«Questo sospetto delle elezioni anticipate viene continuamente posto malgrado Renzi abbia più volte detto il contrario. C’è una legge elettorale che è fortemente improntata sul monocameralismo, un accordo che prevede il superamento del Senato. Che cosa deve fare di più? Ci rendiamo conto del dramma che si aprirebbe nel Paese per le elezioni anticipate? Vorrebbe dire sciogliere le Camere fra qualche settimana, inter- rompere il percorso di riforma di superamento delle Province, di superamento del finanziamento dei partiti… il Paese non ci perdonerebbe».

L’Unità 26.01.14

"Sdegno per le minacce antisemite testa di maiale anche all’ambasciata", di Federica Angeli ed Emilio Orlando

È caccia ai mittenti dei tre pacchi con dentro teste di maiali indirizzati alla comunità ebraica romana: uno alla Sinagoga, uno all’ambasciata israeliana, l’ultimo al Museo di Roma, dove è in corso una mostra sulla Shoah. Due di questi pacchi non hanno mai lasciato il deposito della ditta di spedizione, il terzo è stato rispedito alla Tnt dal vigilante del museo (che ha segnalato alla polizia l’odore nauseante del plico) poiché non aveva il mittente. Un atto intimidatorio, un’azione antisemita che non ha precedenti a Roma e che arriva a quarantotto ore dalla giornata della Memoria.
Dentro uno dei plichi, arrivati giovedì sera al deposito capitolino della ditta di spedizioni Tnt Traco dal centro smistamento di Napoli, gli investigatori hanno trovato anche una lettera scritta a macchina.
Una sorta di rivendicazione che fa riferimento a Theodor Herzl, lo scrittore e avvocato ungherese di fine Ottocento fondatore del movimento sionista, e in cui appaiono frasi deliranti che parlano di Olocausto e deportazioni come «unico mezzo per arginare l’economia ebraica». La procura di Roma ha aperto un fascicolo al momento senza titolo di reato, in attesa dell’informativa della Digos: si sta valutando se procedere per istigazione all’odio razziale o minacce. Gli investigatori stanno lavorando in tandem con l’intelligence e la polizia postale per trovare, anche nelle maglie del web, tracce degli autori delle spedizioni. Che ci sia la mano di un gruppo organizzato, e non di un mitomane, è fuor di dubbio. Proprio per questo la polizia sta passando al setaccio alcuni ambienti dell’estrema destra già accusati, e condannati, anche nel recente passato di propaganda nazista e antisionista (Stormfront e Militia) attraverso Internet.
Intanto, mentre le indagini vanno avanti, svastiche e slogan antisemiti sono comparsi ieri mattina sui muri del quartiere Montesacro, dando un altro pugno nello stomaco a una città provata e sotto shock per l’intimidazione ai tre obiettivi della comunità ebraica. “Olocausto menzogna” e “Hanna
Frank bugiardona” (il nome della adolescente morta nel lager di Bergen-Belsen è stato storpiato) hanno invaso un quartiere dove molti commercianti di religione ebraica hanno la propria attività.
«La disgustosa provocazione », per dirla con un tweet della presidente della Camera Laura Boldrini, e «il gesto oltraggioso che dimostra di non dover mai abbassare la guardia» contro l’antisemitismo, secondo il presidente del Consiglio Enrico Letta, ha indignato tutto il mondo politico. Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha twittato: «Chi oltraggia la comunità ebraica offende Roma. Respingiamo con forza l’intimidazione di ieri alla Sinagoga». E l’Anpi, altrettanto amareggiata, ha dichiarato che quanto accaduto «è un oltraggio alla Memoria. Non solo la comunità ebraica romana, ma per tutta la capitale, offesa da un gesto vigliacco e sporco quanto chi lo ha compiuto». Anche Silvio Berlusconi si è detto solidale con la Comunità, e accogliendo il pensiero del presidente Pacifici, sottolinea l’importanza di «non farci distrarre dai grumi di intolleranza e ignoranza che esistono
ancora nel nostro Paese».

La Repubblica 26.01.14

"L’antidoto all’orrore", di Tobia Zevi

Ricordare l’esperienza della Liberazione dalla schiavitù non deve trasformarsi in un rituale ripetitivo e monotono, ma deve dare luogo a una riflessione profonda, introspettiva, sull’Egitto metaforico, e anche concreto, dal quale ogni Uomo deve affrancarsi. Il ricordo serve a condizionare l’esistenza e a migliorare il futuro insieme al nostro agire individuale e collettivo.
Questo ammonimento può essere utile ragionando sulla Giornata della Memoria. Istituita nel 2000 e inaugurata l’anno successivo, questa celebrazione si è dilatata nel tempo fino ad occupare l’intero mese di gennaio. Iniziative di tutti i tipi, scuole di ogni ordine e grado mobilitate per settimane, e poi convegni, pubblicazioni, trasmissioni televisive e film. Già negli anni passati alcune voci si erano levate per mettere in discussione tutto questo, ma il recente libretto di Elena Loewenthal Contro il Giorno della Memoria (Add editore) articola le critiche in modo certo provocatorio, ma utile, sistematico e sofferto.
Tre sono le questioni fondamentali: il Giorno della Memoria si è impropriamente trasformato in un «omaggio agli ebrei»; la tragedia della Shoah non viene percepita come una componente drammatica della propria memoria ma come una vicenda altrui che merita attenzione; l’enorme quantità di manifestazioni attorno alla Giornata può essere addirittura controproducente. L’identità ebraica è sovente confusa con la storia della Shoah. Una dinamica plurimillenaria, fatta certo di terribili persecuzioni ma anche di straordinari esempi di cultura, progresso, coraggio e continuità di un popolo, viene invece ridotta al momento terribile della sua distruzione. Gli ebrei sono rinchiusi con la loro tradizione in questa pagina nera della Storia quando invece per dirla con la Loewenthal alla Shoah gli ebrei forniscono i morti, ma i protagonisti sono altri. Anche il sionismo, movimento politico-culturale nato in Europa alla fine dell’Ottocento, sulla scorta dei vari risorgimenti romantici e nazionali, viene declassato a conseguenza indiretta e inconsapevole della Shoah. Noi ebrei non solo i sopravvissuti, tutti quanti siamo interpellati continuamente per raccontare la «nostra» Shoah, mentre Primo Levi spiegava che i sopravvissuti non possono raccontare l’orrore dei sommersi. Figuriamoci chi non c’era o non era ancora nato! E infatti in Israele la Shoah è evocata con un minuto immoto e silenzioso, rotto solo dal suono insistente di una sirena.
Questo malinteso ha come conseguenza che la storia dello sterminio degli ebrei, dei rom, degli omosessuali e degli handicappati sia percepita come una storia delle vittime, e non dei carnefici e degli indifferenti, cioè coloro che resero materialmente e moralmente possibile la più grande tragedia della storia umana. La Memoria della Shoah appartiene agli ebrei, le vittime, e non all’Europa, che, stuprando la sua cultura ricchissima e millenaria, si è trasformata in un cimitero a cielo aperto. Con un esito paradossale: la Memoria che, ascoltando i latini, dovrebbe essere magistravitae, non ci rende più vigili e accorti di fronte alle odierne manifestazioni di intolleranza, che purtroppo continuano a proliferare: basti pensare a quanto accade in Ungheria, ai teatri pieni di Dieudonné o anche agli insulti nei confronti della Ministra Cécile Kyenge.
Infine, la domanda fondamentale. La Giornata della Memoria ha accresciuto la consapevolezza del passato, in particolare quella dei giovani? Se ci soffermiamo sull’incredibile sequenza di risposte fornite dai concorrenti de L’eredità a Carlo Conti, dovremmo tristemente affermare il contrario. E altrettanto raccontano i dati delle ultime indagini in proposito. Probabilmente si tratta di un’immagine troppo negativa, e non bisogna disconoscere l’impegno straordinario dei testimoni e di moltissimi insegnanti, pur privi di un «calendario civile» in cui contestualizzare la Giornata.
Il lavoro nei luoghi di apprendimento è fondamentale e non c’è alternativa allo studio rigoroso della storia, così come è evidente che la conoscenza diretta dei sopravvissuti alla Shoah ed esperienze come i viaggi della Memoria possono stimolare la sete di conoscenza. Ma occorre non dare nulla per scontato. E non possono essere sottaciuti gli «effetti-paradosso» della Memoria: la diffusione sul web e nella pubblicistica di un antisemitismo travestito da critica all’«industria della Shoah»; l’aumento dell’ostilità nei confronti di Israele; il proliferare di una sub-cultura negazionista propalata come verità della minoranza.

L’Unità 26.01.14

"Finti poveri e invalidi Stato truffato per 5 mld", di Giulia Pilla

Peculato, malversazione, abuso d’ufficio, concussione, corruzione. E poi sprechi e truffe firmate da falsi invalidi e fin- ti poveri. Tutto a danno della pubblica amministrazione, che poi è la collettività, per un ammontare di 5 miliardi l’anno.

Solo un paio di giorni fa le immagini degli italiani in coda per pagare il saldo di tasse nella confusione generata dal ritocco delle aliquote tutte rialzate nella necessità di rimpinguare le casse statali e far fronte alla spesa pubblica. Da quelle stesse casse una parte d’Italia attinge in modo improprio. In pratica ruba. La Guardia di Finanza ha segnalato 19mila responsabili, smascherato oltre 3.400 finti poveri e 389 falsi invalidi nell’ambito «dell’azione a tutela dell’economia e dei cittadini onesti» che, precisa, non è fatta soltanto di lotta all’evasione fiscale – altro diffusissima piaga – ma anche contrastando gli illeciti «che minaccia- no l’integrità delle risorse pubbliche».

Di qui l’intervento delle Fiamme Gialle per reprimere le frodi e la cattiva gestione delle «uscite» dal bilancio nazionale, da quelli locali e anche da quelli comunitari. Episodi indigesti per chi paga le tasse e vorrebbe che le risorse venissero ben spese. L’indignazione aumenta davanti alla notizia di illeciti commessi per accedere a forme di agevolazione previdenziali e sanitarie create per sostenere le fasce più deboli della società.

PENSIONI PER MALATTIE INESISTENTI

Nel 2013 sono stati 25 mila gli interventi della Guardia di Finanza, tra indagini verifiche e accertamenti. Con un’attenzione particolare verso i reati contro la Pubblica amministrazione (corruzione, concussione, peculato, malversazione, abuso d’ufficio) commessi da amministratori funzionari e impiegati infedeli: alla fine ne sono stati contati e segnalati 19mila che in un modo o nell’altro han- no «sviato» le risorse pubbliche dalle finalità cui erano destinate. Oltre 4.300 sono state invece le denunce all’autorità giudiziaria di reati contro la Pubblica amministrazione. La voce «danni erariali» e «sprechi» costa oltre 3,5 miliardi di euro, di cui circa un terzo riferibile alla sola sanità pubblica. Il settore che più di altri pesa sui bilanci regionali e a cui molto spesso si deve il rischio di default delle Regioni.

C’è anche un altro tipo di truffa: trova protagoniste quelle imprese che, non avendone diritto, pur di avere finanziamenti italiani e/o comunitari, fanno carte false. Le indebite percezioni o richieste di fondi pubblici ammontano a 1,4 miliardi di euro: ai responsabili (alcuni responsabili) sono stati sequestrati bni, mobili e immobili, per 309 milioni.

Le frodi previdenziali e assistenziali «pesano» per 82 milioni di euro: si tratta principalmente di assegni o sostegni a invalidità inesistenti o più gravi di quelle reali, 389 casi quelli accertati; ci sono poi irregolarità nel lavoro agricolo (4.210 casi) e «assegni sociali» (445 ca- si).

Particolarmente colpito il Servizio sanitario nazionale: 1173 i truffatori denunciati per un «danno» equivalente a 23 milioni di euro. In 3.435 si erano invece dichiarati poveri, falsificando i dati su redditi e patrimoni pur di accedere ai benefici che la legge riserva alle famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese. Hanno così ottenuto – a scapito di altri – prestazioni sociali agevolate come l’accesso agli asili nido e ad altri servizi per l’infanzia, sconti sui ticket per le mense scolastiche, buoni libro per studenti e borse di studio, servizi socio-sanitari domiciliari ed agevolazioni per servizi di pubblica utilità, luce, gas o tra- sporti. Infine 1704 dipendenti pubblici e committenti sono stati segnalati per ca- si di incompatibilità e doppio lavoro, con conseguente contestazione di sanzioni amministrative per oltre 21 milioni di euro.

I nuovi dati delle Fiamme Gialle seguono di pochi giorni quelli relativi all’evasione fiscale accertata nel 2013. 57 miliardi tenuti nascosti al fisco. Con 8.315 evasori totali scoperti che hanno occultato redditi per 16,1 miliardi, ricavi non dichiarati e costi non deducibili scoperti sul fronte dell’evasione fiscale internazionale per 15,1 miliardi, ricavi non contabilizzati per 20,7 miliardi, oltre 4,9 miliardi di Iva evasa, di cui 2 mi-iardi riconducibili a «frodi carosello».

L’Unità 26.01.14

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Dai prof universitari ai dirigenti pubblici La truffa del doppio lavoro in nero”, di Fiorenza Sarzanini

Consulenze e prestazioni in conflitto con quelle statali: un danno da 8 milioni. Professori e ricercatori universitari che accettano consulenze oppure ottengono incarichi in società private. Alti funzionari di enti pubblici che svolgono attività in concorrenza o in conflitto con i compiti assegnati loro dallo Stato. Enti locali, Motorizzazione civile, Agenzia delle Entrate, Asl: sono migliaia i dipendenti con il «doppio lavoro». Dirigenti o semplici impiegati che, spesso in orario d’ufficio, sono altrove e percepiscono compensi «in nero». È uno dei capitoli del rapporto annuale della Guardia di Finanza sugli sprechi della «spesa pubblica» a destare maggior allarme. Perché si tratta di un fenomeno in crescita che drena le casse dell’Erario. Grave, come quello relativo al settore degli appalti che ha ormai raggiunto livelli da record: le gare «truccate» hanno causato nell’ultimo anno un danno economico di oltre un miliardo e 300mila euro.
«Baroni» e doppio lavoro
Sono decine i professori universitari già accusati di aver ottenuto incarichi in collegi sindacali e commissioni collaudi, ma anche consulenze per la realizzazione di progetti per aziende e addirittura docenze in strutture private. Una grave incompatibilità che — secondo le prime stime — ha provocato un danno di circa otto milioni di euro. Ma nuove indagini sono tuttora in corso su un fenomeno che ha dimensioni ben più ampie e non riguarda soltanto questo settore. Su 1.346 verifiche effettuate negli enti pubblici sono stati scoperti ben 1.704 impiegati con un secondo lavoro, nella maggior parte dei casi retribuito «in nero» e le sanzioni amministrative hanno superato i 21 milioni di euro.
Nella lista c’è un dirigente tecnico di svariati Comuni che faceva l’ingegnere per alcune imprese edili percependo oltre 200mila euro, esattamente come un suo collega impiegato in una Regione che però di euro ne ha presi 600mila. E poi un funzionario della Motorizzazione che effettuava perizie per i privati e un dirigente dell’Agenzia delle Entrate che aveva aperto uno studio da commercialista assistendo clienti che spesso avevano bisogno proprio per le contestazione di evasione fiscale, infermieri delle Asl che in realtà lavoravano in cliniche private.
I «cartelli» di imprese
Grave è la situazione per quel che riguarda gli appalti pubblici. Aumentano i controlli e migliorano i risultati ottenuti con interventi di prevenzione, ma il livello di corruzione dei funzionari che gestiscono settori strategici per l’economia del Paese si mantiene su livelli altissimi. Quello dei lavori Pubblici è certamente uno dei settori di maggiore interesse per chi deve garantire la legalità visto che il volume d’affari stimato dall’Autorità di Vigilanza del 2012 è stato di circa 95 miliardi di euro, equivalente al 5,9 per cento del prodotto interno lordo. Ebbene, nell’ultimo anno sono stati arrestati o denunciati «657 soggetti responsabili di turbata libertà degli incanti e frode belle pubbliche forniture». Dato ancora più eclatante emerge dall’attività svolta dai finanzieri su delega della Corte dei Conti perché «i soggetti segnalati alla magistratura contabile sono 1.186 soggetti e i danni erariali connessi a procedure di appalto un miliardo e 300 milioni di euro». L’illecito più grave, secondo quanto emerge dalla relazione, riguarda la costituzione di «cartelli preventivi tra imprese» che riescono in questo modo a pilotare le gare, oltre naturalmente all’erogazione di mazzette a chi deve materialmente gestire le procedure di assegnazione.
«Altre forme di illegalità — sottolineano gli analisti della Finanza — attengono alla materiale esecuzione dei contratti. In tale fase si annidano frodi nelle pubbliche forniture, inadempienze dannose per la regolare erogazione dei servizi pubblici, indebiti abbattimenti dei costi dell’opera tramite il ricorso al lavoro nero e ingiustificati rialzi dei valori delle commesse durante l’esecuzione, volti unicamente a drenare denaro pubblico in misura superiore a quella originariamente stabilita. Una realtà che si somma ai fenomeni di ingerenza della criminalità organizzata che sfociano in condotte violente o in comportamenti più subdoli di condizionamento dei mercati, con il riciclaggio e il reimpiego di cospicue masse di denaro provento di reato».
Da nord a sud, le modalità per truccare le gare mostrano spesso grande creatività. A Brindisi gli investigatori della Finanza hanno scoperto un’organizzazione formata da imprenditori e funzionari di una Asl che si spartivano i lavori riuscendo a eliminare la concorrenza. «Il meccanismo — è specificato nel dossier — consisteva nell’apertura fraudolenta e successiva chiusura delle buste contenenti le offerte economiche delle ditte, da parte dei componenti delle commissioni di seggio, tutte presiedute dal medesimo dirigente dell’Ufficio Tecnico, prima della procedura finale e nella comunicazione alla ditta “amica” delle informazioni acquisite per consentirle di formulare l’offerta più idonea».
Molto più sofisticato il sistema utilizzato a Monza dai titolari di alcune imprese che sono riusciti a ottenere commesse per 260 milioni di euro: la mazzetta veniva pagata «ai funzionari incaricati di redigere i capitolati di appalto dei vari bandi». I requisiti inseriti erano talmente stringenti da far risultare vincitrice sempre la stessa impresa. Un meccanismo simile a quello utilizzato a Milano da un ex dirigente del Comune che ha «venduto» a un imprenditore disposto a versare tangenti quattro appalti relativi ai servizi per la gestione delle «Case vacanza extraurbane», strutture che generalmente vengono utilizzate per l’accoglienza dei bambini durante il periodo estivo.
In questi casi di cattiva gestione dei fondi pubblici rientrano certamente le frodi su risorse nazionali e all’Unione europea, che possono causare gravi danni all’Italia soprattutto per quanto riguarda l’immagine internazionale. Perché anche nel 2013 si conferma altissima l’entità dei finanziamenti ottenuti per realizzare progetti in realtà inesistenti o comunque dal valore molto inferiore rispetto a quello dichiarato. Il bilancio finale parla di «indebite percezioni o richieste di fondi pubblici destinate al sostegno delle imprese pari a un miliardo e 400 milioni di euro».
Di questi, quasi un terzo provengono dall’Ue. «L’attività ispettiva della Guardia di Finanza — è scritto nella relazione annuale — ha consentito di individuare oltre 433 milioni di euro di provvidenze comunitarie indebitamente percepite o richieste riferibili a due settori di contribuzione: le Politiche agricole e i Fondi strutturali, nonché di segnalare all’autorità giudiziaria 793 soggetti per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato».
Fiorenza Sarzanini

Il Corriere della Sera 26.01.14

I ministri: «19 milioni per la sicurezza dei fiumi», di Carlo Gregori

Primo: sono stati reperiti 19 milioni per concludere il piano sul Nodo Idraulico di Modena. Secondo: verranno individuati i percorsi per avviare una procedura per arrivare a rimborsare i cittadini, i commercianti, gli imprenditori e gli agricoltori danneggiati. Terzo: si cerca di governare un ritorno alla normalità; da lunedì, a questo proposito, è confermato che le scuole delle zone colpite saranno riaperte. Questi i tre temi principali emersi ieri sera dopo il vertice alla Protezione civile di Marzaglia tra il ministro Graziano Delrio (Rapporti con le Regioni) e Andrea Orlando (Ambiente) insieme con il presidente della Regione Vasco Errani, i sindaci dei Comuni alluvionati, il presidente della Provincia Emilio Sabattini e tutte le autorità locali. È stato proprio il ministro Orlando ad annunciare il reperimento di fondi per destinare 19 milioni di euro al completamento del Nodo Idraulico modenese. «Abbiamo cercato di dare un po’ di sollievo da subito alla popolazione con il Decreto del Consiglio dei ministri che pospone il pagamento delle tasse. Adesso possiamo annunciare che, tenendo conto dei criteri per la programmazione dedicata alla sicurezza idrogeologico, destineremo i soldi dove c’è più bisogno e le poche risorse reperite saranno stanziate già dal 2014 per realizzare anche il completamento del Nodo Idraulico modenese». Non è una scelta conseguente all’alluvione, ha chiarito Orlando: era in programma da tempo. «Ma con quest’opera potremo affrontare le cause dell’alluvione dando un’ulteriore risposta per il futuro». Grande attenzione del governo per quanto accade a Modena è stata sottolineata dal ministro Delrio (ospite di casa, essendo reggiano): «Fin dalle prime ore siano stati in contatto con il prefetto, le forze dell’ordine, i sindaci, la Provincia e la Regione e abbiamo dato due risposte. È solo l’inizio – ha precisato – ma punteremo su una totale trasparenza soprattutto per capire le cause dell’accaduto. Non bisogna avere paura della verità». E poi un annuncio importante: «La prossima settimana con gli enti locali avvieremo una proceduta per arrivare a interventi puntuali. L’obiettivo è di aiutare le popolazioni e far sì che si riprendano il loro destino. Finora ha lavorato la Protezione civile, ora tocca alla politica». Delrio ha garantito che continuerà un raccordo tra governo ed enti a ogni livello. Infine, è stata confermata l’apertura delle scuole da luned ì. Un segno, è stato detto, per un ritorno alla normalità. Cauta soddisfazione dei sindaci coinvolti nel disastro provocato dalla rottura dell’argine del Secchia, presenti all’incontro. «È importante che ci sia un progetto complessivo che unisca gli interventi per l’emergenza e la soluzione al Nodo Idraulico», ha detto Giorgio Pighi per Modena ». Sandro Fogli di Bastiglia: «Bene per la gestione e la vicinanza del Governo, ma aspetto i risultati. Siamo sindaci di piccoli Comuni e qui rischiamo di vedere chiudere le attività commerciali e ridurci a paesi-dormitorio». Alberto Borghi di Bomporto: «La nostra gente si aspetta risposte precise, secche: vogliono solo ciò che hanno perso. Bene per il Nodo Idraulico, un’opera fondamentale». I sindaci hanno anche ricordato l’incontro con i parlamentari modenesi per far fronte comune in vista di risultati concreti e veloci.

La Gazzetta di Modena 26.01.14

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Errani: «Necessario lo stato di emergenza», Carlo Gregori

Il presidente della Regione: «L’obiettivo è trovare il modo di ripagare in fretta i cittadini». Vasco Errani, presidente della Regione, annuncia tre punti essenziali di intervento subito dopo l’incontro con i due ministri, i sindaci e le autorità: «Daremo una risposta secondo la massima trasparenza alle domande sulle cause della rottura dell’argine. Per questo ci siamo affidati alle università della regione e all’ateneo di Padova che ha l’eccellenza per queste indagini, chiedendo di mettere a disposizione le competenze migliori in campo ingegneristico». Errani ha aggiunto che le indagini sulle cause del disastro dovranno essere condotte con il massimo della trasparenza. Secondo, ottenere la dichiarazione di stato di emergenza e lavorare per il pieno riconoscimento dei danni subiti dai cittadini, dal commercio, dall’agricoltura e dalle imprese; dare soluzione al nodo idraulico di Modena, come ha già annunciato adesso il Governo, attraverso lo stanziamento di 19 milioni di euro. Errani ha ricordato che oggi verrà il prefetto Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, per un sopralluogo “de visu” sulle zone alluvionate. Il compito della politica è però ora volto alla popolazione, ha garantito: «Abbiamo avviato, come noto, un percorso per conoscere i danni subiti. Mi riferisco ai cittadini, ai commercianti, agli agricoltori e agli imprenditori del settore manifatturiero. Va aggiunto che questa procedura si sovrappone a quella già avviata per il terremoto ed è un fatto inedito che fa della gestione del territorio di Modena per queste emergenze un punto specifico su scala nazionale. Noi dobbiamo far sì che sia l’obiettivo trovare un percorso per risarcire i danni ai cittadini». Come è stato sottolineato anche in seguito, se per il terremoto le procedure sono più macchinose e complesse, per l’alluvione ci sono procedure più semplici. Errani ha anche insistito a lungo sull’importanza delle opere conclusive sul progetto del Nodo Idraulico modenese. «Capisco il dibattito e capisco le polemiche e la rabbia dei residenti ma questo intervento, che avevamo chiesto da molto tempo di finanziare, potrà dare una soluzione a tutto il sistema idrico locale, uno dei modi principali». E infine ha aggiunto. «Questi, ripeto, sono i primi interventi. Poi penseremo alla cassa integrazione in deroga e a interventi per riaprire le attività».

La Gazzetta di Modena 26.01.14