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“Un paese che perde il senso delle parole”, di Eugenio Scalfari

Il Vangelo di Giovanni comincia in un modo che neppure un non credente può dimenticarlo. Dice: «All’inizio c’è la Parola e la Parola è presso Dio, la Parola è Dio e tutte le cose che esistono è la Parola ad averle create».
Nel mondo di oggi c’è grande confusione perché siamo al passaggio di un’epoca e la Parola ha smarrito il senso e gli uomini hanno smarrito il senso, il senso del limite, dei diritti, dei doveri. Alcuni lottano per recuperarli, altri per distruggerli dalle fondamenta. Nel Gargantua
di Rabelais le parole si erano intirizzite dal freddo ma appena l’uomo ne afferrava una subito si scioglieva e nella mano gli restava soltanto una goccia d’acqua. Piaccia o no, noi siamo a questo punto. Perciò dobbiamo rieducarci e capire. Ha scritto ieri in questo giornale Giovanni Valentini, citando dal libro Una generazione in panchina di Andrea Scanzi, «prima di rottamare gli altri ognuno dovrebbe fare un esame di coscienza per riparare i propri errori ». Sono pienamente d’accordo, vale per me, vale per te, vale per tutti.
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I problemi sul tavolo sono molti. Direi che il primo riguarda la cosiddetta rivolta di piazza dei forconi, dove per fortuna i forconi sono soltanto un simbolo. La rivolta però c’è, coinvolge studenti, contadini, pensionati, ambulanti, camionisti. Salvo pochissimi, non vogliono trattare, vogliono abolire i partiti, il Parlamento, il governo, i sindacati.

In molte cose ricalcano il programma di Grillo ma neanche con lui vogliono avere rapporti. Vorrebbero insediare un governo provvisorio ma non sanno come fare e chi metterci. Hanno una vaga ispirazione fascista e infatti sono visti con simpatia da Casapound e da Forza Nuova; alcuni hanno anche sentimenti razzisti e antiebraici ma sono pochi. Nel frattempo ingombrano strade e città con centinaia di Tir. Gli spostamenti dei Tir sono costosi ma non si sa chi siano i finanziatori.
Questa è la situazione. Grillo comunque li osserva con interesse e Berlusconi con simpatia. Li avrebbe volentieri ricevuti ma poi l’incontro non c’è stato.
I Tir sono comunque il centro di queste manifestazioni. Ricordiamoci che fu la loro rivolta in Cile a mettere in ginocchio Allende aprendo la strada alla dittatura militare di Pinochet.
Da quanto par di capire oggi sembra però che i Tir siano disposti a trattare con il governo, anche se i capi della rivolta negano ogni possibilità di negoziato. Quanto ai disoccupati, i pensionati, i precari, si può fare ben poco finché la situazione economica non presenti miglioramenti sostanziali il che dovrebbe avvenire entro il prossimo semestre del 2014.
Intanto c’è un punto fermo e certificato: la recessione è finita. Il Pil negativo è aumentato di mezzo punto nello scorso trimestre e di un altro mezzo punto in questo, tornando in positivo; la produzione industriale è anch’essa in aumento. Il lavoro e i consumi non ancora. L’esportazione è largamente attiva. In altri tempi queste notizie avrebbero avuto ampia menzione nei telegiornali e sulla stampa, oggi sono ridotte al minimo e le cattive notizie hanno la meglio. Lo spread è a un minino di 226 e le aste dei titoli di Stato hanno rendimenti da minimo storico, ma nessuno se ne accorge.
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Le elezioni europee di primavera sono un appuntamento inquietante non solo per l’Italia ma per l’Europa intera, Germania compresa. I movimenti populisti, come quelli guidati dalla Le Pen, da Grillo e dalla Lega, sono presenti anche in Germania, in Grecia, in Irlanda, in Olanda, in Austria. Alcuni puntano su un nazionalismo vecchio stampo, naturalmente da loro guidato; altri su un Parlamento europeo ridotto all’impotenza dalla loro presenza minoritaria ma paralizzante; quasi tutti all’uscita dall’euro e al ritorno alla moneta nazionale. Su quest’ultimo punto i 5Stelle sono in testa a tutti gli altri.
In un paese normale basterebbe essere consapevoli di che cosa avverrebbe di una lira fuori dall’euro per far sì che il Movimento 5Stelle scomparisse dalla scena politica; invece viaggia tra il 21 e il 22 per cento con tendenza al rialzo. Come si spiega? Si spiega così: molti italiani pensano che le elezioni europee non contino niente e quindi possono servire a sfogare la rabbia che hanno in corpo e, siccome di rabbia ce n’è molta, sono molti quelli che voteranno Grillo.
La controprova sembra paradossale ma non lo è: molti elettori del Pd con sentimenti di sinistra non se la sono sentita di votare per Grillo e sapete che cosa hanno fatto? Hanno votato Renzi. Il maggior numero di votanti alle primarie che hanno scelto il sindaco di Firenze sono di sinistra.
Questo governo non gli piace, Alfano non gli piace, il Nuovo centrodestra non gli piace. Vogliono un monocolore Pd e se necessario si tratti con Grillo; quanto ad Alfano, cammini a pecorone.
Ora parliamoci chiaro: Alfano non è certo Orlando a Roncisvalle e Renzi ha ragione quando contrappone i trecento deputati Pd ai trenta del Ncd, ma forse ignora che cosa sia l’utilità marginale. I trenta di Alfano rappresentano appunto l’utilità marginale. Se escono dall’alleanza la maggioranza non c’è più. E allora, caro neosegretario, che facciamo? Mi piacerebbe conoscere la risposta. So bene che molti non amano la parola “stabilità” applicata al governo. Vogliono che il governo faccia, non che sia stabile.
Rabelais aveva proprio ragione quando diceva che le parole si squagliano nelle mani di chi le prende e diventano gocce d’acqua. La parola stabilità è preliminare, solo se si è stabili si fa, se non si è stabili si cade per terra. Possibile che questo mi tocchi spiegarlo? È umiliante per chi lo spiega e soprattutto per chi da solo non ci arriva.
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Il rapporto Letta-Renzi è già evidente da quanto fin qui ho scritto e soprattutto da quanto vediamo da tempo e in particolare dalle primarie in poi. Oggi Renzi si presenta all’Assemblea del Pd per l’investitura ufficiale. Parlerà. Ascolteremo. Lui sa bene che il padre guardiano di Letta è Napolitano, a parte il fatto che Letta può fare anche a meno di padri guardiani.
La vera battaglia dell’Italia in questo momento è in Europa e per l’Europa e nessuno meglio di Letta può condurla.
Renzi nel frattempo dovrebbe occuparsi del partito. Se posso dargli un consiglio disinteressato si consulti con Fabrizio Barca. Una nuova generazione alla guida del partito è necessaria ma bisogna educarla. Non riesco a vedere nessuno adatto a questo compito. Renzi di partiti ne sa poco, ha talento ma poca esperienza. Comunque la fortuna aiuta gli audaci.
Intanto il fuoco dei cannoni da strapazzo si concentra su Napolitano. Spara Grillo, spara Travaglio, spara perfino Barbara Spinelli. Quest’ultimo nome mi addolora profondamente. Sento da tempo un profondo affetto per Barbara e stima per la sua conoscenza dei classici, della filosofia, delle scritture d’ogni tempo e luogo. Ma conosce poco o nulla la storia d’Italia quando pensa e scrive che la decadenza cominciò negli anni Settanta del secolo scorso e perdura tuttora.
Questo, cara Barbara, è un Paese dove parte del popolo è incline e succube di demagoghi di ogni risma. Cominciò – pensa un po’ – da Cola di Rienzo; ha sempre odiato lo Stato e le istituzioni; Mussolini non fu un incidente della nostra storia come pensava Croce, ma un fenomeno con caratteristiche antropologiche prima ancora che politiche, come disse Ferruccio Parri.
Ho letto nel tuo ultimo articolo che forse il grillismo potrebbe essere sperimentato. E ho anche ascoltato l’altro giorno i tuoi appunti su Napolitano affidati alla “recitazione” di Travaglio.
Ti assicuro che da questo momento in poi cancello dalla mia memoria quanto ho ora ricordato. Voglio solo pensare il meglio di te a cominciare dal fatto che sei la figlia di Altiero Spinelli. Ricordalo sempre anche tu e sarà il tuo maggior bene.

La Repubblica 15.12.13

“La trappola del contagio”, di Gad Lerner

A Roma gli occupanti della Sapienza mostravano un cartello: “E oggi non ve lo togliete il casco?”. Dopo le botte prese, immagino gli prema distinguersi dai forconi: agli studenti la polizia mica ha concesso benevolenza. La differenza resta, d’accordo, ma quando il malessere sociale accomuna chi precipita nella scala sociale, e l’aria di rivolta serpeggia un po’ dappertutto, allora è il contagio a prevalere. Il pericolo non può che aumentare, con cadenza geometrica. Non si va più tanto per il sottile, fra destra e sinistra. Ma l’effetto contagio che suggestiona chi si attende una spallata antisistema è anche l’ambiguo contenitore di virus pericolosi, come dimostra la delirante uscita sulle colpe dei “banchieri ebrei” del leader dei Forconi piemontesi Andrea Zunino.
Non ho trovato fra i manifestanti nessuno che ne rivendicasse il complottismo antisemita, ma ben sappiamo che la ricerca del capro espiatorio, quando la miseria materiale s’intreccia con l’ignoranza e il pregiudizio, può avvelenare il senso comune di tanti disperati in buona fede. Radicalizzare il conflitto, da destra come da sinistra, comporta anche il rischio di resuscitare fantasmi e scatenare la caccia ai “nemici del popolo”. A chi si ritrova nelle università come nelle piazze, oggi è dovuto un surplus di precauzione.
Gli universitari romani ora chiedono le dimissioni del rettore Luigi Frati, accusato di clientelismo, ma l’episodio scatenante è stato l’invito da lui rivolto a Napolitano e Letta per un convegno nell’ateneo. Il capo dello Stato e il premier vengono additati come massimi responsabili della sofferenza generalizzata. Sono, per loro, il vertice di una classe dirigente da mandare tutta a casa, senza distinzioni. Non è forse la parola d’ordine contagiosa lanciata dai blocchi stradali di Torino, Genova, Milano?
Certo, a Scienze politiche sotto occupazione non si sente cantare “Fratelli d’Italia” come in piazzale Loreto a Milano, dove scandiscono la rima «Noi siamo il popolo, voi non siete un cazzo, uscite dal Palazzo ». Alla Sapienza usano un altro linguaggio, più politico, «Fuori i signori dell’austerity dall’università »; mentre in Loreto gridano «siamo apolitici» e sventolano il tricolore.
Eppure la diffidenza che nei primi giorni della rivolta teneva separati i centri sociali e la Fiom dal magma senza rappresentanza degli ambulanti e degli ultrà da stadio, ormai viene ritenuta eccessivamente schizzinosa anche da vecchi militanti della sinistra come Guido Viale e Marco Revelli. È stato proprio Viale a ricordare che il lungo ciclo di lotte della nuova classe operaia a Torino fu inaugurato nel 1962 da una sassaiola contro la sede Uil di piazza Statuto, che ebbe per protagonisti dei giovanissimi balordi mescolati ai militanti di base del partito comunista.
La citazione storica, mezzo secolo dopo, deve fare i conti con la demografia: ci sono, sì, i giovanissimi disoccupati, fra gli animatori dei blocchi stradali. Ma il coordinamento sembra piuttosto in mano a maturi esponenti di un lavoro autonomo impoverito, barbe lunghe
e pancia grossa, qualche orecchino e codino trattenuto con l’elastico, decisamente brizzolati. Sono questi signori con l’aria di saperla lunga che ripetono come un mantra: «Noi siamo l’Italia, noi siamo il popolo, a noi la politica non ci interessa, ormai anche Grillo ha i suoi deputati che prendono lo stipendio».
Così accade che proprio piazzale Loreto, col suo richiamo evocativo ai partigiani trucidati e al regime appeso a testa in giù, diviene il laboratorio di questo guardingo annusarsi fra destra e sinistra.
Tentate dalla spallata comune. Me lo dice chiaro Stefano, titolare di un’azienda di pulizie e ristrutturazioni, che qui viene riconosciuto come testa pensante: «Io sto pregando perché estrema destra e estrema sinistra si incontrino, metterle insieme è il nostro sogno. L’altra sera ci è toccato proteggere i ragazzi di Forza Nuova che ci avevano chiesto il permesso di venire con un loro striscione». Accanto a lui, per fare sì con la testa, il giovane Nicola si toglie la maschera di Anonymus e rassicura: «Se qui ci stiamo anche noi, gli antagonisti, è perché il pericolo di cadere preda dei fascisti non esiste. Dobbiamo credere nell’unità popolare».
Parte un coro di invocazioni da questa sorta di galleria di ritratti della marginalità sociale: «Ho 41 anni e da quattro non trovo lavoro. Sopravvivo perché mia madre ha venduto la casa per cui avevamo già pagato dieci anni di mutuo. Ti sembra giusto? È un paese marcio! ». «Io sono di destra ma l’ideologia politica non conta. Faccio assistenza tecnica per macchine da caffè, ma ora i bar li comprano i cinesi, sto facendo le carte per andarmene all’estero». «Siamo mamme arrabbiate, scrivilo!». Cantano: «La gente come noi non molla mai…».
Gli chiedo cosa vogliono, dopo quattro giorni che, a Rho come a piazzale Loreto, fermano le automobili per pochi minuti e aspettano via Facebook rinforzi che non arrivano mai. «Teniamo duro perché sentiamo che la gente è con noi, ci danno tutti ragione e poi non abbiamo nulla da perdere». Forse anche loro percepiscono che il contagio della rivolta si profila come un’eventualità tutt’altro che remota. Mi danno un volantino primitivo, di poche frasi: «Se non te ne sei accorto questa classe politica criminale ti sta pisciando addosso e ti racconta che è solo pioggia!».
Davvero pensate che con 2085 miliardi di debito pubblico il problema siano solo i costi della politica? «Lo sappiamo che in proporzione i soldi dei politici sono spiccioli, ma quella è la diga da rompere ». Credete anche voi alla teoria dei banchieri ebrei? «Macché, sono stupidaggini». Facebook li esalta con le fotografie di nuovi blocchi, altra gente in piazza. Sono sicuri di vincere. Confidano che nei prossimi giorni arriveranno gli indifferenti di ieri. Puntano sul contagio.

La Repubblica 14.12.13

Sisma, Ghizzoni “Approvate prime misure importanti volute dal Pd”

La Commissione Bilancio ha accolto tre emendamenti presentati dai deputati modenesi. Agevolazioni per quelle imprese che realizzano investimenti produttivi nei territori colpiti dal sisma 2012, la proroga di sei mesi dei termini per la verifica di sicurezza dei capannoni industriali e la proroga della presenza del personale che lavora negli uffici territoriali del Ministero per i Beni culturali: in mattinata la Commissione Bilancio ha approvato, e quindi inserito nel testo della Legge di stabilità, tre dei quattro emendamenti su cui hanno lavorato, in queste settimane, i deputati modenesi del Pd. “Un risultato importante – commenta Manuela Ghizzoni – a testimonianza del fatto che il nostro compito di parlamentari è quello di trasferire l’ascolto dei cittadini, che pure abbiamo iniziato immediatamente dopo il sisma, in iniziative legislative”.

Tre su quattro: i parlamentari modenesi del Pd – Davide Baruffi, Carlo Galli, Manuela Ghizzoni, Edoardo Patriarca, Giuditta Pini e Matteo Richetti -, ancora una volta, sono riusciti a far approvare misure importanti e attese nell’area del cratere sismico. Dei quattro emendamenti giudicati ammissibili, infatti, in mattinata, la Commissione Bilancio della Camera ne ha accolti tre, inserendoli direttamente nella Legge di stabilità. Si stabilisce, innanzitutto, che il commissario straordinario Errani potrà utilizzare parte delle risorse stanziate con il primo decreto n.74 per “agevolazioni in forma di contributo in conto capitale alle imprese che abbiano realizzato o realizzano investimenti produttivi nei territori dei Comuni colpiti dal terremoto”. Si tratta, si badi bene, di un tipo di agevolazioni già previste dai Trattati europei (non si ricade, insomma, nella fattispecie degli aiuti di Stato alle imprese vietati dalla normativa europea). Il secondo emendamento accolto dispone la proroga per altri sei mesi dei termini per la verifica di sicurezza dei capannoni industriali, altra misura richiesta dal territorio di cui le associazioni di categoria si erano fatte portavoce anche di recente. Infine, il terzo emendamento accolto dispone la proroga dei “comandi del personale della Pubblica amministrazione che lavora presso gli uffici territoriali del ministero per i Beni culturali presenti nelle province di Modena, Bologna e Reggio Emilia”. Misura fondamentale per consentire agli uffici il prosieguo del lavoro proprio ora che è partita la terza fase della ricostruzione, quella relativa ai beni culturali e architettonici. Non è invece stata accolta la richiesta di un’ulteriore proroga dell’estensione del conto energia agli impianti a energie rinnovabili il cui avvio era stato ritardato dal sisma. “Si tratta di risultati importanti– spiega la deputata Pd Manuela Ghizzoni – su cui tutta la squadra dei deputati modenesi del Pd ha lavorato con impegno, risultati che si aggiungono a quanto ottenuto dai nostri senatori a Palazzo Madama. A questo proposito, apprezzabile è l’iniziativa dei colleghi del Movimento 5 Stelle che, in queste ore, sono in tour nella Bassa: questo lavoro di ascolto dei cittadini il Pd, la Regione e le amministrazioni locali lo hanno iniziato già dalla mattina di quel tristemente famoso 20 maggio 2012. Ma compito di noi parlamentari è anche quello di portare a casa risultati legislativi”. Intanto i deputati modenesi del Pd sono già impegnati in un lavoro di interlocuzione con il relatore della Legge per riscrivere quegli emendamenti che sono stati dichiarati, in un primo momento, inammissibili in quanto dotati di copertura finanziaria parziale. “In queste ore, infatti, – conclude Manuela Ghizzoni – stiamo lavorando per reinserire nella Legge due richieste: l’incremento al 65% delle detrazioni fiscali per gli interventi antisismici ora ferme al 50% e la proroga per il pagamento della prima rata dei finanziamenti bancari ottenuti dalle imprese per poter pagare le tasse”.

“Aborto, astenersi a Strasburgo è stato un errore”, di Roberta Agostini

Non mi ha convinto l’intervento di David Sassoli ieri sull’Unità per spiegare la sua posizione rispetto alla proposta di risoluzione sulla salute ed i diritti riproduttivi respinta qualche giorno fa al Parlamento europeo. Sassoli dice: non votando quella risoluzione ho difeso la legge 194 ed «il suo delicato equilibrio tra diritti della donna, diritto alla vita e diritto all’obiezione di coscienza».
Ho letto e riletto il testo: approvarlo sarebbe stato, al contrario, molto importante anche per noi che abbiamo una buona legge ma che rischia di essere sempre meno applicata per l’impoverimento dei servizi pubblici e per l’abuso del ricorso all’obiezione di coscienza.
La risoluzione recita: «gli Stati membri dovrebbero regolamentare e monitorare il ricorso all’obiezione di coscienza nelle professioni chiave in modo da assicurare che l’assistenza sanitaria in materia di salute riproduttiva sia garantita come diritto individuale» perché «l’obiezione di coscienza è un diritto individuale e non una politica collettiva».
Nel nostro Paese la fotografia è impressionante, l’equilibrio è sempre più sbilanciato a favore dell’obiezione, l’Unità del 5 dicembre scorso ne dà un quadro abbastanza completo: nel Lazio su 391 ginecologi strutturati, 33 sono non obiettori, in Campania la percentuale dei non obiettori è del 16 per cento, in Calabria del 7 per cento.
È chiaro che la 194 rischia di essere carta straccia se non si prendono misure urgenti.
Per questo giudico un errore politico l’astensione di alcuni dei nostri parlamentari europei che, nei fatti, ha contribuito all’affossamento di una risoluzione che, peraltro, per sua natura, è un atto di indirizzo non vincolante e che dunque non può essere definita «un intervento a testa bassa». Al contrario, si è persa un’opportunità per condividere le migliori politiche europee sul terreno della salute riproduttiva e per far compiere quindi qualche passo avanti anche alle nostre politiche.
Il gruppo democratico alla Camera ha chiesto al governo, attraverso una mozione approvata qualche tempo fa, di aprire tavoli con le regioni per monitorare la situazione e rimuovere gli ostacoli che impediscono di garantire servizi ed assistenza alle donne che decidono di interrompere la gravidanza. Attendiamo dal governo indicazioni concrete e, se non ci saranno prime risposte, riproporremo con forza la nostra iniziativa parlamentare. Sulla piena applicazione della legge 194, il Pd deve dimostrare di essere coerente, in Italia, in Europa e nelle singole Regioni, dove le politiche si fanno e dove troppo spesso i servizi sono messi a rischio.
Siamo chiamati a dare risposte urgenti ed efficaci ai bisogni di salute e della vita quotidiana delle persone, risposte che si intrecciano con valori fondamentali di laicità delle istituzioni, di rispetto delle scelte dei singoli e dei diritti delle donne, che devono essere perseguiti, sempre, nella nostra iniziativa politica.

L’Unità 14.12.13

“L’antisemitismo tra i Forconi”, di Tobia Zevi

Di fronte alle dichiarazioni antisemite poi smentite di Andrea Zunino, portavoce dei Forconi, bene ha fatto Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, a esprimere la sua ferma condanna.
Perché da una parte non possiamo abbassare la guardia. Dobbiamo vigilare, denunciare, ammonire. A cominciare da quelle parole, come ha detto Gattegna, ispirate «dai più violenti e biechi stereotipi antisemiti», che offendono «non soltanto la memoria di milioni di individui che in nome dell’ ideologia nazista trovarono la morte tra le più atroci sofferenze ma soprattutto l’intelligenza, la coscienza democratica e la maturità di quella popolazione italiana le cui istanze ci si propone di rappresentare, evidentemente in modo inadeguato, nella strade e nelle piazze di tutto il paese». Dall’altra parte, dobbiamo evitare che queste esternazioni facciano il gioco di sedicenti leader, inquinando e sporcando le ragioni di un movimento di protesta che, pur tra mille contraddizioni, esprime un disagio crescente in tutta la società italiana.
Il sentiero è assai stretto. Non possiamo permetterci di banalizzare, derubricando a sciocchezze affermazioni di una gravità inaudita (come quando si parla di «barbarie nazi-fascista», escludendo i lager dal novero delle manifestazioni umane, troppo umane), ma dobbiamo percorrere la via del ragionamento. In questo senso ci aiuta quanto descritto su queste colonne da Luigi Manconi, che ha raccontato il rogo recente, in Ungheria, delle poesie di Milós Radnóti, poeta e martire ebreo del Novecento, la cui memoria è presa di mira da gruppi nazistoidi ben coccolati dal partito di governo. Roghi di libri – ricorda qualcosa, sempre a proposito di Forconi? – cui è seguita la distruzione della statua dell’artista.
Solo pochi mesi fa il Congresso mondiale ebraico scelse di tenere la sua Assemblea generale a Budapest per destare l’attenzione del mondo su quanto avviene dalle parti del Danubio: discriminazioni nei confronti di ebrei e Rom; leggi liberticide nei confronti dei giornalisti (Beppe Grillo potrebbe prendere spunto!); impunità per milizie neo-naziste che agiscono e minacciano nei quartieri e per le strade. E vengono alla mente, nella nostra ignavia e nel nostro disinteresse, le parole pronunciate dal direttore dell’Agenzia di stampa ungherese pochi minuti prima di essere assassinato dai soldati sovietici, riportate da Milan Kundera nel 1984: «Moriremo per l’Ungheria e per l’Europa».
Che cosa sta accadendo nel nostro continente? Marine Le Pen e i movimenti euroscettici sembrano rafforzarsi e persino prevalere un po’ ovunque, mentre la crisi economica non si interrompe, le diseguaglianze aumentano, e le istituzioni comunitarie si mostrano afasiche di fronte a drammi epocali come i flussi migratori dall’Africa e incapaci di fronte agli aneliti di libertà provenienti dall’Ucraina. I leghisti, dal canto loro, ospitano sia Le Pen sia i Forconi, trait d’union delle pulsioni più preoccupanti in circolazione. È la retorica dei «poteri forti», quella vergognosamente riassunta da Zunino. Una formula abusata che fa perno proprio sulla sua indeterminatezza. E che ha ovviamente grande presa sulla protesta disorganizzata, confusa, rabbiosa, sostanzialmente miope che si manifesta in questi giorni.
Anziché analizzare le ragioni di una crisi epocale, che affonda le sue radici nel ricorso esasperato alla finanza e al consumo di merci e del pianeta; anziché interrogarci sul modello di sviluppo che abbiamo sposato e sugli errori compiuti; anziché studiare i cambiamenti profondi imposti dalla globalizzazione nelle sue mille sfaccettature, ci si rifugia nella sciatteria e nel pressapochismo.
Si umilia la lingua. Ma mentre la precisione linguistica è una prova di qualità democratica (come spiegava George Orwell), la confusione è invece un primo campanello d’allarme. Si va alla ricerca di un capro espiatorio, spesso ancora sfuggente («tecnocrati», «euroburocrati»). Ma su questa china, prima o poi si finisce agli ebrei. Anche se oggi se la prendono anche con immigrati o zingari.
In questo momento gli ebrei ungheresi, se possono, lasciano l’Ungheria. Come mi disse anni fa un leader druso libanese, che certamente non conosceva la poesia di Bertold Brecht: «Quand les juifs partent, c’est un mauvais signe», («quando lasciano gli ebrei, è un brutto segno). Cerchiamo di fare qualcosa.

L’Unità 14.12.13

“Sconti Rc auto e aiuti alle imprese Partita Iva obbligatoria per i giganti web”, di

Sconti sulle tariffe assicurative per la Rc auto in media del 7%, riduzione delle bollette energetiche soprattutto per imprese e consumatori per 800 milioni, detrazioni al 19 per cento per chi acquista libri (scolastici, ma anche saggi e romanzi). Spinta alla internazionalizzazione delle imprese: con il raddoppio dei fondi per l’Ice, certificati in lingua inglese e orario lungo per gli uffici doganali. Bonus per ricerca e sviluppo. Il piano “Destinazione Italia” varato ieri dal Consiglio dei ministri prova ad agganciare la ripresa economica.
Intanto la Commissione bilancio della Camera ha approvato l’emendamento Pd sulla cosiddetta web tax: servizi e prodotti online di multinazionali del web, come ad esempio Google, potranno essere acquistati, nel nostro Paese, solo «da soggetti titolari di una partita iva italiana». Il governo si è rimesso all’aula. La disposizione si applica anche nel caso in cui l’operazione di compravendita sia stata effettuata mediante centri media, operatori terzi e soggetti inserzionisti.
Tornando alla Rc auto, che secondo dati di Federconsumatori-Adsusbef, è rincarata negli ultimi 18 anni del 245% – gli sconti sono condizionati all’accettazione da parte dell’automobilista della cosiddetta «scatola nera», al consenso alla riparazione presso i carrozzieri convenzionati e al ricorso a strutture sanitarie indicate dalle compagnie. «L’obiettivo è rendere il più possibile corretto il comportamento degli automobilisti. Il meccanismo di abbassamento non è affidato al mercato, ma sarà automatico», ha commentato il ministro per lo Sviluppo Zanonato. Nel dettaglio, sono tre le strade previste per la riduzione: si potrà avere uno sconto fino al 7% se si accetterà di installare nella propria autovettura la cosiddetta «scatola nera», un apparecchio che si monta vicino al parabrezza e serve per tracciare le dinamiche in caso di incidente ed evitare le truffe. L’altra strada che porta allo sconto è risarcimento del danno avvalendosi di una officina convenzionata con la compagnia assicurativa: in questo caso si può risparmiare il 5% e fino al 10 nelle zone dove ci sono maggiori frodi. Infine sconti si avranno anche se si accetteranno prestazioni medico-sanitarie relative al sinistro in strutture convenzionate con le compagnie.
Arrivano sconti anche per le bollette energetiche: in pratica si potranno spalmare sulle tariffe riduzioni per un ammontare complessivo di circa 800 milioni che verranno da una rimodulazione degli incentivi per la produzione di energia pulita. Di conseguenza il peso degli incentivi ecologici che si pagano normalmente sulle bollette di casa diminuiranno e sarà anche anticipato alle ore del tardo pomeriggio l’inizio della fascia di consumo a basso costo della notte.
Nel provvedimento viene anche impressa una spinta agli stanziamenti per promuovere l’export italiano nel mondo. «Ci sarà una spinta incisiva alla internazionalizzazione », ha dichiarato il viceministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda. Il provvedimento prevede che l’Ice potrà contare per il 2014 su una dotazione doppia rispetto a quella del 2013. Nel decreto sono previste inoltre misure per facilitare gli scambi commerciali e l’attività internazionale delle imprese come l’estensione dell’orario di apertura degli uffici dell’Agenzia delle Dogane, il rilascio di certificati camerali in lingua inglese, la possibilità per le Camere di commercio di rilasciare documenti per la commercializzazione di prodotti. Il decreto offre inoltre un credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo: il tetto è di 200 milioni e ciascun beneficiario può goderne fino a un massimo annuale di 2,5 milioni. Vengono poi introdotti voucher da 10mila euro per la digitalizzazione delle imprese, nonché la possibilità di emettere mini-bond per aggirare il credit crunch.
Infine gli sconti per i libri: una boccata d’ossigeno in un mondo dominato dalla rete voluta dal ministro per i Beni culturali Massimo Bray. Gli sconti prevedono una detrazione pari al 19% per l’acquisto di libri fino ad un tetto di 2000 euro (1.000 per i libri scolastici e 1.000 per le altre pubblicazioni).

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“Giù la ricchezza degli italiani la crisi brucia oltre 800 miliardi cede anche il valore delle case”, di ELENA POLIDORI

La recessione colpisce duro, gli italiani sono sempre più poveri. Dalla fine del 2007 e dunque dall’inizio della crisi, fino a tutto il 2012, la ricchezza delle famiglie s’è erosa a prezzi costanti del 9%. E la tendenza è continuata anche quest’anno: nei primi sei mesi il calo in termini reali è dell’1,1%.
Tradotto in quattrini, significa che nel periodo sono stati «bruciati» oltre 800 miliardi di euro. Nel 2007, infatti, secondo i calcoli della Banca d’Italia, ammontava a 9.385 miliardi la ricchezza netta delle famiglie, ovvero la somma di attività reali (case, terreni) e di attività finanziarie (depositi, titoli, azioni) al netto delle passività finanziarie (mutui, prestiti personali). Nel 2012, questa somma, è scesa a 8.542.
Aumentano i poveri, dunque. Ma è il quadro complessivo che resta incerto, quando non addirittura buio. Sempre dallo stesso documento – un supplemento al Bollettino statistico di via Nazionale- vengono fuori altri dati significativi. Per esempio che per la prima volta dal 1995 va giù il valore delle case. In cifre: alla fine del 2012 era calato a 4.832 miliardi di euro (-3,9%, pari a 194 miliardi) e questo ribasso è proseguito anche nei primi sei mesi 2013 (-1,8%). Ma c’è anche un’altra novità che intacca l’attitudine storica ad essere «formiche» di tutti gli italiani: nel 2012, per il settimo anno consecutivo, il risparmio scende in termini nominali, risultando pari a 36 miliardi: era circa 100, sempre a prezzi correnti, alla fine degli anni novanta. Famiglie «nel baratro della povertà», tuonano i consumatori del Codacons. E la Cgil denuncia : un pensionato
su due fatica ad arrivare alla fine del mese e si ritrova così costretto a rimandare i pagamenti, a intaccare i propri risparmi, a chiedere prestiti e aiuti ad altri. Non solo: il 37% è arrivato a ridurre anche i consumi alimentari pur di tirare avanti.
Eppure tra le tante ombre che regalano le statistiche un fascio di luce arriva dal confronto internazionale. Da una tavola redatta dagli esperti del governatore Visco viene fuori che , nonostante la crisi e grazie ad un minore livello di indebitamento, le famiglie italiane detengono una maggiore ricchezza rispetto a quelle tedesche, americane e canadesi. Nel 2011 – qui si fermano i dati-l’Italia supera anche il Giappone ma deve incassare il sorpasso della Francia. Sempre in quell’anno la ricchezza netta degli italiani era pari a quasi 7,9 volte il reddito lordo disponibile.
A fine 2012 la ricchezza netta delle famiglie corrispondeva a circa 143 mila euro pro-capite e a 357 mila per nucleo familiare. Le attività reali rappresentavano il 61,1% del totale, quelle finanziarie il 38,9. Le passità, di poco inferiori a 900 miliardi, sfioravano il 10% delle attività complessive. Rispetto all’anno precedente, il valore delle ricchezza netta complessiva è sceso dello 0,6% a prezzi correnti.

La Repubblica 14.12.13

Sparisce la distinzione tra figli «legittimi» e «naturali», di Osvaldo Sabato

Una vera e propria rivoluzione che cancella dalle norme italiane la distinzione fra figli legittimi e naturali. Con l’approvazione di ieri del Consiglio dei Ministri del decreto legislativo di revisione delle disposizioni in materia di filiazioni, come ha spiegato il premier Enrico Letta viene «tolto dal codice civile qualunque aggettivazione alla parola figli: da adesso in poi saranno tutti figli e basta». In altri termini da ora in poi nella nostra legislazione non ci sarà più nessuna discriminazione fra i figli nati dentro e fuori il matrimonio. I piccoli delle coppie civilmente sposate avranno, quindi, gli stessi diritti delle coppie di fatto. Anche quelli adottati.
Il testo del decreto legislativo, predisposto nell’ambito della Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, guidata dal professore Cesare Massimo Bianca, prevede il principio dell’unicità dello stato di figlio e la conseguente eliminazione di ogni forma di discriminazioni fra i differenti status e il provvedimento garantisce la completa uguaglianza giuridica in materia civilistica e penale, rispettando così l’articolo 30 della Costituzione. Il tutto al fine di garantire «la completa eguaglianza giuridica degli stessi» ha precisato Letta. Questo significa che anche i codici di procedura civile e penale, la legge consolare, dovranno essere aggiornati alla luce della decisione di ieri. Un decreto che interessa moltissime persone, se si pensa che oggi in Italia un bambino su quattro è nato fuori dal matrimonio. Sono centomila i figli naturali nel nostro paese, il 20% del totale. In questo modo Palazzo Chigi cancella un’anacronistica differenza e si mette in linea con i principali Paesi europei.
Già nel novembre del 2012 la Camera aveva approvato il disegno di legge che parificava i figli legittimi e naturali. Nell’articolo 74 veniva specificato che «la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo». Ma quali sono gli effetti concreti del decreto legislativo del Cdm di ieri? Il più importante è il principio per cui la «filiazione fuori dal matrimonio produce effetti successori nei confronti di tutti i parenti, allo stesso modo in cui li produce la filiazione nel matrimonio». Eliminando così quelle norme che fanno riferimento ai figli «legittimi» e ai figli «naturali», sostituendoli con quello di «figlio».
Superata anche la nozione di «potestà genitoriale» sostituita dalla «responsabilità genitoriale». Non è una differenza di poco conto: cambia sostanzialmente tutto perché ad essere privilegiato è «il superiore interesse dei figli minori». In questo concetto rientra anche la cancellazione di qualsiasi discriminazione dei figli adottivi.
Quando ad essere adottato è un minorenne acquisisce lo stato di figlio «nato nel matrimonio». Se ad essere adottato è un maggiorenne non è previsto alcun vincolo di parentela con i parenti degli adottanti.
Questa parificazione ha conseguenze anche ai fini ereditari.
Molto importante è la parte del decreto che regolamenta le successioni: viene previsto un termine di prescrizione di dieci anni per l’accettazione dell’eredità per i figli nati fuori dal matrimonio e cancella il «diritto di commutazione» in capo ai figli legittimi fino ad oggi previsto per l’eredità dei figli naturali. In precedenza in base alla «commutazione» i figli legittimi potevano soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali. Ora non sarà più così: quando c’è di mezzo un’eredità tutti i figli, naturali o legittimi, avranno gli stessi diritti. E in questo modo viene soppressa la principale discriminazione (ex articolo 537, comma 2 del codice civile) ai danni dei nati fuori dal matrimonio.
Lo stesso decreto affronta anche il grave problema dell’abbandono dei minorenni da parte dei genitori. Quando si verifica i Tribunali dei minorenni segnalano ai comuni le condizioni di indigenza delle famiglie. È previsto anche l’ascolto dei minori, se capaci di discernimento, quando ci sono dei procedimenti che li riguardano e recependo la giurisprudenza della Consulta e della Cassazione il termine per proporre l’azione di disconoscimento della paternità è limitato a cinque anni dalla nascita.
Introdotto anche il diritto degli ascendenti di mantenere «rapporti significativi» con i nipoti minorenni. Ed è prevista una tutela per i nonni con la «legittimazione degli ascendenti» a far valere «il diritto di mantenere rapporti significativi con i minori» valutando le istanze «alla luce del superiore interesse dei minori».

L’Unità 14.12.13