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Carpi (MO) – Inaugurazione Festa Partito Democratico

Apertura della Festa e inaugurazione mostra:
“Emilia adesso. Un anno dopo il sisma”
Taglio del nastro con
Manuela Ghizzoni – parlamentare PD
Alberto Bellelli – coordinatore PD Unione Terre d’argine
Paolo Negro – segretario Provinciale PD
I sindaci dell’Unione Terre d’argine
A seguire intervista a
Roberto Speranza – Capogruppo PD alla Camera
Davide Baruffi – parlamentare PD

"Il centrodestra si decida", di Claudio Sardo

In uno stato di diritto le sentenze si rispettano. Ovviamente si discutono, si criticano, ma le parole usate ieri da molti dirigenti del Pdl, compresi alcuni ministri, sono assolutamente intollerabili. Tecnicamente eversive. Non brinderemo mai per la condanna di una persona, chiunque essa sia, ma la giustizia non può essere amministrata in altro modo se non attraverso le procedure previste dall’ordinamento: ecco perché ci si difende nei processi, non dai processi.

Ecco perché i gravissimi commenti, misti a minacce e insulti, seguiti ieri al giudizio di primo grado del Tribunale di Milano, rappresentano un’aggressione alle istituzioni, al bene comune, al senso minimo del dovere che regola la vita di una comunità.
Farebbero bene Berlusconi e i fedelissimi a ripensare piuttosto ai modi arroganti e offensivi con i quali hanno condotto la strategia difensiva in questi mesi. Offensivi verso le istituzioni, ma anche verso il buon senso. Berlusconi ha sostenuto che Ruby fosse la nipote di Mubarak, non solo davanti ad una funzionaria di polizia, ma poi anche in un dibattito parlamentare, ritenendo sufficiente la protezione della maggioranza politica pro-tempore. Berlusconi e i suoi avvocati hanno provocatoriamente negato le evidenze, hanno usato espedienti dilatori, hanno cercato lo scontro istituzionale con i magistrati, hanno tentato in modo spregiudicato di servirsi del potere del capo del governo: il tutto con l’obiettivo di sottrarre un imputato al processo. Una linea costante nel tempo, che ha colpito il Paese. La recente sentenza della Corte costituzionale è stata di per sé una dura condanna ai comportamenti dell’ex premier, perché ha denunciato pubblicamente la violazione del principio di leale collaborazione istituzionale. Vogliono ancora continuare così? Vogliono alzare la posta del conflitto? Vogliono sostenere che Berlusconi non può essere giudicato perché unto del Signore?
Dicono che c’è un pregiudizio, una persecuzione. Ma i reati contestati sono di una gravità enorme. Sono un macigno per un uomo pubblico, costituzionalmente chiamato a servire con decoro e disciplina le istituzioni. Ci disgustano e ci spaventano le scene di chi agita il cappio, o lancia le monetine, o sventola le manette. Ma è ancor più inaccettabile che la seconda forza politica del Parlamento faccia dell’immunità del suo Capo la sua priorità programmatica, peraltro dopo che questa è stata la priorità del governo Berlusconi.
Concussione e costrizione alla prostituzione: di questo stiamo parlando. Ma solo un Paese senza dignità può far finta di nulla.
Peraltro, la storia di Ruby non è la sceneggiatura di un film di quart’ordine: il bunga bunga e la nipote di Mubarak sono diventati le formule-chiave del discredito italiano nel mondo nella degenerazione dei governi Berlusconi. Qualcuno del centrodestra davvero pensa ancora che il loro «padrone» possa uscire da questa vicenda con un atto di forza, con un salvacondotto, con una gogna imposta ai magistrati? Ma di quale mondo parlano? Ma si rendono conto della responsabilità della politica in questa drammatica crisi, in cui milioni di persone scivolano nella povertà, perdono il lavoro, mangiano di meno alla fine del mese? Qualche perverso fantasista ha persino immaginato di proporre Berlusconi come senatore a vita, oppure di battezzare il governo Letta come «pacificatore», intendendo con ciò l’impunità garantita al Cavaliere.
Invece la legge è uguale per tutti. La politica deve essere ancor più severa con se stessa di quanto non sia la legge con i cittadini (bene ha fatto ieri Iosefa Idem a dimettersi). E il diritto va rispettato, anzitutto non piegandolo alla convenienza politica. Se Berlusconi sarà condannato, la condanna dovrà essere eseguita nei termini previsti. L’essere leader del centrodestra non è un’attenuante, né un’aggravante. Se fosse confermata in Cassazione l’interdizione dai pubblici uffici, il Senato non potrà sottrarsi a votare la decadenza. Per la stessa ragione, una maggioranza politica non può cambiare oggi la prassi sull’ineleggibilità di Berlusconi: sarebbe come tradire il carattere giurisdizionale di quella decisione, che pure è affidata alla giustizia domestica del Parlamento. La legge e il diritto si rispettano se la politica rispetta il proprio limite ed evita l’invasione di campo.
Berlusconi dovrebbe riflettere su quanto è costato all’Italia il suo comportamento, e quanto costa oggi la reazione del suo partito alla sentenza. Il centrodestra è a un bivio strategico. Deve scegliere tra due strade. O sostiene il governo Letta, fino a consentirgli le riforme istituzionali ed elettorale, e usa questo tempo per darsi una struttura democratica interna e una successione a Berlusconi, oppure si chiude nel bunker del Capo, confermando il carattere personale, anzi proprietario, di quel non-partito. È una scelta importante, che avrà riflessi sull’intero sistema. Perché avremmo bisogno di un centrodestra aperto, democratico, come nel resto d’Europa. Non tocca a noi chiedere a Berlusconi di fare il passo indietro. Ma la realtà è che oggi due leader su tre, nel nostro strano tripolarismo, sono già leader extra-parlamentari. Così il rischio Italia è più alto.

L’Unità 25.06.13

"Appalti truccati e tangenti. I pm indagano al Miur", di Vincenzo Ricciarelli

Abuso d’ufficio è l’accusa formulata dalla Procura di Roma. Presto sentiti alcuni dirigenti. «Pillole del sapere» della Gelmini comprate senza bando. Sprechi, favoritismi, appalti pilotati e una «cricca» ad orientare gli stanziamenti del ministero in fatto di ricerca. E poi un corvo e un dossier segreto recapitato ai giornali e alla procura. È su questo scenario che indagano i pubblici ministeri romani che hanno aperto una inchiesta sulle presunte irregolarità nella gestione dei fondi per la ricerca da parte del ministero dell’istruzione e dell’Università. Un fascicolo che riporta, come ipotesi di reato, la dicitura «abuso d’ufficio» e che potrebbe portare nei prossimi gio ni a sfilare a piazzale Clodio, nell’ufficio del pm Roberto Felici, alcuni funzionari del ministero ed imprenditori, previa iscrizione sul registro degli indagati. A loro i magistrati chiederanno dell’esi- stenza di una presunta «cricca» di dirigenti e consulenti del dicastero che, in cambio di tangenti, favori e altre utilità, avrebbero gestito ingenti somme di denaro a beneficio di aziende amiche, per le quali erano stati formulati bandi di gara «ad hoc». Al centro dell’indagine anche la destinazione di soldi per i prodotti didattici multimediali denominati «Pillole del sapere».

La vicenda su cui indaga la procura di Roma ha inizio nel novembre del 2012 quando nel ministero di viale Trastevere siede ancora Francesco Profumo. A svelare i segreti dell’esistenza di una cricca è un lungo memoriale anonimo inviato ai pm romani e al Fatto Quotidiano e le rivelazioni successive fatte dalla trasmissione di Rai3 Report. Nelle oltre cento pagine l’anonimo raccontava un «siste- ma» solidamente strutturato creato in uno dei centri di spesa principali del go- verno: la Direzione Generale della Ricerca, responsabile dell’erogazione di 6,2 miliardi di contributi comunitari a fondo perduto, 3 miliardi di budget statale e un miliardo l’anno di fondi ordinari per gli enti di ricerca. Un flusso di finanziamenti in parte già finiti al centro di alcune inchieste per truffa, dal dissesto dell’Idi romana al Gruppo Silva che dirottava al nord i fondi europei per il Meridione. Secondo l’anonimo, che nell’esposto elencava nomi e cognomi della presunta truffa, erano decine le aziende che, con la compliità dei funzio- nari del ministero, potevano godere di trattamenti di favore nell’erogazione dei fondi, ovviamente pur non avendone i requisiti. Tangenti, scambi di favore, appalti pilotati, assunzioni e consulenze che avrebbero oliato il sistema in grado di «orientare» stanziamenti per centinaia di milioni di euro e influire sul destino di progetti spesso bocciati dagli esperti ministeriali . «Le compagini di progetti che vinceranno sono organizzate dall’interno, prima ancora dell’avvio dei bandi», ha scritto l’anonimo nel suo dossier. Storture che sarebbero state rese possibili dalla costante violazione delle norme e dei ruoli negli uffici che si occupano della validazione dei progetti presentati al ministero e al successivo controllo, in cambio di utilità diverse, dal semplice fare carriera all’ottenere danaro o consulenze dalle stesse imprese. E nell’elenco dei nominativi inclusi dall’anonimo nel dossier comparirebbero, secondo indiscrezioni, anche alcuni stretti collaboratori degli ex ministri Gelmini e Profumo. Il quale, una volta avuta notizia del dossier, ha avviato una indagine interna i cui risultati sono stati poi trasmessi alla procura. Stando alle indiscrezioni episodi di corruzione non sarebbero finora emersi dai primi accertamenti mentre, con riferimento al programma didattico denominato «Pillole del sapere», è al vaglio della procura un finanziamento di poco superiore a 900mila euro con una assegnazione su misura ad una società. Sulla vicenda anche la Corte dei Conti del Lazio ha avviato accertamenti sulla gestione dei fondi pubblici.

Il progetto «Pillole del sapere», su cui Report di Milena Gabanelli ha indagato a lungo, è relativo ad un format di 12 mini filmati divulgativi da 3 minuti che il Miur, ai tempi della Gelmini, ha acquistato attraverso Ansas, l’agenzia ministeriale che si occupa di autonomia scolastica,senza alcun bando da una società p gandoli 40 mila euro l’uno. A realizzare le pillole e alcuni formato (per un totale di circa 730mila euro) è stata la Interattiva Media, azienda di proprietà di Ilaria Sbressa, moglie di Andrea Ambrogetti, responsabile relazioni istituzionali di Mediaset e presidente di Dgtvi, l’associazione per il digitale terrestre. Dopo la denuncia di Report la Ragioneria di Stato aveva inviato i propri ispettori al Miur in quegli stessi uffici in cui si sono presentate anche le Fiamme Gialle. Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, non in carica all’epoca dei fatti, ha assicurato «massima trasparenza e collaborazione». «Ho rispetto e fiducia – ha detto il ministro – nel lavoro della magistratura».

L’Unità 25.06.13

"Il gran caos dei bisogni speciali", di Alessandra Ricciardi

A tutti i docenti capita di dover gestire classi con alunni iperattivi o che non spiccicano una parola di italiano. Alunni che non necessitano del supporto di un docente di sostegno, visto che non si tratta assolutamente di difficoltà mediche certificate, ma di un piano personalizzato di studi sì.

Da quest’anno le esigenze degli alunni devono essere tutte schedate per rispondere alla rilevazione dei Bes, i bisogni educativi speciali, strumentali al piano per l’inclusione e alla successiva elaborazione di piani personalizzati che dovranno coinvolgere il personale scolastico a vario modo in servizio, dai docenti di sostegno, se ci sono, agli Ata. La schedatura dovrà indicare le disabilità certificate, i disturbi evolutivi specifici, come i disturbi dell’apprendimento, ma anche eventuali situazioni di svantaggio, da quella sociale ed economica a quella linguistica e culturale, dal disagio del comportamento a quello relazionale. A doverlo fare sono i collegi dei docenti che, in base a quanto previsto dalla circolare ministeriale n.8 del marzo scorso, e sulla scorta del lavoro fatto da un gruppo interno ad hoc, dovranno stilare il piano per l’inclusione e trasmetterlo alle direzioni regionali entro il 30 giugno. Ma nelle scuole la protesta contro questo nuovo adempimento sta crescendo. I docenti non contestano l’opportunità di interventi didattici personalizzati (da tempo già realtà) ma che si porti a regime un sistema senza prevedere a monte le risorse aggiuntive necessarie. Tanto che la stessa circolare ministeriale prevede che il piano venga aggiornato a settembre in base ai fondi effettivamente assegnati alle scuole. Ma c’è anche una carenza di indicazioni, è la lamentela che sta prendendo piede via web. Come si fa per esempio a classificare il disagio socioeconomico? Basta la sola segnalazione dei servizi sociali? E quando l’avere una famiglia di origini straniere costituisce una difficoltà da certificare? Ancora una volta, è l’accusa, i docenti sono lasciati da soli e si rischia di tramutare una opportunità nell’ennesimo adempimento burocratico. Sul piede di guerra anche alcune associazioni di genitori, che temono che con i Bes vengano distolte attenzioni agli alunni con disabilità. Domani i vertici del ministero incontreranno i sindacati che hanno chiesto chiarimenti e attività di accompagnamento e di formazione adeguate per i docenti. La Flc-Cgil ha proposto nel frattempo lo slittamento della scadenza del 30 giugno: per dare tempo alle scuole di organizzarsi, magari avendo anche un anno di prova per sperimentare le migliori pratiche. La Uil scuola torna invece a battere sulla necessità di introdurre l’organico funzionale. Lo slittamento della scadenza di giugno è stato già deciso in autonomia dal Piemonte: il piano può essere trasmesso entro fine settembre. Mentre l’Emilia Romagna ha ricordato alle proprie scuole che una sorta di piano per l’inclusione era già previsto dalla legge n. 517/1977: nulla di nuovo sotto il sole

da italiaOggi 25.06.13

"L'estate porterà 15 mila nuove assunzioni", di Antimo Di Geronimo

Entro l’estate il ministero dell’istruzione intende immettere in ruolo 15mila precari tra docenti e Ata, contro i 26mila dell’anno scorso e i 69mila del 2011/2012. Il numero limitato di assunzioni è dovuto all’incidenza preponderante dell’ultima riforma del sistema pensionistico sulle cessazioni dal servizio al prossimo 1° settembre 2013. É quanto emerge dalla lettura combinata della relazione tenuta dal ministro dell’istruzione, Maria Chiara Carrozza, davanti alle commissioni di camera e senato il 6 giugno scorso e da una risposta ad un’interrogazione parlamentare fornita, sempre dalla titolare del dicastero di viale Trastevere, il 19 giugno alla camera.

In particolare, le stime del turn-over del personale, per i prossimi anni scolastici, sono di circa 44mila unità di personale docente e Ata. Da tali dati emerge che l’entità del personale che potrà essere assunto, in conseguenza diretta del turnover, ammonta complessivamente a circa 59mila unità nel prossimo quadriennio. Per questo motivo è allo studio la definizione di un piano triennale di immissione in ruolo, 2014/2017, del personale precario, che dovrebbe consentire di ridurre il numero di soggetti che ancora prestano servizio nella scuola con contratti a tempo determinato. E al tempo stesso introdurre, gradualmente e compatibilmente con le risorse disponibili, l’organico funzionale del sostegno e raggiungere la sostanziale equivalenza tra organico di diritto e di fatto nel sostegno, con l’inquadramento in ruolo dei circa 30 mila docenti di sostegno.

Che vengono utilizzati annualmente e, in prospettiva, avere l’organico funzionale come nuovo metodo di gestione degli organici. Le 15mila immissioni in ruolo previste per quest’anno derivano dal piano triennale di assunzioni disposto dall’articolo, comma 17 del decreto legge 70/2011.

Piano con il quale sono stati coperti i posti vacanti e disponibili a seguito del turn-over nel triennio di riferimento, con l’aggiunta di quelli che erano precedentemente vacanti e disponibili e di cui non era stata data l’autorizzazione alla copertura con contratti a tempo indeterminato. Nulla è cambiato per quanto riguarda i criteri di scorrimento delle graduatorie dalle quali saranno tratti gli aventi titolo alle assunzioni.

Pertanto, il 50% sarà tratta prioritariamente dalle graduatorie dei concorsi ordinari e il rimanente 50% dalle graduatorie a esaurimento, fatte salve le quote riservate agli invalidi e la priorità nella scelta della sede ai portatori di handicap e ai loro assistenti.

da ItaliaOggi 25.06.13

"I sindacati chiedono al Governo azioni forti per le crisi aziendali", di Massimo Franchi

Apprezzamento sul metodo, guardinghi sul merito. Due ore di incontro, di prima mattina. Come promesso, Enrico Letta ha chiamato i sindacati a palazzo Chigi. Lo ha fatto in un orario molto insolito, le 9 di ieri mattina, e in modo informale, senza delegazioni al seguito. A due giorni dal Consiglio dei ministri che varerà il (primo) pacchetto Lavoro, il premier ha voluto illustrare a Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti i provvedimenti. Niente che i tre segretari generali non si aspettassero. Bonus alle aziende che assumono a tempo indeterminato con particolare, se non esclusiva, attenzione alle Regioni del Sud; ritocchi «col cacciavite » alla riforma del lavoro Fornero con pause più brevi tra un contratto e l’altro e, infine, revisione dei servizi per l’impiego. Le risorse a disposizione, un miliardo al momento, che arriverebbero da una programmazione più funzionale dei fondi europei destinati alle Regioni del Mezzogiorno, sono tali da non permettere interventi risolutivi. Sui tempi dei contratti attualmente è prevista una sospensione di 60 giorni per un contratto dalla durata inferiore ai sei mesi, mentre la pausa sale a 90 giorni per i contratti che hanno una durata superiore ai sei mesi. L’ipotesi più accreditata è quella di diminuire gli intervalli a 10 e 20 giorni. Il credito d’imposta sarà invece lo strumento per incentivare l’assuzione dei giovani (fino a 29 anni) a tempo indeterminato: un bonus fiscale che sarà destinato solo a quelle imprese che stipuleranno un nuovo contratto e non a quelle che stabilizzeranno un contratto a tempo determinato: lo scopo è quello di creare nuovi posti e non di stabilizzare posti già esistenti, seppur precari, per diminuire in modo fattivo i livelli record di disoccupazione giovanile. Quasi certamente le Regioni coinvolte saranno Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. Probabile un allargamento a Abruzzo, Molise, Sardegna e Basilicata. Al presidente del Consiglio i tre leader sindacali «hanno sottolineato l’esigenza di una presa di posizione forte e di una azione incisiva del governo sulle nuove vertenze che mettono a rischio migliaia di posti di lavoro», a partire dall’Indesit. Il rischio di delocalizzazioni viene ritenuto da Cgil, Cisl e Uil il vero pericolo di questi mesi e per questo hanno chiesto al governo di impegnarsi da subito per evitarli.

A LUGLIO IL CONFRONTO La vera novità riguarda invece l’impegno a confrontarsi fin «dai primi giorni di luglio» sulle richieste che erano a fondamento della grande manifestazione unitaria di sabato: «evasione fiscale», e della redistribuzione del reddito, a partire dal taglio della tassazione sul lavoro dipendente e sulle pensioni». È quella la partita che interessa veramente ai sindacati che puntano ad una grande riforma fiscale. Sul contenuto dell’incontro i sindacti sono comunque rimasti abbottonati: «Letta non è entrato in nessun dettaglio », ha spiegato il leader della Uil Luigi Angeletti. «Abbiamo ribadito che serve una riduzione dei costi dei contratti a tempo indeterminato», ha spiegato. Píù loquace Raffaele Bonanni che ha parlato della volontà di Letta di creare un vero e proprio patto con sindacati e imprese «per costruire un’energia positiva nel Paese». «Mi pare che Letta, ma lo dirà lui, lo voglia fare su basi importanti: qui o tutti quanti convergiamo sullo stesso obiettivo o altrimenti lobby, corporazioni e interessi contrari a quelli della collettività faranno il loro comodo, nonostante la sofferenza degli italiani. Per questo – ha aggiunto Bonanni – è importante il Patto, perché bisogna preservare politiche positive». Da parte Cgil traspare invece grande prudenza. Susanna Camusso in questi giorni ha sempre accusato il governo di limitarsi agli annunci e dall’incontro di ieri la leader della Cgil non ha di certo cambiato idea: attende i fatti, provvedimenti precisi che dimostrino «il cambio di passo» richiesto al governo. Capitolo a parte merita l’ultimo impegno di Letta. Riguarda quello di «giungere rapidamente alla definizione del tema esodati». Il ministro Giovannini aveva promesso dati precisi nelle scorse settimane per un monitoraggio definitivo di quanti lavoratori siano ancora esclusi rispetto ai 130.130 salvaguardati dai tre decreti Fornero. Ma anche qui ci si limita agli impegni.Mentre i tempi si allungano.

L’Unità 25.06.13