Latest Posts

Marioska

Monti: prometto meno tasse. Pd: non è che sotto il loden spunta Berlusconi?
Anche Mario Monti annuncia che abbasserà le tasse, alcune delle quali lui stesso ha introdotto o innalzato (tagli a Imu, Irap e irpef, meno tasse per quasi 30 miliardi).

All’apprendere la notizia del meno tasse in versione montiana, Silvio Berlusconi ha prontamente rilanciato: all’Imu lui affianca anche l’introduzione del quoziente familiare “a partire dal 2014”, l’abbassamento dell’Irap, e – entro il 2015 – l’introduzione di sole due aliquote Irpef del “23 e del 33%” se sotto oppure sopra i 40mila euro di reddito. Berlusconi spiega che la copertura di questi interventi arriverebbe dalla riduzione della spesa pubblica “di almeno il 10% in 5 anni” che produrrebbe “un risparmio di almeno 80 miliardi in 5 anni”. Chi offre di più?

“Dopo le promesse di sgravi fiscali di questa mattina a Omnibus, c’è da chiedersi se sotto il loden di Monti non si stia nascondendo Silvio Berlusconi”, chiosa Antonio Misiani deputato e tesoriere del Pd. “Il presidente del Consiglio ha improvvisamente scoperto che si possono presentare programmi mirabolanti sul fisco, senza tenere conto di quello che si è detto fino al giorno prima e sorvolando sull’amara realtà di una pressione tributaria che nel 2013 toccherà il massimo storico. Singolare anche la battuta secondo la quale solo se governa lui non ci sarà bisogno di una manovra aggiuntiva. Saranno i consigli del guru americano a cui Monti ha affidato la sua campagna?”, conclude.

Per Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd, “Monti ha imparato presto la tecnica della propaganda. Ieri a Carpi non c’erano risorse per le imprese e le famiglie colpite dal terremoto. Stamattina invece sono spuntati miliardi a gogò per tagliare le tasse.
Che sia necessario affrontare il tema dell’eccessivo prelievo fiscale, in particolare sul lavoro e le imprese, è certo. Che si possa promettere con certezza di date e di somme così ingenti programmi e interventi è tutt’altra cosa. Anche il Pd, nei progetti che ha preparato ben prima che Monti scendesse in campo, prevede di affrontare questi temi. Ma bisogna avere il senso della misura, del momento, soprattutto bisogna dire la verità. La misura di quanto ha fatto oggi Monti la si può capire dall’immediata replica di Berlusconi, che ha promesso di tagliare le spese, di togliere l’Imu e di ridurre l’Irpef a due sole aliquote. Cioè, vista l’uscita di Monti, ha ritenuto di poter rilanciare la stessa proposta di sempre, come se non avesse avuto oltre dieci anni di governo per trasformare questa idea in realtà e come se non sapesse di ripetere la stessa inutile promessa per la sesta volta in campagna elettorale. La verità è che stiamo ancora pagando i guasti della cattiva propaganda”.

Per Francesco Boccia, coordinatore Pd delle commissioni economiche parlamentari, “accrescere la detrazione per l’Imu sulla prima casa; ridurre la tassazione sul lavoro, sostenere i redditi piú bassi attraverso l’Irpef. Il presidente Monti non finisce di stupire: ripropone punti programmatici di Bersani e del centrosinistra, che sarebbe proprio quella coalizione che accusa di non essere in grado di governare e, soprattutto, afferma che è possibile fare ciò che noi abbiamo suggerito ripetutamente in questo anno incassando le risposte negative del suo governo”.

da www.partitodemocratico.it

Novi (MO) – L'Europa e la ricostruzione dell'Emilia

Giovedì 31 gennaio, alle ore 17.15 circa, presso lo spazio comunale (ludoteca/asilo nido) di via Buonarroti 41 a Novi di Modena sarà presente HANNES SWOBODA, Capogruppo di S&D (Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici) al Parlamento europeo. L’iniziativa nasce dalla volontà di coinvolgere sul tema della ricostruzione dell’Emilia il nostro gruppo a Strasburgo e all’incontro parteciperanno, tra gli altri, il responsabile esteri del Pd Lapo Pistelli, l’europarlamentare PD Salvatore Caronna e, insieme ad una rappresentanza modenese dei candidati democratici, anche la capolista al Senato per l’Emilia Romagna Josefa Idem.

Esodati, cosa fare davvero per riparare al danno, di Cesare Damiano

Alcuni giorni fa il Messaggero titolava in prima pagina “Bomba esodati, altri 150.000 Come capita purtroppo in molte occasioni, leggendo l`articolo è risultato evidente che il suo contenuto non corrispondeva al titolo: infatti si trattava dell`ennesima ricostruzione di una nota vicenda. Partiamo dall`inizio: l`articolo faceva riferimento al fatto che a suo tempo l`Inps aveva fornito una stima di circa 390.000 cosiddetti esodati, ai quali sottrarre oltre 90.000 lavoratori in grado di risolvere rapidamente la loro situazione essendo prossimi alla pensione (pochi mesi di attesa) e 140.000 salvaguardati (comprendendo i precedenti 10.000 previsti dall`ex ministro Sacconi). Risultato: rimarrebbero ancora 150.000 lavoratori da sistemare.
Questa la ricostruzione dei giornalisti del quotidiano romano. Uno scoop inventato perché non si tratta di nuovi esodati e questi numeri sono assolutamente noti da tempo: semmai c`è il rischio che siano sottostimati. Quello che sorprende è che, ancora una volta, su una non notizia si sia scatenato un dibattito acceso. Il ministro Fornero ha dichiarato che bisognava chiedere chiarimenti all`Inps, quasi a dire che lei quei numeri non li conosceva. Pare strano perché glieli abbiamo ricordati per un anno intero. Il direttore dell`istituto, Mauro Noni, ha prontamente e giustamente smentito qualsiasi nuova elaborazione di dati. Tanto rumore per nulla. Accantonate le discussioni inutili, vediamo invece di occuparci dei veri problemi che assillano i lavoratori che sono rimasti senza alcun reddito a causa della riforma Fornero.
Questo argomento dovrà essere affrontato dal prossimo esecutivo e se, come mi auguro, governerà il centrosinistra, sarà per noi una delle priorità. Alcuni passi avanti sono stati compiuti, anche se non risolutivi: con tre successive correzioni (Decreto Sal valtalia, Spending Review e legge di Stabilità) abbiamo salvaguardato 130.000 lavoratori, grazie all`azione incessante del Partito democratico, stanziando risorse per quasi 10 miliardi di euro. Adesso si tratta di compiere il passo risolutivo. Dobbiamo insistere sull`esigenza, nell`attuare le riforme, di avere sempre a mente un principio di gradualità per evitare che si producano situazioni socialmente inaccettabili e gravi come quella degli esodati. Occorre evidenziare la necessità di mantenere ed estendere un principio di flessibilità nel sistema previdenziale oltre coloro che, essendo entrati per la prima volta al lavoro dal primo gennaio de11996, adotteranno per intero il sistema contributivo per il calcolo della pensione.
Dobbiamo inoltre migliorare le protezioni degli ammortizzatori sociali, considerando il prolungarsi della crisi, e favorire politiche di invecchiamento attivo. Per proseguire nell`azione di tutela dei lavoratori rimasti senza reddito dobbiamo utilizzare quanto abbiamo ottenuto con l`ultima legge di Stabilità. In primo luogo con l`istituzione di un Fondo non assistenziale che viene alimentato da un versamento iniziale di 100 milioni di euro ai quali si aggiungono gli eventuali risparmi ricavati dai 9 miliardi precedentemente stanziati per i primi 120.000 salvaguardati. Nel caso in cui questi risparmi non ci fossero o non fossero sufficienti, per il solo 2014 è prevista una clausola di raffreddamento della indicizzazione delle pensioni di fascia superiore a sei volte il minimo, fermo restando dall`inizio dello stesso anno il ripristino per tutti (anche per chi ha pensioni di importo superiore) delle indicizzazioni sempre fino a sei volte il minimo (circa 3.000 euro lordi mensili).
Questo argomento ci serve per introdurre il tema della rivalutazione delle pensioni al costo della vita. Sarebbe un bel segnale se il prossimo governo sbloccasse già da quest`anno il tetto che fissa fino a tre volte il minimo il diritto alla loro indicizzazione: un segno di equità e una spinta alla ripresa dei consumi delle famiglie. Con l`istituzione di questo Fondo abbiamo a disposizione uno strumento che può essere rifinanziato anno dopo anno, fino alla soluzione del problema. Le varie casistiche, esodati, prosecutori volontari, lavoratori in mobilità, licenziati individuali e collettivi, lavoratori della scuola ed esonerati del pubblico impiego, le abbiamo tenute ben presenti fin dall`inizio, quando abbiamo sottoposto al governo Monti le nostre proposte di correzione ed in questa direzione continueremo la nostra battaglia.
da L’Unità

Licenziati, separati, famiglie l’esercito dei nuovi senzatetto retrocessi dalla classe media, di Vladimiro Polchi

Anziani soli e con la pensione minima, lavoratori che non arrivano a fine mese, padri separati. Eccoli i nuovi senzatetto: non solo immigrati e non solo disoccupati. Dimenticate l’immagine romantica del clochard per scelta, del vecchio con barba lunga e sacca in spalla. La crisi cambia l’identikit dei “senza dimora” e ne ingrossa le fila, tanto che oggi c’è una città grande come Mantova popolata solo da abitanti invisibili. È una città senza neppure una casa, con 47.648 persone che sopravvivono tra mense e strutture d’accoglienza.
«Accanto agli storici clochard e cioè italiani 50enni, abituati a vivere da anni per strada, spesso con problemi psichiatrici o di alcolismo — racconta Paolo Pezzana, presidente della Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (Fio.psd) — incontriamo sempre più “insospettabili” e perfino interi nuclei familiari». Purtroppo il registro dei senza fissa dimora, istituito nel 2010 dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, non ha mai funzionato, «perché — spiega Pezzana — molti comuni continuano a non aggiornare gli appositi registri anagrafici». L’unica indagine attendibile resta allora la ricerca Istat, Fio.psd, Caritas e ministero del Lavoro presentata alla fine dell’anno scorso.
Questi i risultati: i senzatetto che tra novembre e dicembre 2011 hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna sono stati 47.648. Il che porta a stimarne la popolazione complessiva in una forchetta che varia tra 43.425 e 51.872 persone. «Ma con la crisi i numeri stanno aumentando — avverte Pezzana — tanto che il ministero del Lavoro ha rifinanziato la ricerca anche per il 2013 e 2014».
I senza dimora sono per lo più uomini (86,9%), con meno di 45 anni (57,9%), nei due terzi dei casi hanno al massimo la licenza
media inferiore. Tanti gli italiani, anche se la maggioranza è costituita da stranieri (59,4%): romeni (11,5%), marocchini (9,1%) e tunisini (5,7%). In media, le persone senza dimora sono in tale condizione da 2 anni e mezzo; quasi i due terzi (il 63,9%) prima di diventare homeless vivevano nella propria casa, gli altri si suddividono tra chi è passato per l’ospitalità
di amici o parenti (15,8%) e chi ha vissuto in istituti, strutture di detenzione o case di cura (13,2%). Più della metà (il 58,5%) vive nel Nord. Record a Milano e Roma: qui risiede gran parte dei senzatetto.
E ancora: il 28,3% delle persone senza dimora dichiara di lavorare. Si tratta in gran parte di lavoro a termine, poco sicuro,
saltuario, di bassa qualifica e che procura un guadagno medio di 347 euro mensili. Perché si finisce per strada? La perdita di un lavoro risulta tra gli eventi più rilevanti del percorso di emarginazione (nel 61,9% dei casi), insieme alla separazione dal coniuge (59,5%) e alle cattive condizioni di salute (16,2%). Insomma la popolazione dei senzatetto
è in rapido e costante cambiamento, con conseguenze paradossali: «Al centro ascolto Caritas di Torino — racconta Pezzana — mi hanno detto che i clochard storici non vanno più, perché in fila ci sono troppe persone vestite bene, addirittura in giacca e cravatta, e loro si sentono a disagio».
Da La Repubblica

L’Italia migliora ma non prepara al mondo reale, di Sara Ricotta Voza

La ripresa? I Paesi più lungimiranti puntano sul capitale umano, cioè sui ragazzi e sulla scuola. È lì che investono, convinti che l’istruzione cambi la vita dei singoli e delle nazioni . È l’opinione di Andreas Schleicher, vicedirettore Ocse per l’istruzione e direttore del programma Ocse/Pisa, uno dei massimi esperti mondiali sui sistemi scolastici internazionali, a Milano per «Arte e Scienza in Piazza». Che non boccia la scuola italiana perché, pur restando sotto la media, fa progressi in termini di efficienza e svecchiamento. Certo, il limite principale è sotto gli occhi di tutti: «Il fatto che tanti laureati non trovino lavoro e tanti imprenditori non trovino personale: la spiegazione è che la scuola non prepara al mondo reale».
In un secolo è cambiato il modo d’intendere l’istruzione. «Prima era un processo di selezione – spiega Schleicher – l’economia aveva bisogno di poche persone benissimo istruite e tanti con livello e medio basso». In passato, poi, i contenuti erano validi per tutta la vita, ora cambiano continuamente. Quali sono, quindi, gli ingredienti nuovi da prendere qua e là dai sistemi migliori del mondo? «Prima di tutto il valore che la società dà all’istruzione, quanto la ritiene centrale e meritevole di risorse».
Ma questo non solo a livello di politica. «In Cina sono tutti convinti che studiare sia la chiave del successo, ragazzi e genitori, e in Giappone è interessante quello che è successo dopo lo tsunami: hanno deciso di ripartire dalla scuola, approfittandone per ricostruire un sistema scolastico adeguato al futuro». Il mito del nucleare è crollato e loro vogliono che i giovani si preparino a risolvere i problemi energetici di domani.
Un altro ingrediente è la capacità di attrarre i migliori insegnanti: «In Finlandia quello dell’insegnante è il secondo mestiere più ambito dai migliori laureati, e non per lo stipendio; attrae intellettualmente, perché assicura un ruolo attivo». Il terzo elemento è l’investire risorse là dove possono fare la differenza, e su questo Schleicher insiste molto perché ne deriva l’equità di un sistema. «In Ontario il 40% dei figli di emigrati ha performance uguali o migliori rispetto agli altri, e questo perché il Paese spinge molto nello sviluppo dei talenti, che spesso si perdono per via del basso retroterra socioculturale». Quest’ultimo infatti non deve più essere una barriera ma anzi un potenziale . Gli ultimi ingredienti sono la coerenza e la capacità di disegnare progetti a lungo termine.
Non resta che parlare degli errori da evitare, ma ci limitiamo a quelli che ci riguardano più da vicino: «In Italia c’è il terrore delle classi numerose; un altro errore è l’enfasi data alla memorizzazione di contenuti che oggi cambiano continuamente».
Infine, il tasto dolente della valutazione. «Vedo che in Italia gli studenti spesso hanno buoni voti anche se non sanno. Il messaggio è: “Non importa, va bene lo stesso”. È un danno, perché nei Paesi ad alti standard i ragazzi sanno che cosa è bene e cosa non lo è, hanno dati e voti più vicini alla realtà».
Da La Stampa

Terremotati contro il premier “Sei qua solo per le elezioni” E un uovo colpisce un sindaco, di Jenner Meletti

Fuori nel freddo ci sono i cartelli e facce arrabbiate. «Gli emiliani sanno rimboccarsi le maniche e non solo per lavorare. Basta con le prese in giro». Quelli del comitato Sisma. 12 si mettono a correre, quando vedono che le auto con Mario Monti svoltano verso un ingresso secondario. «Buffone, vieni a parlare con noi». «Vergogna». Già a Concordia c’era stata una contestazione forte, con grida e un uovo contro il premier che colpisce però il sindaco di Camposanto, Antonella Baldini. La signora deve andare al pronto soccorso. Ma dentro al palazzetto dello sport di Mirandola — dove Mario Monti arriva in una sera di nebbia fitta — non sembrano esserci contestatori. Un migliaio di persone, arrivate dalla provincia e anche da fuori. Il premier uscente dichiara il proprio imbarazzo, nel pronunciare le parole «campagna elettorale». «Mi vengono i brividi, a usare questi termini». Ma ha deciso di fare qui, fra i terremotati, il suo primo incontro come aspirante premier non candidato.
Non è facile venire a chiedere voti qui, dove migliaia di persone non sono ancora riuscite a rientrare in casa. Mario Monti affronta il suo primo comizio come fosse una lezione. «Il terremoto emiliano si è verificato durante il terremoto finanziario. Altri Stati hanno dovuto tagliare gli stipendi statali del 30%, in Grecia c’è chi taglia alberi o brucia i mobili per riscaldarsi… ». Dalla gradinata, una prima contestazione. Non urla, la signora Cristiana Meglioli, artigiana di 41 anni, da Casalgrande. «Guardi, presidente, che i mobili li dovremo bruciare anche qui, per scaldarci. Con le tasse al 68%, non abbiamo futuro. Abbassate i vostri stipendi. Io mangerò pane e cipolla ma difenderò la mia dignità, non come voi che avete caviale e champagne… Siete qui a fare promesse per avere le solite crocette sulle schede».
Mario Monti ringrazia, dice che vuole spiegare. Un altro signore si alza e chiede come sia possibile «buttare miliardi al Monte dei Paschi ». Ringrazia ancora, il premier, e dice che «alla banca di Siena i soldi saranno prestati, non regalati » e che finora non è stato da-
to 1 euro mentre per i terremotati sono stati erogati 6 miliardi e altri 6 arriveranno. «Ma non è stato facile avere un forte contributo dall’Europa, dopo gli scandali dell’Abruzzo. Queste notizie sono arrivate anche a Bruxelles». Sembra non avere paura. Il viaggio era iniziato a Carpi, al museo del deportato politico e razziale. C’era stata una sosta a Fossoli, al campo di concentramento da cui 5.000 ebrei furono portati ai campi di sterminio. Tutto deciso soltanto due giorni fa, quando i Comuni hanno avuto notizia dell’improvvisa visita. L’obiettivo era chiaro: ricordare la Shoah nel giorno della memoria e poi continuare il viaggio, senza paura dei fischi, per dire che «anche il terremoto, provocato non dalla perversione umana ma dalla natura, ha bisogno di memoria. Io sono qui, e con me i candidati di questi paesi. Non come altri partiti (il Pd, ndr) che non hanno candidato nessuno di queste terre «.
Fuori dal palazzetto, i contestatori sono divisi in due gruppi. Da una parte il Sisma.12, dall’altra 27 consiglieri del Pdl, di diversi Comuni, dietro uno striscione che recita: «Soldi alle banche sì, ai terremotati no». «Vergogna», gridano gli altri. «Avete anche un cartello con scritto: “La Bassa come l’Aquila”. Ma lo sapete cosa avete combinato in Abruzzo?». Mario Monti, una mano in tasca, sguardo sulla platea come se aspettasse le domande degli studenti, fa anche un «lapsus». Ricorda il «predecessore che ha gettato la spugna» e poi riferendosi ancora Berlusconi parla di lui come «il successore ». «E’ un lapsus terribile», si corregge subito. «Dipende anche da voi evitare tutto questo».
Entra nei dettagli. Dice che «chiedere interessi sui mutui che sono stati differiti è assurdo, e anche sollecitare i pagamenti del canone Rai per le case distrutte». Alla fine solo applausi. Chi era contro, è stato mandato via dal freddo e dalla nebbia.
Da La Repubblica