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Forlì – Seminario servizi educativi 0-6 anni in Emilia Romagna

ore 16.00 AVVIO SEMINARIO:

Saluti del segretario PD Regionale Stefano Bonaccini, del segretario PD Forlì Marco di Maio e di Ilenia Malavasi, Resp. Scuola PD E.r. Introduce e coordina:Alessandra Righini, Resp. “Scuola, Università” PD di Forlì

ore 16.30 PRIMA SESSIONE – chairman: Veronica Zanetti, Capogruppo PD in Consiglio Comunale a Forlì

ore 20.00 Cena a buffet

ore 21.00 SECONDA SESSIONE – chairman: Bruna Baravelli, ass. provinciale alle
politiche scolastiche di Forlì

ore 22.20 CONCLUSIONI: On. Manuela Ghizzoni, Presidente Commiss. Istruzione alla Camera

INTERVENTI DI:
− Fausto Baldi, Avvocatura dello Stato di Bologna
− Roberto Balzani, Sindaco di Forlì
− Sen. Mariangela Bastico
− Thomas Casadei, Cons. reg. in Emilia Romagna,Resp. Commiss. cultura e scuola
− Rosa Maria Di Giorgi, ass. all’Educazione di Firenze
− Maria Cleofe Filippi, Unione Terre d’Argine
− Walter Laghi, Corte dei Conti Comune di Imola
− Teresa Marzocchi, ass. reg. alle politiche sociali dell’Emilia Romagna
− Mariagrazia Pellerino, ass. politiche scolastiche di Torino
− Marilena Pillati, ass. politiche scolastiche di Bologna
− Adriana Querzè, ass. politiche scolastiche di Modena
− Iuna Sassi, ass. politiche scolastiche di Reggio Emilia
− Gabriella Tronconi, ass. politiche scolastiche di Forlì
− Sacchi Giancarlo, Esperto di politiche educative

Nello SPAZIO DIBATTITO, al termine di ogni sessione, sono previsti, tra gli altri, interventi di docenti ed educatori, rappresentanti di Sindacati, assessori comunali e sindaci del territorio, rappresentanti del mondo cooperativo

Ghizzoni: «Candidature? Tocca a iscritti ed elettori», di Andrea Marini

La deputata sta con Bersani e ritiene prematuro parlare ora del suo futuro «In questo momento sono altre le priorità a cominciare da scuola e terremoto». La selezione dei futuri candidati dovrà essere affidata agli iscritti e agli elettori, previa valutazione dell’operato anche degli uscenti. Ma oggi più che del destino dei singoli, ai cittadini interessa sapere cosa i politici fanno per risolvere i problemi del lavoro, della crisi, ripulire moralmente il mondo della politica o nel modenese cosa si intende fare per accelerare la ricostruzione e il ritorno alla normalità. È il pensiero di Manuela Ghizzoni, deputata Pd, interpellata nella nuova tappa del nostro sondaggio tra i parlamentari democratici su primarie e candidature. Ghizzoni, iniziamo con le primarie. Vota Bersani? «Assolutamente sì. Un sì convinto, avvalorato dal fatto che queste primarie non sono di partito, ma ci chiamano a scegliere il premier candidato per il centrosinistra a guidare il paese. Bersani è l’uomo che più di tutti ha le caratteristiche per assolvere questo ruolo. In questi anni ha gestito nel modo migliore un partito che ha discusso molto ed ha saputo arrivare a una linea politica comune su lavoro, crisi, istituzioni. Un programma che, contrariamente a ciò che afferma Renzi, esiste ed è costruito con il partito». E dopo il premier, primarie per i parlamentari. «In mezzo ci sarà anche l’impegno ad arrivare a una buona legge elettorale, fatta nell’interesse del Paese e non per salvaguardare l’interesse di alcuni partiti, sulla base di sondaggi, o ancor peggio creata per assicurare l’ingovernabilità. Il Pd lo sta facendo, ma il centro destra sembra remare in senso opposto. Quanto ai candidati: noi in modo inequivocabile abbiamo detto che la scelra andrà fatta con regole chiare, con coinvolgimento del partito e degli iscritti. A maggior ragione in un momento come questo in cui c’è grande bisogno di risintonizzarci con i nostri elettori. Da tempo sostengo l’importanza di processi partecipativi e decisionali che facciano sentire i militanti e i cittadini partecipi e attivi». Lei che farà? «Posso risponderle dicendo una cosa in cui credo molto: la politica non è una questione di uno, ma è una decisione che spetta a tanti. Specie in un partito, non si tratta di scelte e attese personali. “Guaimai”. Lo dico direttamente, non credo sia possibile pensare a candidature o autocandidature, che vedo essere fiorite in questi mesi, su tutto. E le scelte non devono essere slegate dal contesto del processo decisionale del partito con gli elettori. Lo dico sulla scorta dell’esperienza di questi 6 anni e mezzo, in questo lavoro oltre che alla passione e al cuore deve assolutamente sentirsi l’appoggio e il sostegno fattivo del partito. Per questo ritengo anche che, quando sarà il momento, sia doveroso che il partito e gli elettori si pronuncino con una valutazione su quello che è stato il nostro operato. E poi si vedrà insieme». Si parla anche di una sua eventuale candidatura a sindaco di Carpi. «Questo lo dite voi. Io un lavoro ce l’ho e queste fughe in avanti su chi si candida e cosa fa questo o quello, non è all’ordine del giorno. Il futuro di Carpi sarà deciso da Carpi. Sindaco e giunta ci sono e fanno bene specie sul tema terremoto. Io vi leggo, ma passo oltre» E rispetto all’antipolitica, come si recupera? «Questo è un argomento caldo. Lunedì ero a un’assemblea di partito a Cavezzo. Si è parlato di terremoto, un evento che ha sconvolto l’intera provincia oltre che, in primis la vita della popolazione, obbligandoci a rivedere le nostre priorità. In quella riunione si è parlato anche di come ridurre la distanza tra cittadini e partiti. Una distanza che si è allargata e a cui hanno contribuito vitalizi, privilegi eccetera. Condivido ciò che dice Bersani non ci può essere differenza tra un parlamentare che non ha responsabilità e un sindaco pagato molto meno che invece con le sue scelte ha responsabilità diretta. Occorre rivedere profondamente il tutto. Ma non è facile, basta vedere cosa Pdl e Lega Nord hanno fatto sulla riduzione dei parlamentari saltata per il loro no. Il Pd sarà in prima linea per cambiare: questo la gente lo deve sapere come dovrebbe sapere altre cose» . Quali? «Voi vi divertite sulle candidature vere o presunte. Ma i cittadini, che vivono con ansia un momento difficile per lavoro e le certezze quotidiane, specie qui con il terremoto, chiedono impegno e di sapere cosa facciamo per loro. Ad esempio sulla scuola: la legge di stabilità ora prevede più ore per gli insegnanti. I docenti sappiano che il Pd non lo permetterà. E sul fisco ai terremotati, il nostro impegno sarà massimo per evitare brutte sorprese a chi ha perso tutto ed è in grande difficoltà».

La Gazzetta di Modena

"Profumo: il carico orario è materia di contrattazione sindacale. Ne riparleremo nel 2014", di Pasquale Almirante

Salvo smentite dell’ultima ora, il ministro Profumo, di fronte allo stravolgimento dell’orario di servizio, che verrebbe portato da 18 a 24 ore, ha dichiarato:” Questo tema ha bisogno della contrattazione sindacale”. Tantissimi gli interventi dei nostri lettori, mentre il popolo del web si mobilita con una petizione. La dichiarazione è dunque ufficiale e al cronista del Messagero, che chiedeva spiegazioni sul ventilato aumento del carico di lavoro ai docenti da 18 a 24 ore, ha risposto che questo tema è di pertinenza sindacale; niente dunque fughe in avanti e niente leggi che improvvisamente stravolgono tutta l’impostazione didattica e organizzativa della scuola.
Con ogni probabilità l’unanime grido di tutti i sindacati, a cui si sono uniti politici di peso, ha fatto capire a Profumo che non è tanto semplice andare avanti senza dialogo e senza confronto.
Non pecchiamo dunque di ottimismo se pensiamo che la questione per lo più stia andando verso una soluzione onorevole e che se ne parlerà, forse, fra due anni, nel 2014, quando il ministro dell’istruzione non sarà più tecnico ma uscirà dalle urne della politica, benché nulla toglie che i provvedimenti nei confronti della scuola si possano pure di più inasprire.
In ogni caso, come dice il ministro, nel 2014 abbiamo “da fare il contratto che sarà una grande opportunità anche dal punto di vista salariale. Quella sarà l’occasione per stipulare un patto per la scuola, nel quale dovrà esserci il riconoscimento del grande ruolo dei docenti. Questo ruolo va rivalutato in termini assoluti, anche per quanto riguarda gli stipendi. Rilancio della reputazione del ruolo dell’insegnante e insieme gratificazioni finanziarie.”
Che cosa si possa intendere per “patto per la scuola” lo sapremo all’inizio del prossimo anno quando, come afferma Profumo: “faremo una conferenza nazionale, una sorta di stati generali della scuola”. Relativamente alla “gratificazione finanziaria, il ministro lo spiega subito dopo: “la progressione dello stipendio. Nel patto della scuola che andremo a stipulare dovremo avere maggiore flessibilità, e prevedere ad esempio i part time. O l’opposto: lavorare di più, per chi lo voglia fare. Bisogna dare cioè la possibilità agli insegnanti di adattare i tempi di lavoro con quelli della vita: ora lavoro di più perché sto in una fase familiare in cui lo posso e lo voglio fare, ora lavoro di meno perché ho figli piccoli o altre necessità”.
Cercare di capire non è semplice, non già per il progetto che il ministro enuncia, ma per le condizioni finanziare in cui la scuola versa.
E’ possibile dunque che le annunciate sei ore in più siano un modo per incentivare l’impegno dei docenti ai quali verrebbe riconosciuto un incremento salariale per fare “progredire lo stipendio”, benché l’accenno fatto nella bozza, non ufficiale dei giorni scorsi, sull’incremento di 15 giorni di ferie lascia sempre in giro molti dubbi, seminando sospetti e perplessità.
L’aspetto tuttavia che ci preme rimarcare, dopo la dichiarazioni del ministro riportata dal Messaggero, è la chiara retromarcia su una legge che va a stravolgere il contratto di lavoro, con la chiara accettazione, senza se e senza ma, del confronto sindacale in materia di orario di servizio. Crediamo infatti che ciò sia stato frutto della compatta levata di scudi di tutti i sindacati, nessuno escluso, ma che mette nello stesso tempo a nudo una faccenda delicata, quella della unità sindacale. Fino a quando le organizzazioni sindacali andranno in ordine sparso, accordandosi o meno sulle proposte del governo, e scenderanno in piazza a frazioni di due e magari pizzicandosi, sarà difficile ottenere gradi risultati.

La Tecnica della scuola 14.10.12

"Profumo: il carico orario è materia di contrattazione sindacale. Ne riparleremo nel 2014", di Pasquale Almirante

Salvo smentite dell’ultima ora, il ministro Profumo, di fronte allo stravolgimento dell’orario di servizio, che verrebbe portato da 18 a 24 ore, ha dichiarato:” Questo tema ha bisogno della contrattazione sindacale”. Tantissimi gli interventi dei nostri lettori, mentre il popolo del web si mobilita con una petizione. La dichiarazione è dunque ufficiale e al cronista del Messagero, che chiedeva spiegazioni sul ventilato aumento del carico di lavoro ai docenti da 18 a 24 ore, ha risposto che questo tema è di pertinenza sindacale; niente dunque fughe in avanti e niente leggi che improvvisamente stravolgono tutta l’impostazione didattica e organizzativa della scuola.
Con ogni probabilità l’unanime grido di tutti i sindacati, a cui si sono uniti politici di peso, ha fatto capire a Profumo che non è tanto semplice andare avanti senza dialogo e senza confronto.
Non pecchiamo dunque di ottimismo se pensiamo che la questione per lo più stia andando verso una soluzione onorevole e che se ne parlerà, forse, fra due anni, nel 2014, quando il ministro dell’istruzione non sarà più tecnico ma uscirà dalle urne della politica, benché nulla toglie che i provvedimenti nei confronti della scuola si possano pure di più inasprire.
In ogni caso, come dice il ministro, nel 2014 abbiamo “da fare il contratto che sarà una grande opportunità anche dal punto di vista salariale. Quella sarà l’occasione per stipulare un patto per la scuola, nel quale dovrà esserci il riconoscimento del grande ruolo dei docenti. Questo ruolo va rivalutato in termini assoluti, anche per quanto riguarda gli stipendi. Rilancio della reputazione del ruolo dell’insegnante e insieme gratificazioni finanziarie.”
Che cosa si possa intendere per “patto per la scuola” lo sapremo all’inizio del prossimo anno quando, come afferma Profumo: “faremo una conferenza nazionale, una sorta di stati generali della scuola”. Relativamente alla “gratificazione finanziaria, il ministro lo spiega subito dopo: “la progressione dello stipendio. Nel patto della scuola che andremo a stipulare dovremo avere maggiore flessibilità, e prevedere ad esempio i part time. O l’opposto: lavorare di più, per chi lo voglia fare. Bisogna dare cioè la possibilità agli insegnanti di adattare i tempi di lavoro con quelli della vita: ora lavoro di più perché sto in una fase familiare in cui lo posso e lo voglio fare, ora lavoro di meno perché ho figli piccoli o altre necessità”.
Cercare di capire non è semplice, non già per il progetto che il ministro enuncia, ma per le condizioni finanziare in cui la scuola versa.
E’ possibile dunque che le annunciate sei ore in più siano un modo per incentivare l’impegno dei docenti ai quali verrebbe riconosciuto un incremento salariale per fare “progredire lo stipendio”, benché l’accenno fatto nella bozza, non ufficiale dei giorni scorsi, sull’incremento di 15 giorni di ferie lascia sempre in giro molti dubbi, seminando sospetti e perplessità.
L’aspetto tuttavia che ci preme rimarcare, dopo la dichiarazioni del ministro riportata dal Messaggero, è la chiara retromarcia su una legge che va a stravolgere il contratto di lavoro, con la chiara accettazione, senza se e senza ma, del confronto sindacale in materia di orario di servizio. Crediamo infatti che ciò sia stato frutto della compatta levata di scudi di tutti i sindacati, nessuno escluso, ma che mette nello stesso tempo a nudo una faccenda delicata, quella della unità sindacale. Fino a quando le organizzazioni sindacali andranno in ordine sparso, accordandosi o meno sulle proposte del governo, e scenderanno in piazza a frazioni di due e magari pizzicandosi, sarà difficile ottenere gradi risultati.
La Tecnica della scuola 14.10.12

"Il lascito di Napolitano per svegliare l'Italia", di Eugenio Scalfari

Secondo alcuni (molti) l’Unione europea sta per affondare, questione di mesi se non addirittura di settimane. Secondo la giuria norvegese del premio l’Unione merita invece il Nobel per la pace, la guerra infatti è scomparsa dall’Europa ormai da sessant’anni, un periodo di pace così lungo non c’è mai stato nel nostro continente dai tempi di Ottaviano Augusto e scusate se è poco. In realtà la gente di questa grande conquista che è la pace non se n’è neanche accorta. Probabilmente perché gran parte di quelli che avevano dieci anni nel 1939 sono morti e gli europei di oggi la guerra la conoscono soltanto attraverso i film e gli effetti speciali della televisione.
Dell’Europa però conosciamo bene i guai economici, i discordi interessi tra le nazioni e tra le classi sociali, la disperazione, il lavoro precario, le speranze perdute, le diseguaglianze crescenti, l’incertezza dei diritti, il malaffare dilagante, la politica sfiduciata, le istituzioni inquinate dalla corruzione.
Il premio Nobel ad un’Unione europea che è vista e vissuta in questo modo da una parte cospicua e forse dalla maggioranza dei suoi abitanti, sembra dunque una presa in giro o una buffonata o un’ipocrisia. Eppure…
Eppure centinaia di migliaia di persone rischiano ogni anno la vita per arrivarci, per trovarvi un lavoro e metterci su casa e lasciano dietro di loro una tragica scia di morti pur di fuggire dall’inferno in cui vivono. Scappano dall’Africa, scappano dall’Oriente vicino e lontano, attraversano deserti, montagne, mari tempestosi pur di toccare terra sulle nostre coste. Sono già milioni e gli studiosi che esplorano il futuro ci dicono che tra cinquant’anni un terzo degli europei saranno colorati e alla fine del secolo la maggioranza sarà meticcia. Per loro l’Europa è la speranza anche se a molti europei d’oggi sembra piuttosto una terra di desolazione.
La verità mai come in questo caso è relativa, ma una cosa è certa: qui da sessant’anni la guerra non c’è stata e i popoli europei vivono pacificamente tra loro, c’è libertà di movimento delle persone, libertà di scambio delle merci, libertà religiosa e politica. L’eguaglianza purtroppo no, è fortemente diminuita; i privilegi sono aumentati, la corruzione è più diffusa, l’egoismo domina la società portando con sé l’indifferenza verso il bene comune.
Ma questi lati oscuri che inquinano ed esasperano la vita pubblica del nostro continente non sono una fatalità alla quale è impossibile sfuggire; dipendono da una passività imputabile soltanto a noi stessi. L’Europa è stata la culla della democrazia e del diritto. È stata ed è ancora il continente più ricco del pianeta. Da un secolo in qua ha cominciato a vivere la sua decadenza, via via sempre più accelerata col passare degli anni. Ma se soltanto si svegliasse, se reagisse al declino, se riconquistasse fiducia in sé, se soprattutto capisse che il suo futuro dipende dal sentirsi nazione, nazione europea, popolo europeo, Stato europeo, democrazia europea; se questa rivoluzione avvenisse e fosse il coronamento dei sessant’anni di pace dopo mille anni di guerra durante i quali la pace fu soltanto una serie di brevi tregue per riprendere a scannarsi subito dopo; ebbene, se questo accadesse i nostri giovani potrebbero di nuovo sperare, ma non si aspettino che il dono gli cada dal cielo.
Noi adulti, noi anziani, noi vecchi che le guerre le abbiamo ben conosciute dobbiamo aprirgli la strada per quanto è possibile, dobbiamo mettere la nostra esperienza al loro servizio. Dobbiamo raccontargli il passato nel bene e nel male e spingerli a entrare nel futuro.
Il Nobel all’Unione europea è questo che deve significare: un augurio e un’esortazione. Voi giovani non lasciatela cadere.

* * *
Il primo dei Paesi fondatori che sarà chiamato a votare in Europa è ora il nostro. Negli scorsi mesi hanno votato la Spagna, la Grecia, la Francia, l’Olanda. Tra venti giorni voteranno gli Stati Uniti d’America: non è Europa ma è Occidente e dell’Occidente costituiscono ancora il perno dal quale dipende una parte non trascurabile del nostro destino.
Il candidato ”europeo” è Barack Obama, non c’è dubbio; ma non è certo una panacea, non ha fatto e non farà miracoli, tuttavia per l’Europa rappresenta il meglio (o il meno peggio) di quanto può accadere. Perciò speriamo che vinca e ottenga la riconferma alla Casa Bianca e la maggioranza democratica al Congresso.
Chi gli si oppone è il partito conservatore repubblicano, sostanzialmente isolazionista, ideologicamente liberista, assai poco cosmopolita e religiosamente fondamentalista. Da molto tempo le differenze tra i due partiti non erano così profonde. Profonde ma legittime in un Paese grande come un continente.
Ma l’aspetto più preoccupante è un altro: le grandi banche d’affari americane, quelle che dominano i mercati mondiali, sono tutte schierate contro Obama, con in testa la più influente di tutte, quella che conduce la danza ogni mattina, la Goldman Sachs con il seguito nella JP Morgan, Bank of America, City Group, Morgan Stanley e i grandi fondi d’investimento.
Questo formidabile schieramento di capitali e di talenti rappresenta il pilastro del capitalismo finanziario mondiale. Quattro anni fa sostenne Obama per riparare gli errori catastrofici di Bush; ora ha cambiato fronte perché Obama ha tentato di imporre regole severe ai mercati; c’è riuscito in piccola parte perché l’avversario è molto potente, ma ha deciso di riprovarci ancora e con maggiore energia. Perciò lo scontro questa volta sarà radicale.
Ci riguarda? Sì, ci riguarda molto da vicino perché questo capitalismo che ha notevoli alleanze in Europa vuole scardinare l’euro e con esso l’Europa stessa. Perciò le elezioni americane fanno parte della nostra partita e noi della loro.

* * *
Poi toccherà votare a noi italiani. Tra sei mesi. Le nuove Camere si riuniranno per eleggere i loro presidenti e il presidente della Repubblica che, per una sua definitiva e irrevocabile decisione non sarà Giorgio Napolitano.
Molti di noi, ed io tra questi, hanno sperato che accettasse una riconferma la cui durata sarebbe comunque dipesa da lui, ma sarebbe stata opportuna per guidare la formazione del nuovo governo. A questo punto però non c’è che rassegnarsi alle sue decisioni; del resto non mancano validi candidati alla successione, anche se la sua esperienza, la sua moderazione e la sua fermezza non sono qualità facilmente rimpiazzabili.
Gli obiettivi sui quali Napolitano si è ora concentrato e che rappresentano il lascito più importante del suo settennato sono: la lotta contro la corruzione che ha pervaso la vita pubblica; il rinnovamento dei partiti e il recupero del loro ruolo di rappresentanza effettiva della sovranità popolare e di rigenerazione della democrazia parlamentare; la ferma determinazione di condurre fino in fondo il risanamento economico italiano, il rilancio urgente dello sviluppo, l’equità sociale e territoriale, la messa in sicurezza della moneta comune. Infine la nuova legge elettorale che ridia agli elettori la libertà di scelta dei loro rappresentanti e assicuri al tempo stesso rappresentatività e governabilità.
Non sono obiettivi facili anche perché non rientrano nella competenza operativa del presidente della Repubblica. Rientrano tuttavia in pieno nella sua competenza ordinamentale, poiché la Costituzione gli assegna di rappresentare la nazione, di tutelare il patto costituzionale, di difendere la struttura e lo spirito dello Stato di diritto e dei valori che vi presiedono. Il Presidente ha diritto di messaggio al Parlamento e al Paese. Non è lui che opera ma è lui che può e deve suggerire, ricordare, denunciare abusi e storture.
Non a caso la nascita del governo Monti e la sua tenuta sono state opera di Napolitano. Di questo tutti, compresi coloro che criticano la politica montiana, debbono dare atto e lo danno infatti (a parte Grillo e Di Pietro) se non altro ricordando il punto limite cui eravamo arrivati nell’autunno del 2011 sul piano della credibilità del nostro Paese di fronte al mondo e all’Europa.
Degli obiettivi che stanno a cuore a Napolitano il più urgente anche perché influisce su quasi tutti gli altri è la legge elettorale che è ancora in alto mare. I punti che sembrano acquisiti (anche se appena adesso arrivati all’esame del Senato e successivamente della Camera) sono due: il principio proporzionale corretto da un premio di governabilità e la restituzione agli elettori della scelta dei loro rappresentanti.
I punti controversi sono però parecchi: il sistema delle preferenze, voluto a tutti i costi dai centristi di Casini e il sistema dei collegi preferito dal Pd; l’ammontare del premio di governabilità sul quale il Pd gioca le sue carte mentre il centro e il Pdl sono assai più avari; l’ammissibilità al premio delle coalizioni o soltanto dei singoli partiti.
Sul nostro giornale in più occasioni (l’ultima ieri di Gianluigi Pellegrino) abbiamo motivato l’impraticabilità delle preferenze che esaltano il ruolo delle clientele, delle lobby e soprattutto della criminalità organizzata. I recenti episodi del Consiglio comunale di Reggio Calabria e del Consiglio regionale della Lombardia sono casi estremi ma purtroppo assai diffusi che le preferenze consentono e incoraggiano.
Quanto al premio di governabilità esso consente che la maggioranza parlamentare relativa possa governare con sicurezza; questa sicurezza è fondamentale per la solidità dei governi nei mari agitati attuali, ma va contemperata da un secondo e non trascurabile principio che è quello della rappresentatività.
Se un partito o una coalizione raccoglie il 30 per cento dei consensi e ottiene un premio del 20 per raggiungere la maggioranza assoluta, il sistema della rappresentatività viene stravolto tanto più tenendo presente che una quota rimarchevole di elettori non andrà a votare e dunque l’ammontare dei consensi rappresenta una quota minore rispetto alla totalità del corpo elettorale.
Il problema richiede saggezza da parte dei diversi interessati e un punto di mediazione che a noi sembra raggiungibile con il 15 per cento netto di premio (il 18 lordo). Probabilmente non basterà ad assicurare maggioranza assoluta ma questo in fin dei conti può essere un bene, saranno necessarie alleanze post-elettorali, la più appropriata delle quali è quella tra il centro e la sinistra democratica. Quest’ultima si va profilando con una coalizione che include Vendola ma sulla base di un patto proposto dal Pd in quanto partito di maggioranza della coalizione. Quel patto assicura la piena lealtà e il rispetto della traccia europea segnata da Monti e dagli impegni che l’Italia ha preso con le autorità europee; ma nel medesimo patto viene rilanciato il principio di equità sociale e territoriale e la creazione di nuovo lavoro. Il patto infine prevede e sottolinea la necessità d’un contributo italiano alla nascita dell’Europa federata che rappresenta l’obiettivo di fondo di tutta questa politica. Secondo le ultime notizie Vendola avrebbe aderito a questo patto e questo rappresenta un passo politico di notevole importanza.
Se il popolo, se i giovani, se gli adulti, se tutti noi recupereremo fiducia e saggezza forse la luce in fondo al tunnel si farà vedere sul serio.
P.S.
I bambini figli di coppie separate debbono essere cresciuti, educati e trattati con grande attenzione e affetto. Quanto è accaduto al bambino Lorenzo nei giorni scorsi non deve ripetersi mai più. La polizia, gli insegnanti e soprattutto i genitori se ne debbono fare carico e le leggi che disciplinano gli affidamenti senza ascoltare neppure a titolo puramente conoscitivo il parere del bambino da una certa età in su debbono essere riformate in modo appropriato. Quanto è accaduto in questo caso è vergognoso ivi compresa la denuncia della polizia per il reato di resistenza del nonno e della zia di Lorenzo. In casi analoghi dovrebbero resistere perfino i cittadini presenti. Non si tratta in quel modo un bambino “rapito” a scuola.

"Il lascito di Napolitano per svegliare l'Italia", di Eugenio Scalfari

Secondo alcuni (molti) l’Unione europea sta per affondare, questione di mesi se non addirittura di settimane. Secondo la giuria norvegese del premio l’Unione merita invece il Nobel per la pace, la guerra infatti è scomparsa dall’Europa ormai da sessant’anni, un periodo di pace così lungo non c’è mai stato nel nostro continente dai tempi di Ottaviano Augusto e scusate se è poco. In realtà la gente di questa grande conquista che è la pace non se n’è neanche accorta. Probabilmente perché gran parte di quelli che avevano dieci anni nel 1939 sono morti e gli europei di oggi la guerra la conoscono soltanto attraverso i film e gli effetti speciali della televisione.
Dell’Europa però conosciamo bene i guai economici, i discordi interessi tra le nazioni e tra le classi sociali, la disperazione, il lavoro precario, le speranze perdute, le diseguaglianze crescenti, l’incertezza dei diritti, il malaffare dilagante, la politica sfiduciata, le istituzioni inquinate dalla corruzione.
Il premio Nobel ad un’Unione europea che è vista e vissuta in questo modo da una parte cospicua e forse dalla maggioranza dei suoi abitanti, sembra dunque una presa in giro o una buffonata o un’ipocrisia. Eppure…
Eppure centinaia di migliaia di persone rischiano ogni anno la vita per arrivarci, per trovarvi un lavoro e metterci su casa e lasciano dietro di loro una tragica scia di morti pur di fuggire dall’inferno in cui vivono. Scappano dall’Africa, scappano dall’Oriente vicino e lontano, attraversano deserti, montagne, mari tempestosi pur di toccare terra sulle nostre coste. Sono già milioni e gli studiosi che esplorano il futuro ci dicono che tra cinquant’anni un terzo degli europei saranno colorati e alla fine del secolo la maggioranza sarà meticcia. Per loro l’Europa è la speranza anche se a molti europei d’oggi sembra piuttosto una terra di desolazione.
La verità mai come in questo caso è relativa, ma una cosa è certa: qui da sessant’anni la guerra non c’è stata e i popoli europei vivono pacificamente tra loro, c’è libertà di movimento delle persone, libertà di scambio delle merci, libertà religiosa e politica. L’eguaglianza purtroppo no, è fortemente diminuita; i privilegi sono aumentati, la corruzione è più diffusa, l’egoismo domina la società portando con sé l’indifferenza verso il bene comune.
Ma questi lati oscuri che inquinano ed esasperano la vita pubblica del nostro continente non sono una fatalità alla quale è impossibile sfuggire; dipendono da una passività imputabile soltanto a noi stessi. L’Europa è stata la culla della democrazia e del diritto. È stata ed è ancora il continente più ricco del pianeta. Da un secolo in qua ha cominciato a vivere la sua decadenza, via via sempre più accelerata col passare degli anni. Ma se soltanto si svegliasse, se reagisse al declino, se riconquistasse fiducia in sé, se soprattutto capisse che il suo futuro dipende dal sentirsi nazione, nazione europea, popolo europeo, Stato europeo, democrazia europea; se questa rivoluzione avvenisse e fosse il coronamento dei sessant’anni di pace dopo mille anni di guerra durante i quali la pace fu soltanto una serie di brevi tregue per riprendere a scannarsi subito dopo; ebbene, se questo accadesse i nostri giovani potrebbero di nuovo sperare, ma non si aspettino che il dono gli cada dal cielo.
Noi adulti, noi anziani, noi vecchi che le guerre le abbiamo ben conosciute dobbiamo aprirgli la strada per quanto è possibile, dobbiamo mettere la nostra esperienza al loro servizio. Dobbiamo raccontargli il passato nel bene e nel male e spingerli a entrare nel futuro.
Il Nobel all’Unione europea è questo che deve significare: un augurio e un’esortazione. Voi giovani non lasciatela cadere.
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Il primo dei Paesi fondatori che sarà chiamato a votare in Europa è ora il nostro. Negli scorsi mesi hanno votato la Spagna, la Grecia, la Francia, l’Olanda. Tra venti giorni voteranno gli Stati Uniti d’America: non è Europa ma è Occidente e dell’Occidente costituiscono ancora il perno dal quale dipende una parte non trascurabile del nostro destino.
Il candidato ”europeo” è Barack Obama, non c’è dubbio; ma non è certo una panacea, non ha fatto e non farà miracoli, tuttavia per l’Europa rappresenta il meglio (o il meno peggio) di quanto può accadere. Perciò speriamo che vinca e ottenga la riconferma alla Casa Bianca e la maggioranza democratica al Congresso.
Chi gli si oppone è il partito conservatore repubblicano, sostanzialmente isolazionista, ideologicamente liberista, assai poco cosmopolita e religiosamente fondamentalista. Da molto tempo le differenze tra i due partiti non erano così profonde. Profonde ma legittime in un Paese grande come un continente.
Ma l’aspetto più preoccupante è un altro: le grandi banche d’affari americane, quelle che dominano i mercati mondiali, sono tutte schierate contro Obama, con in testa la più influente di tutte, quella che conduce la danza ogni mattina, la Goldman Sachs con il seguito nella JP Morgan, Bank of America, City Group, Morgan Stanley e i grandi fondi d’investimento.
Questo formidabile schieramento di capitali e di talenti rappresenta il pilastro del capitalismo finanziario mondiale. Quattro anni fa sostenne Obama per riparare gli errori catastrofici di Bush; ora ha cambiato fronte perché Obama ha tentato di imporre regole severe ai mercati; c’è riuscito in piccola parte perché l’avversario è molto potente, ma ha deciso di riprovarci ancora e con maggiore energia. Perciò lo scontro questa volta sarà radicale.
Ci riguarda? Sì, ci riguarda molto da vicino perché questo capitalismo che ha notevoli alleanze in Europa vuole scardinare l’euro e con esso l’Europa stessa. Perciò le elezioni americane fanno parte della nostra partita e noi della loro.
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Poi toccherà votare a noi italiani. Tra sei mesi. Le nuove Camere si riuniranno per eleggere i loro presidenti e il presidente della Repubblica che, per una sua definitiva e irrevocabile decisione non sarà Giorgio Napolitano.
Molti di noi, ed io tra questi, hanno sperato che accettasse una riconferma la cui durata sarebbe comunque dipesa da lui, ma sarebbe stata opportuna per guidare la formazione del nuovo governo. A questo punto però non c’è che rassegnarsi alle sue decisioni; del resto non mancano validi candidati alla successione, anche se la sua esperienza, la sua moderazione e la sua fermezza non sono qualità facilmente rimpiazzabili.
Gli obiettivi sui quali Napolitano si è ora concentrato e che rappresentano il lascito più importante del suo settennato sono: la lotta contro la corruzione che ha pervaso la vita pubblica; il rinnovamento dei partiti e il recupero del loro ruolo di rappresentanza effettiva della sovranità popolare e di rigenerazione della democrazia parlamentare; la ferma determinazione di condurre fino in fondo il risanamento economico italiano, il rilancio urgente dello sviluppo, l’equità sociale e territoriale, la messa in sicurezza della moneta comune. Infine la nuova legge elettorale che ridia agli elettori la libertà di scelta dei loro rappresentanti e assicuri al tempo stesso rappresentatività e governabilità.
Non sono obiettivi facili anche perché non rientrano nella competenza operativa del presidente della Repubblica. Rientrano tuttavia in pieno nella sua competenza ordinamentale, poiché la Costituzione gli assegna di rappresentare la nazione, di tutelare il patto costituzionale, di difendere la struttura e lo spirito dello Stato di diritto e dei valori che vi presiedono. Il Presidente ha diritto di messaggio al Parlamento e al Paese. Non è lui che opera ma è lui che può e deve suggerire, ricordare, denunciare abusi e storture.
Non a caso la nascita del governo Monti e la sua tenuta sono state opera di Napolitano. Di questo tutti, compresi coloro che criticano la politica montiana, debbono dare atto e lo danno infatti (a parte Grillo e Di Pietro) se non altro ricordando il punto limite cui eravamo arrivati nell’autunno del 2011 sul piano della credibilità del nostro Paese di fronte al mondo e all’Europa.
Degli obiettivi che stanno a cuore a Napolitano il più urgente anche perché influisce su quasi tutti gli altri è la legge elettorale che è ancora in alto mare. I punti che sembrano acquisiti (anche se appena adesso arrivati all’esame del Senato e successivamente della Camera) sono due: il principio proporzionale corretto da un premio di governabilità e la restituzione agli elettori della scelta dei loro rappresentanti.
I punti controversi sono però parecchi: il sistema delle preferenze, voluto a tutti i costi dai centristi di Casini e il sistema dei collegi preferito dal Pd; l’ammontare del premio di governabilità sul quale il Pd gioca le sue carte mentre il centro e il Pdl sono assai più avari; l’ammissibilità al premio delle coalizioni o soltanto dei singoli partiti.
Sul nostro giornale in più occasioni (l’ultima ieri di Gianluigi Pellegrino) abbiamo motivato l’impraticabilità delle preferenze che esaltano il ruolo delle clientele, delle lobby e soprattutto della criminalità organizzata. I recenti episodi del Consiglio comunale di Reggio Calabria e del Consiglio regionale della Lombardia sono casi estremi ma purtroppo assai diffusi che le preferenze consentono e incoraggiano.
Quanto al premio di governabilità esso consente che la maggioranza parlamentare relativa possa governare con sicurezza; questa sicurezza è fondamentale per la solidità dei governi nei mari agitati attuali, ma va contemperata da un secondo e non trascurabile principio che è quello della rappresentatività.
Se un partito o una coalizione raccoglie il 30 per cento dei consensi e ottiene un premio del 20 per raggiungere la maggioranza assoluta, il sistema della rappresentatività viene stravolto tanto più tenendo presente che una quota rimarchevole di elettori non andrà a votare e dunque l’ammontare dei consensi rappresenta una quota minore rispetto alla totalità del corpo elettorale.
Il problema richiede saggezza da parte dei diversi interessati e un punto di mediazione che a noi sembra raggiungibile con il 15 per cento netto di premio (il 18 lordo). Probabilmente non basterà ad assicurare maggioranza assoluta ma questo in fin dei conti può essere un bene, saranno necessarie alleanze post-elettorali, la più appropriata delle quali è quella tra il centro e la sinistra democratica. Quest’ultima si va profilando con una coalizione che include Vendola ma sulla base di un patto proposto dal Pd in quanto partito di maggioranza della coalizione. Quel patto assicura la piena lealtà e il rispetto della traccia europea segnata da Monti e dagli impegni che l’Italia ha preso con le autorità europee; ma nel medesimo patto viene rilanciato il principio di equità sociale e territoriale e la creazione di nuovo lavoro. Il patto infine prevede e sottolinea la necessità d’un contributo italiano alla nascita dell’Europa federata che rappresenta l’obiettivo di fondo di tutta questa politica. Secondo le ultime notizie Vendola avrebbe aderito a questo patto e questo rappresenta un passo politico di notevole importanza.
Se il popolo, se i giovani, se gli adulti, se tutti noi recupereremo fiducia e saggezza forse la luce in fondo al tunnel si farà vedere sul serio.
P.S.
I bambini figli di coppie separate debbono essere cresciuti, educati e trattati con grande attenzione e affetto. Quanto è accaduto al bambino Lorenzo nei giorni scorsi non deve ripetersi mai più. La polizia, gli insegnanti e soprattutto i genitori se ne debbono fare carico e le leggi che disciplinano gli affidamenti senza ascoltare neppure a titolo puramente conoscitivo il parere del bambino da una certa età in su debbono essere riformate in modo appropriato. Quanto è accaduto in questo caso è vergognoso ivi compresa la denuncia della polizia per il reato di resistenza del nonno e della zia di Lorenzo. In casi analoghi dovrebbero resistere perfino i cittadini presenti. Non si tratta in quel modo un bambino “rapito” a scuola.

"Primarie, parte la sfida. Bersani: la cosa più bella" di Simone Collini

«Non si governa senza popolo, il prossimo giro». Per questo Bersani è sempre più convinto che le primarie per scegliere il candidato premier del centrosinistra siano la scelta giusta. «Oggi governare non è facile ma non possiamo deludere il Paese», dice nel giorno in cui viene presentata la carta d’intenti dal titolo «Italia. Bene comune», che disegna la cornice valoriale della coalizione dei progressisti e dei democratici. Il messaggio è rivolto ai compagni di strada Vendola e Nencini, arrivati a Roma per questo appuntamento che di fatto dà il via alla campagna elettorale del centrosinistra, ma anche a una platea di elettori sempre più distante dalla politica, che il leader del Pd conta di riavvicinare mettendo a disposizione uno strumento di partecipazione come quello delle primarie, che si svolgeranno il 25 novembre con eventuale secondo turno la domenica successiva.

«Le primarie sono la più grande e bella cosa che la politica possa offrire oggi in Italia, e noi ne siamo orgogliosi», dice Bersani tra gli applausi di militanti e simpatizzanti venuti per assistere a questa prima uscita pubblica della coalizione che si presenterà alle elezioni di primavera.

E così se da Prato Pier Ferdinando Casini fa sapere di essere «preoccupato» per l’operazione avviata da dal leader del Pd insieme a quello di Sel e al segretario del Psi, Bersani invita il leader dell’Udc a non preoccuparsi «perché è una bella giornata questa, non solo per noi ma per l’Italia», perché si sta «mettendo in piedi un percorso inedito da noi e in Europa», perché la convocazione ai gazebo è il primo atto di un progetto che proseguirà nel 2013 e poi oltre («dovremo trovare gli strumenti, oltre quelli classici, tradizionali, per capire come la pensa la gente») e perché Pd, Sel e Psi si stanno prendendo «un rischio e una responsabilità» in vista delle politiche prima, e della sfida di governo poi.

PATTO VINCOLANTE
Insieme a Vendola, che definisce le primarie «il primo atto sociale antiberlusconiano che dobbiamo e vogliamo costruire», e Nencini, che dice «siamo arrivati per ultimi sulla Tobin tax, l’Italia non sia l’ultima anche sulla patrimoniale per le grandi ricchezze», Bersani ha siglato una serie di «impegni reciproci» perché, spiega il leader del Pd, «serve un patto di coalizione vincolante per non ripetere gli errori del passato».

E infatti l’ultimo punto della «carta», titolato «responsabilità», prevede che nella prossima legislatura, in caso di controversie, i diversi gruppi parlamentari decidano «a maggioranza» come votare tutti insieme, la «lealtà» agli «impegni internazionali» e il «sostegno leale» al premier scelto con le primarie per tutta la legislatura.

Tutti «impegni vincolanti» che erano nella «carta d’intenti» preparata da Bersani prima dell’estate e che sono stati accettati dagli altri due leader. Quel che invece manca, rispetto a quel testo, è un esplicito riferimento all’operato di Monti, del quale si sottolineava l’«autorevolezza».

Bersani rimane convinto che il rigore e la serietà dimostrati dall’attuale premier siano «un punto di non ritorno» anche per il prossimo esecutivo, ma di fronte alle spinte di Vendola per citare il Professore in chiave negativa, l’accordo si è trovato nel non citarlo proprio. D’altro canto lo stesso leader del Pd è convinto che accanto all’austerità e alla necessità del riequilibrio dei conti, sia al livello nazionale che a quello comunitario, si debbano perseguire obiettivi come maggiore equità, redistribuzione delle ricchezze, maggiore occupazione, tutti richiamati nella «carta». La quale, nonostante Vendola ci tenga a sottolineare il suo carattere «alternativo ai pensieri conservatori di Casini», presenta un passaggio di apertura ai moderati che era tutt’altro che scontato fino al giorno vigilia: «I democratici e i progressisti s’impegnano a promuovere un accordo di legislatura con le forze del centro liberale». Un passaggio che non basta però a Beppe Fioroni, per il quale «questa alleanza non basta né per vincere bene né per governare, servono i moderati e Monti».

Così come non piace l’assenza di riferimenti espliciti all’operato dell’attuale premier a Marco Follini, che parla di «un grande buco nero nella strategia del Pd», e a Paolo Gentiloni, che dice: «Addio Monti… nelle intenzioni del patto Pd-Sel-Psi. Sarà difficile nascondere agli elettori che noi l’abbiamo sostenuto e Vendola no».

Aggiunge Walter Verini: «La carta è poco in sintonia con quello che pensa tanta parte dell’Italia, dell’Europa e del mondo» Sono però uscite che non preoccupano Bersani, che presentata la «carta d’intenti» e chiusa la fase della definizione delle regole per le primarie (contestate dal fronte renziano), vuole ora partire con una campagna elettorale che più che alla sfida ai gazebo guarda già a quella per Palazzo Chigi.

Oggi il leader del Pd sarà a Bettola, suo paese natale. E più precisamente parlerà nel piazzale dove c’è la pompa di benzina che gestiva suo padre Giuseppe, da un piccolo palco con su scritto lo slogan: «Il coraggio dell’Italia». Apprezzamenti alla Carta giungono intanto dagli esponenti più attenti alla questione dei diritti civili, come Ignazio Marino: «Finalmente si formalizza l’impegno a dare traduzione normativa al principio, già riconosciuto dalla nostra Costituzione, per cui una coppia omosessuale ha pari dignità e diritti delle altre coppie».

L’Unità 14.10.12

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Le 10 regole della consultazione

1) Le primarie si svolgeranno domeni- ca 25 novembre 2012. Qualora nessun candidato raggiunga al primo turno il 50% più uno dei voti, si procederà a un turno di ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggiore numero di voti. L’eventuale ballottaggio si svolge- rà domenica 2 dicembre 2012.

2) La partecipazione alle primarie è aperta a tutte le elettrici e gli elettori, in possesso dei requisiti previsti dalle leg- ge, ai cittadini immigrati in possesso di carta d’identità e di permesso di soggior- no, che dichiarano di riconoscersi nella Carta d’intenti, versano un contributo di almeno 2 euro e si impegnano a sostene- re il centrosinistra alle politiche del 2013, sottoscrivendo un appello pubbli- co e iscrivendosi all’Albo degli elettori.

3) Il Regolamento per lo svolgimento delle primarie, approvato dal Collegio dei Garanti entro il 21-10, disciplina le modalità organizzative volte a garantire: a) il carattere aperto delle primarie; b) la registrazione, dal 4 novembre fino al giorno del voto, con la sottoscrizione dell’Appello pubblico, l’iscrizione all’Al- bo delle elettrici e degli elettori, e la con- segna a ciascun elettore del “Certificato di elettore del centrosinistra per l’Italia

Bene Comune”. Tale registrazione do- vrà avvenire con procedure distinte dal- le operazioni e dall’esercizio del voto. Le iscritte e gli iscritti all’Albo costituiran- no la base elettorale delle primarie e avranno automaticamente diritto di voto all’eventuale secondo turno. Il Collegio dei Garanti disciplinerà le modalità di iscrizione all’Albo da parte di coloro che si sono trovati nell’impossibilità di regi- strarsi nel periodo dal 4 al 25 novembre. c) il corretto e trasparente svolgimento delle operazioni di voto.

4) All’atto del deposito della candida- tura, ciascun candidato/a alle primarie sottoscrive l’impegno a rispettarne l’esi- to, a collaborare pienamente e lealmen- te, in campagna elettorale e per tutta la legislatura, con il candidato premier scel- to dalle primarie, ad attenersi ai contenu- ti della Carta d’intenti.

5) Per essere ammessi alle primarie, i candidati devono depositare, entro il 25 ottobre, almeno 20.000 firme di sotto- scrittori che contestualmente si dichiari- no elettori del centrosinistra, di cui non più di 2000 in ogni Regione.

6) Il Codice di comportamento dei can- didati, emanato dal Collegio dei Garanti, si ispira ai principi della comune respon-

sabilità rispetto al progetto «Italia Bene Comune», della correttezza reciproca, della trasparenza e sobrietà nella raccol- ta e nell’uso delle risorse.

7) Ciascun candidato/a ha l’obbligo di comunicare al Consiglio dei Garanti e di pubblicare online, con cadenza settima- nale, ogni contributo, diretto o indiretto, superiore ai 500 euro, nonché di rende- re disponibile al Consiglio dei Garanti tutta la documentazione relativa alle en- trate e alle spese. È vietato per i candida- ti e i loro sostenitori ricorrere a qualsiasi forma di pubblicità a pagamento, come spot su radio, tv, giornali, internet, o affit- to di spazi su cartelloni pubblicitari.

8) Il Collegio dei Garanti vigila sul ri- spetto del Codice di comportamento dei candidati e sanziona eventuali comporta- menti difformi.

9) Il Collegio dei Garanti nomina un coordinamento operativo incaricato di promuovere e monitorare le diverse fasi di organizzazione delle primarie. Ai lavo- ri del coordinamento partecipa un dele- gato/a per ciascun candidato/a.

10) Con apposito Regolamento il Con- siglio dei Garanti disciplina le modalità di utilizzo dell’Albo pubblico delle elettri- ci ed elettori del centrosinistra.

L’Unità 14.10.12