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"Il coraggio ci fa bene", di Pier Luigi Bersani

“Siamo oggi sotto gli occhi del mondo, la serietà e il rigore delle nostre decisioni daranno un segno rilevante delle prospettive dell’Italia e non solo del PD”. Relazione di Pier Luigi Bersani di apertura dei lavori dell’Assemblea Nazionale del PD con la replica a chiusura del dibattito

La mia non sarà una relazione organica ma solo qualche considerazione introduttiva dei lavori che avremo qui oggi all’Assemblea. Il primo punto da analizzare è la solennità e la crucialità di questo momento: siamo oggi sotto gli occhi del mondo, la serietà e il rigore delle nostre decisioni daranno un segno rilevante delle prospettive dell’Italia e non solo del PD.

Il distacco tra cittadini e politica, la condizione economica-sociale la più grave dal dopo guerra, i rischi di balcanizzazione del sistema politico, la crisi scomposta della destra e il sorgere di nuovi populismi, la voglia di semplice rifiuto che corre nel paese, sono tutti elementi che portano ad un’unica conclusione: senza il PD non c’è possibilità alcuna di mettere ordine alle prospettive del paese e suscitare la riscossa delle forze vitali chiamate a dare una risposta. L’alternativa è la palude.

Con un paese stremato e portato all’impasse non si può peccare di leggerezza: siamo davanti ad un tornante. Dovremo essere la bussola per gli italiani. Ribadiamo chi siamo e cosa vogliamo. Noi garantiamo piena affidabilità sull’asse europeista della politica: l’Europa è la condizione ineludibile per qualsiasi alleanza possibile di governo. La credibilità e il rigore di Monti sono un punto di non ritorno. Ma non dimentichiamo che siamo stati noi che abbiamo voluto Monti al prezzo di una nostra rinuncia e che siamo sempre noi che lo stiamo sostenendo nelle condizioni più difficili, caricandoci anche di responsabilità non nostre nei confronti della società. Su questo punto non abbiamo bisogno di ricevere alcuna istruzione. Ma, al tempo stesso, c’è bisogno di riprendere una piena fisiologia democratica e politica: un diritto e un dovere per l’Italia per uscire dall’eccezionalismo di perenne instabilità.

Noi sappiamo da dove si deve partire: la riforma della politica, la riscossa civica, i diritti, la moralità, la sobrietà, le regole sono le basi per il cambiamento. Non è vero che non vogliamo riformare il Paese, semmai il contrario: vogliamo più riforme di quelle che si sono fatte e le vogliamo slegate da quella destra che tiene il piede sul freno al cambiamento del Paese.

C’è ancora poca consapevolezza in Europa e in Italia sul fatto che la crisi non è stata affatto risolta. I paesi hanno ridotto la loro ricchezza, aumentato la disoccupazione, subito rallentamenti, recessioni, stagnazioni. Chi è sul fronte viaggia su due manovre l’anno. E l’Italia è ancora dentro questa situazione. Dal 2007 ad oggi abbiamo perso 7 punti di Pil e 20 punti di produzione industriale. Pensare che sia solo una questione di spread è sbagliato. Bisogna agire e non si può aspettare l’elezioni tedesche per avere una svolta.

Parliamo dell’agenda europea. La piattaforma da cui iniziare è l’unione fiscale, dare respiro alle politiche di bilancio, attuare la golden rule, la tobin tax, gli euro project bond per le infrastrutture, le politiche contro i paradisi fiscali, garantire standard retributivi per riattivare la domanda. Preparare, quindi, una nuova democrazia europea orientata verso una fase costituente e nuovi trattati. Il PD chiede che questa sia l’agenda senza nessun avvitamento nella crisi.
Non perdiamo contatto con il disagio delle persone, non lasciamole nella solitudine anche quando le risposte e le soluzioni non le abbiamo.

Sulla legge elettorale siamo flessibili e pronti a trovare una intesa. Noi non vogliamo sia impedita la governabilità, però vogliamo i collegi non le preferenze, vogliamo la parità di genere e vogliamo che non si possano fare dei gruppi tipo Scilipoti.
Altra puntualizzazione: la legge di stabilità. Se la recessione scendesse troppo sotto la soglia di vivibilità, invito il governo a guardare la riforma sociale come priorità. I servizi in particolare devono essere trattati con grande attenzione: non si può dare una botta alla scuola ogni sei mesi.
In fine noi vogliamo prenderci la responsabilità di governare, mettendo in campo energie rinnovate, con un appello largo a tutte le energie progressiste. Governare non sarà facile e non si potrà governare senza popolo, sarebbe inutile mettersi in marcia. Dunque se la politica celebrerà i suoi riti dentro un fortino, non servirà a farci uscire dalla crisi, se la politica non si prende qualche rischio, la fiducia non tornerà.

Bisogna puntare sulla trasparenza, coraggio, governabilità attraverso una partecipazione democratica. E le primarie in questo senso, dovranno essere un simbolo di scelta di apertura e così potremmo dimostrare che siamo un grande collettivo che discute, che decide e che funziona.

C’è un limite a tutto però, non posso leggere nei giornali che qui si vogliono cambiare le regole in corsa per bloccare la partecipazione. L’unica regola che si chiede di cambiare è proprio la regola statutaria che riguarda il diritto del Segretario ad essere il candidato premier, ed è una regola di apertura, chiariamolo, per questo chiedo di votare questo cambiamento.
Come Segretario segnalo l’impegno di mettere in pratica ciò che abbiamo già deciso nel giugno 2011. Ovvero rendere effettivi strumenti che c’erano dagli albori dalle primarie, ma mai attuanti perché impossibili nel quadro organizzativo visto fin qui. Quindi se un albo ci vuole dobbiamo fare un passo avanti per mettere in sicurezza questo strumento per il futuro. Certamente un elettore di centrodestra può cambiare idea, ma se viene alle primarie ce lo deve dire. Principio: chi partecipa riceve un mandato, si prende responsabilità e se viene si registra. La parola regole è una bella parola, poi l’Assemblea deciderà, buon lavoro e cerchiamo di avere tutti a cuore veramente il Pd che è l’unica speranza per il nostro Paese.

*****

La replica del segretario Bersani a chiusura del dibattito

Questa assemblea è stata descritta come arena di gladiatorie e invece ha dimostrato di essere un organo dirigente effettivo. Abbiamo bisogno del massimo rispetto per il lavoro che questa assemblea ha fatto in questi mesi, anche per il suo lavoro politico e programmatico a cui i candidati del Pd dovranno dichiarare di fare riferimento.
Il Sindaco di Piombino ci ha dato uno sguardo sulla realtà di cui dobbiamo tenere conto. La strada è lunga, non diamo l’idea di essere leggeri rispetto ai problemi reali delle persone. Il partito deve essere presente davanti alla difficoltà e in grado di dare risposte. Non pensiamo che ci siano solo le primarie davanti a noi. Manteniamo una sobrietà anche nello stille dei prossimi giorni.

Stiamo discutendo sulle alleanze con la nostra carta d’intenti sulla base di elementi, per noi irrinunciabili: la responsabilità tra i contraenti del patto per la cessione di sovranità ai gruppi parlamentari negli eventuali punti di disaccordo; il principio politico di apertura verso forse forze democratiche europeiste moderate che vogliono far fronte all’avanzata della nuova corrente populista.

Sulle primarie fatemi chiarire però che se mai pensassi che la mia generosità facesse male al PD sono capace di rinunciarci tranquillamente. Non pretendo di essere infallibile ma qualche elemento in più di valutazione posso averlo. I problemi si posso esorcizzare quando sono piccoli ma vanno affrontati con fiducia e combattimento in campo aperto quando sono grandi. Questo ci può dare forza ulteriore per la prospettiva. Se sulle primarie facciamo le cose per bene a noi non ci ammazza più nessuno! Superiamo le remore e approviamo la modifica dello Statuto.

www.partitodemocratico.it

*******

I documenti approvati dall’Assemblea nazionale di ottobre 2012
pubblicato il 6 ottobre 2012 , 875 letture
L’Assemblea ha approvato tutti i documenti presentati. Il mandato al Segretario è stato approvato all’unanimità, la norma di sospensione transitoria ha ricevuto 8 voti contrari e 1 astenuto. Il documento sulla partecipazione di iscritti al Pd ha ricevuto 8 voti contrari. I votanti totali in Assemblea sono stati 612.

– Mandato al Segretario di definire con gli alleati le regole per lo svolgimento delle Primarie del centrosinistra;
– Norma di sospensione transitoria dell’articolo18 comma 8;
– Partecipazione alle Primarie di coalizione di iscritti al Pd.

Per la raccolta delle firme a sostegno dei candidati sono disponibili i relativi moduli:
– Modulo sottoscrizioni candidatura – iscritti Pd
– Modulo sottoscrizioni candidatura – delegati Assemblea nazionale Pd

da www.partitodemocratico.it

"Il coraggio ci fa bene", di Pier Luigi Bersani

“Siamo oggi sotto gli occhi del mondo, la serietà e il rigore delle nostre decisioni daranno un segno rilevante delle prospettive dell’Italia e non solo del PD”. Relazione di Pier Luigi Bersani di apertura dei lavori dell’Assemblea Nazionale del PD con la replica a chiusura del dibattito
La mia non sarà una relazione organica ma solo qualche considerazione introduttiva dei lavori che avremo qui oggi all’Assemblea. Il primo punto da analizzare è la solennità e la crucialità di questo momento: siamo oggi sotto gli occhi del mondo, la serietà e il rigore delle nostre decisioni daranno un segno rilevante delle prospettive dell’Italia e non solo del PD.
Il distacco tra cittadini e politica, la condizione economica-sociale la più grave dal dopo guerra, i rischi di balcanizzazione del sistema politico, la crisi scomposta della destra e il sorgere di nuovi populismi, la voglia di semplice rifiuto che corre nel paese, sono tutti elementi che portano ad un’unica conclusione: senza il PD non c’è possibilità alcuna di mettere ordine alle prospettive del paese e suscitare la riscossa delle forze vitali chiamate a dare una risposta. L’alternativa è la palude.
Con un paese stremato e portato all’impasse non si può peccare di leggerezza: siamo davanti ad un tornante. Dovremo essere la bussola per gli italiani. Ribadiamo chi siamo e cosa vogliamo. Noi garantiamo piena affidabilità sull’asse europeista della politica: l’Europa è la condizione ineludibile per qualsiasi alleanza possibile di governo. La credibilità e il rigore di Monti sono un punto di non ritorno. Ma non dimentichiamo che siamo stati noi che abbiamo voluto Monti al prezzo di una nostra rinuncia e che siamo sempre noi che lo stiamo sostenendo nelle condizioni più difficili, caricandoci anche di responsabilità non nostre nei confronti della società. Su questo punto non abbiamo bisogno di ricevere alcuna istruzione. Ma, al tempo stesso, c’è bisogno di riprendere una piena fisiologia democratica e politica: un diritto e un dovere per l’Italia per uscire dall’eccezionalismo di perenne instabilità.
Noi sappiamo da dove si deve partire: la riforma della politica, la riscossa civica, i diritti, la moralità, la sobrietà, le regole sono le basi per il cambiamento. Non è vero che non vogliamo riformare il Paese, semmai il contrario: vogliamo più riforme di quelle che si sono fatte e le vogliamo slegate da quella destra che tiene il piede sul freno al cambiamento del Paese.
C’è ancora poca consapevolezza in Europa e in Italia sul fatto che la crisi non è stata affatto risolta. I paesi hanno ridotto la loro ricchezza, aumentato la disoccupazione, subito rallentamenti, recessioni, stagnazioni. Chi è sul fronte viaggia su due manovre l’anno. E l’Italia è ancora dentro questa situazione. Dal 2007 ad oggi abbiamo perso 7 punti di Pil e 20 punti di produzione industriale. Pensare che sia solo una questione di spread è sbagliato. Bisogna agire e non si può aspettare l’elezioni tedesche per avere una svolta.
Parliamo dell’agenda europea. La piattaforma da cui iniziare è l’unione fiscale, dare respiro alle politiche di bilancio, attuare la golden rule, la tobin tax, gli euro project bond per le infrastrutture, le politiche contro i paradisi fiscali, garantire standard retributivi per riattivare la domanda. Preparare, quindi, una nuova democrazia europea orientata verso una fase costituente e nuovi trattati. Il PD chiede che questa sia l’agenda senza nessun avvitamento nella crisi.
Non perdiamo contatto con il disagio delle persone, non lasciamole nella solitudine anche quando le risposte e le soluzioni non le abbiamo.
Sulla legge elettorale siamo flessibili e pronti a trovare una intesa. Noi non vogliamo sia impedita la governabilità, però vogliamo i collegi non le preferenze, vogliamo la parità di genere e vogliamo che non si possano fare dei gruppi tipo Scilipoti.
Altra puntualizzazione: la legge di stabilità. Se la recessione scendesse troppo sotto la soglia di vivibilità, invito il governo a guardare la riforma sociale come priorità. I servizi in particolare devono essere trattati con grande attenzione: non si può dare una botta alla scuola ogni sei mesi.
In fine noi vogliamo prenderci la responsabilità di governare, mettendo in campo energie rinnovate, con un appello largo a tutte le energie progressiste. Governare non sarà facile e non si potrà governare senza popolo, sarebbe inutile mettersi in marcia. Dunque se la politica celebrerà i suoi riti dentro un fortino, non servirà a farci uscire dalla crisi, se la politica non si prende qualche rischio, la fiducia non tornerà.
Bisogna puntare sulla trasparenza, coraggio, governabilità attraverso una partecipazione democratica. E le primarie in questo senso, dovranno essere un simbolo di scelta di apertura e così potremmo dimostrare che siamo un grande collettivo che discute, che decide e che funziona.
C’è un limite a tutto però, non posso leggere nei giornali che qui si vogliono cambiare le regole in corsa per bloccare la partecipazione. L’unica regola che si chiede di cambiare è proprio la regola statutaria che riguarda il diritto del Segretario ad essere il candidato premier, ed è una regola di apertura, chiariamolo, per questo chiedo di votare questo cambiamento.
Come Segretario segnalo l’impegno di mettere in pratica ciò che abbiamo già deciso nel giugno 2011. Ovvero rendere effettivi strumenti che c’erano dagli albori dalle primarie, ma mai attuanti perché impossibili nel quadro organizzativo visto fin qui. Quindi se un albo ci vuole dobbiamo fare un passo avanti per mettere in sicurezza questo strumento per il futuro. Certamente un elettore di centrodestra può cambiare idea, ma se viene alle primarie ce lo deve dire. Principio: chi partecipa riceve un mandato, si prende responsabilità e se viene si registra. La parola regole è una bella parola, poi l’Assemblea deciderà, buon lavoro e cerchiamo di avere tutti a cuore veramente il Pd che è l’unica speranza per il nostro Paese.
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La replica del segretario Bersani a chiusura del dibattito
Questa assemblea è stata descritta come arena di gladiatorie e invece ha dimostrato di essere un organo dirigente effettivo. Abbiamo bisogno del massimo rispetto per il lavoro che questa assemblea ha fatto in questi mesi, anche per il suo lavoro politico e programmatico a cui i candidati del Pd dovranno dichiarare di fare riferimento.
Il Sindaco di Piombino ci ha dato uno sguardo sulla realtà di cui dobbiamo tenere conto. La strada è lunga, non diamo l’idea di essere leggeri rispetto ai problemi reali delle persone. Il partito deve essere presente davanti alla difficoltà e in grado di dare risposte. Non pensiamo che ci siano solo le primarie davanti a noi. Manteniamo una sobrietà anche nello stille dei prossimi giorni.
Stiamo discutendo sulle alleanze con la nostra carta d’intenti sulla base di elementi, per noi irrinunciabili: la responsabilità tra i contraenti del patto per la cessione di sovranità ai gruppi parlamentari negli eventuali punti di disaccordo; il principio politico di apertura verso forse forze democratiche europeiste moderate che vogliono far fronte all’avanzata della nuova corrente populista.
Sulle primarie fatemi chiarire però che se mai pensassi che la mia generosità facesse male al PD sono capace di rinunciarci tranquillamente. Non pretendo di essere infallibile ma qualche elemento in più di valutazione posso averlo. I problemi si posso esorcizzare quando sono piccoli ma vanno affrontati con fiducia e combattimento in campo aperto quando sono grandi. Questo ci può dare forza ulteriore per la prospettiva. Se sulle primarie facciamo le cose per bene a noi non ci ammazza più nessuno! Superiamo le remore e approviamo la modifica dello Statuto.
www.partitodemocratico.it
*******
I documenti approvati dall’Assemblea nazionale di ottobre 2012
pubblicato il 6 ottobre 2012 , 875 letture
L’Assemblea ha approvato tutti i documenti presentati. Il mandato al Segretario è stato approvato all’unanimità, la norma di sospensione transitoria ha ricevuto 8 voti contrari e 1 astenuto. Il documento sulla partecipazione di iscritti al Pd ha ricevuto 8 voti contrari. I votanti totali in Assemblea sono stati 612.
– Mandato al Segretario di definire con gli alleati le regole per lo svolgimento delle Primarie del centrosinistra;
– Norma di sospensione transitoria dell’articolo18 comma 8;
– Partecipazione alle Primarie di coalizione di iscritti al Pd.
Per la raccolta delle firme a sostegno dei candidati sono disponibili i relativi moduli:
– Modulo sottoscrizioni candidatura – iscritti Pd
– Modulo sottoscrizioni candidatura – delegati Assemblea nazionale Pd
da www.partitodemocratico.it

"La crescente amarezza di Napolitano verso un sistema politico inerte", di Stefano Folli

Non è la prima volta che il capo dello Stato mostra la sua amarezza verso un quadro politico definito «inadeguato» e privo dell’indispensabile «slancio morale». Si avverte una crescente delusione in queste frasi di Napolitano, dopo che per mesi, anzi anni, egli ha insistito perché i partiti avviassero il rinnovamento e si dedicassero alle riforme, a cominciare dalla legge elettorale. Non è successo niente e ora abbiamo i «danni incalcolabili» (parole del premier Monti) inferti all’immagine dell’Italia dai recenti scandali. Non c’è bisogno di leggere fra le righe per capire quanto la politica, nella lettura convergente di Napolitano e Monti, sia lontana da uno standard dignitoso. E quanto questa condizione pesi come un grande punto interrogativo a pochi mesi dalle elezioni.

Nel complesso, lo sappiamo, i partiti appaiono sordi e si muovono lungo un orizzonte piuttosto provinciale. Si è detto tutto sulle primarie del Pd. Ma a destra c’è di peggio. Ad esempio, l’annuncio di un nuovo rimescolamento di carte nel Pdl, allo scopo di ritrovare lo spirito delle origini, suscita una certa malinconia. È la conferma che il “berlusconismo” è davvero al tramonto, se il suo leader riesce a immaginare solo un altro “predellino”, cioè un colpo di teatro fondato sulla sua persona. Il fatto è che gli anni sono passati e l’Italia è cambiata. Ripetere il gioco a distanza di tanto tempo, quando i sondaggi forniscono cifre impietose e il paese è ormai scettico, ha il sapore di una mossa disperata.

Tuttavia Berlusconi è intenzionato a procedere con l’idea di mettere in campo una nuova sigla, così da fornire l’illusione che il vecchio Pdl, più o meno depurato, si sia evoluto in una lista civica. C’è molto del carattere del vecchio leader in questo progetto avventuroso. Ma colpisce soprattutto l’assenza di un’idea, di un legame con la società reale. La nascita di Forza Italia, nel ’94, rispecchiava i tormenti di un segmento importante del paese, una consistente maggioranza relativa. Oggi non c’è nulla. E quell’Italia, ormai delusa, non sembra ansiosa di seguire Berlusconi in un metaforico “ridotto della Valtellina”. Del resto, anche Mussolini, nei suoi ultimi mesi a Milano, alla testa dell’effimera repubblica di Salò, sognava il ritorno al socialismo delle origini.

Ovviamente oggi l’ex premier non è mosso da ansie ideologiche, ma da obiettivi pratici e di breve respiro. Il suo problema immediato consiste nell’oscurare sul piano mediatico le primarie del Pd. Se l’operazione “predellino 2”, con la velleità di ricreare un po’ della magìa perduta, si terrà davvero il giorno del ballottaggio Bersani-Renzi, l’intento strumentale sarà evidente. Legittimo, ma palese. E si può prevedere che non otterrà il suo scopo perché l’attenzione dei media è in prevalenza sul centrosinistra, potenziale vincitore delle elezioni.

Viceversa, a destra c’è un vuoto impressionante. Certo, se Berlusconi annunciasse quel giorno il candidato premier della nuova lista e si trattasse di un nome di richiamo, magari giovane e brillante, il discorso cambierebbe. Ma se invece il gioco resta circoscritto a Berlusconi sì/Berlusconi no, dov’è la polpa? La verità è che oggi l’Italia moderata continua, sì, a essere frammentata sul piano politico, ma idealmente si riconosce in un virtuale “partito di Monti”. Il resto, come direbbe Napolitano, è molto «inadeguato».

Il Sole 24 Ore 06.10.12

"La crescente amarezza di Napolitano verso un sistema politico inerte", di Stefano Folli

Non è la prima volta che il capo dello Stato mostra la sua amarezza verso un quadro politico definito «inadeguato» e privo dell’indispensabile «slancio morale». Si avverte una crescente delusione in queste frasi di Napolitano, dopo che per mesi, anzi anni, egli ha insistito perché i partiti avviassero il rinnovamento e si dedicassero alle riforme, a cominciare dalla legge elettorale. Non è successo niente e ora abbiamo i «danni incalcolabili» (parole del premier Monti) inferti all’immagine dell’Italia dai recenti scandali. Non c’è bisogno di leggere fra le righe per capire quanto la politica, nella lettura convergente di Napolitano e Monti, sia lontana da uno standard dignitoso. E quanto questa condizione pesi come un grande punto interrogativo a pochi mesi dalle elezioni.
Nel complesso, lo sappiamo, i partiti appaiono sordi e si muovono lungo un orizzonte piuttosto provinciale. Si è detto tutto sulle primarie del Pd. Ma a destra c’è di peggio. Ad esempio, l’annuncio di un nuovo rimescolamento di carte nel Pdl, allo scopo di ritrovare lo spirito delle origini, suscita una certa malinconia. È la conferma che il “berlusconismo” è davvero al tramonto, se il suo leader riesce a immaginare solo un altro “predellino”, cioè un colpo di teatro fondato sulla sua persona. Il fatto è che gli anni sono passati e l’Italia è cambiata. Ripetere il gioco a distanza di tanto tempo, quando i sondaggi forniscono cifre impietose e il paese è ormai scettico, ha il sapore di una mossa disperata.
Tuttavia Berlusconi è intenzionato a procedere con l’idea di mettere in campo una nuova sigla, così da fornire l’illusione che il vecchio Pdl, più o meno depurato, si sia evoluto in una lista civica. C’è molto del carattere del vecchio leader in questo progetto avventuroso. Ma colpisce soprattutto l’assenza di un’idea, di un legame con la società reale. La nascita di Forza Italia, nel ’94, rispecchiava i tormenti di un segmento importante del paese, una consistente maggioranza relativa. Oggi non c’è nulla. E quell’Italia, ormai delusa, non sembra ansiosa di seguire Berlusconi in un metaforico “ridotto della Valtellina”. Del resto, anche Mussolini, nei suoi ultimi mesi a Milano, alla testa dell’effimera repubblica di Salò, sognava il ritorno al socialismo delle origini.
Ovviamente oggi l’ex premier non è mosso da ansie ideologiche, ma da obiettivi pratici e di breve respiro. Il suo problema immediato consiste nell’oscurare sul piano mediatico le primarie del Pd. Se l’operazione “predellino 2”, con la velleità di ricreare un po’ della magìa perduta, si terrà davvero il giorno del ballottaggio Bersani-Renzi, l’intento strumentale sarà evidente. Legittimo, ma palese. E si può prevedere che non otterrà il suo scopo perché l’attenzione dei media è in prevalenza sul centrosinistra, potenziale vincitore delle elezioni.
Viceversa, a destra c’è un vuoto impressionante. Certo, se Berlusconi annunciasse quel giorno il candidato premier della nuova lista e si trattasse di un nome di richiamo, magari giovane e brillante, il discorso cambierebbe. Ma se invece il gioco resta circoscritto a Berlusconi sì/Berlusconi no, dov’è la polpa? La verità è che oggi l’Italia moderata continua, sì, a essere frammentata sul piano politico, ma idealmente si riconosce in un virtuale “partito di Monti”. Il resto, come direbbe Napolitano, è molto «inadeguato».
Il Sole 24 Ore 06.10.12

"La conoscenza in testa, gli universitari si mobilitano", di Mario Castagna

Mentre nelle piazze di tutta Italia tra polizia e studenti medi scoppiavano gli scontri, nelle aule dell’università La Sapienza gli universitari della Rete Universitaria Nazionale tenevano la loro assemblea nazionale per lanciare il percorso della mobilitazione studentesca che li porterà in piazza venerdì prossimo. Ragazzi di tutta Italia sono arrivati nella capitale per lanciare le loro parole d’ordine: sapere, innovazione, lavoro. «La conoscenza in testa» è il loro slogan, ad indicare chiaramente quale debba essere il primo punto del prossimo programma di governo. Sullo sfondo vecchi e nuovi problemi dell’università. Il primo, sicuramente, il numero enorme di «idonei non assegnatari», burocratica formula che sta ad indicare quanti, pur avendo diritto ad una borsa di studio, non riescono ad ottenerla a causa della mancanza di fondi. Purtroppo questi studenti sono sempre più numerosi, a causa dei continui tagli di bilancio, ed è solo grazie all’aumento delle tasse universitarie a carico degli studenti che si riesce a garantire una copertura minima, seppur ancora insufficiente. La risposta del governo non è delle migliori. Infatti il ministro Profumo ha rimesso in vita, attraverso una bozza di decreto non ancora presentata ufficialmente, la Fondazione per il merito, invenzione del ministro Gelmini avversata da tutti gli studenti. Infatti questa Fondazione va in direzione contraria rispetto al sistema di diritto allo studio che vige oggi in Italia: «Non si può pensare che si destinano risorse finanziarie preziose a chiunque, ricchi o poveri che siano ci dice Federico Nastasi, portavoce della Run se le risorse sono scarse debbono essere impiegate prioritariamente al sostegno delle fasce più povere della popolazione, che vengono escluse sempre di più dall’università italiana». Sulla stessa linea è Marco Mancini, il capo dei rettori italiani, che gli studenti hanno voluto invitare superando la tradizionale conflittualità che li lega ai vertici delle università: «La Fondazione per il merito andrebbe chiusa, e quel sostegno andrebbe dato alle borse di studio per i più poveri». Ma a tenere banco è la notizia del giorno e cioè la minaccia che incombe sul programma Erasmus, a causa del rifiuto dei falchi europei di finanziare uno dei programmi di maggior successo della Ue. I giovani della Run hanno promosso insieme ai loro colleghi europei della «Juventudes socialistas de España», della «Federación de Asociaciones de Estudiantes Progresista» e del «Mouvement des Jeunes Socialistes», le associazione studentesche dei partiti socialisti dell’Ue, un appello a difesa del programma per la mobilità internazionale degli studenti. La richiesta come al solito, è sempre la stessa: non si tagli sul sapere, l’unica vera chiave per uscire da una crisi che sembra non finire mai. Dove trovare i soldi? Per i giovani socialisti europei la risposta è semplice: basterebbe tassare le transazioni finanziarie speculative per trovare adeguate risorse per un programma per la mobilità internazionale. Per questo chiedono alle istituzioni europee, riprendendo anche l’appello che il nostro giornale ha lanciato da qualche giorno, di tassare la finanza speculativa non solo per coprire i buchi di bilancio ma per rafforzare il programma Erasmus e i programmi per il diritto allo studio. Secondo loro il peso ed i costi della crisi non possono ricadere su quella che invece dovrebbe essere una delle chiavi di volta per uscirne: l’investimento in ricerca e innovazione. Una protesta che accomuna i giovanissimi studenti e i giovani imprenditori. È Jacopo Morelli, presidente dei Giovani Industriali, a difendere questo progetto: «Se il progetto Erasmus non dovesse essere rifinanziato sarebbe davvero una grande perdita per i giovani, per i quali il progetto di mobilità studentesca ha rappresentato per anni un’occasione preziosa di confronto con altre realtà». E aggiunge anche la dimensione economica che questo investimento nella formazione dei nostri giovani ha rappresentato: «Sarebbe anche una perdita per le imprese: l’esperienza di studio all’estero è sempre un valore aggiunto che apprezziamo nel momento di selezione dei nostri collaboratori». Difficile trovare qualcuno che difenda la scelta di questa spending review veramente ingiusta. Segno che lo stereotipo dello studente all’estero fannullone ed inconcludente forse appartiene solamente alla cinematografia e che anche le imprese capiscono che se in Italia qualcuno conosce una lingua straniera, lo si deve soprattutto grazie a quei mesi passati all’estero.

L’Unità 06.10.12

"La conoscenza in testa, gli universitari si mobilitano", di Mario Castagna

Mentre nelle piazze di tutta Italia tra polizia e studenti medi scoppiavano gli scontri, nelle aule dell’università La Sapienza gli universitari della Rete Universitaria Nazionale tenevano la loro assemblea nazionale per lanciare il percorso della mobilitazione studentesca che li porterà in piazza venerdì prossimo. Ragazzi di tutta Italia sono arrivati nella capitale per lanciare le loro parole d’ordine: sapere, innovazione, lavoro. «La conoscenza in testa» è il loro slogan, ad indicare chiaramente quale debba essere il primo punto del prossimo programma di governo. Sullo sfondo vecchi e nuovi problemi dell’università. Il primo, sicuramente, il numero enorme di «idonei non assegnatari», burocratica formula che sta ad indicare quanti, pur avendo diritto ad una borsa di studio, non riescono ad ottenerla a causa della mancanza di fondi. Purtroppo questi studenti sono sempre più numerosi, a causa dei continui tagli di bilancio, ed è solo grazie all’aumento delle tasse universitarie a carico degli studenti che si riesce a garantire una copertura minima, seppur ancora insufficiente. La risposta del governo non è delle migliori. Infatti il ministro Profumo ha rimesso in vita, attraverso una bozza di decreto non ancora presentata ufficialmente, la Fondazione per il merito, invenzione del ministro Gelmini avversata da tutti gli studenti. Infatti questa Fondazione va in direzione contraria rispetto al sistema di diritto allo studio che vige oggi in Italia: «Non si può pensare che si destinano risorse finanziarie preziose a chiunque, ricchi o poveri che siano ci dice Federico Nastasi, portavoce della Run se le risorse sono scarse debbono essere impiegate prioritariamente al sostegno delle fasce più povere della popolazione, che vengono escluse sempre di più dall’università italiana». Sulla stessa linea è Marco Mancini, il capo dei rettori italiani, che gli studenti hanno voluto invitare superando la tradizionale conflittualità che li lega ai vertici delle università: «La Fondazione per il merito andrebbe chiusa, e quel sostegno andrebbe dato alle borse di studio per i più poveri». Ma a tenere banco è la notizia del giorno e cioè la minaccia che incombe sul programma Erasmus, a causa del rifiuto dei falchi europei di finanziare uno dei programmi di maggior successo della Ue. I giovani della Run hanno promosso insieme ai loro colleghi europei della «Juventudes socialistas de España», della «Federación de Asociaciones de Estudiantes Progresista» e del «Mouvement des Jeunes Socialistes», le associazione studentesche dei partiti socialisti dell’Ue, un appello a difesa del programma per la mobilità internazionale degli studenti. La richiesta come al solito, è sempre la stessa: non si tagli sul sapere, l’unica vera chiave per uscire da una crisi che sembra non finire mai. Dove trovare i soldi? Per i giovani socialisti europei la risposta è semplice: basterebbe tassare le transazioni finanziarie speculative per trovare adeguate risorse per un programma per la mobilità internazionale. Per questo chiedono alle istituzioni europee, riprendendo anche l’appello che il nostro giornale ha lanciato da qualche giorno, di tassare la finanza speculativa non solo per coprire i buchi di bilancio ma per rafforzare il programma Erasmus e i programmi per il diritto allo studio. Secondo loro il peso ed i costi della crisi non possono ricadere su quella che invece dovrebbe essere una delle chiavi di volta per uscirne: l’investimento in ricerca e innovazione. Una protesta che accomuna i giovanissimi studenti e i giovani imprenditori. È Jacopo Morelli, presidente dei Giovani Industriali, a difendere questo progetto: «Se il progetto Erasmus non dovesse essere rifinanziato sarebbe davvero una grande perdita per i giovani, per i quali il progetto di mobilità studentesca ha rappresentato per anni un’occasione preziosa di confronto con altre realtà». E aggiunge anche la dimensione economica che questo investimento nella formazione dei nostri giovani ha rappresentato: «Sarebbe anche una perdita per le imprese: l’esperienza di studio all’estero è sempre un valore aggiunto che apprezziamo nel momento di selezione dei nostri collaboratori». Difficile trovare qualcuno che difenda la scelta di questa spending review veramente ingiusta. Segno che lo stereotipo dello studente all’estero fannullone ed inconcludente forse appartiene solamente alla cinematografia e che anche le imprese capiscono che se in Italia qualcuno conosce una lingua straniera, lo si deve soprattutto grazie a quei mesi passati all’estero.
L’Unità 06.10.12

Camusso: "la politica si occupi del paese il lavoro è la priorità assoluta", di Rinaldo Gianola

Niente politica industriale, disattenzione alle emergenze del lavoro, zero investimenti, crescita pericolosa delle diseguaglianze. Questo autunno propone un’Italia in piena emergenza economica e sociale, una situazione che viene fronteggiata dal governo con politiche inadeguate, insufficienti. Per questo Susanna Camusso chiama la Cgil a una nuova stagione di mobilitazione e di impegno. A partire dalla giornata del 20 ottobre, in piazza San Giovanni a Roma, la piazza delle grandi sfide sindacali.
Spiega: «Chiediamo al governo scelte chiare di politica industriale, difesa degli insediamenti produttivi, detassazione delle tredicesime, sostegno ai lavoratori esodati, ai dipendenti delle aziende in difficoltà. C%%è bisogno di una svolta profonda di politica economica perchè il Paese non ce la fa».

Segretario Camusso, qual è la situazione del lavoro e dell’industria? «Assistiamo con enorme preoccupazione alla scomparsa di pezzi importanti del tessuto industriale. Siderurgia, auto, alluminio, distribuzione sono settori a rischio. Siamo un Paese che non investe. Per richiamare l’attenzione i lavoratori devono mettere in pericolo la propria vita salendo sui tetti, sulle torri, sui campanili. Il governo e il Paese forse non comprendono pienamente la gravità e i rischi di questo momento. L’occupazione e la difesa della nostra industria sono priorità assolute».

L’azione del governo Monti non la soddisfa? «No, e non una questione personale.Non soddisfa il Paese. Dobbiamo fare uno sforzo comune, forte per aiutare chi perde il posto, chi vede la chiusura della propria azienda, chi cerca di salvare un pezzo di produzione. C’è una distanza enorme tra le condizioni reali di vita dei cittadini e le azioni del governo. C’è un’Italia insicura, impaurita che va aiutata, dobbiamo ricostruire un clima di fiducia, di speranza tra le persone».

Cosa chiede alla politica? «Mi piacerebbe che la politica parlasse al Paese, dei problemi della gente, anzichè concentrarsi su se stessa, su formule ed equilibri spesso incomprensibili. Sarebbe necessaria in questo momento una proposta forte, radicale, di autoriforma della politica in grado di riconquistare il consenso dei cittadini, di rafforzare la base democratica. Tocca ai partiti formulare proposte chiare per battere le diseguaglianze crescenti, per migliorare le condizioni di vita di chi sta peggio, per garantire reddito, lavoro, pensioni, occupazione ai giovani e alle donne».

Monti sostiene che la differenza non è più tra destra e sinistra, ma tra chi paga le tasse e chi evade. È d’accordo? «No. È una semplificazione che non va bene. L’evasione fiscale è stata una scelta politica di destra, di Berlusconi. È la destra che ha favorito i condoni, i capitali scudati, i furbetti del fisco. Si può criticare la politica, ma la politica non è tutta uguale».

Il governo ha ventilato l’ipotesi di una riduzione del carico fiscale, Squinzi dice che di troppe tasse si muore… «Il governo ha offerto un messaggio contraddittorio sulle tasse. Ha aperto uno spiraglio e poi ha fatto marcia indietro. A Squinzi vorrei dire che di troppa diseguaglianza fiscale si muore. Sono i lavoratori dipendenti, i pensionati che pagano troppe tasse. Sono i redditi delle persone fisiche gravati da un carico eccessivo, non sono certo le rendite ad essere penalizzate. Questa ingiustizia peggiora la recessione e favorisce i privilegiati che fuggono dal fisco».

Cosa si attende dal Pd? «Una proposta per un’Italia diversa. Il Pd ha la grande responsabilità di guidare la svolta di governo. È un impegno gravoso, ma stimolante. Metta al centro della sua politica il lavoro, i diritti, il welfare, la politica industriale, un modello di equaglianza sociale, tiri fuori il Paese da questo disastro combinato dai liberisti».

Qual è una politica alternativa? «Una piattaforma socialdemocratica per il welfare, la civiltà del lavoro, la costruzione di un modello più giusto di società per rimettere insieme il Paese, per attutire i danni combinati dalla destra che ha lavorato per dividere i cittadini. Dobbiamo riflettere sul fatto che cresce non solo la disoccupazione, ma anche il lavoro povero e chi è occupato spesso non ce la fa. C’è un deterioramento pericoloso del tessuto sociale, anche di quei soggetti che definiamo garantiti.L’Italia ha bisogno di una svolta perchè dopo quattro anni di crisi e due di sacrifici pesantissimi siamo ancora in mezzo al guado»

Il sindacato cosa può offrire in questo percorso? «Il sindacato ha i suoi problemi, le divisioni non aiutano, nè aiuta l’ eccesso di esposizione di alcune parti verso schieramenti politici. Ma il sindacato ha fatto la sua parte nella crisi, ha gestito vertenze, ristrutturazioni, accordi, confrontandosi con forti innovazioni. Continueremo in questa direzione, ma nessuno può pensare di ridurre il potere di contrattazione dei lavoratori, nè di continuare a discriminare i giovani, le donne, i soggetti più deboli».

La Cgil cosa si propone con l’iniziativa del 20 ottobre? «È l’inizio di un percorso. Vogliamo cambiare passo, pressare questo governo di congiuntura. La Cgil è ben consapevole che il movimento sindacale deve uscire dalla difensiva. Prepariamo alla conferenza di programma per lanciare un Piano del lavoro, che parli di welfare e di ambiente come sviluppo, di innovazione e ricerca, di contrattazione sull’organizzazione e sui modelli di partecipazione del lavoro. Se saremo uniti sarà più facile».

C’è un gruppo di liberisti che lancia il manifesto Fermiamo il declino . La Cgil partava di declino 10 anni fa… «…E tutti ci accusavano di essere disfattisti, cassandre, portatori di sciagure. Nel 2004 la Cgil fece uno sciopero generale per fermare il declino e alcuni dei firmatari di questo manifesto liberista ci definivano statalisti, nazionalisti. Noi abbiamo tanti difetti, ma siamo vicino alla gente e capiamo i problemi. I liberisti si devono rassegnare: la crisi è figlia delle loro idee, è ora di cambiare».

L’Unità 06.10.12