attualità, politica italiana

"La crescente amarezza di Napolitano verso un sistema politico inerte", di Stefano Folli

Non è la prima volta che il capo dello Stato mostra la sua amarezza verso un quadro politico definito «inadeguato» e privo dell’indispensabile «slancio morale». Si avverte una crescente delusione in queste frasi di Napolitano, dopo che per mesi, anzi anni, egli ha insistito perché i partiti avviassero il rinnovamento e si dedicassero alle riforme, a cominciare dalla legge elettorale. Non è successo niente e ora abbiamo i «danni incalcolabili» (parole del premier Monti) inferti all’immagine dell’Italia dai recenti scandali. Non c’è bisogno di leggere fra le righe per capire quanto la politica, nella lettura convergente di Napolitano e Monti, sia lontana da uno standard dignitoso. E quanto questa condizione pesi come un grande punto interrogativo a pochi mesi dalle elezioni.
Nel complesso, lo sappiamo, i partiti appaiono sordi e si muovono lungo un orizzonte piuttosto provinciale. Si è detto tutto sulle primarie del Pd. Ma a destra c’è di peggio. Ad esempio, l’annuncio di un nuovo rimescolamento di carte nel Pdl, allo scopo di ritrovare lo spirito delle origini, suscita una certa malinconia. È la conferma che il “berlusconismo” è davvero al tramonto, se il suo leader riesce a immaginare solo un altro “predellino”, cioè un colpo di teatro fondato sulla sua persona. Il fatto è che gli anni sono passati e l’Italia è cambiata. Ripetere il gioco a distanza di tanto tempo, quando i sondaggi forniscono cifre impietose e il paese è ormai scettico, ha il sapore di una mossa disperata.
Tuttavia Berlusconi è intenzionato a procedere con l’idea di mettere in campo una nuova sigla, così da fornire l’illusione che il vecchio Pdl, più o meno depurato, si sia evoluto in una lista civica. C’è molto del carattere del vecchio leader in questo progetto avventuroso. Ma colpisce soprattutto l’assenza di un’idea, di un legame con la società reale. La nascita di Forza Italia, nel ’94, rispecchiava i tormenti di un segmento importante del paese, una consistente maggioranza relativa. Oggi non c’è nulla. E quell’Italia, ormai delusa, non sembra ansiosa di seguire Berlusconi in un metaforico “ridotto della Valtellina”. Del resto, anche Mussolini, nei suoi ultimi mesi a Milano, alla testa dell’effimera repubblica di Salò, sognava il ritorno al socialismo delle origini.
Ovviamente oggi l’ex premier non è mosso da ansie ideologiche, ma da obiettivi pratici e di breve respiro. Il suo problema immediato consiste nell’oscurare sul piano mediatico le primarie del Pd. Se l’operazione “predellino 2”, con la velleità di ricreare un po’ della magìa perduta, si terrà davvero il giorno del ballottaggio Bersani-Renzi, l’intento strumentale sarà evidente. Legittimo, ma palese. E si può prevedere che non otterrà il suo scopo perché l’attenzione dei media è in prevalenza sul centrosinistra, potenziale vincitore delle elezioni.
Viceversa, a destra c’è un vuoto impressionante. Certo, se Berlusconi annunciasse quel giorno il candidato premier della nuova lista e si trattasse di un nome di richiamo, magari giovane e brillante, il discorso cambierebbe. Ma se invece il gioco resta circoscritto a Berlusconi sì/Berlusconi no, dov’è la polpa? La verità è che oggi l’Italia moderata continua, sì, a essere frammentata sul piano politico, ma idealmente si riconosce in un virtuale “partito di Monti”. Il resto, come direbbe Napolitano, è molto «inadeguato».
Il Sole 24 Ore 06.10.12