«La pubblicità si basa sull’infelicità della gente, la crea». È una delle tante frasi celebri di Beppe Grillo di un paio d’anni fa. Quando ancora il nostro ricco predicatore invitava i seguaci a boicottare televisioni e giornali, tutti, e a rivolgersi soltanto a fonti d’informazione prive di pubblicità. Per esempio, il suo sito. Poi il blog è esploso, soprattutto grazie alla fondazione del movimenti 5 Stelle, e Grillo-Casaleggio ci hanno ripensato, accettando pubblicità di ogni genere. Compresa questa: “Compro oro”, che campeggiava in testa al sito ieri.
Ora, se la pubblicità si basa sull’infelicità delle persone, quella di “Compro oro” si fonda sulla disperazione delle famiglie.
L’Espresso e Repubblica hanno più volte denunciato i loschi interessi che stanno spesso dietro a questi negozi sorti come funghi dal principio della crisi, i rischi di speculazioni e riciclaggio mafioso, l’evasione fiscale e le truffe. Finalmente il governo Monti si è deciso a mandare la Finanza, che finora ha accertato reati e irregolarità nel 60 per cento degli esercizi.
A parte questo, la pubblicità del sito di Grillo è due volte ingannevole. Intanto per come è messa. L’annuncio figura in una sezione che non è dichiaratamente uno spazio pubblicitario. In alto, ben visibile accanto ai comunicati politici del capo, confusa con altri interventi e informazioni di vario genere. Di sicuro gliel’avranno pagata bene.
Ma soprattutto il sito di Beppe Grillo non è un blog qualsiasi. È il luogo di dibattito unico del secondo o terzo partito d’Italia. Un luogo esclusivo, gelosamente tutelato dal marchio depositato dal proprietario, il quale espelle dal movimento chiunque, come Tavolazzi, abbia osato proporre altri luoghi di discussione. Grillo non solo è dunque padrone del suo partito, ma tratta gli elettori come clienti, audience da vendere agli inserzionisti. Se non è conflitto d’interesse questo, che cosa lo è? Immaginate lo scandalo, la furia e lo scherno dei grillini se sul sito del Pd o durante un comizio di Vendola o Casini o perfino Berlusconi comparissero annunci “Compro oro”.
Non si ha la pretesa di suscitare un dibattito fra i fans di Grillo, che in questi anni hanno dimostrato di seguire dal capo qualsiasi giravolta, e sono un’infinità. Come del resto in passato i fans di altri leader padroni. Rimane il fatto che il Savonarola degli spot, quello che invocava “una Norimberga per i pubblicitari” e denuncia ancora l’assenza di libertà nella stampa “perché non si può fare un’inchiesta su un inserzionista”, oggi prende i soldi da “Compro oro” ed evita di parlare di un fenomeno inquietante. Lui che ha pronta un’invettiva di maniera per tutto e tutti.
Se vi sono categorie già ben rappresentate fra i capi politici sono quelle dei trasformisti e dei portatori di conflitto d’interessi. Beppe Grillo allunga la lista degli uni e degli altri. Si vede che per gli italiani questi non sono difetti gravi in politica. Morto un leader padrone, trasformista con conflitto d’interessi, se ne vota subito un altro, giustificandone ogni contraddizione perché “tanto gli altri sono peggiori”. E allora poi di che cosa ci lamentiamo?
La Repubblica 30.09.12
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"Come arrivare al dopo Monti in buona salute", di Eugenio Scalfari
La dichiarazione di Monti sul dopo-Monti, fatta a New York e riconfermata a Roma dopo il suo rientro dall’assemblea dell’Onu, è esattamente quanto si aspettavano le Cancellerie dei paesi alleati, i mercati e soprattutto i cittadini responsabili del nostro paese. Monti non parteciperà alla campagna elettorale e non ha posto una sua candidatura ad alcuna specifica carica elettiva. Ha semplicemente detto che qualora dopo le elezioni che si svolgeranno nel prossimo aprile il Parlamento e le forze politiche che usciranno vittoriose da quella consultazione avranno bisogno dell’opera sua, lui sarà disponibile.
Qual è la vera novità di questa dichiarazione, fatta ora per allora? La novità sta tutta nel linguaggio che in casi come questo è al tempo stesso forma e sostanza: un linguaggio non politico ma istituzionale, così come è istituzionale la sede dalla quale Monti ha parlato. È da undici mesi il capo dell’Esecutivo e si è rivolto al futuro Parlamento e al futuro presidente della Repubblica. Saranno nel prossimo aprile queste istituzioni a valutare se ci sarà bisogno di lui.
Il prossimo governo sarà certamente politico, ma anche questo lo è perché anche questo vive sulla fiducia che il Parlamento gli esprime. È composto da tecnici, ma lo stesso Monti offrì ai politici di parteciparvi. La partecipazione non vi fu perché il Pd la rifiutò e bene fece mettendo in tal modo la “strana maggioranza” nella giusta dimensione richiesta dall’emergenza. L’emergenza purtroppo continuerà anche nella prossima legislatura ma la maggioranza sarà quella che gli elettori avranno scelto. In questo senso il nuovo Parlamento potrà esprimere una maggioranza non più “strana” ma portatrice d’una visione coesa del bene comune. È implicito che l’elemento di fondo di quel bene comune è costituito dagli impegni che lo Stato italiano – attenzione, lo Stato non solo il governo – ha preso nei confronti dell’Unione europea. Quegli impegni consentono una limitata ma importante discrezionalità; possono accentuare il tema dell’equità e dell’eguaglianza einaudiana delle condizioni di partenza tra i cittadini oppure affidarsi alla diseguaglianza come stimolo dell’efficienza. Spetta al popolo sovrano scegliere tra queste due diverse opzioni nei limiti, come già detto, della loro compatibilità con gli impegni verso l’Europa.
Monti sa bene che la nuova maggioranza non sarà più “strana” ma effettiva e coesa. Questo non significa che Monti sia disponibile per qualsiasi maggioranza, ma a quella sin d’ora schierata per un futuro Stato federale europeo con la sua moneta comune e con una Banca centrale che abbia i poteri di tutte le Banche centrali di uno Stato. Questa è la maggioranza alla qualeilnostropremierhaoffertolasua disponibilità e la sua credibilità internazionale, che di quella disponibilità rappresenta il tassello più importante
e difficilmente sostituibile.
* * *
Restano comunque cinque mesi di lavoro al governo attuale e alla maggioranza che lo sostiene. I problemi che attendono soluzione sono i seguenti: 1 – Una nuova legge elettorale.
2 – La legge contro la corruzione.
3 – Una legge costituzionale che riesamini iltitoloVdellaCostituzioneper quanto riguarda le competenze tra Stato e Regioni.
4 – Il taglio della spesa corrente e la riduzione delle accise e delle imposte sui lavoratori e sulle imprese, cioè una riqualificazione fiscale nell’ambito del poco tempo disponibile.
5 – Ammortizzatori sociali capaci di attenuare le rabbie accese dalle crisi aziendali.
Sono cinque tematiche da far tremare le vene e i polsi, ma non possono essere eluse perché costituiscono il nucleo centrale dell’emergenza. Accoppiano rigore e crescita.Puntano su un accordo con le parti sociali per l’aumento della produttività.
Il contratto dei chimici ha rappresentato una buona partenza ed è molto deludente che la Cgil, dopo essere stato firmato dal segretario della categoria, l’abbia disconosciuto come Confederazione. La Camusso conosce bene le condizioni in cui si trovano l’Italia, l’Europa, l’Occidente. Un contratto che aumenta le ore di lavoro e quindi il salario per i giovani e le diminuisce per gli anziani rappresenta un patto generazionale che non accresce il rigore ma l’equità. Questa è la strada alla quale non ci sono alternative e va seguita per i molti altri contratti in scadenza se non si vuole che non siano rinnovati, con quanto ne seguirebbe sul potere d’acquisto dei lavoratori.
Il governo può e deve arbitrare questi conflitti se le parti sono disponibili al negoziato. La logica può cambiare quando cambiano le condizioni; pretendere che il cambiamento avvenga prima significa abbaiare alla luna.
* * *
Nel nucleo dell’emergenza c’è anche un altro tema e questo è eminentemente tecnico: il governo dello “spread”. La contraddizione, apparente, riguarda il diverso andamento delle aste e del mercato secondario. Le aste vanno bene anche quella dei Bpt a 5 e a 10 anni, il secondario invece va male e influisce negativamente sul tasso di interesse praticato dalle banche con la clientela. Dipende dal contagio che proviene dalla Grecia e soprattutto
dalla Spagna la quale, nei prossimi giorni, dovrà decidere se ricorrere all’aiuto del fondo salva-Stati e all’intervento della Bce.
Questa decisione probabilmente verrà presa nella prossima settimana.
Che cosa faranno Monti e Grilli a quel punto? Due scuole di pensiero si confrontano in proposito: c’è chi pensa che l’intervento della Bce in Spagna scoraggi la speculazione e si ripercuota favorevolmente anche sul mercato italiano; ma c’è invece chi sostiene esattamente il contrario. Personalmente credo che questa seconda tesi sia la più probabile; la speculazione abbandonerà la Spagna e si riverserà sull’Italia. La logica porta a questo, la speculazione, cioè le grandi banche d’affari e i fondi che puntano sul rischio realizzano i loro profitti giorno per giorno. Se abbandonano la Spagna sotto il randello di Draghi, si riverseranno probabilmente sul mercato italiano fino a quando anche noi chiederemo l’intervento dell’Esm e della Bce. Ma in quell’intervallo di tempo balleremo la rumba e non sarà un bello spettacolo. Sicché, se s’ha da fare è meglio farlo il giorno dopo la Spagna.
La questione è certamente opinabile, la logica no.
* * *
Restano alcuni problemi che si riassumono in tre nomi: Polverini, Formigoni, Renzi.
Polverini si è dimessa.Era ora. Adesso deve indicare la data delle elezioni che debbono avvenire entro tre mesi. Così recita la legge. L’interpretazione estensiva secondo la quale entro tre mesi deve essere indicata la data delle elezioni che non avrebbe alcun limite di tempo, è del tutto insostenibile anche se così fece Montino che subentrò a Marrazzo e fissò la data a parecchi mesi di distanza dalle dimissioni del governatore. Allora nessuno fiatò,ma è un caso che non può fare precedente.Selo facesse potrebbe avvenire che il presidente dimissionario alla fine del terzo mese indica una data elettorale a un anno di distanza e governa da solo senza Consiglio regionale. È sostenibile un’ipotesi di questo genere?Evidentemente no. Le elezioni debbono essere fatte entro tre mesi dalle dimissioni del Consiglio e del presidente della giunta. Se la Polverini si rifiutasse di seguire questa procedura il governo può nominare un commissario che stabilisca la data elettorale nei tre mesi previsti dalla legge.
Il caso Formigoni è altrettanto chiaro: un governatore già indagato di gravi reati non può guidare una Regione come la Lombardia. I consiglieri d’opposizione dovrebbero dimettersi subito e creare i presupposti di una crisi e di nuove elezioni. Non si capisce che cosa aspettino. Il precedente del Lazio è un pessimo precedente e c’è da augurarsi che i partiti della sinistra a cominciare dal Pd non ripresentino alle prossime elezioni nessuno dei consiglieri uscenti.
Renzi. Per quanto riguarda il suo programma politico, per il poco che risulta dalle sue carte e dalle sue prolusioni, si tratta di un’agenda generica che enuncia temi senza svolgerli.I temi sono quelli che campeggiano da mesi sui giornali,le soluzioni però Renzi non le indica. Quindi il suo programma è carta straccia.
Una sola cosa è chiara: Renzi sa parlare e richiama molto abilmente l’attenzione sotto l’oculata gestione di Gori, ex dirigente di Fininvest. Renzi piace perché è giovane. È un requisito sufficiente? Politicamente è molto più di centrodestra che di centrosinistra. Se vincerà le primarie il Pd si sfascerà ma non perché se ne andrà D’Alema o Veltroni o Franceschini, ma perché se ne andranno tutti quelli che fin qui hanno votato Pd come partito riformista di centrosinistra.
Non a caso Berlusconi loda Renzi pubblicamente;non a caso i suoi sponsor sono orientati più a destra che a sinistra e non a caso lo stesso Renzi dice che queste due parole non hanno più senso. Hanno un senso, eccome. Nell’equilibrio tra i due fondamentali principi di libertà e di eguaglianza la sinistra sceglie l’eguaglianza nella libertà e la destra sceglie la libertà senza l’eguaglianza. Questa è la differenza e non è cosa da poco.
Io sono liberale di sinistra per mia formazione culturale. Ho votato per molti anni per il partito di Ugo La Malfa. Poi ho votato il Pci di Berlinguer, il Pds, i Ds e il Pd. Se i democratici andranno alle elezioni con Renzi candidato, io non voterò perché ci sarà stata una trasformazione antropologica nel Pd, analoga a quella che avvenne nel Partito socialista quando Craxi ne assunse la leadership, senza dire che Craxi aveva una visione politica mentre Renzi non pare che ne abbia alcuna salvo la rottamazione. Francamente è meno di niente.
La Repubblica 30.09.12
"Come arrivare al dopo Monti in buona salute", di Eugenio Scalfari
La dichiarazione di Monti sul dopo-Monti, fatta a New York e riconfermata a Roma dopo il suo rientro dall’assemblea dell’Onu, è esattamente quanto si aspettavano le Cancellerie dei paesi alleati, i mercati e soprattutto i cittadini responsabili del nostro paese. Monti non parteciperà alla campagna elettorale e non ha posto una sua candidatura ad alcuna specifica carica elettiva. Ha semplicemente detto che qualora dopo le elezioni che si svolgeranno nel prossimo aprile il Parlamento e le forze politiche che usciranno vittoriose da quella consultazione avranno bisogno dell’opera sua, lui sarà disponibile.
Qual è la vera novità di questa dichiarazione, fatta ora per allora? La novità sta tutta nel linguaggio che in casi come questo è al tempo stesso forma e sostanza: un linguaggio non politico ma istituzionale, così come è istituzionale la sede dalla quale Monti ha parlato. È da undici mesi il capo dell’Esecutivo e si è rivolto al futuro Parlamento e al futuro presidente della Repubblica. Saranno nel prossimo aprile queste istituzioni a valutare se ci sarà bisogno di lui.
Il prossimo governo sarà certamente politico, ma anche questo lo è perché anche questo vive sulla fiducia che il Parlamento gli esprime. È composto da tecnici, ma lo stesso Monti offrì ai politici di parteciparvi. La partecipazione non vi fu perché il Pd la rifiutò e bene fece mettendo in tal modo la “strana maggioranza” nella giusta dimensione richiesta dall’emergenza. L’emergenza purtroppo continuerà anche nella prossima legislatura ma la maggioranza sarà quella che gli elettori avranno scelto. In questo senso il nuovo Parlamento potrà esprimere una maggioranza non più “strana” ma portatrice d’una visione coesa del bene comune. È implicito che l’elemento di fondo di quel bene comune è costituito dagli impegni che lo Stato italiano – attenzione, lo Stato non solo il governo – ha preso nei confronti dell’Unione europea. Quegli impegni consentono una limitata ma importante discrezionalità; possono accentuare il tema dell’equità e dell’eguaglianza einaudiana delle condizioni di partenza tra i cittadini oppure affidarsi alla diseguaglianza come stimolo dell’efficienza. Spetta al popolo sovrano scegliere tra queste due diverse opzioni nei limiti, come già detto, della loro compatibilità con gli impegni verso l’Europa.
Monti sa bene che la nuova maggioranza non sarà più “strana” ma effettiva e coesa. Questo non significa che Monti sia disponibile per qualsiasi maggioranza, ma a quella sin d’ora schierata per un futuro Stato federale europeo con la sua moneta comune e con una Banca centrale che abbia i poteri di tutte le Banche centrali di uno Stato. Questa è la maggioranza alla qualeilnostropremierhaoffertolasua disponibilità e la sua credibilità internazionale, che di quella disponibilità rappresenta il tassello più importante
e difficilmente sostituibile.
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Restano comunque cinque mesi di lavoro al governo attuale e alla maggioranza che lo sostiene. I problemi che attendono soluzione sono i seguenti: 1 – Una nuova legge elettorale.
2 – La legge contro la corruzione.
3 – Una legge costituzionale che riesamini iltitoloVdellaCostituzioneper quanto riguarda le competenze tra Stato e Regioni.
4 – Il taglio della spesa corrente e la riduzione delle accise e delle imposte sui lavoratori e sulle imprese, cioè una riqualificazione fiscale nell’ambito del poco tempo disponibile.
5 – Ammortizzatori sociali capaci di attenuare le rabbie accese dalle crisi aziendali.
Sono cinque tematiche da far tremare le vene e i polsi, ma non possono essere eluse perché costituiscono il nucleo centrale dell’emergenza. Accoppiano rigore e crescita.Puntano su un accordo con le parti sociali per l’aumento della produttività.
Il contratto dei chimici ha rappresentato una buona partenza ed è molto deludente che la Cgil, dopo essere stato firmato dal segretario della categoria, l’abbia disconosciuto come Confederazione. La Camusso conosce bene le condizioni in cui si trovano l’Italia, l’Europa, l’Occidente. Un contratto che aumenta le ore di lavoro e quindi il salario per i giovani e le diminuisce per gli anziani rappresenta un patto generazionale che non accresce il rigore ma l’equità. Questa è la strada alla quale non ci sono alternative e va seguita per i molti altri contratti in scadenza se non si vuole che non siano rinnovati, con quanto ne seguirebbe sul potere d’acquisto dei lavoratori.
Il governo può e deve arbitrare questi conflitti se le parti sono disponibili al negoziato. La logica può cambiare quando cambiano le condizioni; pretendere che il cambiamento avvenga prima significa abbaiare alla luna.
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Nel nucleo dell’emergenza c’è anche un altro tema e questo è eminentemente tecnico: il governo dello “spread”. La contraddizione, apparente, riguarda il diverso andamento delle aste e del mercato secondario. Le aste vanno bene anche quella dei Bpt a 5 e a 10 anni, il secondario invece va male e influisce negativamente sul tasso di interesse praticato dalle banche con la clientela. Dipende dal contagio che proviene dalla Grecia e soprattutto
dalla Spagna la quale, nei prossimi giorni, dovrà decidere se ricorrere all’aiuto del fondo salva-Stati e all’intervento della Bce.
Questa decisione probabilmente verrà presa nella prossima settimana.
Che cosa faranno Monti e Grilli a quel punto? Due scuole di pensiero si confrontano in proposito: c’è chi pensa che l’intervento della Bce in Spagna scoraggi la speculazione e si ripercuota favorevolmente anche sul mercato italiano; ma c’è invece chi sostiene esattamente il contrario. Personalmente credo che questa seconda tesi sia la più probabile; la speculazione abbandonerà la Spagna e si riverserà sull’Italia. La logica porta a questo, la speculazione, cioè le grandi banche d’affari e i fondi che puntano sul rischio realizzano i loro profitti giorno per giorno. Se abbandonano la Spagna sotto il randello di Draghi, si riverseranno probabilmente sul mercato italiano fino a quando anche noi chiederemo l’intervento dell’Esm e della Bce. Ma in quell’intervallo di tempo balleremo la rumba e non sarà un bello spettacolo. Sicché, se s’ha da fare è meglio farlo il giorno dopo la Spagna.
La questione è certamente opinabile, la logica no.
* * *
Restano alcuni problemi che si riassumono in tre nomi: Polverini, Formigoni, Renzi.
Polverini si è dimessa.Era ora. Adesso deve indicare la data delle elezioni che debbono avvenire entro tre mesi. Così recita la legge. L’interpretazione estensiva secondo la quale entro tre mesi deve essere indicata la data delle elezioni che non avrebbe alcun limite di tempo, è del tutto insostenibile anche se così fece Montino che subentrò a Marrazzo e fissò la data a parecchi mesi di distanza dalle dimissioni del governatore. Allora nessuno fiatò,ma è un caso che non può fare precedente.Selo facesse potrebbe avvenire che il presidente dimissionario alla fine del terzo mese indica una data elettorale a un anno di distanza e governa da solo senza Consiglio regionale. È sostenibile un’ipotesi di questo genere?Evidentemente no. Le elezioni debbono essere fatte entro tre mesi dalle dimissioni del Consiglio e del presidente della giunta. Se la Polverini si rifiutasse di seguire questa procedura il governo può nominare un commissario che stabilisca la data elettorale nei tre mesi previsti dalla legge.
Il caso Formigoni è altrettanto chiaro: un governatore già indagato di gravi reati non può guidare una Regione come la Lombardia. I consiglieri d’opposizione dovrebbero dimettersi subito e creare i presupposti di una crisi e di nuove elezioni. Non si capisce che cosa aspettino. Il precedente del Lazio è un pessimo precedente e c’è da augurarsi che i partiti della sinistra a cominciare dal Pd non ripresentino alle prossime elezioni nessuno dei consiglieri uscenti.
Renzi. Per quanto riguarda il suo programma politico, per il poco che risulta dalle sue carte e dalle sue prolusioni, si tratta di un’agenda generica che enuncia temi senza svolgerli.I temi sono quelli che campeggiano da mesi sui giornali,le soluzioni però Renzi non le indica. Quindi il suo programma è carta straccia.
Una sola cosa è chiara: Renzi sa parlare e richiama molto abilmente l’attenzione sotto l’oculata gestione di Gori, ex dirigente di Fininvest. Renzi piace perché è giovane. È un requisito sufficiente? Politicamente è molto più di centrodestra che di centrosinistra. Se vincerà le primarie il Pd si sfascerà ma non perché se ne andrà D’Alema o Veltroni o Franceschini, ma perché se ne andranno tutti quelli che fin qui hanno votato Pd come partito riformista di centrosinistra.
Non a caso Berlusconi loda Renzi pubblicamente;non a caso i suoi sponsor sono orientati più a destra che a sinistra e non a caso lo stesso Renzi dice che queste due parole non hanno più senso. Hanno un senso, eccome. Nell’equilibrio tra i due fondamentali principi di libertà e di eguaglianza la sinistra sceglie l’eguaglianza nella libertà e la destra sceglie la libertà senza l’eguaglianza. Questa è la differenza e non è cosa da poco.
Io sono liberale di sinistra per mia formazione culturale. Ho votato per molti anni per il partito di Ugo La Malfa. Poi ho votato il Pci di Berlinguer, il Pds, i Ds e il Pd. Se i democratici andranno alle elezioni con Renzi candidato, io non voterò perché ci sarà stata una trasformazione antropologica nel Pd, analoga a quella che avvenne nel Partito socialista quando Craxi ne assunse la leadership, senza dire che Craxi aveva una visione politica mentre Renzi non pare che ne abbia alcuna salvo la rottamazione. Francamente è meno di niente.
La Repubblica 30.09.12
"Sostiene Lavitola", di Massimo Gramellini
Se questa lettera è falsa, mette spavento. Se è vera, molto di più. Fra i documenti sequestrati dalla magistratura al faccendiere Valter Lavitola spunta un appello chilometrico e accorato a Berlusconi. Il cosiddetto direttore del fu «Avanti!». Lavitola appunto, lo avrebbe scritto alla vigilia dell’ultimo Natale dal rifugio di Rio de Janeiro, prima di rientrare in Italia e consegnarsi alla giustizia. Parole in libertà, anche dalla grammatica, che raccontano gli ultimi anni di questo disgraziato Paese meglio di un trattato politico o di una gag di Cetto La Qualunque, dando corpo ai sospetti, alle angosce e alle vergogne che hanno tratteggiato il crepuscolo del regimetto silviesco. Riporterò un’antologia di brani scelti, limitandomi a qualche commento in corsivo che dedico al fustigatore dei Lavitola di ogni epoca: Totò.
«Sig. Presidente, La prego di scusarmi se, con la consuetudine che lei mi ha concesso, Le scrivo con estrema chiarezza (In quel mondo di maneggi fumosi la chiarezza è una colpa da dichiarare preventivamente). Leggere che Lei mi accomunava ad un mafioso mi ha fatto molto male e ha rischiato d’avvero (licenza po’etica) di farmi impazzire. Io mi sono fatto da solo senza il suo benché minimo contributo. Lei invece era in debito con me per avere io comprato De Gregorio, tenuto fuori dalla votazione cruciale Pallaro, fatto pervenire a Mastella le notizie della Procura da dove erano arrivate le pressioni per il vergognoso arresto della moglie e “lavorato” Dini. (Lavitola sta rivendicando come meraviglie da Nembo Kid una serie di manovre corruttive per far cadere il governo Prodi nel 2007).
“Lei mi ha promesso più volte di entrare al governo, di mandarmi al Parlamento Europeo, di entrare nel cda Rai (questa ce la siamo risparmiata), che il primo incarico importante che si fosse presentato sarebbe stato per me, di collocare la Ioannuci nel cda dell’Eni (Claudia Ioannuci, ex senatrice di Forza Italia amica sua), di nominare Pozzessere almeno direttore generale di Finmeccanica (almeno).
“Mi ha concesso: la Ioannuci nel cda delle Poste (l’Eni ringrazia, le Poste meno) e il commissario delle dighe, ruolo inventato da me con Masi quando era a Palazzo Chigi. (Chiudete gli occhi e liberate l’immaginazione: Lavitola e Masi, il futuro dirett-horror della Rai, chiusi dentro Palazzo Chigi mentre su concessione del Capo si inventano il commissario delle dighe. Per la cronaca si chiama Guercio, e qui la realtà supera i Vanzina). “Ho ottenuto da lei anche: che Forza Italia concedesse all’Avanti! un finanziamento di 400 mila euro nel 2008, altro non era che il rimborso che Lei mi aveva autorizzato a dare a De Gregorio nel 2007 (per fare secco Prodi), 400/500 mila euro, non ricordo (100 mila più, 100 mila meno: pinzillacchere) per la casa di Montecarlo (qui Lavitola, commissario delle bufale, allude ai soldi spesi per andare a Panama e rastrellare documenti che comprovassero i maneggi edilizi dell’odiato Fini nel Principato, carne fresca per le mandibole dei giornali berlusconiani).
“Quando mio cugino (ci mancava, il cugino) editava il giornale dell’Italia dei Valori, Gianni Letta su Sua richiesta fece pressione sull’Avvocato dello Stato per sbloccare il finanziamento pubblico. Mi accusano di averle insistentemente raccomandato il maresciallo La Monica, la fonte che ha contributo a salvare Bertolaso e che ci ha coperti nell’indagine sull’acquisto dei senatori, ha datto (doppia t, alla sarda) una mano sul serio nelle indagini su Saccà e Cosentino e ha elliminato (doppia l, alla cinese) alcune foto che la vedevano ritrato (una t, alla romana) assieme a Bassolino e ad alcuni mandanti della Camorra per la vicenda rifiuti: sono certo che lei non sapesse chi fossero (però intanto glielo ha ricordato).
“Non è mia intenzione rinfacciarle nulla, ma Lei mi diede la Sua parola. (benedett’uomo, Berlusconi ne ha date talmente tante, di parole, che oramai in tasca gli sarà rimasta solo qualche vocale). “Si trata (vedi alla voce: ritrato) dell’escussione di un credito morale che sono convinto di avere. Le cose fatte tra noi le ho fatte scientemente e come tale da uomo. Lei non sarà mai coinvolto. Mai e poi mai!!! (Sottotesto: sempre che apra il borsellino. E infatti…).
“Ho bisogno che si trovi lavoro ad alcuni di quelli che lo hanno perso con l’Avanti! (I più deboli e meritevoli, immagino). Si tratta di mia moglie, 3/4mila euro mese, giornalista; mia sorella, laureata in psicopedagogia., 2/3 mila euro mese; il mio ex autista, 2 ragionere (impiegate di colore?) , 1 giornalista (almeno uno, finalmente) . Ho poi bisogno che si paghi una società cinese, 900 mila dollari, che mi ha fornito i servizi necessari alla definizione del piano di sfruttamento della mia concessione di taglio in Amazzonia (pure distruttore dell’ecosistema, dài!).
“Il clamore della vicenda giudizziaria (ma una bella terza elementare, no?) sta determinando un comprensibile ma odioso ostracismo nei miei confronti (meno male che se n’è accorto). Si restituiscano a Capriotti 500 mila dollari da lui spesi a vuoto a Panama, dei quali mi ritiene forse giustamente responsabile. Ha una sala bingo, non è difficile pagarlo perdendo un po’ di soldi al bingo, così saprebbe come giustificarli. (Bingo!).
“Tranne che le assunzioni, per le quali la prego di impegnarsi al massimo, si tratterebbe di un prestito. Assieme alla somma prima elencata (900.000 $ + 500mila$ + 5 milioni di euro), ovviamente le restituirò anche i 225 mila euro residuo dei 500 mila affidatimi da Tarantini (mi è venuto il mal di testa).
“Ho in programma di costituirmi a Napoli per tentare un patteggiamento subito dopo le vacanze natalizie, se Dio vuole che non mi catturano prima con un allarme rosso dell’Interpool (un pool di poliziotti nerazzurri?).
“La prego di far contattare mia moglie per farmi sapere a chi emettere le fatture dello studio di avvocati esteri e della società cinese. E di farle sapere come procedere per le assunzioni. E’ la prima volta che Le chiedo un aiuto, mentre io per lei non mi sono mai risparmiato. Ne approfitto per augurarle un Natale sereno, anche se capisco che tra problemi, famiglia e fidanzate non sarà semplice neppure per lei. Dopo i casini devono arrivare soddisfazioni proporzionali. Vorrà dire che ci divertiremo da morire e molto a lungo. Senza il suo prestito mi ridurrei, Dio non voglia, alla fame.” (Dio non voglia, ma mentre i maneggiatori di denaro pubblico si divertivano da morire, alla fame si sono ridotti i loro inconsapevoli finanziatori: gli italiani).
da www.lastampa.it
"Sostiene Lavitola", di Massimo Gramellini
Se questa lettera è falsa, mette spavento. Se è vera, molto di più. Fra i documenti sequestrati dalla magistratura al faccendiere Valter Lavitola spunta un appello chilometrico e accorato a Berlusconi. Il cosiddetto direttore del fu «Avanti!». Lavitola appunto, lo avrebbe scritto alla vigilia dell’ultimo Natale dal rifugio di Rio de Janeiro, prima di rientrare in Italia e consegnarsi alla giustizia. Parole in libertà, anche dalla grammatica, che raccontano gli ultimi anni di questo disgraziato Paese meglio di un trattato politico o di una gag di Cetto La Qualunque, dando corpo ai sospetti, alle angosce e alle vergogne che hanno tratteggiato il crepuscolo del regimetto silviesco. Riporterò un’antologia di brani scelti, limitandomi a qualche commento in corsivo che dedico al fustigatore dei Lavitola di ogni epoca: Totò.
«Sig. Presidente, La prego di scusarmi se, con la consuetudine che lei mi ha concesso, Le scrivo con estrema chiarezza (In quel mondo di maneggi fumosi la chiarezza è una colpa da dichiarare preventivamente). Leggere che Lei mi accomunava ad un mafioso mi ha fatto molto male e ha rischiato d’avvero (licenza po’etica) di farmi impazzire. Io mi sono fatto da solo senza il suo benché minimo contributo. Lei invece era in debito con me per avere io comprato De Gregorio, tenuto fuori dalla votazione cruciale Pallaro, fatto pervenire a Mastella le notizie della Procura da dove erano arrivate le pressioni per il vergognoso arresto della moglie e “lavorato” Dini. (Lavitola sta rivendicando come meraviglie da Nembo Kid una serie di manovre corruttive per far cadere il governo Prodi nel 2007).
“Lei mi ha promesso più volte di entrare al governo, di mandarmi al Parlamento Europeo, di entrare nel cda Rai (questa ce la siamo risparmiata), che il primo incarico importante che si fosse presentato sarebbe stato per me, di collocare la Ioannuci nel cda dell’Eni (Claudia Ioannuci, ex senatrice di Forza Italia amica sua), di nominare Pozzessere almeno direttore generale di Finmeccanica (almeno).
“Mi ha concesso: la Ioannuci nel cda delle Poste (l’Eni ringrazia, le Poste meno) e il commissario delle dighe, ruolo inventato da me con Masi quando era a Palazzo Chigi. (Chiudete gli occhi e liberate l’immaginazione: Lavitola e Masi, il futuro dirett-horror della Rai, chiusi dentro Palazzo Chigi mentre su concessione del Capo si inventano il commissario delle dighe. Per la cronaca si chiama Guercio, e qui la realtà supera i Vanzina). “Ho ottenuto da lei anche: che Forza Italia concedesse all’Avanti! un finanziamento di 400 mila euro nel 2008, altro non era che il rimborso che Lei mi aveva autorizzato a dare a De Gregorio nel 2007 (per fare secco Prodi), 400/500 mila euro, non ricordo (100 mila più, 100 mila meno: pinzillacchere) per la casa di Montecarlo (qui Lavitola, commissario delle bufale, allude ai soldi spesi per andare a Panama e rastrellare documenti che comprovassero i maneggi edilizi dell’odiato Fini nel Principato, carne fresca per le mandibole dei giornali berlusconiani).
“Quando mio cugino (ci mancava, il cugino) editava il giornale dell’Italia dei Valori, Gianni Letta su Sua richiesta fece pressione sull’Avvocato dello Stato per sbloccare il finanziamento pubblico. Mi accusano di averle insistentemente raccomandato il maresciallo La Monica, la fonte che ha contributo a salvare Bertolaso e che ci ha coperti nell’indagine sull’acquisto dei senatori, ha datto (doppia t, alla sarda) una mano sul serio nelle indagini su Saccà e Cosentino e ha elliminato (doppia l, alla cinese) alcune foto che la vedevano ritrato (una t, alla romana) assieme a Bassolino e ad alcuni mandanti della Camorra per la vicenda rifiuti: sono certo che lei non sapesse chi fossero (però intanto glielo ha ricordato).
“Non è mia intenzione rinfacciarle nulla, ma Lei mi diede la Sua parola. (benedett’uomo, Berlusconi ne ha date talmente tante, di parole, che oramai in tasca gli sarà rimasta solo qualche vocale). “Si trata (vedi alla voce: ritrato) dell’escussione di un credito morale che sono convinto di avere. Le cose fatte tra noi le ho fatte scientemente e come tale da uomo. Lei non sarà mai coinvolto. Mai e poi mai!!! (Sottotesto: sempre che apra il borsellino. E infatti…).
“Ho bisogno che si trovi lavoro ad alcuni di quelli che lo hanno perso con l’Avanti! (I più deboli e meritevoli, immagino). Si tratta di mia moglie, 3/4mila euro mese, giornalista; mia sorella, laureata in psicopedagogia., 2/3 mila euro mese; il mio ex autista, 2 ragionere (impiegate di colore?) , 1 giornalista (almeno uno, finalmente) . Ho poi bisogno che si paghi una società cinese, 900 mila dollari, che mi ha fornito i servizi necessari alla definizione del piano di sfruttamento della mia concessione di taglio in Amazzonia (pure distruttore dell’ecosistema, dài!).
“Il clamore della vicenda giudizziaria (ma una bella terza elementare, no?) sta determinando un comprensibile ma odioso ostracismo nei miei confronti (meno male che se n’è accorto). Si restituiscano a Capriotti 500 mila dollari da lui spesi a vuoto a Panama, dei quali mi ritiene forse giustamente responsabile. Ha una sala bingo, non è difficile pagarlo perdendo un po’ di soldi al bingo, così saprebbe come giustificarli. (Bingo!).
“Tranne che le assunzioni, per le quali la prego di impegnarsi al massimo, si tratterebbe di un prestito. Assieme alla somma prima elencata (900.000 $ + 500mila$ + 5 milioni di euro), ovviamente le restituirò anche i 225 mila euro residuo dei 500 mila affidatimi da Tarantini (mi è venuto il mal di testa).
“Ho in programma di costituirmi a Napoli per tentare un patteggiamento subito dopo le vacanze natalizie, se Dio vuole che non mi catturano prima con un allarme rosso dell’Interpool (un pool di poliziotti nerazzurri?).
“La prego di far contattare mia moglie per farmi sapere a chi emettere le fatture dello studio di avvocati esteri e della società cinese. E di farle sapere come procedere per le assunzioni. E’ la prima volta che Le chiedo un aiuto, mentre io per lei non mi sono mai risparmiato. Ne approfitto per augurarle un Natale sereno, anche se capisco che tra problemi, famiglia e fidanzate non sarà semplice neppure per lei. Dopo i casini devono arrivare soddisfazioni proporzionali. Vorrà dire che ci divertiremo da morire e molto a lungo. Senza il suo prestito mi ridurrei, Dio non voglia, alla fame.” (Dio non voglia, ma mentre i maneggiatori di denaro pubblico si divertivano da morire, alla fame si sono ridotti i loro inconsapevoli finanziatori: gli italiani).
da www.lastampa.it
Schierati o non allineati sindaci scettici sulle primarie “Il Paese vero è altrove”, di Concita De Gregorio
Viaggio tra gli amministratori del Pd
LA ROGNA di questa baldoria finirà per ricadere su tutti, dice Salvatore Adduce sindaco di Matera, 57 anni, politico di professione e dalemiano di lungo corso in una regione, la Basilicata, dove tutti nel Pd a domanda oggi rispondono: Bersani.
«IO SONO pronto a ritirarmi, se serve: non c’è nulla di male nell’andare in pensione. A un certo punto, anzi, si deve».
È un giro d’orizzonte fra sindaci e amministratori locali del centrosinistra, questo, che riserva qualche sorpresa. Tra chi fa politica misurandosi coi fatti trovi sindaci dell’ortodossia Pci pronti a farsi da parte, sindaci usciti dalle primarie che chiedono un Monti bis, amministratori del sud desolati dallo scontro di potere interno al partito. Nello scontro vacilla l’Emilia, roccaforte del segretario: è sempre più lunga la lista di quelli che guardano a Renzi. Nella città di Bersani il sindaco è Paolo Dosi, che ha sconfitto alle primarie il candidato proposto da Migliavacca, l’ex Ds Francesco Cacciatore. Dosi, area cattolica, è delfino di Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza e oggi capo dello staff di Matteo Renzi. A Renzi hanno dato sostegno esplicito il sindaco di Finale Emilia, comune terremotato, Fernando Ferioli; il capogruppo Pd in consiglio comunale a Parma Nicola Dall’Olio; il modenese Matteo Richetti presidente del consiglio regionale emiliano; il sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci Graziano Del Rio. Un certo smottamento si avverte a Ravenna (il sindaco Fabrizio Matteucci sente forte “la richiesta di rinnovamento”), a Cesena e a Forlì. Roberto Balzani, attuale sindaco di Forlì, è un docente universitario eletto dopo aver sconfitto da outsider alle primarie la candidata sostenuta dal partito, Nadia Masini. Ha appena pubblicato col Mulino un libro, “Cinque anni di solitudine. Memorie inutili di un sindaco”. Non ha sciolto la riserva su Renzi, «al momento voterei scheda bianca, spero in un Monti bis. Conosco l’ancien regime di partito: c’è un blocco di ricambio da rompere». Racconta a titolo d’esempio l’istruttiva vicenda dell’aeroporto di Forlì. Costruito negli anni ’30 da Mussolini «quando voleva trasformare i romagnoli in aviatori». La società che lo gestisce in concessione dall’Enac, la Seaf, è partecipata al 49 per cento dal comune. «Ci sono nel raggio di mezz’ora altri due aeroporti: Bologna e Rimini. Per mantenere aperto quello di Forlì si è fatto un accordo con la Wind Jet di Pulvirenti. Un certo numero di biglietti prepagati in cambio del mantenimento dello scalo. Così abbiamo comprato una montagna di biglietti per la Polonia e per la Russia, voli naturalmente vuoti. Poi Wind Jet è fallita. Il comune ha avuto perdite mostruose, 5 milioni di euro nel 2010. Seaf è un centro di potere che serve anche a ricollocare la vecchia classe dirigente. L’ultimo presidente è l’ex sindaco della città». Un andazzo, commenta Graziano Delrio sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci, destinato a finire. «Si è militarizzato il primo livello ma non il secondo. Un quarto dei sindaci italiani hanno meno di 35 anni, moltissimi sono stati eletti nelle liste civiche anche a centrosinistra. Si sentono liberi». Delrio respinge come “velina di apparato” la notizia che lo vorrebbe sostenitore di una legge in favore di Renzi: l’abolizione della norma secondo cui sei mesi prima delle elezioni chi si presenta deve dimettersi da sindaco. «Una proposta presentata più volte da chi mi ha preceduto. Non riguarda Renzi, tra l’altro: non si sta candidando in Parlamento».
Sta con Bersani Salvatore Adduce, sindaco di Matera. A 17 anni segretario della Fgci, migliorista quando Ranieri era segretario della federazione regionale della Basilicata, poi dalemiano. Per 15 anni presidente della lega Coop. «La più grande corrente del Pd è quella che non esiste: quella di D’Alema», ride. Poi ricorda che quando il suo leader era al governo «facemmo l’accordo sul petrolio, i fondi sarebbero andati a finanziare il piano di mobilità per collegare Matera alla rete ferroviaria nazionale. E’ arrivato Berlusconi e si è fermato tutto, anche il treno». Ad agosto Adduce ha sciolto la sua giunta «fatta a regola d’arte con manuale Cencelli» fra Pd, Idv, lista civica, Sel, Udc e socialisti. «Era paralizzata dalla litigiosità interna. Ho messo dentro tre tecnici. Ho voluto dare un segno. Non si può più andare avanti se ciascuno usa il governo per costruire il consenso. La mia generazione, lo so, è l’ultima di un ciclo».
E’ donna di partito anche Ilda Curti, 48 anni, assessore a Urbanistica Integrazione e Periferie del comune di Torino. «Una donna del Novecento», dice di sè, cresciuta nell’ultima leva del Pci. Fa parte della rete di Pippo Civati “Prossima Italia”, guarda con interesse alla candidatura di Laura Puppato. «Ma non mi metto nelle tifoserie senza sapere qual è il gioco. Dei leaderismi diffido. Queste sono, per ora, primarie in supplenza di congresso. C’è una distanza siderale dalle cose. Qui abbiamo bisogno di risposte concrete: possiamo o no dare la cittadinanza ai ragazzi nati in Italia da genitori stranieri? Questo serve, non fare la conta».
Una conta oltretutto inutile a governare, dice Guglielmo Minervini. Assessore Pd nella giunta Vendola, cattolico con don Tonino Bello, dirigente di Pax Christi, fondatore delle edizioni la Meridiana. Tra i più votati nel Pd nel 2010. Siede in piazza, a Bari, tutti si fermano. «Viviamo uno scorcio di presente che fatica a morire. La riforma in senso proporzionale segnerà un ulteriore indebolimento della politica. La sera delle elezioni scopriremo di non avere un governo. La riforma conviene all’Udc e a quella parte del Pd che ha in mente l’alleanza con l’Udc, il governo di unità nazionale, qualche scambio con la presidenza della Repubblica. Quelle cose che si scoprono dopo. Dopo Monti vedo solo un altro Monti. La disperata domanda di alternativa e il bisogno di futuro del Paese non sono l’oggetto del confronto». Saranno primarie, dice, «utili solo a definire i nuovi rapporti di forza dentro il partito. Ciascuno parla al suo esercito. Ho già vissuto due volte, con le primarie di Vendola, lo scontro fra apparato ed energia vitale. Ma ogni volta
è più difficile, ogni volta la gente è più stanca». Gli piacerebbe, dice, che «si ascoltasse chi fa politica affondando le mani ogni giorno nelle piccole cose della vita. E’ nelle piccole cose il seme della grande speranza. Ma lo dico perché sono ottimista patologico. Perché devo continuare a crederci se voglio alzarmi da questo bar, fra cinque minuti, e tornare a guardare negli occhi la gente».
da La Repubblica
"Insegnanti di sostegno", di Federica Cavadini
Pochi professori e nomine in ritardo. I genitori protestano contro i tagli
MILANO — Le storie sono nei racconti di giornata dei presidi. L’ultima arriva da Milano, scuola elementare Fabio Filzi. «Oggi vengono i tecnici mandati dal Comune per mettere l’impianto di climatizzazione in una classe — racconta il capo d’istituto —. Abbiamo un bambino con una malattia rara, deve stare a una temperatura massima di 24 gradi». La premessa implicita è che la scuola deve saper accogliere tutti. È il modello italiano dell’inclusione degli studenti disabili, introdotta con una legge del ’77. Né classi né istituti speciali, invece scuole aperte pronte all’accoglienza. Per garantirlo servono maestri e professori dedicati, oltre all’aiuto degli educatori. E oggi nelle nostre scuole statali ne abbiamo arruolati quasi centomila.
C’è un insegnante di sostegno ogni due studenti disabili. Ma è una media. Esiste un problema di numeri e di risorse e le associazioni chiedono anche insegnanti più specializzati, preparati sulle diverse patologie.
Questo è il mese degli appelli perché arrivano le segnalazioni dalle famiglie, rischiano di dover tenere a casa i figli, alcune ore o giornate o settimane, perché «a scuola non c’è l’insegnante di sostegno» o «manca l’educatore» o entrambi, perché le nomine sono in ritardo, o insufficienti, e perché gli enti locali non riescono a pagare l’assistenza.
I presidi gestiscono le risorse che arrivano, fanno salti mortali, ma il risultato non è sempre quello sperato. Il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria ci tiene a sottolineare che «il nostro modello è all’avanguardia, copiato anche dalla città di New York e siamo nei Paesi top five per la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia di New York: siamo a quasi centomila insegnanti di sostegno per duecentomila alunni disabili e il sistema comunque tiene, anche con le certificazioni (di handicap) che nell’ultimo decennio aumentano del 4% all’anno. Certo poi c’è la momentanea difficoltà dei conti publici, anche per gli enti locali». E ci sono le classi sempre più numerose, con lo stesso numero di insegnanti.
Alcune regioni sono in affanno e da tempo. «In Lombardia c’è un sottodimensionamento storico. L’anno scorso mancavano all’appello 3.600 insegnanti di sostegno — dice Giovanni Merlo, presidente della Ledha, associazione lombarda per i diritti dei disabili —. E a questo si somma il taglio sugli educatori. C’è una diatriba sulle competenze che dura da tempo, molti comuni non intendono più fornire il servizio che, per le scuole superiori, toccherebbe alle province. Succede nell’hinterland di Milano, nel Bresciano e nella Bergamasca dove decine di famiglie sono pronte al ricorso. E succede da anni. I ricorsi poi li genitori li vincono, ma intanto i loro ragazzi sono rimasti a casa, o hanno dovuto pagarsela di tasca propria l’assistenza».
Il ministero dell’Istruzione ha comunicato i posti di sostegno per quest’anno. «Si prevede un aumento di oltre quattromila alunni disabili e di almeno duemila posti di sostegno. Da aggiungere ai numeri dello scorso anno: per 197 mila studenti, 97 mila insegnanti». «L’inclusione è un investimento di civiltà da quattro miliardi di euro l’anno», spiega Rossi Doria. Per avere un’idea delle tante buone pratiche leggere le storie premiate sul sito lechiavidiscuola.it, ci sono le esperienze di scuola dell’infanzia, elementari, medie, superiori. Da Cuneo a Savona, da Brescia a Modena.
Ma resta aperto il dibattito sulla figura dell’insegnante di sostegno. «Molti non hanno le competenze necessarie, almeno uno su due. Tanti hanno frequentato solo brevi corsi, e hanno scelto il sostegno come scorciatoia per ottenere una cattedra», sostiene Piero Barbieri, presidente di Fish, che riunisce le associazioni per il superamento dell’handicap.
«Dovrebbe esserci una classe di concorso sul sostegno e per accedervi un corso universitario di due anni». Ma i pareri sono discordi. «Il rischio è formare docenti medicalizzati, specialisti sulle singole patologie», dice Giuseppe Argiolas per il coordinamento insegnanti di sostegno. L’obiettivo finale e comune è una formazione adeguata anche degli insegnanti curriculari, «perché la presa in carico dei disabili è collettiva». «Quelli di sostegno dovrebbero essere soltanto un supporto temporaneo al consiglio di classe e dovrebbero occuparsi dei casi più gravi. Invece diventano l’unico figura di riferimento ma è un errore». Quest’anno è stato introdotto un primo corso breve per 350 mila insegnanti curriculari. «E un inizio — secondo Barbieri — un primo passo nella direzione giusta».
da www.corriere.it
