In Italia più che la scuola dell’autonomia sta riuscendo il suo esatto contrario, la scuola parcheggio. É quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Ocse «Education at a Glance 2012». In primo luogo, gli studenti italiani passano a scuola più tempo dei loro colleghi stranieri e il tentativo del ministro Francesco Profumo di accorciare di un anno il percorso scolastico è solo l’ultimo di una lunga serie di sfumati progetti di legge. Quando alla durata del tempo scuola (anche dopo le riduzioni orarie della riforma Gelmini) si aggiunge il centralismo del sistema scolastico registrato dall’Ocse, soprattutto in fatto di trasferimento dei fondi, allora è chiaro come esista un problema di identità dell’autonomia scolastica. La scuola italiana si piazza al sesto posto della classifica del tempo scuola più lungo. In proposito va detto che per l’Italia la lunga scolarizzazione di massa, a partire dalla scuola dell’infanzia, ha assecondato la trasformazione della società e della struttura organizzativa della famiglia, la quale ha cercato sempre di più nella scuola anche una sponda assistenziale ed educativa. Ma adesso che la scuola ha soprattutto una funzione orientativa del giovane verso il mondo del lavoro e dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, l’importante è diversificare l’offerta formativa in modo da intercettare gli interessi e le vocazioni delle persone e di corrispondere ai cambiamenti dei loro bisogni formativi. Diversificare quindi il curricolo in funzione dell’età degli studenti è strategico ai fini del suo inserimento nella società. L’Italia in questo senso fa parte dei Paesi che presentano una struttura più indistinta dell’offerta formativa. Per esempio i tempi dedicati alla scrittura, lettura, letteratura degli studenti di 12 – 14 anni è una volta e mezza di più di quelli riservati agli alunni di 9 – 11 anni in Paesi come Austria, Portogallo, Messico e Francia. In Inghilterra la differenza di tempi didattici per queste attività è del 6%. In Italia non c’è differenza è la persona che deve adeguarsi al curricolo e non viceversa. Un curricolo obbligatorio flessibile per il primo ciclo c’è ovunque tranne che in Italia. Sta di fatto che l’Ocse conta 3933 ore di scuola ad alunno nel primo ciclo a fronte di una media Ocse di 3414 ore, a cui vanno però aggiunte 913 ore dei programmi di personalizzazione per orientare al meglio gli studenti verso il secondo ciclo, offerta di cui, anche stavolta, l’Italia non dispone. Ma non è finita qui.
L’autonomia scolastica, nata come costola del decentramento amministrativo e della riforma in senso federalista dello Stato, alla fine è rimasta incastrata in un sistema che più centralista non si può. Tralasciando la querelle tra Stato e Regioni sulle competenze in materia di istruzione che tengono la Suprema Corte impegnata ormai a ritmo quasi stagionale, l’autonomia scolastica come strumento del sistema territoriale integrato dell’istruzione forse non è mai veramente decollata. Se prendiamo ancora una volta il confronto con la Finlandia, vediamo che il 47% dei fondi per l’istruzione è in mano allo Stato e il 57% ai comuni, mentre da noi rispettivamente l’85,5% allo Stato, l’8,5 alle Regioni e l’11% ai Comuni. In Australia solo 3,3% dei finanziamenti vengono erogati dallo Stato contro il 96,7% dei finanziamenti erogati dalle regioni.
Alla fine come ogni anno, anche stavolta si rinnova il miracolo dell’apertura delle scuole, solo che i docenti italiani hanno ritrovato le proprie classi sempre più piene di studenti, che sembrano attenderli, quando va bene, già parcheggiati in doppia fila.
da ItaliaOggi 18.08.12
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"Se la classe è numerosa, a rischio sicurezza di allievi e docenti", di Pippo Frisone
Dallo scorso anno poco è cambiato. Il Piano generale di edilizia scolastica, previsto dallo stesso decreto 81/09, con l’individuazione delle scuole alle quali estendere il meccanismo dei nuovi limiti massimi degli alunni per classe, è rimasto ancora un annuncio, cui ha fatto seguito qualche timido elenco regionale, subito rientrato nell’ombra.
Dopo la deroga per il 2009/10 sulla formazione delle classi ancora coi vecchi parametri, prima il Tar del Lazio, con sentenza n.552/11 e successivamente il Consiglio di Stato che accoglieva per la prima volta una class-action intentata dal Codacons contro una pubblica Amministrazione, davano torto all’ ex ministro Gelmini.
L’aumento del numero degli alunni per classe, rientrava nel piano di “razionalizzazione” (alias tagli) del nostro sistema scolastico , deciso con la L.133/08 dal duo Tremonti-Gelmini.
A quell’aumento doveva seguire un vero e proprio piano generale sull’edilizia scolastica.
A parte un intervento straordinario deliberato dal CIPE nel 2012 a favore dell’edilizia scolastica nel meridione, nulla di programmatico in materia ha visto la luce.
Ora quell’aumento senza un intervento di programmazione dell’edilizia scolastica diventava un rischio e un vero e proprio pericolo per la sicurezza degli allievi e degli insegnanti.
In una realtà come quella italiana col 42% delle scuole senza certificato di agibilità statica, col 29% senza agibilità igienico-sanitaria, col 46% prive di scale di sicurezza e col 15% senza impianti elettrici a norma ( dati Legambiente ), l’aumento degli alunni per classe, deciso nel 2009 più che un azzardo suona come un’atroce beffa per chi dovrebbe lavorare e studiare in tutta sicurezza !
A tutto ciò va aggiunta la vetustà degli edifici scolastici, con il 15% che risale a prima del ‘900, il 16% tra il ‘900 e gli anni ’40, il 37% , cioè il grosso, tra gli anni ’40 e gli anni ’70.
Ora mentre si aumentavano gli alunni per classe, rimanevano inalterati tutti i vincoli in materia di norme tecniche di edilizia scolastica, DM del 18.12.75 e la normativa antincendio di cui al DM degli Interni del 26.8.92.
Sia l’uno che l’altro decreto convergono sul mantenimento del numero di 25 alunni per classe come norma generale, cui deve fare riscontro, nell’obbligo mq.1,80 di spazio minimo per allievo e mq.1,96 nella secondaria superiore.
Eventuali deroghe devono essere certificate anche in via provvisoria dai vigili del fuoco.
Prima del DM 81/09 i valori minimi e massimi per formare una classe erano i seguenti:
Infanzia min.15 max 28, Primaria min.10 max 25, Media min.15 max 29, Sup.min.20 max 29
Col DM 81/09 i parametri sono stati innalzati come segue:
Infanzia min.18(+3) max.30,Primaria min.15(+5) max 27(+2),Media min.18(+3)max 30(+1)
Superiori min.27(+7) max 30(+1)
In organico di fatto può succedere che per mantenere lo stesso numero di classi previste in organico di diritto si applichi un ulteriore aumento fino al 10%, vale a dire due/tre alunni in più che possono aggiungersi ai valori massimi!!!
In tali condizioni parlare di classi pollaio o in batteria rende molto bene l’idea, con tutto ciò che ne consegue: abbassamento del livello di qualità dell’insegnamento e degli apprendimenti, aumento della dispersione e degli abbandoni, per non parlare dell’aumento dei rischi legati alla sicurezza e alla situazione igienico-sanitaria.
Al di là delle ricadute che possano comportare le spending review del governo Monti , bisogna riflettere su alcuni dati sugli infortuni a scuola, forniti dall’Inail.
Gli alunni infortunati negli ultimi 10 anni sono passati da 82.281 del 2000 a 98.429 del 2010 mentre i docenti infortunati nello stesso decennio son passati da 4.988 a 14.735!!!
Credo che queste cifre da sole debbano interrogarci tutti, a partire da chi ci governa.
Occorre mettere a punto un piano serio d’interventi di messa a norma e in sicurezza di tutti gli edifici scolastici. Vanno eliminate le emergenze e tutte quelle deroghe , a partire dall’oscillazione del 10%, che stanno abbattendo con molta facilità anche il muro dei 30 alunni per classe !!!
Vanno rispettate, senza se e senza ma, tutte le norme sull’antincendio e sulla messa in sicurezza degli edifici scolastici nonché sugli spazi minimi per alunno, previsti dalle norme attualmente in vigore. Il DM 81/09 va modificato radicalmente ma soprattutto i parametri sulla formazione delle classi vanno declinati all’interno di ogni edificio scolastico e con la capienza di ogni singola aula, senza più far prevalere esigenze di risparmio o di tagli agli organici sulla salute e sulla sicurezza di alunni e insegnanti.
Il problema della sicurezza e del sovraffollamento delle classi resta comunque ad inizio d’anno scolastico , uno dei terreni più delicati di confronto tra dirigenti scolastici e RSU sul quale misurare la temperatura alle relazioni sindacali nella scuola.
da ScuolaOggi 18.09.12
"Se la classe è numerosa, a rischio sicurezza di allievi e docenti", di Pippo Frisone
Dallo scorso anno poco è cambiato. Il Piano generale di edilizia scolastica, previsto dallo stesso decreto 81/09, con l’individuazione delle scuole alle quali estendere il meccanismo dei nuovi limiti massimi degli alunni per classe, è rimasto ancora un annuncio, cui ha fatto seguito qualche timido elenco regionale, subito rientrato nell’ombra.
Dopo la deroga per il 2009/10 sulla formazione delle classi ancora coi vecchi parametri, prima il Tar del Lazio, con sentenza n.552/11 e successivamente il Consiglio di Stato che accoglieva per la prima volta una class-action intentata dal Codacons contro una pubblica Amministrazione, davano torto all’ ex ministro Gelmini.
L’aumento del numero degli alunni per classe, rientrava nel piano di “razionalizzazione” (alias tagli) del nostro sistema scolastico , deciso con la L.133/08 dal duo Tremonti-Gelmini.
A quell’aumento doveva seguire un vero e proprio piano generale sull’edilizia scolastica.
A parte un intervento straordinario deliberato dal CIPE nel 2012 a favore dell’edilizia scolastica nel meridione, nulla di programmatico in materia ha visto la luce.
Ora quell’aumento senza un intervento di programmazione dell’edilizia scolastica diventava un rischio e un vero e proprio pericolo per la sicurezza degli allievi e degli insegnanti.
In una realtà come quella italiana col 42% delle scuole senza certificato di agibilità statica, col 29% senza agibilità igienico-sanitaria, col 46% prive di scale di sicurezza e col 15% senza impianti elettrici a norma ( dati Legambiente ), l’aumento degli alunni per classe, deciso nel 2009 più che un azzardo suona come un’atroce beffa per chi dovrebbe lavorare e studiare in tutta sicurezza !
A tutto ciò va aggiunta la vetustà degli edifici scolastici, con il 15% che risale a prima del ‘900, il 16% tra il ‘900 e gli anni ’40, il 37% , cioè il grosso, tra gli anni ’40 e gli anni ’70.
Ora mentre si aumentavano gli alunni per classe, rimanevano inalterati tutti i vincoli in materia di norme tecniche di edilizia scolastica, DM del 18.12.75 e la normativa antincendio di cui al DM degli Interni del 26.8.92.
Sia l’uno che l’altro decreto convergono sul mantenimento del numero di 25 alunni per classe come norma generale, cui deve fare riscontro, nell’obbligo mq.1,80 di spazio minimo per allievo e mq.1,96 nella secondaria superiore.
Eventuali deroghe devono essere certificate anche in via provvisoria dai vigili del fuoco.
Prima del DM 81/09 i valori minimi e massimi per formare una classe erano i seguenti:
Infanzia min.15 max 28, Primaria min.10 max 25, Media min.15 max 29, Sup.min.20 max 29
Col DM 81/09 i parametri sono stati innalzati come segue:
Infanzia min.18(+3) max.30,Primaria min.15(+5) max 27(+2),Media min.18(+3)max 30(+1)
Superiori min.27(+7) max 30(+1)
In organico di fatto può succedere che per mantenere lo stesso numero di classi previste in organico di diritto si applichi un ulteriore aumento fino al 10%, vale a dire due/tre alunni in più che possono aggiungersi ai valori massimi!!!
In tali condizioni parlare di classi pollaio o in batteria rende molto bene l’idea, con tutto ciò che ne consegue: abbassamento del livello di qualità dell’insegnamento e degli apprendimenti, aumento della dispersione e degli abbandoni, per non parlare dell’aumento dei rischi legati alla sicurezza e alla situazione igienico-sanitaria.
Al di là delle ricadute che possano comportare le spending review del governo Monti , bisogna riflettere su alcuni dati sugli infortuni a scuola, forniti dall’Inail.
Gli alunni infortunati negli ultimi 10 anni sono passati da 82.281 del 2000 a 98.429 del 2010 mentre i docenti infortunati nello stesso decennio son passati da 4.988 a 14.735!!!
Credo che queste cifre da sole debbano interrogarci tutti, a partire da chi ci governa.
Occorre mettere a punto un piano serio d’interventi di messa a norma e in sicurezza di tutti gli edifici scolastici. Vanno eliminate le emergenze e tutte quelle deroghe , a partire dall’oscillazione del 10%, che stanno abbattendo con molta facilità anche il muro dei 30 alunni per classe !!!
Vanno rispettate, senza se e senza ma, tutte le norme sull’antincendio e sulla messa in sicurezza degli edifici scolastici nonché sugli spazi minimi per alunno, previsti dalle norme attualmente in vigore. Il DM 81/09 va modificato radicalmente ma soprattutto i parametri sulla formazione delle classi vanno declinati all’interno di ogni edificio scolastico e con la capienza di ogni singola aula, senza più far prevalere esigenze di risparmio o di tagli agli organici sulla salute e sulla sicurezza di alunni e insegnanti.
Il problema della sicurezza e del sovraffollamento delle classi resta comunque ad inizio d’anno scolastico , uno dei terreni più delicati di confronto tra dirigenti scolastici e RSU sul quale misurare la temperatura alle relazioni sindacali nella scuola.
da ScuolaOggi 18.09.12
"I nuovi insegnanti saranno multidisciplinari e multilingue", di Mario D'Adamo
Insegnanti preparati non solo nelle loro discipline d’insegnamento ma aggiornati sulle nuove tecnologie di comunicazione, capaci di esprimersi in una lingua comunitaria straniera e di assumersi dirette responsabilità di gestione delle situazioni di apprendimento particolari e difficili, in grado di apprezzare il valore dei documenti europei in materia educativa recepiti dall’ordinamento italiano e della dimensione europea dell’educazione (cooperazione ed opportunità educative, programmi di partenariati transnazionali, scambi/mobilità di docenti e studenti). Le commissioni dei concorsi che stanno per essere banditi per coprire almeno dodicimila nuovi posti di lavoro nella scuola avranno di fronte a sé un compito difficile e complicato, quello di equilibrare l’accertamento dei contenuti disciplinari del profilo professionale di ciascun candidato con la verifica delle altre competenze che si richiede siano possedute. Anche se ancora una volta i singoli programmi contengono l’indice dell’enciclopedia che i concorrenti devono dimostrare di conoscere, a questi si richiederanno anche competenze «psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica». Così recita l’art. 27 del Contratto individuale di lavoro e ad esso sembrano quasi voler fare riferimento le avvertenze generali, comuni ai programmi dei singoli concorsi, più di quanto non lo abbiano fin qui fatto i programmi dei concorsi del passato. I candidati ai concorsi per posti di insegnamento nella scuola dell’infanzia, primaria, e per gli istituti di istruzione secondaria di primo e secondo grado, oltre a possedere «conoscenza critica delle discipline di insegnamento e dei loro fondamenti epistemologici», devono saper «individuare gli itinerari più idonei per una efficace mediazione didattica, impostare e seguire una corretta organizzazione del lavoro, adottare opportuni strumenti di verifica dell’apprendimento e di valutazione degli alunni». Modernizzando il profilo, le avvertenze aggiungono le competenze in informatica, «videoscrittura, foglio di calcolo, presentazione di slide», e in una lingua straniera comunitaria, che i candidati devono conoscere almeno al livello B2 del quadro comune europeo di riferimento per le lingue straniere. I nuovi insegnanti dovranno avere «conoscenza della sitografia di ambito disciplinare e delle biblioteche online, cui far ricorso anche per il proprio aggiornamento culturale e professionale, (…) dei media per la didattica e degli strumenti interattivi per la gestione della classe». Il vincitore di concorso avrà approfondite conoscenze pedagogico didattiche che «gli consentono di promuovere apprendimenti significativi e in contesti interattivi in stretto coordinamento con gli altri docenti che operano nella classe e con l’intera comunità professionale della scuola», capacità di progettazione curriculare e «competenze sociali, relative all’organizzazione dell’apprendimento, alla gestione di gruppi e alle relazioni interpersonali, per la conduzione dei rapporti con i diversi soggetti che agiscono nella scuola». È importante che le avvertenze dichiarino inequivocabilmente che gli insegnanti devono avere «conoscenza dei modi e degli strumenti idonei all’attuazione di una didattica personalizzata, coerente con i bisogni formativi dei singoli alunni, anche all’interno di classi multiculturali, con particolare riferimento a quelli con bisogni educativi speciali». E poi «padronanza delle tematiche legate alla valutazione (_) e all’autovalutazione, con particolare riguardo all’area del miglioramento del sistema scolastico, dei gruppi di lavoro e delle persone».
da ItaliaOggi 18.09.12
"I nuovi insegnanti saranno multidisciplinari e multilingue", di Mario D'Adamo
Insegnanti preparati non solo nelle loro discipline d’insegnamento ma aggiornati sulle nuove tecnologie di comunicazione, capaci di esprimersi in una lingua comunitaria straniera e di assumersi dirette responsabilità di gestione delle situazioni di apprendimento particolari e difficili, in grado di apprezzare il valore dei documenti europei in materia educativa recepiti dall’ordinamento italiano e della dimensione europea dell’educazione (cooperazione ed opportunità educative, programmi di partenariati transnazionali, scambi/mobilità di docenti e studenti). Le commissioni dei concorsi che stanno per essere banditi per coprire almeno dodicimila nuovi posti di lavoro nella scuola avranno di fronte a sé un compito difficile e complicato, quello di equilibrare l’accertamento dei contenuti disciplinari del profilo professionale di ciascun candidato con la verifica delle altre competenze che si richiede siano possedute. Anche se ancora una volta i singoli programmi contengono l’indice dell’enciclopedia che i concorrenti devono dimostrare di conoscere, a questi si richiederanno anche competenze «psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica». Così recita l’art. 27 del Contratto individuale di lavoro e ad esso sembrano quasi voler fare riferimento le avvertenze generali, comuni ai programmi dei singoli concorsi, più di quanto non lo abbiano fin qui fatto i programmi dei concorsi del passato. I candidati ai concorsi per posti di insegnamento nella scuola dell’infanzia, primaria, e per gli istituti di istruzione secondaria di primo e secondo grado, oltre a possedere «conoscenza critica delle discipline di insegnamento e dei loro fondamenti epistemologici», devono saper «individuare gli itinerari più idonei per una efficace mediazione didattica, impostare e seguire una corretta organizzazione del lavoro, adottare opportuni strumenti di verifica dell’apprendimento e di valutazione degli alunni». Modernizzando il profilo, le avvertenze aggiungono le competenze in informatica, «videoscrittura, foglio di calcolo, presentazione di slide», e in una lingua straniera comunitaria, che i candidati devono conoscere almeno al livello B2 del quadro comune europeo di riferimento per le lingue straniere. I nuovi insegnanti dovranno avere «conoscenza della sitografia di ambito disciplinare e delle biblioteche online, cui far ricorso anche per il proprio aggiornamento culturale e professionale, (…) dei media per la didattica e degli strumenti interattivi per la gestione della classe». Il vincitore di concorso avrà approfondite conoscenze pedagogico didattiche che «gli consentono di promuovere apprendimenti significativi e in contesti interattivi in stretto coordinamento con gli altri docenti che operano nella classe e con l’intera comunità professionale della scuola», capacità di progettazione curriculare e «competenze sociali, relative all’organizzazione dell’apprendimento, alla gestione di gruppi e alle relazioni interpersonali, per la conduzione dei rapporti con i diversi soggetti che agiscono nella scuola». È importante che le avvertenze dichiarino inequivocabilmente che gli insegnanti devono avere «conoscenza dei modi e degli strumenti idonei all’attuazione di una didattica personalizzata, coerente con i bisogni formativi dei singoli alunni, anche all’interno di classi multiculturali, con particolare riferimento a quelli con bisogni educativi speciali». E poi «padronanza delle tematiche legate alla valutazione (_) e all’autovalutazione, con particolare riguardo all’area del miglioramento del sistema scolastico, dei gruppi di lavoro e delle persone».
da ItaliaOggi 18.09.12
"Il vestito nuovo di Renata", di Filippo Ceccarelli
OH Polverini vestita di nuovo… Si perdoni qui l’approccio frivolo, ma tutto lascia immaginare che prima della commediaccia strappa core la signora abbia riservato molta attenzione al suo costume di scena. E infatti durante la replica, allestita sotto il livido neon della Pisana per riscattare un certo andazzo di buffoni e ladroni, la presidente ha chiarito: «Questo abito l’ho pagato 200 euro e me lo so’ pagata da sola».
Per il resto non si ha idea di quante altre ragguardevoli e reboanti confidenze – dal dimagrimento alle «ciabatte» da mare, fino all’identificazione granguignolesca tra i tumori «estirpati dalla mia gola e quelli da estirpare in quest’aula» – Polverini, con il suo elegante abito smanicato bianco sur créme, ha offerto al pubblico vanamente eccitatissimo dei giornalisti e al popolo degli staff consiliari, per lo più composto dalle due specie antropologiche dei «gattoni» brizzolati post- democristoidi e delle bionde «trampoliere» di ascendenza tardo- berlusconiana.
Tutti avevano raggiunto questo luogo lontanissimo nel silenzio della campagna romana costeggiando ruderi, canneti, autospurghi, venditori di ricotta e fermate dell’autobus gremite di seminaristi africani. Ora curiosi, cronisti e portaborse sono tutti lì accaldati a godersi l’irascibile, sdegnoso e cinereo show a lieto fine della presidente e dei consiglieri a rischio di auto-scioglimento dietro l’immane vetro d’acquario che gli architetti della Pisana, Dio li perdoni, hanno innalzato inconsapevole monumento alla Separatezza.
Paradosso dei paradossi, per cavarsi dai guai Polverini deve icona mediatica ad alto tasso d’intimismo accorato e spettacolare. O meglio, le è in qualche modo richiesto di diventarlo ancora di più di quanto lo sia gia. Dopo aver imboccato Bossi, invitato a pranzo l’imitatrice («A’ bellaaa!»), cantato “Bella ciao” alla radio e al limite anche dopo essersi imbarcata sull’elicottero per raggiungere Rieti, «cuore piccante d’Italia», o sul catamarano dei «Tevere Rangers», pensa tu, con controversa battutina sui tunisini che in quei giorni arrivavano a Lampedusa.
Anche se tre mesi orsono si è fatta addirittura una corsetta insieme ai bersaglieri, cappello piumato in testa e fanfara di sottofondo, più che «la Bersagliere» di qualche Pane e amore il modello cinematografico più adatto per esprimere il sentimento di collera e disprezzo nei riguardi dei furfanti del suo partito, pur con tutte le riserve del caso sembra quello di Anna Magnani ne L’onorevole Angelina (1947). Ma i tempi odierni sono più crudeli, reclamando agli interpreti e ai loro assistenti un’incessante sorveglianza, e così quando ieri la presidente, uscita nei corridoi per incontrare i media, ha visto innanzi a sé il muro di telecamere, leggermente in ritardo s’è accorta di avere in bocca la gomma americana, e allora s’è girata e
oplà, subito c’era chi l’ha fatta professionalmente sparire.
La gomma, ovviamente, non la presidente. E allora Polverini è tornata ad essere quel consueto prodigio di spontaneità, di comunicativa e perfino di simpatia che dalla poltrona di un trascurabile sindacatino post-missino, attraverso i talk show, l’hanno condotta trionfalmente alla guida di una regione per tanti versi cruciale.
Ora, che lei ignorasse l’andazzo dei Batman e di tutti quegli altri cuoricini del Pdl pare abbastanza improbabile. Ma rispetto a una storiaccia di ladri e quattrini e ristoranti «Pinzimonio» e «Pepenero » tirare giù l’alluvione di Firenze e il naufragio della Costa-Concordia suonava ieri piuttosto irreale. Ma il drammone evidentemente lo richiedeva, così come ipertrofia dell’ego, l’esplosione di «io», «io», «io», «me», «me» e anche «la sottoscritta», che ha portato la presidente ad abbandonare qualsiasi remora e anche forse le ragioni della necessaria compostezza per lasciare spazio a quelle del cuore, come nel grande teatraccio romanesco.
Intanto, nei corridoi della regione, Storace faceva il ganascino a due mani alla giornalista di «Piazzapulita», e si parlava di bottiglie, di cravatte, di servizi fotografici, mentre il consigliere De Romanis era incalzato sui costosi preventivi delle feste in costume da antichi romani, che poi non si sono fatte, «solo una manifestazioni per bambini al Circo Massimo », e lui stava sul «palchetto».
In aula d’altra parte si sprecavano le promesse di automoralizzazione, e in questo senso la palma spetta alla consigliera Pdl Colosimo che con voce quasi rotta ha annunciato: «Ci muniremo di un commercialista». Dietro il vetro della lontananza tutto sembrava abbastanza onirico, come negli albi di Alan Ford disegnati da Magnus&Bunker. Poi, dopo essersi cosparsa il capo di cenere, Polverini ha mutato magistralmente registro lasciando intravedere la fine della brutta avventura: «Rilanciare la politica sana», «siamo sulla buona strada», «può partire una nuova stagione», «la sfida che ci attende».
E l’abito bianco della presidente finiva per confondersi con quello rosso fuego del suo apoteotico compleanno all’«Open Colonna», 250 invitati, giunta prefetto questore ministri e Califano al microfono, installazioni di palloncini e i raggi di luce che nella notte proiettavano «50», gli anni della governatrice, fin sopra i pini dei giardini davanti al Quirinale.
La Repubblica 18.09.12
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“Er Batman e quella villa al Circeo pagata 800mila euro in contanti”, di Carlo Bonini
C’è un angolo di Paradiso dove quel diavolo di Fiorito, er Batman, aveva fatto il nido. Perché così raccontano ora, con il timore che si deve a un boss, in quel di Anagni, dove il “miracolo ciociaro” del nostro è cominciato. Ma, soprattutto, perché così documentano il catasto e la conservatoria di Latina. È una villa di 8 vani nel cuore del Parco del Circeo, aggrappata al promontorio, lungo la strada del sole, la sterrata che lo taglia a metà, all’altezza del faro. E se è vero che non è una novità la passione dei tesorieri di partito per il mattone (il caso Lusi insegna), se è vero che di case, il “nostro”, ne ha collezionate come al Monopoli (all’agenzia del territorio risultano intestati a suo nome 8 fabbricati e 5 terreni ad Anagni, tra cui la prestigiosa tenuta della “Montagnola”; 1 fabbricato e un terreno a Piglio), questa del Circeo è una casa diversa dalle altre. Non fosse altro per come è stata acquistata e quando è stata acquistata.
CASA ABUSIVA PAGATA IN CONTANTI
È il 28 novembre dello scorso anno quando il notaio di Anagni, Paola Di Rosa, stipula la compravendita della villa. Fiorito compra da una signora, M. D. E quel che compra non è un immobile qualunque. La casa è infatti la porzione di una villa dalle due grandi ali che, anni prima, è stata costruita abusivamente nel cuore della riserva naturale e che, nel Paese dei condoni edilizi licenziati dalla maggioranza politica di cui Fiorito è punta di diamante, è «in sanatoria». Il dettaglio è cruciale. Per questo tipo di immobili, infatti, non c’è banca che conceda mutuo. La compravendita non può che essere per contanti. La proprietaria chiede 1 milione di euro. Fiorito la spunta per 800 mila. Una montagna di grano che non ha difficoltà a tirare fuori, vincendo un’asta “al ribasso” per la quale erano stati rifiutati 750 mila euro.
Sappiamo ora che, nel novembre dello scorso anno, Fiorito è nel pieno del vortice di bonifici con cui sta prosciugando il conto Unicredit da 6 milioni e mezzo di euro destinato alle spese del gruppo Pdl alla Pisana. E certo la coincidenza dell’acquisto della villa in contanti qualcosa può significare. Anche perché la circostanza che, in quei mesi, l’uomo sia liquido come una banca, è nel progetto che ha per il suo buen retiro.
Lo ricordano spesso in giro su una “Jeep” nera, compiaciuto nel vantarsi di un cabinato da 15 metri del cantiere “Manò Marine” ancorato nel porto di san Felice. È un fatto che Fiorito chieda e ottenga che, in barba a qualunque vincolo paesaggistico, si realizzi un bel parcheggio di fronte alla villa. E quando al cantiere vengono immediatamente messi i sigilli, pensa bene di sventrare un po’ di terreno per una piscina per la quale chiama muratori e idraulici da Anagni. Non ne avrà tempo, perché anche questo cantiere, aperto la scorsa estate, viene smontato in fretta e furia quando sul nostro piomba il dossier Battistoni.
DICHIARAZIONI DEI REDDITI ASSENTI
Del resto, l’acquisto della villa “in sanatoria” al Circeo e un tenore di vita da Creso de noantri devono essere motivo di qualche preoccupazione per il nostro. E la conferma è negli archivi del Consiglio regionale. Fiorito, che, nel suo doppio ruolo di tesoriere e capogruppo del Pdl, dovrebbe essere un esempio di “trasparenza”, dimentica infatti di rendere pubblica, come pure prevedono una legge dello Stato (la 441/82) e lo Statuto della Regione, la sua situazione patrimoniale e dunque rende impossibile la discovery non solo di ciò che guadagna con il suo stipendio da consigliere, ma anche delle sue proprietà immobiliari. Su tre anni di consiliatura – 2010, 2011, 2012 – presenta infatti una sola dichiarazione, nell’estate del 2010. Né, a quanto pare, qualcuno lo sollecita a farlo. Tantomeno chi oggi, nella sua maggioranza, lo taccia del rubagalline. Quel solo pezzo di carta firmato da Fiorito in tre anni si riferisce ai suoi cespiti del 2009, quando è ancora “soltanto” un consigliere di opposizione nella Regione guidata da Marrazzo, quando ancora non è cominciata la pesca nelle casse della Regione. Il suo modello “Unico” registra un reddito da lavoro dipendente di 124 mila 995 euro lordi. Mentre, genericamente, dichiara la proprietà di 4 fabbricati e un terreno ad Anagni (abbiamo visto che, oggi, di immobili in Ciociaria ne risultano 8) e di un immobile a Roma. E non è tutto.
PROPAGANDA DA PEZZENTE E 4 AUTO
Nell’auto-certificazione che accompagna quella sua unica dichiarazione, Fiorito giustifica come spese per la sua propaganda elettorale una miseria. Poco più di 24 mila euro. Più o meno un quinto del valore di quello che, in quel momento, dichiara essere il suo parco macchine: una Jaguar XJ e una Mercedes 600 sl immatricolate nel 2003, una Mercedes 320 sl del 1996 e una Bmw x5 immatricolata nel 2008. Lo stesso tipo di Suv che ricomprerà nel 2011 (con soldi non suoi) e senza la quale, evidentemente, proprio non sapeva stare. Forse perché la più adatta a tenere stretto il «rapporto tra elettore ed eletto». O magari a raggiungere la sterrata del Circeo.
La Repubblica 18.09.12
"Il vestito nuovo di Renata", di Filippo Ceccarelli
OH Polverini vestita di nuovo… Si perdoni qui l’approccio frivolo, ma tutto lascia immaginare che prima della commediaccia strappa core la signora abbia riservato molta attenzione al suo costume di scena. E infatti durante la replica, allestita sotto il livido neon della Pisana per riscattare un certo andazzo di buffoni e ladroni, la presidente ha chiarito: «Questo abito l’ho pagato 200 euro e me lo so’ pagata da sola».
Per il resto non si ha idea di quante altre ragguardevoli e reboanti confidenze – dal dimagrimento alle «ciabatte» da mare, fino all’identificazione granguignolesca tra i tumori «estirpati dalla mia gola e quelli da estirpare in quest’aula» – Polverini, con il suo elegante abito smanicato bianco sur créme, ha offerto al pubblico vanamente eccitatissimo dei giornalisti e al popolo degli staff consiliari, per lo più composto dalle due specie antropologiche dei «gattoni» brizzolati post- democristoidi e delle bionde «trampoliere» di ascendenza tardo- berlusconiana.
Tutti avevano raggiunto questo luogo lontanissimo nel silenzio della campagna romana costeggiando ruderi, canneti, autospurghi, venditori di ricotta e fermate dell’autobus gremite di seminaristi africani. Ora curiosi, cronisti e portaborse sono tutti lì accaldati a godersi l’irascibile, sdegnoso e cinereo show a lieto fine della presidente e dei consiglieri a rischio di auto-scioglimento dietro l’immane vetro d’acquario che gli architetti della Pisana, Dio li perdoni, hanno innalzato inconsapevole monumento alla Separatezza.
Paradosso dei paradossi, per cavarsi dai guai Polverini deve icona mediatica ad alto tasso d’intimismo accorato e spettacolare. O meglio, le è in qualche modo richiesto di diventarlo ancora di più di quanto lo sia gia. Dopo aver imboccato Bossi, invitato a pranzo l’imitatrice («A’ bellaaa!»), cantato “Bella ciao” alla radio e al limite anche dopo essersi imbarcata sull’elicottero per raggiungere Rieti, «cuore piccante d’Italia», o sul catamarano dei «Tevere Rangers», pensa tu, con controversa battutina sui tunisini che in quei giorni arrivavano a Lampedusa.
Anche se tre mesi orsono si è fatta addirittura una corsetta insieme ai bersaglieri, cappello piumato in testa e fanfara di sottofondo, più che «la Bersagliere» di qualche Pane e amore il modello cinematografico più adatto per esprimere il sentimento di collera e disprezzo nei riguardi dei furfanti del suo partito, pur con tutte le riserve del caso sembra quello di Anna Magnani ne L’onorevole Angelina (1947). Ma i tempi odierni sono più crudeli, reclamando agli interpreti e ai loro assistenti un’incessante sorveglianza, e così quando ieri la presidente, uscita nei corridoi per incontrare i media, ha visto innanzi a sé il muro di telecamere, leggermente in ritardo s’è accorta di avere in bocca la gomma americana, e allora s’è girata e
oplà, subito c’era chi l’ha fatta professionalmente sparire.
La gomma, ovviamente, non la presidente. E allora Polverini è tornata ad essere quel consueto prodigio di spontaneità, di comunicativa e perfino di simpatia che dalla poltrona di un trascurabile sindacatino post-missino, attraverso i talk show, l’hanno condotta trionfalmente alla guida di una regione per tanti versi cruciale.
Ora, che lei ignorasse l’andazzo dei Batman e di tutti quegli altri cuoricini del Pdl pare abbastanza improbabile. Ma rispetto a una storiaccia di ladri e quattrini e ristoranti «Pinzimonio» e «Pepenero » tirare giù l’alluvione di Firenze e il naufragio della Costa-Concordia suonava ieri piuttosto irreale. Ma il drammone evidentemente lo richiedeva, così come ipertrofia dell’ego, l’esplosione di «io», «io», «io», «me», «me» e anche «la sottoscritta», che ha portato la presidente ad abbandonare qualsiasi remora e anche forse le ragioni della necessaria compostezza per lasciare spazio a quelle del cuore, come nel grande teatraccio romanesco.
Intanto, nei corridoi della regione, Storace faceva il ganascino a due mani alla giornalista di «Piazzapulita», e si parlava di bottiglie, di cravatte, di servizi fotografici, mentre il consigliere De Romanis era incalzato sui costosi preventivi delle feste in costume da antichi romani, che poi non si sono fatte, «solo una manifestazioni per bambini al Circo Massimo », e lui stava sul «palchetto».
In aula d’altra parte si sprecavano le promesse di automoralizzazione, e in questo senso la palma spetta alla consigliera Pdl Colosimo che con voce quasi rotta ha annunciato: «Ci muniremo di un commercialista». Dietro il vetro della lontananza tutto sembrava abbastanza onirico, come negli albi di Alan Ford disegnati da Magnus&Bunker. Poi, dopo essersi cosparsa il capo di cenere, Polverini ha mutato magistralmente registro lasciando intravedere la fine della brutta avventura: «Rilanciare la politica sana», «siamo sulla buona strada», «può partire una nuova stagione», «la sfida che ci attende».
E l’abito bianco della presidente finiva per confondersi con quello rosso fuego del suo apoteotico compleanno all’«Open Colonna», 250 invitati, giunta prefetto questore ministri e Califano al microfono, installazioni di palloncini e i raggi di luce che nella notte proiettavano «50», gli anni della governatrice, fin sopra i pini dei giardini davanti al Quirinale.
La Repubblica 18.09.12
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“Er Batman e quella villa al Circeo pagata 800mila euro in contanti”, di Carlo Bonini
C’è un angolo di Paradiso dove quel diavolo di Fiorito, er Batman, aveva fatto il nido. Perché così raccontano ora, con il timore che si deve a un boss, in quel di Anagni, dove il “miracolo ciociaro” del nostro è cominciato. Ma, soprattutto, perché così documentano il catasto e la conservatoria di Latina. È una villa di 8 vani nel cuore del Parco del Circeo, aggrappata al promontorio, lungo la strada del sole, la sterrata che lo taglia a metà, all’altezza del faro. E se è vero che non è una novità la passione dei tesorieri di partito per il mattone (il caso Lusi insegna), se è vero che di case, il “nostro”, ne ha collezionate come al Monopoli (all’agenzia del territorio risultano intestati a suo nome 8 fabbricati e 5 terreni ad Anagni, tra cui la prestigiosa tenuta della “Montagnola”; 1 fabbricato e un terreno a Piglio), questa del Circeo è una casa diversa dalle altre. Non fosse altro per come è stata acquistata e quando è stata acquistata.
CASA ABUSIVA PAGATA IN CONTANTI
È il 28 novembre dello scorso anno quando il notaio di Anagni, Paola Di Rosa, stipula la compravendita della villa. Fiorito compra da una signora, M. D. E quel che compra non è un immobile qualunque. La casa è infatti la porzione di una villa dalle due grandi ali che, anni prima, è stata costruita abusivamente nel cuore della riserva naturale e che, nel Paese dei condoni edilizi licenziati dalla maggioranza politica di cui Fiorito è punta di diamante, è «in sanatoria». Il dettaglio è cruciale. Per questo tipo di immobili, infatti, non c’è banca che conceda mutuo. La compravendita non può che essere per contanti. La proprietaria chiede 1 milione di euro. Fiorito la spunta per 800 mila. Una montagna di grano che non ha difficoltà a tirare fuori, vincendo un’asta “al ribasso” per la quale erano stati rifiutati 750 mila euro.
Sappiamo ora che, nel novembre dello scorso anno, Fiorito è nel pieno del vortice di bonifici con cui sta prosciugando il conto Unicredit da 6 milioni e mezzo di euro destinato alle spese del gruppo Pdl alla Pisana. E certo la coincidenza dell’acquisto della villa in contanti qualcosa può significare. Anche perché la circostanza che, in quei mesi, l’uomo sia liquido come una banca, è nel progetto che ha per il suo buen retiro.
Lo ricordano spesso in giro su una “Jeep” nera, compiaciuto nel vantarsi di un cabinato da 15 metri del cantiere “Manò Marine” ancorato nel porto di san Felice. È un fatto che Fiorito chieda e ottenga che, in barba a qualunque vincolo paesaggistico, si realizzi un bel parcheggio di fronte alla villa. E quando al cantiere vengono immediatamente messi i sigilli, pensa bene di sventrare un po’ di terreno per una piscina per la quale chiama muratori e idraulici da Anagni. Non ne avrà tempo, perché anche questo cantiere, aperto la scorsa estate, viene smontato in fretta e furia quando sul nostro piomba il dossier Battistoni.
DICHIARAZIONI DEI REDDITI ASSENTI
Del resto, l’acquisto della villa “in sanatoria” al Circeo e un tenore di vita da Creso de noantri devono essere motivo di qualche preoccupazione per il nostro. E la conferma è negli archivi del Consiglio regionale. Fiorito, che, nel suo doppio ruolo di tesoriere e capogruppo del Pdl, dovrebbe essere un esempio di “trasparenza”, dimentica infatti di rendere pubblica, come pure prevedono una legge dello Stato (la 441/82) e lo Statuto della Regione, la sua situazione patrimoniale e dunque rende impossibile la discovery non solo di ciò che guadagna con il suo stipendio da consigliere, ma anche delle sue proprietà immobiliari. Su tre anni di consiliatura – 2010, 2011, 2012 – presenta infatti una sola dichiarazione, nell’estate del 2010. Né, a quanto pare, qualcuno lo sollecita a farlo. Tantomeno chi oggi, nella sua maggioranza, lo taccia del rubagalline. Quel solo pezzo di carta firmato da Fiorito in tre anni si riferisce ai suoi cespiti del 2009, quando è ancora “soltanto” un consigliere di opposizione nella Regione guidata da Marrazzo, quando ancora non è cominciata la pesca nelle casse della Regione. Il suo modello “Unico” registra un reddito da lavoro dipendente di 124 mila 995 euro lordi. Mentre, genericamente, dichiara la proprietà di 4 fabbricati e un terreno ad Anagni (abbiamo visto che, oggi, di immobili in Ciociaria ne risultano 8) e di un immobile a Roma. E non è tutto.
PROPAGANDA DA PEZZENTE E 4 AUTO
Nell’auto-certificazione che accompagna quella sua unica dichiarazione, Fiorito giustifica come spese per la sua propaganda elettorale una miseria. Poco più di 24 mila euro. Più o meno un quinto del valore di quello che, in quel momento, dichiara essere il suo parco macchine: una Jaguar XJ e una Mercedes 600 sl immatricolate nel 2003, una Mercedes 320 sl del 1996 e una Bmw x5 immatricolata nel 2008. Lo stesso tipo di Suv che ricomprerà nel 2011 (con soldi non suoi) e senza la quale, evidentemente, proprio non sapeva stare. Forse perché la più adatta a tenere stretto il «rapporto tra elettore ed eletto». O magari a raggiungere la sterrata del Circeo.
La Repubblica 18.09.12
