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Quirinale, gruppo di parlamentari modenesi del Pd impegnato per una soluzione immediata

Nota dei senatori Guerra e Vaccari e dei deputati Baruffi, Ghizzoni, Kyenge, Patriarca e Pini. Sconcerto di fronte all’esito della quarta votazione viene espresso da un gruppo di parlamentari modenesi del Pd. “E’ il Pd il primo responsabile dell’affossamento della candidatura di Romano Prodi – dicono i senatori Guerra e Vaccari e i deputati Baruffi, Ghizzoni, Kyenge, Patriarca e Pini – Lavoreremo fino a domattina per concorrere a una ricomposizione che abbia al centro il bene del Paese, prima ancora di quello del partito”. Ecco la loro dichiarazione congiunta:

«Esprimiamo sconcerto e profonda amarezza di fronte all’esito del quarto scrutinio per la scelta del Capo dello Stato dopo che il nome di Romano Prodi aveva avuto, solo questa mattina, il voto unanime dell’assemblea dei grandi elettori del Pd chiusasi addirittura con una standing ovation. Di questo porta responsabilità innanzitutto il Pd, il nostro partito, che non ha sostenuto unitariamente una personalità di altissimo profilo internazionale come Romano Prodi. Ciò è avvenuto per colpa di tanti franchi tiratori organizzati che hanno speculato sul futuro del Paese, non solo del Pd. La delegazione modenese dei parlamentari Pd, pur avendo votato compattamente e convintamente per Romano Prodi insieme al resto dei parlamentari Pd dell’Emilia Romagna, anche in forza della sua dimensione intende concorrere nelle prossime ore ad una significativa ricomposizione che abbia al centro il bene del Paese che viene prima di quella del partito. In questa direzione lavoreremo fino al voto di domani per dare al Paese un presidente della Repubblica»

Parlamentari Pd E.R. “Grande soddisfazione per candidatura Prodi”

La dichiarazione del sen. Vaccari e dell’on. Lenzi, coordinatori eletti Pd in Emilia Romagna. Con una dichiarazione congiunta, il senatore Stefano Vaccari e la deputata Donata Lenzi, coordinatori degli eletti del Pd dell’Emilia-Romagna al Senato e alla Camera, esprimono la soddisfazione del gruppo dei parlamentari espressione della nostra Regione per la scelta di candidare Romano Prodi alla presidenza della Repubblica. Ecco il testo della dichiarazione:
“A nome nostro e dei parlamentari di Camera e Senato eletti in Emilia-Romagna esprimiamo grande soddisfazione per la ritrovata unità intorno alla candidatura di Romano Prodi, che per la sua storia e il suo impegno rappresenta una figura di altissimo profilo.
Abbiamo apprezzato la capacità del segretario Pier Luigi Bersani di interpretare la fase nuova che si è aperta dopo la giornata di ieri e di proporre una candidatura che ha trovato una condivisione unanime. Ora è necessario il massimo impegno per creare attorno alla figura di Romano Prodi il consenso necessario per dare il prima possibile un presidente della Repubblica al nostro Paese”.

“Tre-quattro anni senza sacrifici ecco il piano per i Paesi in crisi”, di Eugenio Occorsio

«SERVE una visione d’insieme. Le riforme strutturali sono necessarie, resti ben chiaro. E non sono un’esperienza piacevole: il consolidamento fiscale fa male, la pulizia del sistema bancario costa alle finanze pubbliche, le tasse rappresentano un problema inevitabile. Ma vanno assolutamente rivisti i tempi, consentendo una moratoria perché i Paesi in difficoltà si allineino ai più forti. Questa proroga va utilizzata per intervenire in modo articolato non solo nel settore pubblico ma in quello privato». Jean Pisani-Ferry, 62 anni, a lungo consulente della Commissione di Bruxelles, docente all’Université Paris-Dauphine e direttore del think-tank Bruegel di Bruxelles, si unisce alla nutrita pattuglia di economisti che lanciano l’allarme sul rigore: «Una così protratta carenza di crescita è un challenge politico di dimensioni enormi. Non si risolve semplicemente imponendo un’agenda di riforme draconiane, di rigore, di austerity, come se bastasse. Le priorità sono altre, come il recupero di competitività e produttività. Il divario con l’America è insostenibile da prima della crisi: la produzione dei primi 15 Paesi dell’Ue era superiore per il 15% a quella degli Usa nel 1982, sarà più bassa del 15% entro il 2017. E il Pil per lavoratore era già declinato in Europa del 5% fra il 1997 e il 2007 ed è sceso di altri sei punti da allora ad oggi ».
Una proroga, ma di quanto? Tre, quattro anni?
«Beh, di sicuro non di più. Ma è importante la gradualità, senza inseguire il consenso dei mercati con provvedimenti drastici e drammatici che poi alla fine aggravano solo la recessione. Non si può risolvere tutto così in fretta ».
Già, i mercati: come rassicurarli in presenza di una proroga?
«Serve un’istituzione europea di garanzia, che non può essere che la Commissione. La quale deve vagliare i singoli piani statali, approvarli e monitorarne gli adempimenti. I governi devono meritarsi la fiducia della Commissione, che a sua volta diventa responsabile dei consolidamenti. Finora non si è fatto, e il risaconcreti
namento è in alto mare. Si è innescato un circuito vizioso per cui la produttività non migliora, la crescita è inesistente, i crediti in sofferenza aumentano, le finanze pubbliche peggiorano».
Quale è stato il provvedimento più deludente?
«Non dico che il consolidamento poteva essere evitato, non c’è una singola misura sbagliata, è l’intero processo basato sul solo rigore che non funziona. Va affrontato il problema delle banche. Manca, a parte gli stress test di due anni fa parziali e superficiali,
una mappa del sistema creditizio europeo che individui i punti di sofferenza. E tutti soffrono delle carenze di credito, il problema numero uno che si oppone alla ripresa industriale ».
Draghi ha confermato che oltre a fare “qualsiasi cosa” per l’euro, lavorerà a 360 gradi per i problemi delle banche…
«Le stesse cose le aveva dette un mese fa. Bisogna essere più
nel chiudere le banche che non ce la fanno più a stare sul mercato, magari perché hanno insistito nel fare prestiti a chi era già in sofferenza, e ricapitalizzare quelle buone. Uno sforzo che dovrà essere necessariamente a carico dei singoli Paesi. Allora Bruxelles deve escludere i fondi necessari dalle procedure di infrazione e dal calcolo del rapporto deficit/Pil, che può salire nominalmente al 10% se c’è un’emergenza. Per rientrare bisogna emettere nuovo debito. Non c’è via d’uscita».
Una via simile a quella seguita dall’Italia per restituire i fondi alle imprese, che comporta un aumento del debito di 2,5 punti ma una diminuzione della recessione da -2,9 a -2,4?
«Certo, alla fine i soldi devono essere restituiti, e perciò è importante la fiducia dei mercati e per garantirla non c’è che ricorrere alle istituzioni europee. Perché Bruxelles approvi i piani servono alcuni connotati: devono essere credibili, attuabili, presentati da governi in possesso di una solida accountability».
Non è il caso dell’Italia di oggi.
«Ho la massima fiducia nell’Italia. E anche voi dovete averne: non dovete aver paura del cambiamento perché comunque mi sembra che la democrazia sia mantenuta. Sono stati fatti errori, probabilmente un peso eccessivo sui pensionati mentre in Francia è stato caricato sui ricchi, ma c’è tempo per correggerli ».
Come superare l’intransigenza della Bundesbank, che vede i prestiti agli Stati come la madre di tutti gli azzardi morali?
«C’è una finestra di opportunità: la tutela del Fondo salva stati sulle attività della Bce. Quando lanciò le outright monetary transactions, Draghi ebbe il consenso della Merkel contro l’opposizione della Bundesbank. La stessa cancelliera andò ad Atene per silenziare l’opposizione tedesca che chiedeva l’estromissione della Grecia. Peccato che quest’apertura si sia fermata lì. Per questo, temo la Germania bloccherà gli eurobond almeno per un altro anno. Però, appunto con la garanzia dell’Esm, ora la Bce può essere più intraprendente nell’avviare misure di rilancio dell’intermediazione finanziaria e spingere verso l’unione bancaria e la vigilanza comune, che potrebbero rilanciare il credito alle imprese. In America si dà più importanza alle iniziative espansioniste della Fed che al consolidamento dei conti pubblici, malgrado il fiscal cliff.
Da noi che si dovrebbe dire? Al confronto abbiamo una fiscal mountain»

La Repubblica 19.04.13

"Un decreto per le aree terremotate", di Ilaria Vesentini

Prorogare lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2014 nelle zone emiliane terremotate e riaprire il “marchingegno” del prestito gratuito per pagare le tasse, rimettendo in circolo gli oltre 5 miliardi della Cassa depositi e prestiti per la moratoria fiscale inutilizzati, sui 6 miliardi stanziati a fine 2012 per la moratoria fiscale. Sono le due priorità assolute che entreranno nel decreto che il Consiglio dei ministri dovrebbe firmare a giorni, nella prima seduta utile, così come concordato a Roma dal commissario alla ricostruzione dell’Emilia-Romagna Vasco Errani in un incontro fiume con il premier Mario Monti, il ministro dell’Economia e delle finanze Vittorio Grilli, il sottosegretario Antonio Catricalà e, in chiusura, anche il ministro del Lavoro Elsa Fornero.

Il pressing che la regione aveva intensificato negli ultimi dieci giorni sta dando dunque, in extremis, i suoi frutti. «Monti ha autorizzato la predisposizione del decreto, in modo che il presidente Giorgio Napolitano lo possa firmare finché è ancora in carica. Un decreto – spiega l’assessore regionale alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli – che, da un lato, dà risposta immediata ai due nodi chiave, il timing coerente con i tempi e le risorse per la ricostruzione e la necessità di prorogare anche quest’anno il prestito con garanzie e interessi a carico dello Stato, per pagare tributi, contributi e premi assicurativi, un aiuto soprattutto per le imprese che hanno subìto pesanti danni economici dal sisma, seppure hanno i capannoni intatti. E, dall’altro lato, sancisce l’impegno politico ad aprire il confronto in Parlamento su tutto un altro pacchetto di emendamenti che abbiamo già consegnato a Roma per affrontare i problemi ancora aperti». Misure che Errani ha messo più volte nero su bianco nelle lettere inviate ai palazzi romani negli ultimi mesi, condivise di nuovo l’altro ieri con forze imprenditoriali e sindacali riunite al “Tavolo per la crescita regionale”, proprio per fare il punto dopo il vertice tecnico a Palazzo Chigi. E se la risposta del Governo e delle Camere non dovesse arrivare, Errani e la sua squadra «sono pronti a manifestare e scendere in piazza a Roma al fianco di famiglie e imprese terremotate».
Lungo l’elenco delle questioni che il Parlamento dovrà affrontare. A partire dalla deroga al patto di stabilità interno per i 54 comuni del cratere fino al 2014 e l’autorizzazione alle assunzioni e ai pagamenti degli straordinari ai dipendenti degli enti locali per assicurare il personale necessario a sbrigare le pratiche per la ricostruzione, «ora che la macchina delle procedure Mude e Sfinge inizia a girare», afferma l’assessore. E aggiorna i numeri delle domande per attingere ai 6 miliardi di contributi alla ricostruzione della Cdp arrivate da parte di privati (Mude) e imprese (Sfinge): 71 domande per i capannoni industriali per 65 milioni di euro di lavori e quasi 2mila istanze di privati (case, negozi, uffici), di cui 758 in fase di verifica negli uffici comunali e 421 – pari però a 2.980 unità familiari, considerando che molti sono condomini – già trasformate un ordinanze, pronte cioè a a essere liquidate. E tra i numeri comunicati dalla Regione al Governo per raccontare i risultati di dieci mesi di lavoro febbrile, ci sono anche le 133 domande per 5,4 milioni di euro di contributi del primo step del bando Inail (72,8 milioni in tutto per l’Emilia su fondi 2012) per gli interventi di messa in sicurezza delle fabbriche non danneggiate strutturalmente ma obbligate ad adeguarsi ai criteri antisismici. «Lunedì si aprirà la seconda finestra – precisa Muzzarelli – e abbiamo chiesto a Monti il decreto per il nuovo bando Inail 2013. Ma gli imprenditori si devono muovere e presentare istanza ora che le risorse ci sono» è il monito più volte ribadito ieri.
L’aula romana è chiamata anche a sbrogliare i nodi degli studi di settore nel cratere (da sospendere o rivedere); della detassazione dei rimborsi assicurativi e dei contributi per ricostruire; della spalmatura in cinque anni delle perdite di esercizio; della proroga del credito di imposta al 50% per le ristrutturazioni. Mentre il premier e il ministro Fornero si sono impegnati a firmare «a giorni» sia il decreto che sblocca i 50 milioni di euro per la ricerca e le assunzioni qualificate nelle zone terremotate (di cui 8 milioni già impegnati in un bando che ha coinvolto 12 imprese, alcune già arrivate a organici addirittura superiori a quelli pre-sisma) sia il provvedimento per attivare gli ammortizzatori sociali nelle zone terremotate, in particolare lo «scandalo», come lo definisce Muzzarelli, dei 20 milioni per lavoratori autonomi, precari e professionisti fermi da mesi. Ed Errani ha strappato anche al Governo la promessa di intervenire sull’accordo Abi-Cdp per garantire anche alle imprese sane finite in concordato con il terremoto le risorse necessarie alla continuità.

DANNI COMPLESSIVI
11,5 miliardi

L’effetto economico delle due scosse del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia-Romagna sale a 12 miliardi di euro se su comprendendo i territori limitrofi al cratere di Lombardia e Veneto. Si stima che i 54 comuni emiliani terremotati rappresentino il 20% del valore aggiunto industriale della regione e il 25,4% del suo export
DANNI ALLE IMPRESE
5 miliardi

Mai prima in Italia un terremoto aveva colpito un’area così densamente industrializzata. Nel cratere si concentrano 66mila aziende e 270mila addetti tra manifatturiero, servizi e agricoltura.
I danni al patrimonio storico-artistico ammontano a 2,7 miliardi, altri 3,5 miliardi sono i danni a edifici privati e 850 milioni quelli a edifici pubblici e infrastrutture
I CONTRIBUTI
90 milioni

Sono ancora basse le domande arrivate a comuni e regione per accedere ai 6 miliardi della Cdp per la ricostruzione: 71 pratiche Sfinge per i capannoni industriali per 65 milioni di importo lavori e altri 25 milioni di euro di contributi concessi per case, uffici e negozi, di cui 6,4 milioni di euro (421 pratiche già trasformate in ordinanze) già pronti per la liquidazione

Il Sole 24 Ore 19.04.13

Napolitano, «grande arbitro» della politica e delle istituzioni, di Dino Pesole

Garante della stabilità delle istituzioni e dell’unità nazionale, arbitro super partes pronto a richiamare le forze politiche al rispetto delle regole e a un confronto finalmente più civile. Giorgio Napolitano sta per lasciare il Quirinale, e il bilancio dei suoi sette anni è in buona parte nell’unanime riconoscimento che gli viene tributato dalle forze politiche, anche da quelle che sette anni fa non lo votarono, e soprattutto dagli indici di popolarità raggiunti. Quanto a livello di fiducia, stando al sondaggio condotto dall’Ipsos, Napolitano raggiunge l’84% tra giudizi positivi e sufficienti. Attestati tutt’altro che formali, poiché dopo il settennato di Carlo Azeglio Ciampi, quello di Napolitano ha contribuito in modo determinante ad affermare la centralità e il prestigio del Colle più alto. Non era affatto scontato che finisse così, date le premesse. Altissima conflittualità politica, la più grave crisi economica dal secondo dopoguerra, l’ampliarsi delle diseguaglianze e del divario tra Nord e Sud del Paese, l’allarmante aumento della disoccupazione soprattutto giovanile. Napolitano ha cercato di far leva, come in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità nazionale, sulle energie migliori del paese e sul senso di appartenenza a un’unica nazione pur nella molteplicità delle realtà che vi sono rappresentate.

Esordio già in salita, con il governo Prodi appeso al Senato a una manciata di voti. Due anni sull’ottovolante, la chiusura anticipata della legislatura e nell’aprile del 2008 il ritorno di Berlusconi. Convivenza complessa, per le conseguenze del durissimo braccio di ferro del cavaliere con la magistratura. A Berlusconi che nel pieno del «caso Ruby» tuonava contro i metodi «da Germania dell’Est» della procura di Milano, Napolitano replicava che «nella Costituzione e nella legge possono trovarsi i riferimenti di principio e i canali normativi e procedurali per far valere insieme le ragioni della legalità nel loro necessario rigore e le garanzie del giusto processo». Occorrono scelte «organiche e condivise», reiterati i suoi appelli ad abbassare i toni, ad individuare possibili terreni d’intesa, obbligati nel caso delle riforme costituzionali, così come sulla legge elettorale. Di certo uno dei momenti di maggiore frizione con il governo Berlusconi lo si può datare nel febbraio 2009 con lo stop al decreto sul caso di Eluana Englaro. E poi nell’ottobre di quello stesso anno, dopo la bocciatura del lodo Alfano da parte della Consulta, e ancora nel marzo del 2010 con il pasticcio delle liste per le elezioni regionali.
Poi il nutrito dossier dei richiami a governo e Parlamento sul fronte dei provvedimenti legislativi, in particolare per quel che riguarda la prassi a stravolgere il contenuto dei decreti legge in sede di conversione. Moral suasion a tutto campo, che è servita a evitare ulteriori strappi, tanto che in sette anni Napolitano ha rispedito alle Camere un solo provvedimento, il «collegato lavoro» alla Finanziaria 2009. E poi lo stop con richiesta di modifiche al decreto legislativo sul fisco municipale, il gran caos sulla gestione dell’emergenza rifiuti, i rilievi che hanno accompagnato il via libera alla riforma Gelmini. Moral suasion e «diplomazia parallela» che nel caso della manovra del giugno 2010 ha prodotto lo stralcio del taglio agli enti culturali, o che nel caso delle più estensive norme sullo scudo fiscale, introdotte dal Senato nel settembre del 2009, ha aperto la strada al via libera del Colle solo dopo «attento esame».
Costanti e ripetute le denunce sulle «morti bianche», vera piaga nazionale, al pari degli appelli a porre il tema della crescita e dell’occupazione al primo posto dell’agenda politica. Prestigio internazionale indiscusso, quello di Napolitano attestato dalla stima e dai rapporti privilegiati intessuti con tutti i leader europei e con il presidente degli Stati Unit, Barack Obama. Patrimonio di credibilità personale che gli ha consentito di pilotare di fatto in stretto collegamento con le cancellerie europee il cambio della guardia a palazzo Chigi nel novembre 2011. Poi lo scorcio finale del mandato, il più complesso dato l’esito del voto, e la conseguente presa d’atto che gli spazi praticabili per la formazione del nuovo governo non possano che essere esperiti dal suo successore. Il lavoro dei saggi da lui insediati – è il suo passaggio del testimone – «è stato tutt’altro che una perdita di tempo».

Il sole 24 Ore 19.04.13

Dichiarazione congiunta approvata a fine Assemblea dai Parlamentari Emiliano-Romagnoli

I parlamentari e grandi elettori dell’Emilia Romagna riuniti in assemblea al gruppo Pd della Camera, hanno discusso dell’andamento della giornata di votazioni per il Presidente della Repubblica, del percorso svolto dai gruppi parlamentari e dell’assemblea svolta ieri sera al cinema Capranica. L’ampio e ricco dibattito ha confermato la scelta proposta fin dall’inizio dal segretario Bersani di arrivare ad una condivisione ampia sulla proposta per il candidato a presidente della repubblica, innanzitutto nel PD, quindi nella coalizione Italia Bene Comune e poi con le altre forze politiche parlamentari.

L’andamento dei due voti di oggi indica chiaramente che serve aprire subito una fase nuova già per gli appuntamenti di voto dei prossimi giorni, favorendo e ricercando la massima condivisione sulla scelta in vista della prossima assemblea dei gruppi parlamentari prevista per domattina.

Siamo consapevoli che individuare una figura che soddisfi tali condizioni non sia facile ma la posta in gioco merita una ricerca paziente e attenta per garantire un approdo all’altezza delle aspettative dei cittadini e di un Paese in forte sofferenza.

Siamo certi che anche in questa occasione il segretario nazionale, i capigruppo assieme al gruppo dirigente largo saranno in grado di corrispondere ai bisogni e alle necessità della difficile fase politica.

Giornate per ricordare Edmondo Berselli

Edmondo Berselli ci manca, ancor più oggi, a poco più di tre anni dalla morte. Ci manca la sua capacità di leggere in profondità la realtà, la sua ironia, la sua passione contagiosa per il “pop”. Chissà cosa avrebbe scritto sulla giornata odierna…

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Economia, televisione, politica. Anzi, in omaggio al suo libro “Post italiani, cronache di un paese provvisorio”, la “post economia”, la “post televisione”, la “post politica”.
Territori oggetto delle esplorazioni e delle osservazioni sempre originali e acute di Edmondo Berselli, il giornalista e intellettuale modenese scomparso l’11 aprile di tre anni fa. Ambiti fondamentali, snodi e gangli imprescindibili per osservare i fenomeni che attraversano il Paese e lo cambiano, in superficie e in profondità.

Saranno questi i temi affrontati nei tre incontri dedicati a Edmondo Berselli, che si svolgeranno a Modena il 18, il 22 e il 29 aprile per la terza edizione del ciclo “Quel gran genio del mio amico”, raccolti sotto il titolo “Cronache della post Italia”, con ospiti eccellenti come, tra gli altri, Ilvo Diamanti, Carlo Freccero, Michele Salvati e Nando Pagnoncelli.

Così la sua città, Modena, per iniziativa del comitato “Amici di Edmondo Berselli” ricorderà il giornalista e intellettuale a tre anni dalla sua scomparsa, con una forma di “memoria attiva”. Protagonisti ed esperti di primo piano del giornalismo, della politica, dell’economia e dei media nazionali prenderanno spunto dal lavoro poliedrico e dagli scritti di Berselli per osservare e descrivere l’Italia di oggi e i mutamenti che la stanno interessando.

L’edizione è stata presentata a Bologna, nella sede della Regione Emilia-Romagna dall’assessore alla cultura, Massimo Mezzetti e da Marzia Barbieri Berselli, presidente del Comitato. In questa occasione è stata annunciata anche l’intenzione di creare un archivio online che dovrebbe vedere la luce all’inizio del 2014 e di istituire un premio per giovani giornalisti intitolato a Berselli.

“Quel gran genio del mio amico”, iniziativa del Comitato “Amici di Edmondo Berselli” con il patrocinio del Comune di Modena e della Regione, è realizzata grazie alla collaborazione di Fondazione cassa di Risparmio di Modena, Banca popolare dell’Emilia Romagna, Conad, Cersaie e Banco San Geminiano e San Prospero.

Il programma Edmondo Berselli (2)
Il programma prende il via alle 18 di giovedì 18 aprile alla Sala Leonelli della Camera di commercio di Modena (via Ganaceto) con l’incontro su “La post economia”, sottotitolo “Più poveri e meno europei o più sobri e più solidali?”. All’incontro, moderato da Beppe Berta, storico dell’economia all’Università Bocconi, intervengono Michele Salvati, docente all’Università di Milano, direttore della rivista “Il mulino” e commentatore del “Corriere della sera”, e Patrizio Bianchi, economista e assessore alla scuola e lavoro della Regione Emilia-Romagna. Punto di partenza sarà il libro di Berselli “L’economia giusta” – ripubblicato nel 2012 da Einaudi con prefazione di Romano Prodi – un saggio breve e complesso, anticipatore della difficile situazione che stiamo vivendo con la crisi economico-finanziaria.

Argomento dell’incontro di lunedì 22 aprile alle 18 alla sala conferenze del Museo casa Enzo Ferrari sarà la “post televisione”, sottotitolo “Rischi e occasioni della videodemocrazia”. Sul tema interverranno Carlo Freccero, esperto di comunicazione e direttore di Rai 4, e Aldo Grasso, docente alla Cattolica di Milano, critico televisivo ed editorialista per il “Corriere della sera”. Modererà l’incontro Riccardo Bocca, giornalista e critico televisivo del settimanale “L’espresso”.

L’ultimo incontro di “Quel gran genio del mio amico” edizione 2013, si svolgerà lunedì 29 aprile alle 18 all’auditorium della Fondazione Marco Biagi, sempre a Modena in viale Storchi e sarà dedicato alla “post politica”. A parlare di “un paese in bilico fra ‘partiti ipotetici’” saranno Ilvo Diamanti, politologo ed editorialista del quotidiano “La repubblica”, Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, e Arturo Parisi, politico italiano già ministro della difesa nel secondo Governo Prodi.