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Terremoto, in arrivo un decreto con proroga per emergenza e tasse

Proroga al 31 dicembre 2014 dello stato di emergenza ed estensione a tutto il 2013 del prestito senza interessi alle imprese per il pagamento di tributi, contributi previdenziali e assistenziali, premi per l’assicurazione obbligatoria. Sono i due punti della proposta di decreto legge contenente misure urgenti per la ricostruzione nelle zone colpite dal terremoto del 20 e 29 maggio scorso che è stata al centro dell’incontro – svoltosi il 16 aprile a Roma – tra il presidente del Consiglio Mario Monti e il presidente della Regione e Commissario per la ricostruzione Vasco Errani.
“Abbiamo ottenuto l’impegno politico ad emanare il decreto nel primo Consiglio dei ministri utile – ha commentato Errani, che questa mattina ha incontrato imprenditori e sindacati del “Tavolo per la crescita” – è un risultato molto importante e non scontato tanto più se consideriamo l’eccezionalità, da un punto di vista istituzionale, del momento che stiamo attraversando, con un Governo in ordinaria amministrazione e un Presidente della Repubblica a fine mandato. Il decreto contiene solo alcuni dei punti che abbiamo chiesto, ma è il veicolo per consentire al Parlamento di approvare ulteriori misure.”

Il successivo passaggio parlamentare permetterà infatti di integrare il decreto con emendamenti relativi a una serie di temi che erano stati condivisi con le forze economiche e sociali e con le istituzioni locali. Tra i risultati dell’incontro è da segnalare lo sblocco dei finanziamenti al bando per la ricerca espressamente rivolto alle imprese dell’area colpita dal sisma per il rilancio della competitività dei settori più colpiti, a partire da quella del biomedicale.
Il bando potrà contare su risorse pari a 42 milioni di euro. Una prima tranche di finanziamenti pari a 8 milioni di euro è già stata assegnata a 12 imprese alla fine dello scorso anno.
All’incontro era presente – insieme al sottosegretario Catricalà e al ministro Grilli, anche il ministro Fornero che si è impegnato ad emanare quanto prima un decreto ministeriale per attivare gli ammortizzatori sociali a favore dei precari e dei professionisti e lavoratori autonomi.

I contenuti del decreto
Al primo punto del decreto dunque la proroga dello stato di emergenza al 31 dicembre 2014, un atto indispensabile per poter assicurare la continuità tra il completo superamento dell’emergenza e la ricostruzione, sia sotto il profilo degli adempimenti amministrativi, che della disponibilità delle risorse finanziarie già previste per le annualità 2013 e 2014.

Per quanto riguarda invece il pagamento di tributi, contributi e premi assicurativi, il decreto permetterà di replicare anche per il 2013 la possibilità già prevista per il 2012, di richiedere alle banche un prestito, con interessi e garanzie a carico dello Stato, da restituire a rate in due anni, a valere sul fondo che mette a disposizione risorse per 6 miliardi di euro.

Tra i punti che saranno invece proposti con la successiva discussione parlamentare ci sono: la deroga al patto di stabilità interno dei Comuni anche per tutto il 2014; la deroga alle assunzioni (con scadenza del rapporto di lavoro al 31 dicembre 2015) da parte di Enti locali, Regione e Prefetture del personale necessario a far fronte all’ingente mole di lavoro legata alla ricostruzione; l’autorizzazione al pagamento degli straordinari per il personale; il rimborso al 100% anche per le abitazioni date in affitto a lavoratori senza residenza anagrafica; la sospensione e l’adeguamento degli studi di settore; la spalmatura in cinque anni delle perdite di esercizio 2012 delle società di capitali; la prosecuzione del credito di imposta per le ristrutturazioni al 50%; la garanzia di esclusione dalle imposte dei rimborsi assicurativi e dei contributi per la ricostruzione; la copertura delle mancate entrate delle imprese dei servizi pubblici; un fondo per il pagamento del differenziale degli interessi a carico delle famiglie a seguito della sospensione e dello slittamento delle rate dei mutui.

Il presidente Errani e l’assessore Muzzarelli hanno inoltre sollecitato il Governo ad attuare le misure di sostegno già previste dalle leggi, quali i crediti d’imposta per gli investimenti e le assunzioni qualificate e l’agevolazione in conto interessi del Fri, e hanno chiesto un intervento per correggere l’accordo AbiI Cassa depositi e prestiti che esclude dai contributi le imprese sottoposte a concordato.

http://www.regione.emilia-romagna.it/notizie/primo-piano/Terremoto-in-arrivo-un-decreto-con-proroga-per-emergenza-e-tasse

Quirinale, i grandi elettori modenesi del Pd votano scheda bianca

La decisione è stata presa da otto parlamentari Pd e da Palma Costi, grande elettore. Nove grandi elettori modenesi del Pd, al primo scrutinio per la scelta del Presidente della Repubblica, votano scheda bianca. Si tratta dei parlamentari Davide Baruffi, Carlo Galli, Manuela Ghizzoni, Maria Cecilia Guerra, Cécile Kyenge, Edoardo Patriarca, Giuditta Pini e Stefano Vaccari e la presidente dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna Palma Costi, grande elettore per conto della nostra Regione. Il nome di Marini è figura di assoluto prestigio, ma non interpreta quel sentimento di cambiamento emerso dalle recenti elezioni politiche. Ecco la nota dei parlamentari modenesi del Pd:
«Il voto di astensione che abbiamo espresso ieri sera all’assemblea dei grandi elettori di Italia Bene Comune sulla candidatura di Franco Marini e’ stato l’esito di una decisione sofferta. Siamo consapevoli che scegliere colui o colei che deve rappresentare per il prossimo settennato l’Unita nazionale sia un privilegio raro e come tale comporta in carico di responsabilità non comune.

Responsabilità accresciuta dalla consapevolezza di attraversare un periodo di incertezza politica e in un quadro di drammatica crisi economica e sociale. Non abbiamo riserve sulle qualità personali di Marini la cui storia politica e il trascorso sindacale lo caratterizzano come figura di assoluto prestigio. Tuttavia questa candidatura non risulta in grado di interpretare quel sentimento di cambiamento emerso con tanta forza dalle recenti elezioni politiche. Non si tratta naturalmente di rincorrere alcun nuovismo, ma la politica e il Pd in particolare non possono mostrarsi sordi o peggio indifferenti a questa istanza essenziale. Peraltro la sapiente capacita comunicativa del presidente Berlusconi ha fatto apparire l’intesa raggiunta con il Pdl sul nome di Marini come il viatico ad un “governissimo” Pd-Pdl, che archivierebbe di fatto l’ipotesi di un governo di cambiamento finora invocato e ricercato dal Pd. In tale contesto in cui non si può trascurare il dissenso espresso da Sel e le innumerevoli manifestazioni di contrarietà pervenute da elettori, gruppo dirigente e amministratori locali, avremmo auspicato un approfondimento della discussione per giungere ad una candidatura nella quale possa riconoscersi il più ampio schieramento politico, a partire dalle forze che compongono la coalizione, e che al contempo sappia porsi in maggiore sintonia con il sentimento nazionale. Siamo consapevoli che individuare una figura che soddisfi tali condizioni non sia facile ma la posta in gioco merita una ricerca paziente e meticolosa. Con l’auspicio che questa ricerca e questo confronto possa riprendere, non riteniamo di venir meno al nostro dovere di parlamentari democratici votando scheda bianca alla prima chiamata».

Quirinale, Negro “Dalla base del Pd un sentimento negativo”

L’opinione espressa già ieri sera dai segretari dei Circoli Pd riuniti in vista del congresso. Anche nel Pd modenese cresce un orientamento negativo nei confronti della scelta che si va delineando per l’elezione del Capo dello Stato. Già ieri sera, infatti, era questo il sentimento espresso dai Circoli Pd riuniti in vista del congresso per la scelta dei vertici locali del partito. “Ho immediatamente fatto conoscere questo orientamento – spiega il coordinatore e segretario provinciale vicario Paolo Negro –ai vertici nazionali del Pd”

Cresce nella base del partito modenese il malumore verso l’orientamento nazionale per la scelta del futuro Presidente della Repubblica. Nella serata di mercoledì 18 aprile era convocata l’assemblea dei segretari dei Circoli Pd per parlare del prosieguo del percorso congressuale dopo la riunione della Direzione provinciale. “In quella sede – spiega il coordinatore e segretario provinciale vicario Pd Paolo Negro – ha preso corpo, a latere dell’argomento in discussione, un orientamento negativo nei confronti della scelta che il partito a livello nazionale stava assumendo in vista del primo scrutinio per l’elezione del Capo dello Stato. Ho provveduto immediatamente a informare di questo sentimento, che faccio mio, i vertici nazionali del partito. Esiste un rischio, da scongiurare, di scollamento tra i vertici e la base in un momento politico così delicato. Giusto il tentativo di cercare soluzioni condivise per la Presidenza della Repubblica, ma non a prezzo di scollegarsi dal senso comune del Paese”.

"Tutto ciò che ci ha insegnato", di Miriam Mafai

Domani all’Auditorium del Maxxi a Roma si ricorda Miriam Mafai, che ci ha lasciato il 9 aprile di un anno fa. Ho avuto la fortuna non solo di conoscere Miriam per l’insegnamento politico che ha saputo dare a tanti di noi, soprattutto a molte donne, ma di esserle amica, di poter conversare con lei, ascoltare i suoi consigli, ammirare la straordinaria capacità di unire la sua esperienza vissuta in prima persona con l’attenzione sempre proiettata al futuro del paese e delle giovani generazioni. Dall’esperienza della resistenza, a quella di funzionario del Pci, poi la carriera giornalistica, da l’Unità a Paese Sera fino alla fondazione di Repubblica, poi ancora il femminismo e le battaglie civili e democratiche, da quelle degli anni 70 a quelle di questo inizio secolo, con in mezzo l’esperienza di parlamentare negli anni 90: Miriam ha attraversato davvero tutte le fasi e tutti i momenti decisivi della nostra storia recen- te, mostrando quella lucidità, quella passione e quella umanità che sono tipiche solo di poche grandi donne.
Ci è mancato il suo parere in questo anno, un anno difficile, di cambiamenti profondi che non sono ancora completati. Ci sarebbe stato prezioso il suo spirito critico, la capacità di cogliere in modo originale i cambiamenti sociali e politici, in particolar modo oggi che abbiamo di fronte uno scenario inedito, che ci chiede senso di responsabilità, coraggio nelle scelte di cambiamento, capacità di decisione nell’interesse di quel paese reale che soffre e aspetta risposte.
Ricordo una delle sue ultime uscite pubbliche, all’inizio di marzo del 2012, in un corso di formazione per le giovani del Pd cui partecipavo anche io: parlava della costituente, delle battaglie di fondazione della Repubblica, ma guardava soprattutto al domani, per incoraggiare le ragazze a essere protagoniste del futuro e dell’Italia, a guidare quei cambiamenti che i tempi contemporanei ci impongono come condizioni di vita e di pensiero, e dentro i quali dobbiamo ricostruire le nostre nuove prospettive di comunità.
«Come donne nessuno ci ha mai regalato niente»: l’ho sentito dire molte volte da Miriam, che ha insegnato, con l’affetto e la severità della sua generazione, a tante donne più giovani a non temere le sfide a un mondo troppo maschile, ma a sentire invece la forza delle competenze e delle energie femminili come una forza davvero capace di essere dirompente quando unitaria, decisa, concreta. Oggi di donne in Parlamento ce ne sono tante, quante mai prima, chissà cosa avrebbe pensato Miriam, come ci avrebbe consigliato e incoraggiato.
Non ha mai amato – e in questo mi sento particolarmente vicina al suo modo di ragionare – i convincimenti ideologici: pur avendo conosciuto e praticato i grandi partiti di massa e le fortissime idealità che ispirano la politica, è sempre rimasta una mente e una voce libera, attenta a cogliere i cambiamenti grandi e piccoli della società e a confrontarsi con essi, per capirli e governarli.
Nell’adesione piena a valori che non ha mai tradito e che ha anzi sempre cercato di attualizzare e far condividere ai più giovani, Miriam ha conservato una dolcezza e una leggerezza che credo siano state uno dei tratti principali della sua forza.
Con lei anche essere rimproverati, anche i momenti in cui la discussione portava a esporsi al suo giudizio, un giudizio duro specie con gli amici, diventavano momenti utili e piacevoli: sapere, capire, imparare, condividere sono state sempre le priorità del suo pensare e del suo agire, e sono l’insegnamento che ci ha trasmesso e lasciato. Miriam ha raccontato molta Italia, e nel- le sue parole è sempre stato facile ritrovar- si. Io ho imparato molto da lei, ho spesso trovato punti di vista acuti, critici, interes- santi. Mi mancano i suoi stimoli e mi man- ca molto la sua risata: una risata unica, con- tagiosa, capace di smorzare la tensione, di trasmettere calore, di infondere ottimismo.
Durante l’appuntamento di domani al MAXXI, nel ricordare la sua vita e il suo lavoro, sarà anche presentata l’Associazio- ne Miriam Mafai, che sta raccogliendo sul sito www.miriammafai.it tutti i suoi articoli, le riflessioni, gli interventi di una delle prin- cipali protagoniste della storia politica del- la nostra repubblica, per renderli accessibi- li a tutti, utili a chi oggi e domani dovrà confrontarsi con le necessità, le paure e le speranze dell’Italia.

L’Unità 18.04.13

"Tradimenti, agguati e sfottò l’incubo dei franchi tiratori", di Filippo Ceccarelli

Così i patti possono crollare nel segreto dell’urna L GIORNO che i franchi tiratori fecero secco Forlani, sabato 16 maggio 1992, data che inaugura il crollo della Prima Repubblica, il senatore a vita Carlo Bo, esimio letterato, disse che a Montecitorio gli era sembrato di assistere alla scena dell’attacco ai forni nei
Promessi sposi. Non sembri eccessiva l’evocazione: “Se un romanziere fosse capace di descrivere i fatti di questi giorni — insisteva Bo — forse si uscirebbe dal vago e dall’inutile della nostra attuale letteratura”. Preannunciata da affettati richiami alla coscienza, combinazioni e contraffazioni algebriche e vibranti excusationes non petitae, l’ombra dei franchi tiratori è sempre stata una formidabile risorsa narrativa.
Ulteriore e significativa conferma se ne ebbe anche allora giacché Forlani, la vittima designata, trent’anni prima, nel 1962, era stato dalla parte degli oscuri sicari fanfaniani che cercarono di fare la pelle a Segni. Donde l’involuta, ma esatta definizione di Andreotti: “I franchi tiratori sono la mala pianta di cui ci si rallegra quando si manifesta in ausilio alle proprie tesi, e si demonizza negli altri casi”. Ora è tutto abbastanza cambiato, la politica post-ideologica non conosce la disciplina di partito, ogni parlamentare penetrato nel Palazzo con i benefici del Porcellum coltiva il proprio prezioso individualismo, ma anche nella stagione delle immagini e dei messaggi semplificati la malapianta è ben lungi dall’essere sradicata.
A funerea memoria e perenne monito degli “onorevoli-lupara”, come li designò Montanelli, nell’aula della Camera resta la cabina, detta anche “sarcofago” o “catafalco”, ove si compila la scheda prima di deporla nell’insalatiera. Risale anch’essa al 1992 e fu imposta dall’allora presidente dell’Assemblea, e di lì a qualche giorno presidente della Repubblica Scalfaro, dopo che in una votazione furono trovate 5 schede in più del dovuto, una specie di trucco precauzionale per annullare l’elezione, ove mai i cecchini non fossero stati sufficienti a fermare Forlani — ma poi toccò anche a Vassalli e poi ancora al povero Leo Valiani, di cui è difficile dimenticare l’espressione desolata, seduto su un divano con il suo bastone, mentre accusa i suoi anonimi pugnalatori di “vecchietticidio”.
Da sempre il gioco degli inganni ruota infatti attorno alle schede. La tattica dei predatori dell’urna ne prevede due: una scheda fasulla da esibire e un’altra vera da compilare di nascosto — nel 1964 i forzanovisti eseguivano tale incombenza alle “maioliche”, che sarebbe un modo per indicare il bagno — tenuta in tasca. Il gioco di prestigio consisteva nello scambiare le schede nel giro di pochi passi e pochi secondi. La tendina del catafalco rende l’operazione più agevole.
Ma esistono comunque sistemi di controllo, vere e proprie polizie e ronde d’aula che per lo più la Dc affidava a parlamentari siciliani maturati nella grande università per franchi tiratori di Palazzo dei Normanni. Così come un sistema di verifica e di intelligence ex postè affidato al riesame delle schede votate secondo criteri prestabiliti: “Forlani”, per dire, scritto in nero, in blu o in rosso, come pure “on Forlani”, “Arnaldo Forlani” oppure “Forlani Arnaldo”.
E non si scopre nulla, ma sono le tossicità del voto segreto. Storia antica, valga il fatto che se ne cominciò a parlare, tra il Sirtori e il Tommaseo, addirittura nella Repubblica Veneta alla metà dell’ottocento; e che già il governo Minghetti, tre anni prima della presa di Porta Pia, cadde per un recondito colpaccio sul macinato e le ferrovie; e anche Crispi ebbe in seguito suoi guai, come si deduce dalle veementi invettive contro la prima o forse era ormai la seconda generazione di franchi tiratori.
Cosa non si è fatto, comunque, in era repubblicana per uccidere un candidato al Quirinale! Vedi la triste sorte del conte Sforza impallinato dai dossettiani, di Merzagora fatto fuori dagli andreottiani, di Leone una prima volta bloccato dalla sinistra dc, di Fanfani che sempre ci provava, ma sempre un po’ tutti fecero quanto era in loro potere per silurarlo nel modo più efficace e strisciante, d’intesa con i deputati del Manifesto che sulla scheda scrivevano “Maledetto nanetto/ non sarai mai eletto”; e insomma perlustrando le pieghe della vasta e tumultuosa epopea del tradimento a volto coperto vale qui ricordare che un parroco veneziano durante la funzione ritenne di invocare Dio: “Liberaci dai franchi tiratori e così sia!”.
Per descrivere l’atmosfera del 1992, d’altra parte, oltre al richiamo manzoniano del senatore Bo, Giorgio Albertazzi si concesse di citare Machiavelli: “Io temo ciò che veggo e ciò che sento”. Là dove pure in quel caso fu proprio la graduale percezione degli agguati espressa al sommo grado del politichese — prima generica “dissidenza”, quindi “spinte dispersive”, infine “perduranti defezioni” — a restituire oscura luminosità e inesorabile potenza a un fenomeno antico e attuale, appassionante variabile del gioco politico, misterioso contropotere che scombina ambizioni e progetti per devastarli senza pietà in una saga sfiancante di votazioni a vuoto in un pieno di rancori, menzogne ed emozioni.
Nulla si crea, in realtà, e nulla si distrugge. Chiedere conferma a Renzi, a D’Alema, alle vecchie volpi della Dc residuale, e ai giovani turchi, le amazzoni, i leghisti, Scilipoti, compagni e compari. Bastassero la rete, lo streaming, le blindature e le idiosincrasie grilline a salvaguardare il Parlamento più fragile, difettato e frammentario della storia repubblicana dalla solita minaccia. E di nuovo viene da chiedersi in quali forme si preparano oggi a operare sfracelli non solo i franchi tiratori per vocazione e convenienza, ma anche i ribelli, gli scontenti, i mattoidi, gli onorevoli in vendita e le anime perse della Terza e sgangheratissima Repubblica.

La Repubblica 18.04.13

"Pensioni, arrivare a fine mese con mille euro", di Laura Matteucci

Pensioni da fame: quasi un pensionato su due percepisce un assegno inferiore ai 1.000 euro, e oltre uno su tre addirittura meno di 500 euro. Sono i dati previdenziali resi noti dall’Istat relativi al 2011: per l’esattezza, il 13,3% dei pensionati riceve meno di 500 euro al mese, il 30,8% tra i 500 e i 1.000 euro (quindi in totale il 44% percepisce meno di 1.000 euro), il 23,1% tra i 1.000 e i 1.500 euro e il restante 32,8% percepisce un importo superiore ai 1.500 euro. Oltre i tre quarti (76,9%) dei titolari di pensioni sociali hanno redditi inferiori ai 1.000 euro (il 39,1% non supera i 500). La quota scende a meno della metà tra i pensionati di invalidità, anche civile (47,4% e 40% rispettivamente) e a un terzo tra i titolari di pensioni di vecchiaia (33,4%) e i superstiti (37,1%). Secondo la Cgia di Mestre, ci sono però categorie che ricevono assegni ben più pesanti: primi tra tutti gli ex lavoratori Alitalia (3.500 euro), seguono i telefonici e gli elettrici. E mentre milioni di pensionati non riescono ad arrivare a fine mese, i dati Istat dicono anche che la spesa complessiva per prestazioni pensionistiche, pari a 265,963 miliardi, è aumentata del 2,9% rispetto all’anno precedente, e che la sua incidenza sul Pil è cresciuta di 0,2 punti percentuali (16,85% nel 2011). Dati che preoccupano i sindacati. La Spi-Cgil è pessimista: «La condizione dei pensionati purtroppo è destinata a peggiorare ulteriormente perché su di loro pesano il fortissimo prelievo fiscale e l’iniquo blocco della rivalutazione annuale delle pensioni introdotto con la riforma Fornero». Dalla Uil sottolineano che «la crescita della spesa previdenziale è solo apparente poiché, in realtà, la spesa previdenziale pura è diminuita ma in Italia si continua a non separarla da quella assistenziale». Raffaele Bonanni, a Perugia per il congresso regionale della Cisl, ricorda che «uno non può vivere con meno di mille euro al mese. Ecco perché chiediamo che ci sia un abbattimento fiscale sulle pensioni e sui salari. È l’unico modo per dare respiro a lavoratori e pensionati, ma anche all’economia: oggi le merci non si vendono perché le persone non hanno nulla». Alcuni deputati del Pd annunciano la presentazione di un emendamento al decreto sui debiti della Pa, perché «serve – dicono – uno stop vero al pignoramento di fatto delle pensioni da parte di Equitalia e di qualsiasi tipo di creditori, divenuto una prassi grazie ad alcune modifiche di legge introdotte dal governo Monti». E la Cia, la confederazione degli agricoltori ricorda che «nelle campagne si vivono le situazioni più difficili: se in Italia quasi un pensionato su due vive con meno di 1.000 euro al mese, nelle aree rurali la media percepita si abbassa notevolmente, ed è proprio qui che si registra la massima concentrazione di pensioni minime, inferiori alla soglia di 500 curo». Coldiretti dà dati anche più precisi: in Italia ci sono più di 800mila pensionati coltivatori diretti con pensioni inferiori o integrate al minimo di 480 euro al mese che stanno vivendo un periodo estremamente difficile. Come sempre, anche nel 2011 le donne (il 52,9% dei pensionati) hanno percepito assegni più bassi di quelli degli uomini: 13.228 euro in media, contro 19.022 euro. Oltre la metà delle donne (53,4%) ha avuto meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (33,6%) degli uomini. Quanto all’età, il 72,2% dei pensionati ha più di 64 anni, il 24,3% ha un’età compresa tra 40 e 64 anni e il 3,6% ha meno di 40 anni.

l’Unità 18.04.13

Pd "I ragazzi di Carpi hanno ragione, studio lingue fondamentale"

Due classi del Fanti di Carpi in visita a Montecitorio con un elaborato di proposta di legge. I parlamentari modenesi del Pd Baruffi, Galli, Ghizzoni, Kyenge, Patriarca e Pini hanno incontrato, nel tardo pomeriggio di martedì, a Montecitorio, due classi del Liceo Fanti di Carpi che hanno elaborato idee in materia di apprendimento delle lingue straniere. Idee che hanno il valore per essere assunte con appositi provvedimenti tanto che i parlamentari Pd hanno garantito il loro interessamento: “Questi ragazzi hanno ragione – ha commentato Manuela Ghizzoni, a nome dei colleghi modenesi – una delle prime cose da fare in questa legislatura è rimettere mano agli ordinamenti della scuola superiore, che la riforma Gelmini ha impoverimento in offerta formativa e opportunità di apprendimento”.

Per mesi hanno lavorato alla costruzione di elementi che potessero concorrere a migliorare l’apprendimento delle lingue straniere nella scuola italiana. Martedì 16 aprile hanno avuto la possibilità di presentare le loro idee direttamente a Roma e farle conoscere ai parlamentari del proprio territorio in modo che il prodotto del loro lavoro possa trasformarsi da elaborato didattico in atti normativi. I ragazzi delle classi 4 e 5 B del Liceo scientifico Fanti di Carpi sono stati selezionati per partecipare alla 16esima Giornata di formazione a Montecitorio, iniziativa organizzata dalla Camera dei deputati d’intesa con il Ministero dell’Istruzione e rivolta a quelle scuole che abbiano svolto un lavoro di ricerca e approfondimento in materia istituzionale. Le due classi in questione stanno vivendo sulla loro pelle gli effetti dei tagli della riforma Gelmini e per questo hanno approfondito il tema, ineludibile nella società contemporanea, dell’insegnamento e della conoscenza delle lingue straniere. Nel programma dell’iniziativa era compreso un incontro con i parlamentari del territorio di provenienza. Nel tardo pomeriggio di martedì, quindi, gli studenti hanno incontrato, presso la Biblioteca del Presidente a Montecitorio, i deputati modenesi del Pd Davide Baruffi, Carlo Galli, Manuela Ghizzoni, Cécile Kyenge, Edoardo Patriarca e Giuditta Pini. Con passione hanno loro spiegato i risultati delle loro ricerche e le necessità evidenziate per migliorare l’insegnamento delle lingue straniere in tutti gli ordini di scuole. Tra le proposte alcune comportano investimenti consistenti, ma altre, come ad esempio l’intensificazione degli scambi linguistici tra scuole partner durante l’anno scolastico, potrebbero essere praticate in tempi relativamente brevi. “Questi ragazzi hanno ragione – ha commentato al termine dell’incontro la deputata Pd Manuela Ghizzoni, a nome dei colleghi di partito – Gli effetti sull’insegnamento e sull’apprendimento delle lingue straniere della riduzione di ore e di opportunità didattiche determinati dalla riforma Gelmini si sono rivelati quelli che noi avevamo paventato nel momento in cui ci eravamo opposti in Parlamento a quella normativa. Davvero una delle prime cose da fare in questa legislatura – ha concluso Ghizzoni – è rimettere mano agli ordinamenti della scuola superiore, che la riforma Gelmini ha impoverimento in offerta formativa e opportunità di apprendimento, a partire dall’insegnamento delle lingue nelle nostre scuole. Un mondo globale richiede come conoscenza imprescindibile quella di altre culture oltre alla nostra, a partire dal loro modo di esprimersi”.