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"La scommessa della doppia offerta", di Claudio Tito

La crisi politica che l´Italia sta vivendo non è paragonabile ad una semplice crisi di governo. C´è qualcosa di più. Emergono fattori che le pur travagliate esperienze della Prima e della Seconda Repubblica non avevano mai registrato. Ci sono elementi in grado di spostare gli eventi verso una vera e propria crisi di sistema. Ed è di fronte a questi rischi – messi a nudo dalla crudezza dei risultati elettorali – che si stanno muovendo il presidente Napolitano e il segretario pd Bersani.
Il “preincarico” che ieri il capo dello Stato ha affidato al leader democratico ne è in parte la dimostrazione. Non ci sono i margini al momento per assegnare un mandato pieno a chi ha formalmente vinto le elezioni ma non gode di una maggioranza piena e visibile al Senato. Il Quirinale, insomma, pretende certezze prima di autorizzare Bersani a presentarsi in Parlamento. Non vuole esperimenti al buio. E non solo perché la Costituzione non permette la nascita di “governi di minoranza” ma perché la fase che sta vivendo il Paese non consente passaggi empirici senza una effettiva rete di protezione. Un eventuale voto di sfiducia ad un esecutivo appena insediato non solo provocherebbe uno scivolone verso il ritorno al voto ma renderebbe ancora più esacerbato il disprezzo verso la politica e i politici che attraversa buona parte dell´opinione pubblica. Per non parlare delle reazioni che si scatenerebbero in Europa e nei mercati finanziari. Tutto insomma si sfilaccerebbe in un vortice incontrollabile e dagli esiti imprevedibili.
Il leader democratico, dunque, si deve muovere in un sentiero piuttosto stretto. Con una serie di paletti che lo stesso Napolitano ha piantato lungo il percorso. Il primo dei quali si configura appunto nella necessità di verificare un «sostegno certo» prima di compiere qualsiasi altro passo.
In questo quadro Bersani ha una sola chance di conseguire l´obiettivo fissato dal Colle: presentare ai suoi interlocutori politici una sorta di “doppia offerta”. Una riguarda la formazione del governo e l´altra concerne la soluzione da dare alla crisi del sistema. Ossia le riforme, istituzionali ed elettorale. La prima esclude il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi, la seconda lo include. Due binari che corrono paralleli ma che nelle intenzioni del premier “incaricato” sono destinati a non intersecarsi mai. Dovrebbero restare distinti. Semmai uniti in un solo punto: la possibilità che in qualche modo il governo nasca. Altrimenti la legislatura non prende il via e anche le modifiche ad un assetto costituzionale da aggiornare non potranno essere apportate.
In questo è stato in parte aiutato anche dal presidente della Repubblica che pur mettendo l´accento sulle larghe intese realizzate in altri paesi europei, ha ammesso che al momento in Italia non sono realizzabili. Il governissimo non è una prospettiva credibile, almeno in questo stadio della crisi. Gli incontri che oggi Bersani farà con alcuni autorevoli rappresentanti dell´associazionismo e del volontariato sono allora il primo segno che per quanto riguarda l´azione politica in senso stretto, il centrosinistra non potrà che rivolgersi in primo luogo al Movimento 5Stelle. Sembra un modo per dire che i capitoli ineludibili per un governo – come gli interventi economici, l´emergenza sociale e le misure per ridurre i costi della politica e incrementare la moralità pubblica – non possono che rientrare in un rapporto con i grillini.
Poi, però, c´è il secondo capitolo: le riforme, le regole condivise dalla collettività, le revisioni del sistema-Paese, tutto questo invece viene affidato a tutte le forze parlamentari, compreso il Pdl. Con l´obiettivo di individuare una sorta di “convenienza comune”, un interesse collettivo a migliorare il futuro per cui nessuno può pensare di replicare la “conventio ad excludendum”. Come diceva il filosofo francese Ernest Renan: «Non sono i confini, l´eredità storica o il territorio a fare le nazioni, ma uno sguardo comune verso il futuro».
Naturalmente nella strategia del “premier incaricato” c´è una premessa che non viene esplicitata: il futuro comune viene realizzato se il governo nasce. Non se il centrodestra entra nella maggioranza ma se non si oppone al suo battesimo. Gli stessi uomini di Bersani ammettono che esistono diverse tecniche parlamentari per stare all´opposizione senza far cadere un esecutivo.
Il disegno di Bersani, però, è tanto ardito quanto complicato. In primo luogo perché non esiste alcuna assicurazione sulla collaborazione “esterna” del M5S all´azione del suo governo. Anzi lo stesso Grillo continua ad escludere qualsiasi tipo di fiducia e lo conferma in maniera sprezzante anche nei confronti del primo partito del Paese, ossia il Pd. In secondo luogo, Berlusconi accetterà questa soluzione solo se potrà incassare un dividendo: sulla scelta del successore al Quirinale, sulle sue indicibili garanzie giudiziarie e sulla possibilità di dichiarare apertamente che il nuovo esecutivo ha avuto il suo placet. Condizioni che allo stato non sembrano digeribili per il Partito Democratico. Non a caso, nonostante l´incontro positivo di ieri tra Napolitano e Bersani, le loro idee sul medio-lungo periodo sono piuttosto diverse. Il segretario è convinto che non ci siano alternative al suo tentativo quasi indicando come unica subordinata le elezioni anticipate. Mentre per il Colle altre soluzioni dovranno comunque essere ricercate. Ma il leader pd ha qualche giorno di tempo per verificare se la sua “doppia offerta” possa essere davvero accolta.

La Repubblica 23.03.13

Bersani riparte da sviluppo, costi politica e legge elettorale", di Eugenio Bruno, Davide Colombo, Andrea Gagliardi e Andrea Marini

Ponderazione ed equilibrio per tentare di dare vita a un governo di cambiamento. Sono le prime parole pronunciate da Pier Luigi Bersani al termine del colloquio al Quirinale con il capo dello Stato. Il pre-incarico ricevuto è per una «difficile soluzione», ha precisato il presidente Giorgio Napolitano, che deve passare per la verifica dell’esistenza di un «sostegno parlamentare certo» per la formazione del nuovo esecutivo, come previsto dall’articolo 94 della Costituzione.
Fissati i paletti e dettati i tempi della verifica, che «dovranno essere stringati», Bersani ha assicurato che il suo percorso sarà scandito da una riproposizione di quella proposta di riforma già declinata negli otto punti programmatici del Pd. Un percorso di ampio rilievo costituzionale, perchè la nuova legistatura dovrà essere caratterizzata da riforme del sistema istituzionale, della legge elettorale e dello stesso sistema politico. E un percorso, ha sottolineato Bersani, che prevede un confronto con tutte le altre forze parlamentari ma, anche, con i soggetti della società civile.
Il punto d’attacco non dovrebbe incontrare difficoltà di ascolto da parte del Pdl, che non è tuttavia considerato l’alleato da cercare, nè con Scelta civica, con cui i contatti non si sono mai interrotti negli ultimi giorni. Il tema è l’Europa e il ruolo che il nuovo Governo italiano potrà giocare per chiedere un’uscita dai rigori dell’austerità e una più morbida interpretazione del fiscal compact e del six pact. L’obiettivo è svincolare dal computo del deficit interventi che possono garantire la ripresa, a partire dallo sblocco di una prima parte dello stock dei debiti cumulate dalle amministrazioni nei confronti delle imprese fornitrici, nel solco dell’iniziativa già avviata dal premier uscente Mario Monti.
È un terreno, questo, su cui la convergenza più difficile è proprio con l’alleato potenziale più inseguito: i Cinquestelle. Non tanto sullo sblocco dei pagamenti (che è un obiettivo condiviso praticamente all’unanimità) quanto sul tema più generale di come rapportarsi all’Ue. Vista la proposta shock di Grillo di indire un referendum sulla permanenza nell’euro.
Più possibilità di dialogo sono date per certe quando si parla di lavoro, visto che tutti i partiti escono da una campagna elettorale in cui hanno ribadito che la priorità assoluta è il rilancio dell’occupazione. Bersani offrirà ipotesi di correzione della legge Fornero che, tuttavia, piaceranno solo in parte ai centristi e al Pdl, visto che si punta a una riequilibrio delle aliquote contributive tra contratti a termine e standard per rendere meno costosi i secondi. Ma è materia in cui la trattativa si aprirà facilmente, come avverrà anche sul tema esodati (visto che anche qui tutti sono per una soluzione capace di chiudere la questione).
E veniamo così al pacchetto più cospicuo di interventi che il leader del Pd metterà sul tavolo nel giro di consultazioni che partiranno oggi: le riforme. Sia delle istituzioni che della politica. Con le prime il leader dei democratici strizza l’occhio soprattutto al centrodestra; con le seconde ai grillini. La riscrittura della seconda parte della Costituzione che il Pd propone partirà dal dimezzamento dei parlamentari (da 630 a 300 deputati e da 315 a 150 senatori) e dal superamento del bicameralismo perfetto con l’introduzione del Senato federale. Una new entry che si giustifica soprattutto con l’esigenza di guardare anche alla Lega, vista l’esigenza impellente di rastrellare una maggioranza a Palazzo Madama. Dando per assodato l’ok di montiani e pidiellini.
Più difficile sarà invece ottenere la stessa comunanza di intenti (e di interessi) quando si passerà a esaminare la nuova legge elettorale. Il doppio turno di collegio caldeggiato dai democratici potrebbe piacere anche al centrodestra. A patto di accompagnarlo con l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Ma da quest’orecchio non è detto che il Pd ci senta. E c’è poi l’incognita M5S, che non ha ancora spiegato quale sistema elettorale preferirebbe rinviando la scelta a un futuribile referendum online. Movimento 5 Stelle che non esiterebbe neanche un attimo a dire sì all’abolizione delle Province e alla riduzione dei Comuni.
L’esigenza di incamerare almeno il non voto dei grillini al Senato rende parecchio lungo l’elenco di misure per ridurre i costi della politica. Dalla sforbiciata al finanziamento pubblico dei partiti alla riduzione degli stipendi dei parlamentari fino all’introduzione della massima trasparenza su retribuzioni, cariche, patrimoni di eletti e dirigenti pubblici. Ma la vicinanza o viceversa la distanza tra Pd e M5S la si potrà calcolare solo sul campo. Se i titoli sono comuni il merito delle proposte non è detto che lo sia. Almeno sulla carta le idee di Grillo in materia sono decisamente più radicali.
Un accenno infine va al giro di vite annunciato su conflitto d’interessi e corruzione. Che in caso di larghe intese resterebbe chiuso a doppia mandata nei cassetti di Largo del Nazareno vista la tradizionale allergia del Pdl e del suo leader ad affrontarli. RIFORME ECONOMICHE

Prima mossa
in Europa:
basta austerità

Il primo impegno va assunto in Europa, dove il Governo italiano dovrà premere per una ridefinizione più elastica e ragionevole degli obiettivi di medio termine di finanza pubblica in cambio di un forte rilancio del processo di integrazione politico, istituzionale ed economico.
Si punta in particolare a un patto per il lavoro e la crescita, e l’abbandono del dogma dell’austerità fine a sè stessa. Ancora: tassa su transazioni finanziarie, project bond, unione bancaria, più poteri alla Bce. Sul punto possono convergere Pdl e Scelta Civica ma non M5S che chiede un referendum sull’euro
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
Emissioni di BTp
per il pagamento
dei debiti Pa

Uno dei primi atti con cui concretizzare lo stop all’austerità riguarda lo sblocco dei pagamenti alle imprese. Che nella proposta originaria del Pd vale 50 miliardi da reperire con un’emissione di titoli sul modello del Btp Italia, per 10 miliardi di euro all’anno, per 5 anni. Ma alla luce delle decisioni prese dal Cdm di giovedì il piano di smaltimento del pregresso potrebbe anche essere più rapido. Tanto più che sul punto si registra la massima convergenza di tutte le forze politiche. Incluso il Movimento 5 stelle che l’ha inserito tra i 20 punti per uscire dal buio
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
Subito il riordino
dei contratti
e meno precarietà

Più occupazione e contrasto alla precarietà eliminando i vantaggi di costo dei contratti flessibili mediante la strada opposta a quella percorsa dalla legge Fornero, ossia la riduzione della contribuzione previdenziale prevista per i contratti di lavoro dipendente e convergenza sulle aliquote contributive. Salario minimo per chi non ha un contratto, cancellazione degli aumenti contributivi per le partite Iva. La convergenza con il Pdl è solo parziale mentre può essere maggiore con Scelta civica. Con M5S intese ancora tutte da verificare
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
Una soluzione
per gli esodati,
verifica sulla Cassa

Sul fronte del disagio sociale il primo passaggio prevede una soluzione definitiva al problema esodati. Poi una verifica sulle risorse disponibili per la cassa integrazione in deroga. Si punta poi a introdurre nel tempo una base di “diritti di cittadinanza” per tutte le forme di lavoro, comprese le imprese individuali, in materia di garanzia del reddito, malattia, infortuni, riposo psicofisico, maternità. Attuazione della delega prevista nella legge Fornero per le politiche attive per il lavoro. Convergenza solo parziale (esodati) con Pdl e Scelta civica, margini maggiori con M5S
URGENZA PER IL PAESE
MEDIA
RIFORME ISTITUZIONALI

Legge elettorale:
sul tavolo c’è
il doppio turno

La proposta storica del Pd sulla riforma della legge elettorale è il doppio turno di collegio (ottiene il seggio chi ha il 50% più uno dei voti, altrimenti si passa al secondo turno a cui partecipano i candidati che superano il 12,5% dei voti). La soluzione va bene anche al Pdl, che tuttavia vorrebbe unire al doppio turno l’elezione diretta del presidente della Repubblica (che però incontra resistenze all’interno del Pd). Le distanze non sembrano siderali. Anche Grillo si è espresso per un cambiamento dell’attuale legge elettorale, ma senza indicare un modello preciso (secondo il leader del M5S dovrebbe essere scelto con referendum)
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
Scendere
a 300 deputati
e 150 senatori

Nei suoi otto punti, il Pd propone la riduzione a 300 (dagli attuali 630) dei deputati e a 150 (dagli attuali 315) dei senatori. Qui la convergenza con il Pdl è totale: nel suo programma, il partito di Silvio Berlusconi prevedeva il dimezzamento dei parlamentari. Una proposta che rende più incisiva quella già contenuta nella devolution del 2005, approvata dal centrodestra ma bocciata poi dal referendum confermativo. Anche il Movimento 5 Stelle ha parlato di dimezzamento dei parlamentari e potrebbe convergere sulla proposta (ha già stabilito il dimezzamento degli stipendi dei propri parlamentari)
URGENZA PER IL PAESE
MEDIA
Palazzo Madama
diventa Senato
delle Regioni

È una delle misure inserite nell’ultima versione degli otto punti del Pd: il Palazzo Madama deve diventare il Senato delle Regioni. La proposta è cara alla Lega, e lo stesso Pdl ha inserito il Senato federale nel suo programma, accanto alla riforma del bicameralismo perfetto. Da definire i compiti del Senato e la sua composizione (eletto direttamente dal popolo o dai consigli regionali?). A oggi, Camera e Senato hanno le stesse funzioni. L’unica differenza è che i senatori sono eletti dai cittadini over 25, e su base regionale (ogni territorio ha un numero di seggi in base alla popolazione)
URGENZA PER IL PAESE
BASSA
Province addio
e riduzione
dei Comuni

Le riforme costituzionali proposte da Bersani includono anche l’abolizione delle Province e la riduzione del numero dei Comuni da realizzare fissando in Costituzione un numero massimo dei municipi e introducendo un procedimento imperativo per la fusione o l’incorporazione degli enti minori. Con legge ordinaria si punta poi a eliminare le comunità montane. Su questo punto il grado di convergenza dovrebbe essere elevato. Con l’eccezione della Lega (da sempre tiepida sul tema) tutte le forze politiche si dicono pronte a cancellare le Province e ridurre i Comuni. Almeno a parole
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
RIFORME DELLA POLITICA
Superamento
del finanziamento
pubblico ai partiti

Il Pd punta a sostituire l’attuale sistema di finanziamento pubblico ai partiti con un sistema di piccole contribuzioni private di carattere liberale e volontario assistite da parziali detrazioni fiscali. Da affiancare a un provvedimento che sospenda subito il flusso dei finanziamenti per il tempo necessario ad approvare una legge sui partiti che dia piena attuazione all’articolo 49 della Costituzione, fissando tra l’altro le regole sul finanziamento e sulla trasparenza per l’accesso alle candidature. Una proposta sulla quale, a parte il M5S (che ha già rinunciato ai contributi pubblici), potrebbero convergere Pdl e Scelta Civica
URGENZA PER IL PAESE
MEDIA
Riduzione dello
stipendio dei
parlamentari

Il partito di Bersani propone di rivedere gli emolumenti dei parlamentari. In particolare si punta a stabilire con legge ordinaria che il trattamento annuo lordo omnicomprensivo del parlamentare non sia superiore al 50%-60% del trattamento complessivo annuo lordo del primo presidente della Corte di cassazione, fissando un importo netto comparabile con quello di un sindaco di un comune capoluogo. Sulla misura possibile convergenza con il Pdl (che parla di «dimezzamento di tutti i costi della politica») e la disponibilità a discutere di Monti. Ancora più radicali invece le proposte dei
5 Stelle
URGENZA PER IL PAESE
MEDIA
Pene più alte
per concussione
e falso in bilancio
Il Pd vuole inasprire le norme anti-corruzione e quelle sul falso in bilancio. Il ddl depositato al Senato da Piero Grasso, prima di essere eletto presidente di Palazzo Madama riscrive la legge Severino n. 190, con l’aumento delle pene e della prescrizione dei reati contro la Pa, a iniziare dalla concussione, nonché la perseguibilità d’ufficio del delitto di falso in bilancio (punito da 1 a 5 anni), l’introduzione del reato di autoriciclaggio e di «scambio elettorale politico-mafioso». Sono norme che vanno incontro alle richieste del M5S e potrebbero avere il via libera di Monti. Netta la contrarietà
del Pdl
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
Conflitti d’interesse
da risolvere
con il «blind trust»

Radicale la proposta del Pd sul conflitto d’interessi: abolire la legge Frattini del 2004 e riscrivere da capo la normativa. Da un lato, includendo tra i soggetti sottoposti alla disciplina anche i presidenti e i membri delle Authority e i titolari di cariche nelle Regioni e negli enti locali; dall’altro introducendo il mandato irrevocabile a vendere oppure il trasferimento della gestione a un terzo indipendente (il cosiddetto blind trust) per eliminare le situazioni proprietarie di conflitto. In caso di maggioranza ampia questa proposta finirebbe però nel cassetto vista la storica ritrosia del Pdl a toccare la legge Frattini

Il Sole 24 Ore 23.03.13

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I «paletti» del Colle sono almeno tre

Di paletti se ne scorgono almeno tre. Uno sta nella forma, ossia la scelta di un pre-incarico che può diventare pieno solo sulla base di numeri parlamentari. Il secondo è quello sui contenuti perché questa volta Giorgio Napolitano mette al centro del nuovo Esecutivo non la crisi finanziaria ma quella dei partiti e delle istituzioni. Infine, i tempi che ha concesso a Bersani sono apparsi – anche questi – una condizione espressa nella formula del ritorno al Colle «appena possibile».
Il paletto più evidente è quello dei numeri parlamentari. Il capo dello Stato non dà vie di fuga a Pierluigi Bersani sulla necessità di un sostegno «certo» al Governo. Dunque, niente maggioranze variabili che si formano di volta in volta su singoli provvedimenti, un po’ sul modello dell’elezione del presidente del Senato. Questo scenario non c’è anche se il braccio di ferro tra Pd e Colle ha riguardato soprattutto questo passaggio. Si sa che il partito di Bersani aveva perfino rispolverato la “non sfiducia” di un Governo Andreotti ma il Quirinale a questo schema ne ha opposto un altro, più recente. Quello di Oscar Luigi Scalfaro che nel ’98 affidò un pre-incarico a Romano Prodi chiedendo che trovasse la maggioranza: l’allora premier dimissionario – non trovando i numeri – dovette rassegnarsi e passare la mano a Massimo D’Alema.
Dunque, il “paletto” dei numeri ha determinato anche la scelta del mandato che è stato definito un pre-incarico. Enzo Cheli, proprio il costituzionalista citato nel discorso di Napolitano spiega: «Non si tratta di un incarico depotenziato ma semmai di un incarico condizionato perché chi lo ha ricevuto deve compiere una verifica dal momento che non esiste ancora con chiarezza una maggioranza». Proprio il capo dello Stato aveva spiegato come la Costituzione gli consentisse ampi margini «specie in assenza di risolutivi risultati elettorali» consentendo «la necessaria discrezionalità, anche attraverso la creazione di diverse figure di incarico».
L’altro paletto riguarda i contenuti: fare le riforme istituzionali e riscrivere il Porcellum. Il Colle ha citato quelle «proposte di modifica, già concordate ma bloccate, sulla seconda parte della Costituzione e le intenzioni di riforma espresse sulla legge elettorale». Tra l’altro, l’appiglio più forte ad andare avanti su questa strada è l’esito delle consultazioni durante le quali nessuna forza politica ha chiesto elezioni subito senza correzioni istituzionali. Infine, il paletto dei tempi: la formula usata è che Bersani riferirà «appena possibile». Un timing che più che un consiglio sembra una condizione.

I PRECEDENTI
Scalfaro, Prodi e D’Alema
Ci sono almeno due precedenti al preincarico affidato ieri da Giorgio Napolitano a Pier Luigi Bersani. Entrambi risalgono al 1998, ma ebbero esiti diversi: il primo naufragò, il secondo portò alla formazione di un nuovo Governo
Il 9 ottobre la Camera respinge per un solo voto la fiducia al Governo di Romano Prodi: il Professore va al Quirinale e si dimette. Passano quattro giorni e il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro affida a Prodi un preincarico. Il no dell’Udr di Francesco Cossiga fa naufragare il tentativo: Prodi rinuncia
Tocca a Massimo D’Alema: anche per lui Scalfaro sceglie la formula del preincarico. La sua esplorazione va a buon fine: passati 3 giorni D’Alema riceve da Scalfaro il mandato pieno per formare il nuovo Governo

Il Sole 24 Ore 23.03.13

"Metà degli italiani sotto i 16mila euro", di Tonia Mastrobuoni

Una delle notizie principali è quasi in fondo al comunicato del ministero dell’Economia diffuso ieri: nel 2011 le addizionali regionali dell’Irpef sono lievitate in un solo anno del 27%; quelle comunali dell’11%. Il sospetto è che a fronte di dolorosi tagli ai trasferimenti imposti dal governo centrale, le amministrazioni locali abbiano spesso usato la scorciatoia degli aumenti delle tasse invece di sacrificare qualche spesa di troppo.

Un altro dato che fa riflettere è che nel nostro Paese, afflitto notoriamente dalla piaga dell’evasione fiscale, metà dei contribuenti dichiara meno di 15.723 euro all’anno: è il cosiddetto reddito “mediano”. E il 90% fa sapere all’erario di aver intascato meno di 35.601 euro. Se si fa invece la media matematica di tutti i guadagni dichiarati, si arriva a 19.655 euro, un dato cresciuto del 2,1%.

I maggiori protagonisti dell’equilibrio fiscale delle casse dello Stato sono ancora una volta i lavoratori dipendenti e i pensionati, che garantiscono rispettivamente il 54,5% e il 25,5% del gettito Irpef, sommato quasi l’80% degli introiti. Soltanto il 6,7% dell’Irpef versata all’erario viene dagli autonomi, il 3,5% dal reddito di impresa.

I “paperoni” con guadagni superiori a 300 mila euro sono circa 28mila. Rappresentano il

4,8% dell’imposta totale e sono tenuti a dare il contributo di solidarietà del 3% sulla parte di reddito eccedente i 300 mila euro che garantisce alle casse dell’erario 260 milioni di euro (poco più di 9.000 euro in media, deducibili dal reddito complessivo Irpef).

Un dettaglio altrettanto rilevante è che quasi dieci milioni di italiani non pagano quasi un centesimo. Sono 9,7 milioni di contribuenti che godono di un’imposta netta Irpef pari a zero: «prevalentemente» persone «con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione, ovvero di contribuenti la cui imposta lorda si azzera con le numerose detrazioni riconosciute dal nostro ordinamento».

Guardando nel dettaglio alle categorie, gli imprenditori dichiarano in media più di mille euro in meno dei dipendenti e poco più dei pensionati (rispettivamente 18.844 euro, 20.020 euro e 15.520 euro). Gli autonomi sono coloro che denunciano i guadagni più alti: mediamente 42.280 euro. Inoltre, insieme agli imprenditori, hanno registrato gli incrementi di reddito più cospicui tra il 2010 e il 2011 (rispettivamente del 2,3% e del 3,7%)

Il ministero dell’Economia fa sapere inoltre che le regioni con i 740 più ricchi sono Lombardia (23.210 euro) e Lazio (22.160 euro); in coda alla classifica, invece, la Calabria (14.230 euro). «Nel 2011 – si legge nella nota – si registra un ulteriore allargamento del divario nord-sud rispetto al 2010: si riscontra infatti una crescita superiore del reddito complessivo medio nelle regioni settentrionali rispetto al resto del Paese; gli incrementi variano da un massimo del 2,2% al Nord-Ovest ad un minimo dell’1% nelle isole».

Nel 2011, si legge nella nota, «si conferma un buon livello di utilizzo dell’agevolazione per le somme erogate per gli incrementi di produttività». Ne hanno usufruito circa 5 milioni di dipendenti, con un importo imponibile medio di 1.940 euro. Altro dettaglio interessante: sono 100mila gli italiani che hanno pagato la nuova tassa sugli immobili all’estero. E 71mila hanno detto di avere attività finanziarie fuori dai confini nazionali e che hanno pagato la nuova Ivafe.

Infine, il 2,3% di chi dichiara redditi da fabbricati ha approfittato della cedolare secca sugli affitti, cioè 483mila contribuenti circa. In media, l’affitto dichiarato è stato di 8.370 euro.

La Stampa 23.03.13

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OLTRE 4 MILIONI DI POVERI. MA I RICCHI DIVENTANO PIÙ RICCHI, di Amerigo Rivieccio

Sono numeri nerissimi quelli resi noti da Confcommercio nel suo rapporto sulla situazione e le prospettive dell’economia italiana presentato in occasione della prima giornata del Forum di Cernobbio. Si lavora molto, anche più di francesi e tedeschi, ma si produce poco, Pil e consumi sono previsti in picchiata e nel corso del 2013 si registrerà il livello record di oltre 4 milioni di poveri.

Anche la Coldiretti, agganciandosi proprio alla ricerca di Confcommercio, ha rilevato un ulteriore cambiamento nelle abitudini alimentari degli italiani con un crollo dei consumi di carne, in particolare bovina, e la impossibilità, per oltre 6 milioni di italiani ad approntare un pasto adeguato in termini di apporto proteico ogni due giorni.
Anche il Ministero dell’Economia e Finanze ha pubblicato dati preoccupanti relativi alle dichiarazione dei redditi del 2012 in cui si evidenzia come prosegua l’allargamento della forbice tra i più ricchi, con il 5% più benestante che detiene quasi il 23% del reddito ed il 55% più povero che non raggiunge tale quota, ed aumenti anche la distanza economica tra Nord e Sud.
Intanto l’OCSE vede la Cina come prima economia mondiale entro il 2016.

Cernobbio. I dati di Confcommercio
Il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella,ha presentato una ricerca che disegna un futuro nero per il nostro Paese.
Bella in particolare afferma che tutte le variabili economiche sono in peggioramento dal 2007, così l’associazione abbassa la stima del Pil per il 2013 dal -0,8 % di cinque mesi fa a -1,7%. Da notare come in seguito a ciò la riduzione di prodotto pro capite reale sarebbe, alla fine di quest’anno, pari al 10,7% con effetti devastanti sul livello dei consumi con una flessione nel 2013 che potrebbe essere di notevole entità.
Sul punto gli uffici di Confcommercio indicano un valore di -2,4% contro la precedente previsione di -0,9, un dato nerissimo. Con queste valutazioni infatti la perdita di consumi reali per abitante alla fine del 2014 rispetto al picco del 2007, sarebbe pari al 9,7%, equivalente a una riduzione, ai prezzi del 2012, di circa 1.700 euro pro capite.

Confcommercio. Il tema del lavoro è centrale
Per Confcommercio “il tema del lavoro è centrale in qualunque seria strategia di uscita dalla crisi strutturale. Una parte della progressiva marginalizzazione economica che il nostro Paese subisce è spiegata proprio dalla scarsa partecipazione al mercato del lavoro. Nel complesso, in Italia, su 100 persone ne lavorano 38; sono oltre 49 in Germania”.
Grave soprattutto la situazione delle fasce più deboli, giovani e donne in testa con la “crisi economica che confina ormai con la crisi sociale”.

Coldiretti. Più poveri anche a tavola
La Coldiretti, in riferimento al rapporto su economia e lavoro diffuso dalla Confcommercio ha pubblicato una nota preoccupante. Viene infatti sottolineato come cali “nel 2013 del 7% il consumo di carne con oltre 6 milioni di italiani che non riescono, a causa della crisi, ad approntare un pasto adeguato in termini di apporto proteico ogni due giorni”.
Proprio sul consumo di carne si è infatti registrato un vero e proprio crollo dei consumi, con un taglio del 7% nelle macellazioni bovine nel primo bimestre, rispetto allo scorso anno. Con la crisi nel 2013, secondo un sondaggio effettuato dalla medesima associazione, “quasi un italiano su tre (32%) a pranzo consuma esclusivamente un piatto di pasta che sazia di più e costa di meno mentre solo il 18% dichiara di fare quotidianamente un pranzo completo”

MEF. Analisi del reddito 2011. Aumentano le disuguaglianze
Il reddito medio dichiarato dagli italiani nel 2012 e relativo al 2011 sfiora i 20mila euro (19.655 euro) per un totale complessivo di 805 miliardi. A dirlo è il Dipartimento delle Finanze in una analisi sulle dichiarazioni dei redditi del 2012.
I dati sono in aumento sul 2010 (+1,5 per cento e +2,1 per cento), ma il il reddito complessivo del contribuente mediano scende a 15.723 euro. Ovvero la metà dei contribuenti non supera il reddito di 15.723 euro. A colpire sono però i dati sulle disuguaglianze, con il 5 per cento dei contribuenti con i redditi più alti che detiene il 22,9 per cento del reddito complessivo, una quota maggiore a quella detenuta dal 55 per cento dei contribuenti con i redditi piu’ bassi. Il 90 per cento dei soggetti dichiara invece un reddito complessivo fino a 35.601 euro. Anche nel 2011la regione con reddito medio complessivo piu’ elevato e’ la Lombardia (23.210 euro), seguita dal Lazio (22.160 euro), mentre la Calabria ha il reddito medio piu’ basso con 14.230 euro. Ma la differenza aumenta con una crescita superiore del reddito complessivo medio nelle regioni settentrionali rispetto al resto del Paese; gli incrementi variano da un massimo del 2,2 per cento al nord-ovest a un minimo dell’1,0 per cento nelle isole.

MEF. Più ricchi i dipendenti che gli imprenditori
Dall’analisi per tipologia di reddito emerge che i lavoratori autonomi hanno il reddito medio più elevato, pari a 42.280 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori e’ pari a 18.844 euro. Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti e’ pari a 20.020 euro, quello dei pensionati pari a 15.520 euro e, infine, il reddito medio da partecipazione e’ pari a 16.670 euro. Con una crescita rispetto al 2010 dei redditi medi d’impresa del +3,7%, da pensione (+3,6%) e da lavoro autonomo (+2,3%) maggiore del reddito medio complessivo (+2,1%), mentre il reddito medio da lavoro dipendente (+1,1%) e da partecipazione (+1%) crescono in misura inferiore.

Ocse. La Cina prima economia mondiale già nel 2016
Il nuovo Economic Survey of China dell’OCSE, presentato oggi a Pechino, ha svelato in 161 pagine il futuro del gigante asiatico. L’organizzazione parigina è ottimista sull’andamento dell’ economia del gigante asiatico. Nel 2013 si prevede una crescita dell’8,3% e una ulteriore espansione nel 2014. Nei prossimi anni Pechino dovrebbe continuare a svilupparsi con un tasso medio di crescita dell’8%.
Ciò porterebbe la Cina a diventare la prima economia mondiale già nel 2016.

da dazebao.org

"Docenti inidonei, firmato il decreto che li fa diventare Ata", da Tuttoscuola

Il ministro Profumo ha firmato il decreto che dispone il passaggio nei ruoli Ata (ausiliari, tecnici, amministrativi) dei docenti inidonei. Lo rende noto la Flc-Cgil che parla di “decreto della vergogna”. Il ministero ha consegnato ai sindacati il testo del decreto che dà attuazione al disposto della legge n. 135 del 7 agosto 2012, la quale ha previsto il passaggio dei docenti inidonei fuori ruolo della scuola e i titolari nelle classi di concorso C999 e C555 nei ruoli Ata. Dall’ultima rilevazione fatta dal Miur questo provvedimento – informa la Flc – riguarderà, ad oggi, 3.084 docenti inidonei, 460 titolari sulla C999 e 28 titolari sulla C555.

“Un ministro, che è stato inadempiente su tanti obblighi di legge, ad esempio le mancate immissioni in ruolo del personale Ata, l’attivazione dell’organico funzionale e l’attivazione dell’organico di ‘reti di scuole’ dove questi docenti avrebbero potuto trovare un qualificato utilizzo che avrebbe valorizzato la loro esperienza lavorativa (e anche in funzioni non didattiche), decide di firmare come suo ultimo atto – osserva il sindacato – proprio questo decreto! Vergogna!”.

Il provvedimento, in ogni caso, pur se firmato dal ministro Profumo, non è ancora efficace perchè deve essere controfirmato dai ministri dell’Economia e della Funzione Pubblica.

La Flc-Cgil darà comunque mandato ai propri uffici legali di avviare il contenzioso e nei prossimi giorni darà conto delle iniziative di mobilitazione che verranno avviate per bloccare l’attuazione del decreto.

da tuttoscuola 23.03.13

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“Appello alla ragione: i ministri Economia e Funzione pubblica blocchino il provvedimento della vergogna su docenti inidonei” di Francesca Puglisi

Firmato il decreto dal ministro Profumo. Puglisi: “Legge inumana. Ho già depositato a mia firma una proposta di legge, che sarà anche presentata dal gruppo Pd alla Camera, per cancellare immediatamente questa assurda norma”

Nonostante la firma del ministro Profumo, continuiamo a sperare e a batterci affinché, in queste ore in cui si sta per insediare un nuovo governo, i ministri dell’Economia e della Funzione pubblica non controfirmino e blocchino questo vergognoso provvedimento, che condanna migliaia di insegnanti ammalati ad andare occupare i posti dei precari Ata, e i precari Ata a finire in mezzo alla strada senza più lavoro.

Ho già depositato a mia firma una proposta di legge, che sarà anche presentata dal gruppo Pd alla Camera, per cancellare immediatamente questa assurda norma.

Dopo la formazione del nuovo governo, ci appelleremo ai presidenti di Camera e Senato affinché la nostra legge ottenga una corsia preferenziale e sia approvata nel più breve tempo possibile.

Il Partito Democratico si impegna a correggere ogni norma sbagliata che in questi anni ha aggravato i mali della scuola invece di curarli.

www.partitodemocratico.it

"Europa, l'Italia primeggia nei tagli all'istruzione", da Tuttoscuola

L’Italia è tra i paesi Ue ‘maglia nera’ che, sotto la pressione della crisi, tra il 2010 e il 2012 hanno effettuato i tagli più pesanti al bilancio della scuola. È quanto emerge da uno studio realizzato a cura della Commissione Ue. A ridurre gli investimenti nell’istruzione sono stati 20 tra paesi e regioni Ue, ma a superare quota 5% sono stati solo Italia (-3,8% nel 2011 e -6,8% nel 2012), Grecia (record di -17% nel solo 2011), Portogallo, Cipro, Ungheria, Lettonia e Lituania. Tagli inferiori ma comunque significativi, dall’1% al 5%, in Irlanda, Spagna, Slovenia, Slovacchia, Polonia, Estonia, Bulgaria, Repubblica Ceca e Belgio francofono.

Ad aumentare la spesa per la scuola, invece, sono stati solo Lussemburgo, Malta, Austria, Svezia e Finlandia. Dallo studio Ue emerge anche che gli stipendi degli insegnanti sono stati ridotti o congelati in 11 paesi tra cui l’Italia, che ha registrato un calo dei costi per le risorse umane del 5% nel 2011 e del 6% nel 2012. I tagli hanno anche causato riduzioni nel numero dei docenti in 10 stati, Italia inclusa, dove nel 2010 è calato del 6%, anche per effetto della legge 133/2008.

Drastico taglio poi nelle spese per la formazione professionale degli insegnanti, che in Italia è stata ridotta del 50% tra 2011-2012 anche in ragione della legislazione introdotta nel 2010. Nell’ultimo biennio, inoltre, ben due terzi dei paesi europei hanno chiuso o fuso tra loro istituti scolastici, e in Portogallo, Polonia, Slovacchia, Danimarca e Islanda il contesto economico è stato indicato come uno dei “ principali fattori ”, mentre in Italia come “ la principale ragione ”.

“ Sono tempi difficili per le finanze nazionali ma – ha sottolineato la commissaria Ue all’educazione Androulla Vassiliou – abbiamo bisogno di un approccio coerente per gli investimenti pubblici nell’istruzione, poiché questa è la chiave per il futuro ”. Se gli stati non investono “ adeguatamente ”, il rischio, ha avvertito la Vassiliou, è che “ ci troveremo sempre più arretrati rispetto ai nostri concorrenti globali ”, con difficoltà ad affrontare la disoccupazione giovanile.

da tuttoscuola 23.03.13

La sfida. Incarico a Bersani. Cambiare l'Italia si può

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha affidato a Pier Luigi Bersani l’incarico di “verificare l’esistenza di una maggioranza parlamentare” per la formazione del governo. “Dalle consultazioni ho tratto il senso di una larga condivisione – ha detto Napolitano, parlando nella sala stampa del Quirinale -. Diverse sono state le indicazioni per risolvere la crisi di governo e di aprire la discussione in Parlamento”.

Preso atto che è“impossibile una grande coalizione”, il capo dello Stato ha riferito che “altre importanti forze politiche hanno espresso volontà di cambiamento attraverso riforme, avviate o attese. Ma non tocca a me vagliare piattaforme programmatiche. A tutti credo di poter dire che è apparsa chiara la portata delle sfide”.
“L’Italia deve darsi un governo e assicurare la vitalità della nuova legislatura e del nuovo Parlamento”, ha aggiunto il presidente.
Per Napolitano “l’incarico di oggi è il primo passo di un cammino. Oggi si apre una fase decisiva per l’Italia”.

“Ringrazio Napolitano per l’incarico che mi ha conferito, che svolgerò con la massima determinazione e ricercando ponderazione ed equilibrio”.
Queste le prime parole di Pier Luigi Bersani nella sala stampa del Quirinale, subito dopo l’annuncio da parte di Napolitano del conferimento dell’incarico.

“Lavorerò per l’avvio di una legislatura con un governo che generi cambiamento” e per avviare “un percorso di riforma che sia in grado di realizzare quello non è stato fatto qui, e cioè aspetti rilevanti di riforme costituzionali e politico-elettorale”.

“Il primo passo sarà incontrare le forze parlamentari – ha detto il presidente del Consiglio incaricato – ma senza dimenticare il colloquio con i soggetti sociali”.

“Incontrerò le forze parlamentari con le idee chiare”, ha concluso Bersani.

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Gas Rivara, Ghizzoni e Vaccari “Si dica una parola definitiva!”

I parlamentari Pd hanno depositato una interrogazione sia alla Camera che al Senato. Non appena insediate le Camere, i parlamentari Pd Ghizzoni e Vaccari hanno depositato, sia alla Camera che al Senato, una interrogazione in cui chiedono al ministro dello Sviluppo economico e a quello dell’Ambiente di “adottare un atto di definitivo diniego dell’autorizzazione dello stoccaggio gas di Rivara”. Ghizzoni e Vaccari annunciano anche sul medesimo tema una risoluzione in commissione (non appena le commissioni saranno formalizzate) in modo da impegnare il nuovo Governo.

I parlamentari Pd Manuela Ghizzoni e Stefano Vaccari lo avevano ribadito all’indomani della diffusione della nota per i mercati in cui Independent annunciava che Grayson Nash, l’uomo che più si era impegnato per la realizzazione del deposito di gas interrato a Rivara, non era più ai vertici dell’azienda: “Noi continueremo a vigilare, la Bassa ha necessità di sapere che la partita del gas a Rivara si è chiusa definitivamente”. Ora, a pochi giorni dall’insediamento delle nuove Camere, i parlamentari Pd tengono fede al loro impegno e hanno depositato una interrogazione in cui si chiede al ministro per lo Sviluppo economico e al ministro dell’Ambiente di “adottare un atto di definitivo diniego dell’autorizzazione dello stoccaggio gas di Rivara”. Un documento dal medesimo contenuto, quindi, è stato depositato sia alla Camera dalla deputata modenese Manuela Ghizzoni sia al Senato dal senatore modenese Stefano Vaccari e dal senatore bolognese Claudio Broglia, ex sindaco di Crevalcore. Nel documento si ricordano gli atti con cui, a più riprese, negli ultimi anni, i parlamentari Pd hanno ribadito, in accordo con le amministrazioni locali, l’inidoneità del sito di Rivara a ospitare uno stoccaggio interrato di gas. Si ricorda, inoltre, come tutti i comuni interessati dal progetto – San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Camposanto, Medolla, Mirandola e Crevalcore – siano ugualmente compresi nell’elenco stilato dal Ministero dell’Economia relativo ai comuni danneggiati dal terremoto. Dopo il sisma del maggio scorso, a più riprese, il ministro dell’Ambiente aveva sostenuto che questo sanciva la fine del progetto, ma atti istituzionali definitivi non ne sono mai stati adottati. E’ questo che richiedono, quindi, con forza, i parlamentari Pd: “Sarebbe l’unica soluzione – dicono – in grado di mettere fine a una situazione di tensione e preoccupazione nella quale vivono da molti anni le popolazioni e le imprese residenti nei luoghi coinvolti dal progetto”. I parlamentari Pd Ghizzoni e Vaccari, inoltre, annunciano che presenteranno a breve sul tema una specifica risoluzione in commissione (non appena le commissioni saranno formalizzate), atto in grado di impegnare il nuovo Governo.

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