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Lavoro: Ghizzoni, dare dignità alle scuole professionali garantendo accesso all'istruzione superiore

“È giusto ridare dignità alle scuole tecniche e professionali, ma, nel contempo, è necessario fare quanto possibile affinché non vi siano discriminazioni sociali nell’accesso all’istruzione superiore. – lo dichiara Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione Cultura, Scienze e Istruzione della Camera dei Deputati, commentando le parole del Ministro del Lavoro Elsa Fornero – Negli ultimi anni abbiamo assistito alla mortificazione dell’istruzione tecnica e professionale, anche in termini di prestigio sociale, prima con un processo di liceizzazione voluto dall’allora ministro Moratti e più di recente con la riforma Gelmini, che ha ancor più ‘specializzato socialmente’ gli iscritti. Ma i dati Ocse – spiega la presidente della Commissione Cultura – confermano che anche in momenti di recessione economica un livello maggiore di formazione assicura una più facile permanenza nel mondo del lavoro e una garanzia di reddito maggiore. È dunque necessario che la politica si faccia garante dell’accesso, indipendentemente dalle condizioni sociali e geografiche, all’istruzione terziaria, anche non universitaria, attraverso il potenziamento del sistema di formazione superiore tecnico professionale, e – aggiunge Ghizzoni – che inverta quella tendenza, socialmente odiosa, che prevede una probabilità doppia di conseguire una laurea per i giovani con almeno un genitore laureato. Lo dobbiamo fare – conclude la Presidente Ghizzoni – per tutti i giovani di talento, per rispettare il dettato costituzionale, per garantire un futuro all’Italia.”

"Bersani: no scorciatoie, sfida sulla Tobin Tax",di Simone Collini

Parla esplicitamente di «dopo Monti» e della necessità di «uscire dall’eccezionalità», di smetterla con le «scorciatoie» e le «ricette tipicamente italiche». Lancia una frecciata a Montezemolo («Luca, non vorrai mica guidare la macchina stando ai box?») e una a Renzi: «I messaggi comunicativi non trasformano l’acqua in vino, bisogna guardare alla sostanza e io non chiederò agli italiani di piacere ma di essere considerato credibile perché dico la verità». E poi ironizza sulla trasferta fiorentina di Clinton e sugli appuntamenti annunciati e mai realizzati: «Per essere qui a Lamezia Terme ho rinunciato alla foto con lui a Cesena dov’ero stato invitato, ma era giusto ripartire da qui, dal Sud, dalla Calabria».

Pier Luigi Bersani chiude la conferenza nazionale del Pd sul Mezzogiorno parlando della crisi economica che attraversa l’Europa, di quanto sia illusorio pensare che qualcuno a livello nazionale o comunitario possa «salvarsi da solo» («Si parte dal Sud e si fanno cose per l’Italia») e di come le «cure della troika» stiano fallendo miseramente generando un «avvitamento tra austerity e recessione», mentre servirebbe introdurre a livello europeo una tassazione sulle transazioni finanziarie. «La finanza paghi un po’ di quel che ha provocato», è il messaggio che di fronte a 1500 persone provenienti da tutta Italia lancia all’indirizzo del governo. Al prossimo Consiglio europeo (il 18 e 19) si dovrà infatti discutere l’introduzione della cosiddetta Tobin tax e mentre Francia, Germania, Austria, Portogallo, Grecia e diversi altri Paesi Ue si sono detti favorevoli sfidando le contrarietà della Gran Bretagna, l’Italia ancora non si è espressa. Bersani ne ha discusso tre giorni fa a Bruxelles con i leader dei socialisti francesi e della tedesca Spd, concordando con loro la necessità di incalzare i singoli esecutivi comunitari a schierarsi a favore di un’imposta dello 0,1% sulle transazioni di azioni e obbligazioni. Ma non è solo su questo fronte che Bersani intende incalzare il governo, nelle prossime settimane.

A Monti chiede di porre la fiducia sulla legge anti-corruzione («come ha fatto per norme di minor rilevanza»), a Fornero di trovare una soluzione per gli esodati («per strada fermano me, ed è il Pd a colmare il vuoto per così dire comunicativo che c’è tra il governo e la società»), a Passera, che dalla convention leghista di Torino ha proposto di commissariare le Regioni non virtuose, fa notare che poteva direttamente dire a Maroni che avrebbe commissariato la Lombardia, visto che la giunta Formigoni sta in piedi grazie ai voti leghisti («non mi sono piaciuti toni così accomodanti»). E se oggi altre forze politiche o commentatori vari si fanno supporter del Monti bis e invitano il Pd a fare altrettanto, Bersani manda a dire: «Monti l’abbiamo voluto noi, rinunciando anche ad interessi di partito, non mi vengano a dire quanto è bravo, nessuno è autorizzato a farci la predica». L’ipotesi di una prosecuzione di questa esperienza a prescindere dalle urne non piace però al leader del Pd. «Basta scorciatoie e ricette italiche, la politica deve tornare ad essere credibile», dice precisando che questo non significa che vuole «un ritorno di Monti alla Bocconi». L’attuale premier è una «risorsa», ribadisce il leader del Pd, ma non si può scommettere sul fallimento della politica per rendere nuovamente inevitabile la grande coalizione, non si può lavorare per una legge elettorale puramente proporzionale che porti alla «balcanizzazione» pensando poi che per uscire dalla «palude» il Monti-bis sia d’obbligo. «L’Italia deve uscire dall’eccezionalità, non può rimanere in Europa, nell’Euro, e star fuori dalle normali democrazie. O forse qualcuno pensa che il mondo si tranquillizzerebbe se diciamo che la politica non è in grado di farci uscire dall’emergenza? La politica deve rimettersi in gioco, riconfermare il suo ruolo riconoscendo anche il suo limite». E quindi aprirsi alla società.

Ed è in questo quadro che Bersani non solo rilancia la scuola di formazione per aspiranti nuovi dirigenti politici (ci sarà un altro appuntamento come quello che l’anno scorso ha portato a Napoli 2000 giovani provenienti da tutte le regioni del sud), ma risponde anche a chi, pure dentro il Pd, continua a nutrire dubbi sull’opportunità di svolgere le primarie per scegliere il candidato premier del centrosinistra. Non hanno nascosto le loro perplessità Rosy Bindi, che qui a Lamezia Terme ha insistito sul fatto che «bisogna investire al Sud, scommettere sulla legalità, riporre al centro il lavoro e soprattutto chiamare a nuova responsabilità una classe politica che in qualche modo è corresponsabile di una situazione così grave». Non lo ha fatto neanche Beppe Fioroni, che ha confessato avrebbe preferito vedere i vari esponenti Pd esprimere qui le loro opinioni, sul Mezzogiorno e non solo, anziché nei talk show o sui giornali. Bersani sa che la sfida con Renzi non è priva di rischi, ma sa anche che in una situazione come questa sarebbe dannoso «rinchiudersi nel fortino». «Dobbiamo metterci la faccia, azzardare, e il giorno dopo le primarie potremo dire che non ci ammazza nessuno. Berlusconi, Grillo, Montezemolo, nessuno».

L’Unità 01.10.12

"Bersani: no scorciatoie, sfida sulla Tobin Tax",di Simone Collini

Parla esplicitamente di «dopo Monti» e della necessità di «uscire dall’eccezionalità», di smetterla con le «scorciatoie» e le «ricette tipicamente italiche». Lancia una frecciata a Montezemolo («Luca, non vorrai mica guidare la macchina stando ai box?») e una a Renzi: «I messaggi comunicativi non trasformano l’acqua in vino, bisogna guardare alla sostanza e io non chiederò agli italiani di piacere ma di essere considerato credibile perché dico la verità». E poi ironizza sulla trasferta fiorentina di Clinton e sugli appuntamenti annunciati e mai realizzati: «Per essere qui a Lamezia Terme ho rinunciato alla foto con lui a Cesena dov’ero stato invitato, ma era giusto ripartire da qui, dal Sud, dalla Calabria».
Pier Luigi Bersani chiude la conferenza nazionale del Pd sul Mezzogiorno parlando della crisi economica che attraversa l’Europa, di quanto sia illusorio pensare che qualcuno a livello nazionale o comunitario possa «salvarsi da solo» («Si parte dal Sud e si fanno cose per l’Italia») e di come le «cure della troika» stiano fallendo miseramente generando un «avvitamento tra austerity e recessione», mentre servirebbe introdurre a livello europeo una tassazione sulle transazioni finanziarie. «La finanza paghi un po’ di quel che ha provocato», è il messaggio che di fronte a 1500 persone provenienti da tutta Italia lancia all’indirizzo del governo. Al prossimo Consiglio europeo (il 18 e 19) si dovrà infatti discutere l’introduzione della cosiddetta Tobin tax e mentre Francia, Germania, Austria, Portogallo, Grecia e diversi altri Paesi Ue si sono detti favorevoli sfidando le contrarietà della Gran Bretagna, l’Italia ancora non si è espressa. Bersani ne ha discusso tre giorni fa a Bruxelles con i leader dei socialisti francesi e della tedesca Spd, concordando con loro la necessità di incalzare i singoli esecutivi comunitari a schierarsi a favore di un’imposta dello 0,1% sulle transazioni di azioni e obbligazioni. Ma non è solo su questo fronte che Bersani intende incalzare il governo, nelle prossime settimane.
A Monti chiede di porre la fiducia sulla legge anti-corruzione («come ha fatto per norme di minor rilevanza»), a Fornero di trovare una soluzione per gli esodati («per strada fermano me, ed è il Pd a colmare il vuoto per così dire comunicativo che c’è tra il governo e la società»), a Passera, che dalla convention leghista di Torino ha proposto di commissariare le Regioni non virtuose, fa notare che poteva direttamente dire a Maroni che avrebbe commissariato la Lombardia, visto che la giunta Formigoni sta in piedi grazie ai voti leghisti («non mi sono piaciuti toni così accomodanti»). E se oggi altre forze politiche o commentatori vari si fanno supporter del Monti bis e invitano il Pd a fare altrettanto, Bersani manda a dire: «Monti l’abbiamo voluto noi, rinunciando anche ad interessi di partito, non mi vengano a dire quanto è bravo, nessuno è autorizzato a farci la predica». L’ipotesi di una prosecuzione di questa esperienza a prescindere dalle urne non piace però al leader del Pd. «Basta scorciatoie e ricette italiche, la politica deve tornare ad essere credibile», dice precisando che questo non significa che vuole «un ritorno di Monti alla Bocconi». L’attuale premier è una «risorsa», ribadisce il leader del Pd, ma non si può scommettere sul fallimento della politica per rendere nuovamente inevitabile la grande coalizione, non si può lavorare per una legge elettorale puramente proporzionale che porti alla «balcanizzazione» pensando poi che per uscire dalla «palude» il Monti-bis sia d’obbligo. «L’Italia deve uscire dall’eccezionalità, non può rimanere in Europa, nell’Euro, e star fuori dalle normali democrazie. O forse qualcuno pensa che il mondo si tranquillizzerebbe se diciamo che la politica non è in grado di farci uscire dall’emergenza? La politica deve rimettersi in gioco, riconfermare il suo ruolo riconoscendo anche il suo limite». E quindi aprirsi alla società.
Ed è in questo quadro che Bersani non solo rilancia la scuola di formazione per aspiranti nuovi dirigenti politici (ci sarà un altro appuntamento come quello che l’anno scorso ha portato a Napoli 2000 giovani provenienti da tutte le regioni del sud), ma risponde anche a chi, pure dentro il Pd, continua a nutrire dubbi sull’opportunità di svolgere le primarie per scegliere il candidato premier del centrosinistra. Non hanno nascosto le loro perplessità Rosy Bindi, che qui a Lamezia Terme ha insistito sul fatto che «bisogna investire al Sud, scommettere sulla legalità, riporre al centro il lavoro e soprattutto chiamare a nuova responsabilità una classe politica che in qualche modo è corresponsabile di una situazione così grave». Non lo ha fatto neanche Beppe Fioroni, che ha confessato avrebbe preferito vedere i vari esponenti Pd esprimere qui le loro opinioni, sul Mezzogiorno e non solo, anziché nei talk show o sui giornali. Bersani sa che la sfida con Renzi non è priva di rischi, ma sa anche che in una situazione come questa sarebbe dannoso «rinchiudersi nel fortino». «Dobbiamo metterci la faccia, azzardare, e il giorno dopo le primarie potremo dire che non ci ammazza nessuno. Berlusconi, Grillo, Montezemolo, nessuno».
L’Unità 01.10.12

"Maturità 2012: più diplomati voti più alti, ma sono rari i 100 e le lodi", da lastampa.it

Bilancio definitivo della Maturità 2012, quella delle polemiche per la terribile versione di Greco al Classico. Secondo i dati del Miur, il ministero dell’istruzione, università e ricerca, aumenta il numero dei diplomati rispetto all’anno scorso, cresce la percentuale degli studenti che hanno ottenuto voti da 71 a 99, con un maggiore incremento nella fascia di voto tra 81 e 90, per tutte le tipologie di scuola. Sono i risultati che emergono su una percentuale pari al 96,1% degli ammessi a sostenere l’esame. Non sono infatti ancora disponibili i dati relativi alla Valle D’Aosta e alla Provincia autonoma di Bolzano. I dati presentati dal ministero sono un’anticipazione del notiziario completo sugli esiti degli studenti per l’anno scolastico 2011-2012 che verrà pubblicato sul sito del Miur.

La maturità 2012 ha coinvolto 497.310 candidati. La percentuale di ammissione è stata del 94,4% degli studenti, quella dei non ammessi il 5,6%, praticamente identica a quella dell’anno precedente. I diplomati quest’anno sono stati il 98,9% del totale degli ammessi rispetto al 98,3% del 2010/11.

Andamento dei voti. Rispetto all’anno scorso diminuisce il numero di studenti diplomati con 60 cioè il minimo (dall’ 11,7% al 10,1%) con una maggiore riduzione negli istituti professionali (da 16,3% nel 2010/11 a 13,7%) e nei Tecnici (da 15,8% a 13,7%). Aumenta invece la percentuale di voti nelle fasce intermedie: tra 61-70: 31,7% rispetto a 31,6% del il 2010/11; tra 71-80: 28,5% rispetto al 27,9%; tra 81-90: 17,4% rispetto al 16,2%; tra 91-99: 7,3% rispetto al 6,5%.

Diplomati per tipo di scuola. Aumenta la percentuale dei diplomati ai Licei e diminuisce quella dei diplomati nei Tecnici. Nei Licei si passa dal 46,6% dell’anno scorso al 47,1 di quest’anno. Nei Tecnici si scende dal 34,6 al 33,9. Sostanzialmente stabili Professionali (da 15,5 a 15,6) e Artistici (da 3,3 a 3,4).

Votazioni con 100. Diminuiscono gli studenti con il massimo dei voti: 4,4% rispetto al 5,2% dell’anno scolastico 2010/2011. Si confermano i Licei le scuole con la percentuale più alta: 6,7%. Nei Tecnici è invece pari al 2,6%, dato inferiore rispetto all’anno precedente.

Rari i 100 e lode. Quest’anno per la prima volta, con l’entrata a regime della Riforma della scuola secondaria superiore, la lode è stata attribuita dalle commissioni di esame soltanto se l’alunno aveva riportato il punteggio massimo di credito scolastico (8 punti per la classe terza, 8 punti per la classe quarta e 9 punti per la quinta) e se aveva la media dei voti superiore a nove sia in terza che in quarta che in quinta. Un criterio molto restrittivo.
Di conseguenza si è assistito ad una flessione di diplomati con lode (ad oggi sono state comunicate 2535 lodi) pari allo 0,6 per cento. Lo scorso anno invece erano lo 0,9 per cento. Le Regioni con il maggior numero di 100 e lode sono la Puglia (1,4%), l’Umbria (1,2%), le Marche e la Calabria (0,8%), la Sicilia e l’Emilia Romagna con lo 0,7%. Il calo maggiore si è verificato in Calabria: dall’ 1,5% allo 0,8%; in Emilia Romagna dall’1,3 all’ 0,7%, in Friuli dallo 0,9% allo 0,3%, seguono Marche e Abruzzo con una diminuzione dello 0,5%. Nei Licei la percentuale di lodi è stata pari all’1,1% (l’anno scorso era l’1,5%), nei Tecnici 0,2% (l’anno scorso 0,4%), e nei Professionali 0,1%, uguale all’anno precedente.

la lastampa.it

"Maturità 2012: più diplomati voti più alti, ma sono rari i 100 e le lodi", da lastampa.it

Bilancio definitivo della Maturità 2012, quella delle polemiche per la terribile versione di Greco al Classico. Secondo i dati del Miur, il ministero dell’istruzione, università e ricerca, aumenta il numero dei diplomati rispetto all’anno scorso, cresce la percentuale degli studenti che hanno ottenuto voti da 71 a 99, con un maggiore incremento nella fascia di voto tra 81 e 90, per tutte le tipologie di scuola. Sono i risultati che emergono su una percentuale pari al 96,1% degli ammessi a sostenere l’esame. Non sono infatti ancora disponibili i dati relativi alla Valle D’Aosta e alla Provincia autonoma di Bolzano. I dati presentati dal ministero sono un’anticipazione del notiziario completo sugli esiti degli studenti per l’anno scolastico 2011-2012 che verrà pubblicato sul sito del Miur.
La maturità 2012 ha coinvolto 497.310 candidati. La percentuale di ammissione è stata del 94,4% degli studenti, quella dei non ammessi il 5,6%, praticamente identica a quella dell’anno precedente. I diplomati quest’anno sono stati il 98,9% del totale degli ammessi rispetto al 98,3% del 2010/11.
Andamento dei voti. Rispetto all’anno scorso diminuisce il numero di studenti diplomati con 60 cioè il minimo (dall’ 11,7% al 10,1%) con una maggiore riduzione negli istituti professionali (da 16,3% nel 2010/11 a 13,7%) e nei Tecnici (da 15,8% a 13,7%). Aumenta invece la percentuale di voti nelle fasce intermedie: tra 61-70: 31,7% rispetto a 31,6% del il 2010/11; tra 71-80: 28,5% rispetto al 27,9%; tra 81-90: 17,4% rispetto al 16,2%; tra 91-99: 7,3% rispetto al 6,5%.
Diplomati per tipo di scuola. Aumenta la percentuale dei diplomati ai Licei e diminuisce quella dei diplomati nei Tecnici. Nei Licei si passa dal 46,6% dell’anno scorso al 47,1 di quest’anno. Nei Tecnici si scende dal 34,6 al 33,9. Sostanzialmente stabili Professionali (da 15,5 a 15,6) e Artistici (da 3,3 a 3,4).
Votazioni con 100. Diminuiscono gli studenti con il massimo dei voti: 4,4% rispetto al 5,2% dell’anno scolastico 2010/2011. Si confermano i Licei le scuole con la percentuale più alta: 6,7%. Nei Tecnici è invece pari al 2,6%, dato inferiore rispetto all’anno precedente.
Rari i 100 e lode. Quest’anno per la prima volta, con l’entrata a regime della Riforma della scuola secondaria superiore, la lode è stata attribuita dalle commissioni di esame soltanto se l’alunno aveva riportato il punteggio massimo di credito scolastico (8 punti per la classe terza, 8 punti per la classe quarta e 9 punti per la quinta) e se aveva la media dei voti superiore a nove sia in terza che in quarta che in quinta. Un criterio molto restrittivo.
Di conseguenza si è assistito ad una flessione di diplomati con lode (ad oggi sono state comunicate 2535 lodi) pari allo 0,6 per cento. Lo scorso anno invece erano lo 0,9 per cento. Le Regioni con il maggior numero di 100 e lode sono la Puglia (1,4%), l’Umbria (1,2%), le Marche e la Calabria (0,8%), la Sicilia e l’Emilia Romagna con lo 0,7%. Il calo maggiore si è verificato in Calabria: dall’ 1,5% allo 0,8%; in Emilia Romagna dall’1,3 all’ 0,7%, in Friuli dallo 0,9% allo 0,3%, seguono Marche e Abruzzo con una diminuzione dello 0,5%. Nei Licei la percentuale di lodi è stata pari all’1,1% (l’anno scorso era l’1,5%), nei Tecnici 0,2% (l’anno scorso 0,4%), e nei Professionali 0,1%, uguale all’anno precedente.
la lastampa.it

"Piange lo sport, il sisma lo ha rubato", di Lorenzo Longhi

Un mese fa c’era anche la Rai, allo stadio di San Felice sul Panaro. Un giorno storico, per la squadra giallorossa, impegnata nella Coppa Italia d’Eccellenza contro l’Imolese nella prima sfida ufficiale dopo il sisma. E proprio da lì, dalla scalinata che porta alla tribuna in cui erano sistemate le telecamere, lo scorso 9 giugno il sindaco Silvestri aveva parlato alla cittadinanza, nel momento più duro della sua storia, per fare il punto della situazione. Quattro mesi dopo i terremoti di maggio, in tutta l’area nord del Modenese e nell’Alto Ferrarese si sta poco alla volta tornando ad una quotidianità diversa, mutata nelle sue esigenze e nelle sue priorità. Sono ricominciate le scuole, in nuovi fabbricati temporanei e in attesa di altri che diventeranno permanenti, e sono ricominciati (o stanno per cominciare) gran parte dei tornei sportivi, pur fra mille problemi. Perché lo sport, in una realtà che ha visto modificare bruscamente prospettive ed orizzonti, significa aggregazione e socialità. Quella che, altrove, si chiamerebbe normalità.

Ma sport significa anche impianti e costi. In questo senso, la situazione della zona è sconfortante. Secondo gli ultimi dati della Provincia di Modena, su 84 strutture censite (ma il dato è parziale: non si tiene conto degli impianti danneggiati nelle altre province) ben 52 sono completamente inagibili e 23 lo sono parzialmente, con una stima dei danni che supera gli 8 milioni di eu- ro. Palestre, piscine e impianti polisportivi, ma anche molti campi da calcio non sono utilizzabili perché hanno rappresentato le prime aree di riferimento in caso di emergenza. Essendo già forniti di servizi, elettrici ed igienici, sono i più adatti per i centri di accoglienza. Le tendopoli, insomma. E se è vero che, poco alla volta, queste stanno chiudendo, è altrettanto vero che i campi sui quali sono rimaste per diversi mesi saranno a lungo inutilizzabili.

Così, per tante squadre, l’attività è ripresa… fuori casa. Si gioca dove si può, spesso chiedendo ospitalità ai campi di comuni limitrofi. La Real Panaro di Bomporto, ad esempio, è itinerante: si sposta di domenica in domenica e, durante la settimana, si allena a Bastiglia, dividendo il campo con una società di amatori. E mentre la squadra di Massa Finalese gioca nella vicina Alberone, la Junior Finale ha attuato una proficuo gemellaggio con il Como ma ancora non può tornare nel suo stadio, ove però il Csi ha promesso la costruzione di un nuovo terreno di gioco in erba sintetica. E’ una storia di dirigenti che si sono arrangiati, grazie anche a qualche aiuto: per ridurre al minimo defezioni, dal momento che partecipare ai campionati è una spesa, Figc e Lnd hanno esonerato le società dilettantistiche delle zone colpite dal pagamento delle tasse d’iscrizione ai tornei, anche a livello giovanile. Eppure, le difficoltà non mancano, e per chi conosce la giungla del calcio dilettantistico – in cui i rimborsi spese per i giocatori spesso equivalgono a veri e propri stipendi – sono facilmente comprensibili: «I rimborsi per i ragazzi sono diminuiti, e in certi casi non riusciamo nemmeno a pagarli. Chi ha scelto di rimanere gioca per passione. Però, rispetto ad altri club, non siamo riusciti a fare mercato, visto che chi ha potuto è andato altrove. Questo si ripercuoterà sulla nostra stagione», lamenta un dirigente.
A livello amatoriale, Uisp e Csi hanno attuato in estate campagne di “adozione” per le società danneggiate. «Abbandoni dell’attività ce ne sono stati pochi e abbiamo riscontrato una dignità commovente anche da parte di chi ci ha chiesto un sostegno sui costi», racconta Andrea Covi, presidente di Uisp Modena ed ex olimpico di canoa. Tuttavia, è proprio lo sport di base a pagare i conti più salati al post sisma. Le attività indoor sono le più disagiate e le varie federazioni, così come gli enti di promozione sportiva, rischiano di perdere numerosi praticanti. «Come Uisp Modena la scorsa stagione avevamo circa 60mila tesserati, di cui 17mila della Bassa. Non so quanti ne manterremo. Pensi al nuoto, lo sport che ha più problemi: a Mirandola, fra le 4 e le 5mila persone fruivano della piscina, a prescindere dall’agonismo. Ma anche Finale è senza piscina e polisportiva…». Pallacanestro e pallavolo hanno diversi problemi. La squadra femminile del Basket Cavezzo, pochi anni fa, era in A1. Dopo il sisma, avendo indisponibili sia il palazzetto dello sport, un gioiello nella zona, che la palestra in cui si allenava, ha deciso di rinunciare al campionato di A3 e nel 2012-2013 non svolgerà attività senior. Ha mantenuto il settore giovanile, ma l’ha dovuto trasferire a Carpi. In Promozione, la Luce Mirandola ha chiuso i battenti, mentre la rivale Controluce (sì, proprio così) ora si allena all’aperto e attende il completamento dei lavori sulla palestra nella frazione di Mortizzuolo. A Medolla, come a Cavezzo, saranno due tensostrutture a garantire le attività indoor durante l’inverno, ma ancora non sono state installate.

Quasi paradossale quanto accaduto alla Universal Carpi, la cui squadra di pallavolo maschile che aveva ottenuto la promozione in A2. L’impianto di gioco del club, il PalaFerrari, era stato reso inagibile dal sisma (ed è tuttora fuori uso), ma la struttura non sarebbe stata comunque a norma per la nuova categoria a causa della bassa altezza del soffitto. Il terremoto aveva però già reso inutilizzabili gli impianti della vicina Cavezzo, dove la squadra avrebbe potu- to giocare il campionato. Risultato? Rinuncia alla A2 e trasferimento per le partite interne a Correggio, in casa di una rivale storica. Meglio è andata alla Handball Carpi, che per la prima volta nella storia disputa il torneo di massima divisione nella pallamano. L’impianto casalingo della società, la palestra dell’Ipsia Vallauri, era rimasta lesionata, sebbene non gravemente, il 29 maggio ed il club aveva annunciato il trasloco forzato a Sestola, in Appennino, per le gare interne. I lavori sulla palestra però sono stati conclusi da pochi giorni e la squadra sabato ha potuto debuttare nella propria casa tornata a norma.

L’Unità 01.10.12

"Piange lo sport, il sisma lo ha rubato", di Lorenzo Longhi

Un mese fa c’era anche la Rai, allo stadio di San Felice sul Panaro. Un giorno storico, per la squadra giallorossa, impegnata nella Coppa Italia d’Eccellenza contro l’Imolese nella prima sfida ufficiale dopo il sisma. E proprio da lì, dalla scalinata che porta alla tribuna in cui erano sistemate le telecamere, lo scorso 9 giugno il sindaco Silvestri aveva parlato alla cittadinanza, nel momento più duro della sua storia, per fare il punto della situazione. Quattro mesi dopo i terremoti di maggio, in tutta l’area nord del Modenese e nell’Alto Ferrarese si sta poco alla volta tornando ad una quotidianità diversa, mutata nelle sue esigenze e nelle sue priorità. Sono ricominciate le scuole, in nuovi fabbricati temporanei e in attesa di altri che diventeranno permanenti, e sono ricominciati (o stanno per cominciare) gran parte dei tornei sportivi, pur fra mille problemi. Perché lo sport, in una realtà che ha visto modificare bruscamente prospettive ed orizzonti, significa aggregazione e socialità. Quella che, altrove, si chiamerebbe normalità.
Ma sport significa anche impianti e costi. In questo senso, la situazione della zona è sconfortante. Secondo gli ultimi dati della Provincia di Modena, su 84 strutture censite (ma il dato è parziale: non si tiene conto degli impianti danneggiati nelle altre province) ben 52 sono completamente inagibili e 23 lo sono parzialmente, con una stima dei danni che supera gli 8 milioni di eu- ro. Palestre, piscine e impianti polisportivi, ma anche molti campi da calcio non sono utilizzabili perché hanno rappresentato le prime aree di riferimento in caso di emergenza. Essendo già forniti di servizi, elettrici ed igienici, sono i più adatti per i centri di accoglienza. Le tendopoli, insomma. E se è vero che, poco alla volta, queste stanno chiudendo, è altrettanto vero che i campi sui quali sono rimaste per diversi mesi saranno a lungo inutilizzabili.
Così, per tante squadre, l’attività è ripresa… fuori casa. Si gioca dove si può, spesso chiedendo ospitalità ai campi di comuni limitrofi. La Real Panaro di Bomporto, ad esempio, è itinerante: si sposta di domenica in domenica e, durante la settimana, si allena a Bastiglia, dividendo il campo con una società di amatori. E mentre la squadra di Massa Finalese gioca nella vicina Alberone, la Junior Finale ha attuato una proficuo gemellaggio con il Como ma ancora non può tornare nel suo stadio, ove però il Csi ha promesso la costruzione di un nuovo terreno di gioco in erba sintetica. E’ una storia di dirigenti che si sono arrangiati, grazie anche a qualche aiuto: per ridurre al minimo defezioni, dal momento che partecipare ai campionati è una spesa, Figc e Lnd hanno esonerato le società dilettantistiche delle zone colpite dal pagamento delle tasse d’iscrizione ai tornei, anche a livello giovanile. Eppure, le difficoltà non mancano, e per chi conosce la giungla del calcio dilettantistico – in cui i rimborsi spese per i giocatori spesso equivalgono a veri e propri stipendi – sono facilmente comprensibili: «I rimborsi per i ragazzi sono diminuiti, e in certi casi non riusciamo nemmeno a pagarli. Chi ha scelto di rimanere gioca per passione. Però, rispetto ad altri club, non siamo riusciti a fare mercato, visto che chi ha potuto è andato altrove. Questo si ripercuoterà sulla nostra stagione», lamenta un dirigente.
A livello amatoriale, Uisp e Csi hanno attuato in estate campagne di “adozione” per le società danneggiate. «Abbandoni dell’attività ce ne sono stati pochi e abbiamo riscontrato una dignità commovente anche da parte di chi ci ha chiesto un sostegno sui costi», racconta Andrea Covi, presidente di Uisp Modena ed ex olimpico di canoa. Tuttavia, è proprio lo sport di base a pagare i conti più salati al post sisma. Le attività indoor sono le più disagiate e le varie federazioni, così come gli enti di promozione sportiva, rischiano di perdere numerosi praticanti. «Come Uisp Modena la scorsa stagione avevamo circa 60mila tesserati, di cui 17mila della Bassa. Non so quanti ne manterremo. Pensi al nuoto, lo sport che ha più problemi: a Mirandola, fra le 4 e le 5mila persone fruivano della piscina, a prescindere dall’agonismo. Ma anche Finale è senza piscina e polisportiva…». Pallacanestro e pallavolo hanno diversi problemi. La squadra femminile del Basket Cavezzo, pochi anni fa, era in A1. Dopo il sisma, avendo indisponibili sia il palazzetto dello sport, un gioiello nella zona, che la palestra in cui si allenava, ha deciso di rinunciare al campionato di A3 e nel 2012-2013 non svolgerà attività senior. Ha mantenuto il settore giovanile, ma l’ha dovuto trasferire a Carpi. In Promozione, la Luce Mirandola ha chiuso i battenti, mentre la rivale Controluce (sì, proprio così) ora si allena all’aperto e attende il completamento dei lavori sulla palestra nella frazione di Mortizzuolo. A Medolla, come a Cavezzo, saranno due tensostrutture a garantire le attività indoor durante l’inverno, ma ancora non sono state installate.
Quasi paradossale quanto accaduto alla Universal Carpi, la cui squadra di pallavolo maschile che aveva ottenuto la promozione in A2. L’impianto di gioco del club, il PalaFerrari, era stato reso inagibile dal sisma (ed è tuttora fuori uso), ma la struttura non sarebbe stata comunque a norma per la nuova categoria a causa della bassa altezza del soffitto. Il terremoto aveva però già reso inutilizzabili gli impianti della vicina Cavezzo, dove la squadra avrebbe potu- to giocare il campionato. Risultato? Rinuncia alla A2 e trasferimento per le partite interne a Correggio, in casa di una rivale storica. Meglio è andata alla Handball Carpi, che per la prima volta nella storia disputa il torneo di massima divisione nella pallamano. L’impianto casalingo della società, la palestra dell’Ipsia Vallauri, era rimasta lesionata, sebbene non gravemente, il 29 maggio ed il club aveva annunciato il trasloco forzato a Sestola, in Appennino, per le gare interne. I lavori sulla palestra però sono stati conclusi da pochi giorni e la squadra sabato ha potuto debuttare nella propria casa tornata a norma.
L’Unità 01.10.12