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"La Corte Europea e quel «no» alla diagnosi preimpianto", di Marilisa D’Amico

Vi sono molti motivi per chiedere al Governo di non impugnare la sentenza della Corte di Strasburgo (Costa e Pavan c. Italia) che ha riconosciuto all’unanimità che il divieto di accesso alla diagnosi genetica preimpianto previsto dalla legge n. 40 per le coppie portatrici di gravi malattie genetiche viola l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Dal punto di vista di principio, innanzitutto, la decisione europea ha affermato l’incoerenza di sistema del divieto, rispetto alla possibilità garantita dal nostro ordinamento di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza per quegli stessi motivi che fondano la richiesta di accesso alla diagnosi preimpianto. In secondo luogo la Corte ha dichiarato l’irragionevolezza della compromissione del diritto della coppia al rispetto della propria vita familiare.
I motivi che fondano la richiesta di non rinviare il caso alla Grande Camera sono di ordine tecnico-giuridico e prescindono dalla considerazione, pure non di poca consistenza, per la quale sembrerebbe veramente crudele che il Governo, con un suo atto, cerchi di impedire a quei ricorrenti di godere di un diritto riconosciuto e quindi da applicare.
Il primo motivo è strettamente tecnico e processuale. Si tratta infatti di una decisione che è stata adottata all’unanimità. Questo dato impone di riflettere sulla stessa opportunità di chiedere il rinvio alla Grande Camera. Occorre infatti soffermarsi sulla natura del sistema di tutela predisposto dalla Corte europea dei diritti umani, che prevede la possibilità di un “rinvio” alla Grande Camera, nel caso in cui vi siano gravi problemi di interpretazione o di applicazione o una questione importante di carattere generale. In particolare, il rinvio alla Grande Camera non può essere inteso quale secondo grado di giudizio, se si considera come la disposizione sia stata frutto di un compromesso tra due diverse impostazioni, l’una diretta a creare un vero e proprio doppio grado di giudizio, l’altra tesa a mantenerne uno solo. Considerando quindi che la decisione è stata adottata all’unanimità e che il sistema predisposto dalla Corte non prevede un doppio grado di giudizio, non si comprende per quale motivo si debba chiedere il rinvio di un caso sul quale non paiono esserci gravi problemi interpretativi e applicativi.

Il secondo motivo riguarda il merito della questione. La decisione infatti riconosce un principio fondamentale, già riconosciuto peraltro dai giudici italiani, anche se in via generale. E, infatti, si è stabilito che anche coloro che sono fertili o non sterili, ma portatori di gravissime malattie genetiche possono accedere alle tecniche assistite e dunque anche alla diagnosi preimpianto. A partire dal riconoscimento che i diritti alla salute e all’autodeterminazione della coppia nelle scelte procreative rientrano nei diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost., si riporta in questo modo a coerenza l’ordinamento giuridico italiano, che riconosce la possibilità di effettuare esami prenatali e di procedere all’interruzione volontaria della gravidanza nel caso in cui, fra gli altri, sia accertato che l’embrione è affetto da una grave malattia genetica, a tutela della salute fisica e psichica della madre. Questa ultima condizione sarebbe proprio quella in cui si trovano le coppie portatrici di gravissime malattie genetiche e che fonda il loro diritto di accedere alla diagnosi preimpianto. È uno strazio insostenibile temere la sofferenza, la malattia e la morte del figlio che si aspetta.

Il terzo motivo che induce a ritenere che non si debba chiedere il rinvio alla Grande Camera riguarda il riferimento al «diritto alla vita familiare». Il riconoscimento di questo diritto non si traduce, nella materia della procreazione assistita, in un diritto ad avere un figlio sano. Al contrario esso si traduce – nei casi concreti, drammatici, che invitiamo i tecnici-teorici (per la maggior parte si sono espressi in questo senso uomini) a conoscere direttamente – nella sola possibilità di poter avere un bambino.

Inoltre, il riconoscimento dell’accesso per le coppie non sterili e fertili alla diagnosi preimpianto – stante l’ormai pacifico riconoscimento della possibilità di effettuare questo esame per le coppie sterili e infertili – consente di evitare una ulteriore discriminazione. Le coppie infatti sanno che per avere un figlio al quale non venga trasmessa la grave malattia genetica devono necessariamente accettare il rischio di un aborto, magari terapeutico, oppure la morte del figlio dopo pochi mesi o anni di vita. Concludendo, occorre tenere ben presente che nella nostra Costituzione è riconosciuta e garantita la dignità delle persone e quindi anche delle donne, sul cui corpo molto e troppo spesso si scontrano opposte posizioni ideologiche.

l’Unità 21.09.12

"La Corte Europea e quel «no» alla diagnosi preimpianto", di Marilisa D’Amico

Vi sono molti motivi per chiedere al Governo di non impugnare la sentenza della Corte di Strasburgo (Costa e Pavan c. Italia) che ha riconosciuto all’unanimità che il divieto di accesso alla diagnosi genetica preimpianto previsto dalla legge n. 40 per le coppie portatrici di gravi malattie genetiche viola l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Dal punto di vista di principio, innanzitutto, la decisione europea ha affermato l’incoerenza di sistema del divieto, rispetto alla possibilità garantita dal nostro ordinamento di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza per quegli stessi motivi che fondano la richiesta di accesso alla diagnosi preimpianto. In secondo luogo la Corte ha dichiarato l’irragionevolezza della compromissione del diritto della coppia al rispetto della propria vita familiare.
I motivi che fondano la richiesta di non rinviare il caso alla Grande Camera sono di ordine tecnico-giuridico e prescindono dalla considerazione, pure non di poca consistenza, per la quale sembrerebbe veramente crudele che il Governo, con un suo atto, cerchi di impedire a quei ricorrenti di godere di un diritto riconosciuto e quindi da applicare.
Il primo motivo è strettamente tecnico e processuale. Si tratta infatti di una decisione che è stata adottata all’unanimità. Questo dato impone di riflettere sulla stessa opportunità di chiedere il rinvio alla Grande Camera. Occorre infatti soffermarsi sulla natura del sistema di tutela predisposto dalla Corte europea dei diritti umani, che prevede la possibilità di un “rinvio” alla Grande Camera, nel caso in cui vi siano gravi problemi di interpretazione o di applicazione o una questione importante di carattere generale. In particolare, il rinvio alla Grande Camera non può essere inteso quale secondo grado di giudizio, se si considera come la disposizione sia stata frutto di un compromesso tra due diverse impostazioni, l’una diretta a creare un vero e proprio doppio grado di giudizio, l’altra tesa a mantenerne uno solo. Considerando quindi che la decisione è stata adottata all’unanimità e che il sistema predisposto dalla Corte non prevede un doppio grado di giudizio, non si comprende per quale motivo si debba chiedere il rinvio di un caso sul quale non paiono esserci gravi problemi interpretativi e applicativi.
Il secondo motivo riguarda il merito della questione. La decisione infatti riconosce un principio fondamentale, già riconosciuto peraltro dai giudici italiani, anche se in via generale. E, infatti, si è stabilito che anche coloro che sono fertili o non sterili, ma portatori di gravissime malattie genetiche possono accedere alle tecniche assistite e dunque anche alla diagnosi preimpianto. A partire dal riconoscimento che i diritti alla salute e all’autodeterminazione della coppia nelle scelte procreative rientrano nei diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost., si riporta in questo modo a coerenza l’ordinamento giuridico italiano, che riconosce la possibilità di effettuare esami prenatali e di procedere all’interruzione volontaria della gravidanza nel caso in cui, fra gli altri, sia accertato che l’embrione è affetto da una grave malattia genetica, a tutela della salute fisica e psichica della madre. Questa ultima condizione sarebbe proprio quella in cui si trovano le coppie portatrici di gravissime malattie genetiche e che fonda il loro diritto di accedere alla diagnosi preimpianto. È uno strazio insostenibile temere la sofferenza, la malattia e la morte del figlio che si aspetta.
Il terzo motivo che induce a ritenere che non si debba chiedere il rinvio alla Grande Camera riguarda il riferimento al «diritto alla vita familiare». Il riconoscimento di questo diritto non si traduce, nella materia della procreazione assistita, in un diritto ad avere un figlio sano. Al contrario esso si traduce – nei casi concreti, drammatici, che invitiamo i tecnici-teorici (per la maggior parte si sono espressi in questo senso uomini) a conoscere direttamente – nella sola possibilità di poter avere un bambino.
Inoltre, il riconoscimento dell’accesso per le coppie non sterili e fertili alla diagnosi preimpianto – stante l’ormai pacifico riconoscimento della possibilità di effettuare questo esame per le coppie sterili e infertili – consente di evitare una ulteriore discriminazione. Le coppie infatti sanno che per avere un figlio al quale non venga trasmessa la grave malattia genetica devono necessariamente accettare il rischio di un aborto, magari terapeutico, oppure la morte del figlio dopo pochi mesi o anni di vita. Concludendo, occorre tenere ben presente che nella nostra Costituzione è riconosciuta e garantita la dignità delle persone e quindi anche delle donne, sul cui corpo molto e troppo spesso si scontrano opposte posizioni ideologiche.
l’Unità 21.09.12

"Tasse, si apre uno spiraglio per la proroga", da Gazzetta di Modena

Il governo disponibile a valutare una ulteriore sospensione. Revisioni anche sulle richieste dell’Imu. Potrebbe aprirsi uno spiraglio sul possibile ulteriore rinvio del pagamento delle tasse per le zone terremotate al 30 giugno 2013. Ieri, in commissione Tesoro al Senato, il sottosegretario alle Finanze Vieri Ceriani ha lasciato intendere un’apertura.
Ha assicurato «l’attenzione del Governo al tema di un’ulteriore proroga della sospensione
dei termini tributari, che potrà essere affrontato già in sede di esame dei prossimi provvedimenti di bilancio, anche per quanto riguarda i profili attinenti alla copertura
finanziaria». Il sottosegretario ha anche ricordato che a metà agosto l’Agenzia delle entrate,
ha ricordato che le agevolazioni valgono per contribuenti con residenza, sede legale o
operativa nei Comuni delle province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio, Mantova e
Rovigo. Per chi rientra in queste categorie, «la sospensione in parola rimane confermata
subordinatamente alla richiesta del contribuente che dichiari l’inagibilità dell’abitazione,
dello studio professionale o dell’azienda, verificata dall’autorità comunale».
L’Agenzia delle entrate ha anche affermato che la sospensione degli adempimenti fiscali
non include «l’effettuazione ed il versamento delle ritenute da parte dei sostituti d’imposta».
Poi Ceriani ha parlato dell’ipotesi di una proroga del provvedimento. Dapprima ponendo dei paletti: «comporta l’individuazione dei mezzi di copertura degli oneri finanziari connessi» e il Dipartimento delle Finanze «ha evidenziato che la quantificazione degli effetti finanziari potrà essere effettuata solo dopo aver acquisito un elenco nominativo dei soggetti beneficiari».
Il governo si è anche reso conto, ha spiegato la parlamentare del Pd Manuela Ghizzoni, che «le nuove stime del ministero riguardo il gettito Imu risentono di una eccessiva aleatorierà e potrebbero essere state viziate dalle sospensioni concesse per i pagamenti».
Il problema in questo caso riguarda le compensazioni da calcolare con i trasferimenti dal governo nei confronti dei Comuni. Tra i Comuni che si sono visti destinatari di richieste
esorbitanti da parte del ministero dell’economia ci sono anche alcuni di quelli terremotati
del Modenese, a fronte di una «revisione che è tutta da verificare» spiega Ghizzoni. «Il
Dipartimento delle finanze ha colto questa sfasatura ha aggiunto l’onorevole Ghizzoni e
sono già in corso incontri con l’Anci e nell’ambito del tavolo tecnico sulla finanza locale.
Ci è stato assicurato che si passerà all’esame di ogni singolo caso per ovviare ai paradossi
che si sono concretizzati. Bisogna dunque procedere con urgenza a sanare le anomalie e occorre che le assurde richieste del ministro Grilli vengano fermate. Se così non fosse si rischierebbe non soltanto il collasso economico delle amministrazioni locali, ma anche ricadute immediate sulla vita dei cittadini già vessati dal terremoto».

Gazzetta di Modena 21.09.12

"Tasse, si apre uno spiraglio per la proroga", da Gazzetta di Modena

Il governo disponibile a valutare una ulteriore sospensione. Revisioni anche sulle richieste dell’Imu. Potrebbe aprirsi uno spiraglio sul possibile ulteriore rinvio del pagamento delle tasse per le zone terremotate al 30 giugno 2013. Ieri, in commissione Tesoro al Senato, il sottosegretario alle Finanze Vieri Ceriani ha lasciato intendere un’apertura.
Ha assicurato «l’attenzione del Governo al tema di un’ulteriore proroga della sospensione
dei termini tributari, che potrà essere affrontato già in sede di esame dei prossimi provvedimenti di bilancio, anche per quanto riguarda i profili attinenti alla copertura
finanziaria». Il sottosegretario ha anche ricordato che a metà agosto l’Agenzia delle entrate,
ha ricordato che le agevolazioni valgono per contribuenti con residenza, sede legale o
operativa nei Comuni delle province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio, Mantova e
Rovigo. Per chi rientra in queste categorie, «la sospensione in parola rimane confermata
subordinatamente alla richiesta del contribuente che dichiari l’inagibilità dell’abitazione,
dello studio professionale o dell’azienda, verificata dall’autorità comunale».
L’Agenzia delle entrate ha anche affermato che la sospensione degli adempimenti fiscali
non include «l’effettuazione ed il versamento delle ritenute da parte dei sostituti d’imposta».
Poi Ceriani ha parlato dell’ipotesi di una proroga del provvedimento. Dapprima ponendo dei paletti: «comporta l’individuazione dei mezzi di copertura degli oneri finanziari connessi» e il Dipartimento delle Finanze «ha evidenziato che la quantificazione degli effetti finanziari potrà essere effettuata solo dopo aver acquisito un elenco nominativo dei soggetti beneficiari».
Il governo si è anche reso conto, ha spiegato la parlamentare del Pd Manuela Ghizzoni, che «le nuove stime del ministero riguardo il gettito Imu risentono di una eccessiva aleatorierà e potrebbero essere state viziate dalle sospensioni concesse per i pagamenti».
Il problema in questo caso riguarda le compensazioni da calcolare con i trasferimenti dal governo nei confronti dei Comuni. Tra i Comuni che si sono visti destinatari di richieste
esorbitanti da parte del ministero dell’economia ci sono anche alcuni di quelli terremotati
del Modenese, a fronte di una «revisione che è tutta da verificare» spiega Ghizzoni. «Il
Dipartimento delle finanze ha colto questa sfasatura ha aggiunto l’onorevole Ghizzoni e
sono già in corso incontri con l’Anci e nell’ambito del tavolo tecnico sulla finanza locale.
Ci è stato assicurato che si passerà all’esame di ogni singolo caso per ovviare ai paradossi
che si sono concretizzati. Bisogna dunque procedere con urgenza a sanare le anomalie e occorre che le assurde richieste del ministro Grilli vengano fermate. Se così non fosse si rischierebbe non soltanto il collasso economico delle amministrazioni locali, ma anche ricadute immediate sulla vita dei cittadini già vessati dal terremoto».
Gazzetta di Modena 21.09.12

"Quando è la satira a dettare legge", di Stefano Bartezzaghi

Con tutta la satira che gira, non pare esserci poi molto da ridere. Un ambasciatore viene linciato a causa di un film torbidamente farsesco e in realtà blasfemo; venti ambasciate vengono prudenzialmente chiuse a causa di alcune vignette del giornale satirico francese Charlie Hebdo in cui è rappresentato Maometto nudo. Proprio in questi stessi giorni in cui Salman Rushdie pubblica le memorie dei suoi ventitré anni sotto protezione, l´importo della taglia che pende dal 1989 sulla sua testa viene aumentato e ora supera i tre milioni di dollari. La fatwa non prevede sconti di pena per buona condotta. Anzi. Eppure dai Versetti satanici alle vignette satiriche qualcosa pare essersi addirittura aggravato, e non solo in via quantitativa, cioè per la moltiplicazione degli episodi.
Quanto c´è di più è abbastanza da diventare anche qualcosa di diverso. «Oggi scriverei di peggio» ha infatti dichiarato, con mestizia, Rushdie; poi ha aggiunto «oggi però il mio libro non verrebbe neppure pubblicato».
Gesù Cristo rideva? Tutt´altro che futile, nel Medioevo l´ipotesi è stata oggetto di dispute feroci, e nel suo Nome della Rosa Umberto Eco l´ha usata per rappresentare lo scontro (forse eterno) fra pensiero impermeabile e pensiero non impermeabile alla visione dell´Altro, capace o incapace di distanza autocritica e di tolleranza nei confronti della diversità. Ma un anno prima dell´uscita del Nome della Rosa, quindi nel 1979, l´instaurazione del regime degli ayatollah in Iran si apprestava già a fare collidere la tradizionale intolleranza delle religioni nei confronti di ogni irriverenza con le dinamiche, misteriose e certamente poco razionali, di tutte le società di massa. Tanto misteriose e irrazionali da determinare, a decenni di distanza, un nuovo scontro in cui a cambiare è con ogni evidenza il ruolo delle opinioni pubbliche.
In una guerra, non sempre tiepida, combattuta da testate non nucleari bensì satiriche, un esercito di sacchi di patate affranti sui propri rispettivi divani osserva dal video eserciti di assaltatori di ambasciate, incendiari di bandiere, fomentatori che occupano vie di quella che pare sempre la medesima, arida e macilenta banlieue estremo – o mediorientale.
Quello che è cambiato dai tempi di Rushdie (quando persino un romanzo sofisticato pareva poter minacciare il carisma di una religione) è che l´opinione pubblica, anche nell´Occidente scolarizzato, è preda dell´Intrattenimento e si muove ormai a singulti. Solo il riso o il pianto e la rabbia sembrano saperlo scuotere. Così chi sa far ridere ha acquisito un potere inedito, nelle due direzioni: fa a meno di ogni mediazione editoriale e si rivolge direttamente a pubbliche opinioni contrapposte, muovendone una al riso e l´altra all´indignazione, sino alla sollevazione armata. È l´empatia, honey: e non puoi farci proprio nulla.
Proviamo a verificare l´ipotesi nel piccolo, e almeno finora incruento, orticello italiano: persino il caso Fornero-Vauro mostra che la satira ha una capacità lesiva superiore a quella di un movimento di protesta. Ti ho disegnato come una squillo, ti sei arrabbiata, ci sei caduta. Non penserai davvero che io pensi davvero che sei una squillo? Era solo una vignetta! Chi viene messo in ridicolo non ha possibili vie di fuga, se non vuole passare da zimbello ad aspirante censore (e di qui, di nuovo, a zimbello). Il racconto è accompagnato o preceduto dalla satira. Crozza apre Ballarò, da anni; da anni Santoro non fa tv senza i suoi T. e V., Travaglio e Vauro. E se una volta, già sbagliando, si diceva «la vignetta di Forattini vale un editoriale» oggi abbiamo inserti satirici che valgono (e vengono venduti come) giornali quotidiani. Le pratiche satiriche della deformazione dei “dati sensibili” della persona (caratteristiche fisiche, nomi e cognomi) sono parificate al commento e alla polemica, come se l´obiezione critica fosse uno sfregio privo di coraggio, poco efficace (quindi indulgente e in odore di inciucio) e alla fine, diciamolo, anche poco virile.
Castigat ridendo mores, era l´insegna della satira. Ora che in una nuova e incresciosa crociata viene impiegata per castigare, ridendo, i Mori forse dovremmo rivedere le nostre vecchie opinioni sul potere liberatorio, dissacratorio, critico e ironico della risata. La maglietta di Calderoli non ha insegnato nulla? Magari si potrebbe operare una distinzione, piccola e cruciale, fra il diritto di informazione e quello di deformazione. È diverso non poter diffondere una notizia, avanzare un´opinione o esibire una vignetta di intangibile idiozia. Nella storia è stato possibile chiedersi se fosse il caso di morire per Danzica. Figurarsi per Charlie Hebdo.

La Repubblica 21.09.12

"Quando è la satira a dettare legge", di Stefano Bartezzaghi

Con tutta la satira che gira, non pare esserci poi molto da ridere. Un ambasciatore viene linciato a causa di un film torbidamente farsesco e in realtà blasfemo; venti ambasciate vengono prudenzialmente chiuse a causa di alcune vignette del giornale satirico francese Charlie Hebdo in cui è rappresentato Maometto nudo. Proprio in questi stessi giorni in cui Salman Rushdie pubblica le memorie dei suoi ventitré anni sotto protezione, l´importo della taglia che pende dal 1989 sulla sua testa viene aumentato e ora supera i tre milioni di dollari. La fatwa non prevede sconti di pena per buona condotta. Anzi. Eppure dai Versetti satanici alle vignette satiriche qualcosa pare essersi addirittura aggravato, e non solo in via quantitativa, cioè per la moltiplicazione degli episodi.
Quanto c´è di più è abbastanza da diventare anche qualcosa di diverso. «Oggi scriverei di peggio» ha infatti dichiarato, con mestizia, Rushdie; poi ha aggiunto «oggi però il mio libro non verrebbe neppure pubblicato».
Gesù Cristo rideva? Tutt´altro che futile, nel Medioevo l´ipotesi è stata oggetto di dispute feroci, e nel suo Nome della Rosa Umberto Eco l´ha usata per rappresentare lo scontro (forse eterno) fra pensiero impermeabile e pensiero non impermeabile alla visione dell´Altro, capace o incapace di distanza autocritica e di tolleranza nei confronti della diversità. Ma un anno prima dell´uscita del Nome della Rosa, quindi nel 1979, l´instaurazione del regime degli ayatollah in Iran si apprestava già a fare collidere la tradizionale intolleranza delle religioni nei confronti di ogni irriverenza con le dinamiche, misteriose e certamente poco razionali, di tutte le società di massa. Tanto misteriose e irrazionali da determinare, a decenni di distanza, un nuovo scontro in cui a cambiare è con ogni evidenza il ruolo delle opinioni pubbliche.
In una guerra, non sempre tiepida, combattuta da testate non nucleari bensì satiriche, un esercito di sacchi di patate affranti sui propri rispettivi divani osserva dal video eserciti di assaltatori di ambasciate, incendiari di bandiere, fomentatori che occupano vie di quella che pare sempre la medesima, arida e macilenta banlieue estremo – o mediorientale.
Quello che è cambiato dai tempi di Rushdie (quando persino un romanzo sofisticato pareva poter minacciare il carisma di una religione) è che l´opinione pubblica, anche nell´Occidente scolarizzato, è preda dell´Intrattenimento e si muove ormai a singulti. Solo il riso o il pianto e la rabbia sembrano saperlo scuotere. Così chi sa far ridere ha acquisito un potere inedito, nelle due direzioni: fa a meno di ogni mediazione editoriale e si rivolge direttamente a pubbliche opinioni contrapposte, muovendone una al riso e l´altra all´indignazione, sino alla sollevazione armata. È l´empatia, honey: e non puoi farci proprio nulla.
Proviamo a verificare l´ipotesi nel piccolo, e almeno finora incruento, orticello italiano: persino il caso Fornero-Vauro mostra che la satira ha una capacità lesiva superiore a quella di un movimento di protesta. Ti ho disegnato come una squillo, ti sei arrabbiata, ci sei caduta. Non penserai davvero che io pensi davvero che sei una squillo? Era solo una vignetta! Chi viene messo in ridicolo non ha possibili vie di fuga, se non vuole passare da zimbello ad aspirante censore (e di qui, di nuovo, a zimbello). Il racconto è accompagnato o preceduto dalla satira. Crozza apre Ballarò, da anni; da anni Santoro non fa tv senza i suoi T. e V., Travaglio e Vauro. E se una volta, già sbagliando, si diceva «la vignetta di Forattini vale un editoriale» oggi abbiamo inserti satirici che valgono (e vengono venduti come) giornali quotidiani. Le pratiche satiriche della deformazione dei “dati sensibili” della persona (caratteristiche fisiche, nomi e cognomi) sono parificate al commento e alla polemica, come se l´obiezione critica fosse uno sfregio privo di coraggio, poco efficace (quindi indulgente e in odore di inciucio) e alla fine, diciamolo, anche poco virile.
Castigat ridendo mores, era l´insegna della satira. Ora che in una nuova e incresciosa crociata viene impiegata per castigare, ridendo, i Mori forse dovremmo rivedere le nostre vecchie opinioni sul potere liberatorio, dissacratorio, critico e ironico della risata. La maglietta di Calderoli non ha insegnato nulla? Magari si potrebbe operare una distinzione, piccola e cruciale, fra il diritto di informazione e quello di deformazione. È diverso non poter diffondere una notizia, avanzare un´opinione o esibire una vignetta di intangibile idiozia. Nella storia è stato possibile chiedersi se fosse il caso di morire per Danzica. Figurarsi per Charlie Hebdo.
La Repubblica 21.09.12

"Scuola, ecco il concorsone precari sul piede di guerra", di Mario Castagna

Ieri il ministro Profumo ha illustrato alla commissione cultura della Camera dei Deputati il funzionamento del concorso per la scuola ma mentre il ministro parlava in aula, fuori scoppiava la protesta dei comitati dei precari. Reazioni durissime anche da parte della Cgil che ha annunciato mobilitazioni immediate in tutta Italia contro questa selezione. Tutto il processo si aprirà il prossimo 25 settembre con la pubblicazione del bando e si dovrebbe concludere entro agosto 2013. In questo modo circa 7.000 nuovi insegnanti potrebbero prendere servizio già dal prossimo anno scolastico mentre i restanti 4.000 a partire dal 2014.

LE NORME

Ma vediamo nel dettaglio le tappe di questo percorso Innanzitutto non tutti i laureati potranno partecipare al concorso. Dovranno essere già abilitati ma dal ministero fanno sapere che la volontà per il futuro è di allargare il più possibile la platea dei partecipanti. Per quest’anno quindi si va avanti con le vecchie norme sperando che in futuro sia molto più semplice accedere alle se- lezioni. A dicembre si svolgerà poi la prova preselettiva che consisterà nel rispondere in 50 minuti a 50 domande a risposta multipla. Per superare la prova si dovranno indovinare almeno 35 risposte. Il passaggio successivo sarà la prova scritta prevista per gennaio 2013 e consisterà, illustra il bando, in una «prova semi strutturata con griglia nazionale di valutazione composta da una serie di quesiti a risposta aperta finalizzata a valutare la padronanza delle discipline, anche attraverso gli opportuni riferimenti interdisciplinari». Come in un passaggio ad ostacoli, si arriverà poi alla prova conclusiva. L’orale si svolgerà in due fasi. Prima una lezione simulata e poi un colloquio individuale sulle materie comprese nella classe di concorso. Saranno abilitati solamente un numero di candidati pari alle cattedre messe a concorso cercando di mettere la parola fine alle graduatorie di abilitati in attesa dell’immissione in ruolo.

Se al ministero la volontà è quella di far ripartire una macchina, quella dell’ingresso di un grande numero di giovani tra le file degli insegnanti, non sono dello stesso avviso i precari storici che si sentono beffati dopo anni di attese. Infatti negli ultimi anni non sono mai state chiuse le graduatorie per le supplenze dalle quali attingevano gli istituti per coprire buchi più o meno lunghi e che garantivano, alla fine di una lunga attesa, un posto fisso. Negli anni questi insegnanti hanno maturato competenze ed esperienze preziose che vorrebbero fossero riconosciute dal ministero. Ma dal Miur rispondono che per loro rimane comunque aperto il canale del concorso, oltre che le graduatorie ad esaurimento da cui si continuerà ad attingere per le immissioni in ruolo.

Una doppia possibilità che però non basta a chi ha passato anni tra supplenze annuali e sedi disagiate. Inoltre si spera che le prove del prossimo concorso non siano come le prove per i per i presidi, piene di errori ed incertezze, perché a quel punto tutto il percorso sarà costellato di ricorsi. Ma su questo punto il ministro Profumo ha promesso di vigilare personalmente e durante l’audizione in commissione si è assunto, sin da oggi, tutta la responsabilità del percorso di selezione. «Il problema principale, prima delle modalità del concorso, è l’aumento dell’organico – commenta Manuela Ghizzoni, presidente Pd della commissione Cultura – Non si riesce a rispondere alle esigenze del scuole che richiedono più insegnanti. Purtroppo dobbiamo ancora fare i conti con i tagli di Tremonti e il conflitto tra i precari e il nuovo concorso sembra essere proprio una guerra tra poveri».

Nel frattempo sono partite le proteste organizzate da comitati spontanei di precari ma anche da sigle sindacali come la Cgil che, nel giorno in cui Cittadinanzattiva presenta il proprio rapporto sulla sicurezza degli edifici scolastici, denuncia quelle che secondo loro è solo propaganda. «Si vuole fare un concorso inutile e costoso ma non c’è alcun piano di edilizia scolastica e per la messa in sicurezza degli edifici scolastici», ha dichiarato Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil denunciando contempo- raneamente come le modalità del concorso siano una farsa e e come l’apertura ai giovani sia solo di facciata, visto che nessuno dei neolaureati potrà partecipare al concorso.

Intanto a piazza Montecitorio gli in- segnanti precari utilizzavano più o meno le stesse parole d’ordine. «No al concorso truffa» si leggeva sui cartelli esposti in piazza mentre il ministro parlava alla commissione contento della scelta fatta. Ma non tutti sembrano essere d’accordo.

L’Unità 21.09.12