Latest Posts

“Crollano le assunzioni di immigrati”, di Nicoletta Cottone

La crisi occupazionale dell’economia italiana si riflette anche sugli immigrati. Nel 2013 sono state registrate 17.610 assunzioni in meno di immigrati non stagionali rispetto all’anno precedente, con una consistente contrazione (-29% ), ancor più forte rispetto al 2012 (quando il calo registrato fu del 27 per cento). Lo segnala l’indagine annuale sulla domanda di lavoro immigrato non stagionale per il 2013, segnalato dalle imprese italiane dell’industria e dei servizi, rilevato attraverso il Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro.
La richiesta di lavoratori non stagionali immigrati prevista dalle imprese dell’industria e dei servizi si potrà attestare su un valore massimo di 42.960 unità, contro le 60.570 dell’anno scorso. Dunque le assunzioni di personale immigrato potranno arrivare a rappresentare l’11,7% di tutte le assunzioni previste dalle imprese manifatturiere e terziarie per l’anno in corso (nel 2012 la quota era stata del 14,9%).
Il comparto dei servizi è il più interessato dalla contrazione del fabbisogno di lavoratori immigrati: quest’anno sono previste 13.430 assunzioni in meno rispetto al 2012 (-31,7% in termini relativi). Meno interessato il comparto industria che, complessivamente, riduce di 4.180 unità il suo fabbisogno (-22,9% sull’anno precedente). «È da notare – è scritto in una nota del Sistema informativo Excelsior – come di queste ultime, ben 2.940 (il 70,3%) si riferiscono al solo settore delle costruzioni che, nel confronto con il 2012, segnala una riduzione del proprio fabbisogno di manodopera immigrata del 35,5%».
«Una preoccupante conferma – ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – della crisi del settore dei servizi e di quello delle costruzioni», «un segnale chiaro che, per sostenere i segnali di ripresa annunciati dal governo, è assolutamente indispensabile puntare sul rilancio della domanda interna, senza la quale non si risale la china della disoccupazione». Con il rischio «di perdere preziose competenze professionali che invece vanno salvaguardate».Numericamente il calo maggiore si registra in Piemonte e nel Lazio con, rispettivamente, 2.710 e 2.350 assunzioni in meno nel 2013 rispetto all’anno precedente. Nel Sud e nelle isole gli immigrati hanno perso nel confronto fra gli stessi anni, 4.760 posti, nel Nord Ovest 4.750, nel Centro Italia 4.140 posti e nel Nord Est 3.970 posti. Fra le grandi città spiccano Torino con 2.470 posti in meno, Roma che segna un meno 1.250 posti e Milano con un calo di 920 posti.
La contrazione dei fabbisogni, sottolinea l’indagine, tocca tutti settori, con punte maggiori nei servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (-4.300 assunzioni rispetto al 2012), dei servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone (-3.110) e dei servizi avanzati di supporto alle imprese (-1.370 unità, pari a una contrazione del 53,7% sul 2012). Eccezioni in positivo sono, invece, le industrie della fabbricazione di macchine e dei mezzi di trasporto (che segnalano un aumento di 240 unità rispetto al 2012, +16,4% in termini relativi); le industrie della lavorazione dei minerali non metalliferi (+100 unità, +37%) e, nei servizi, le imprese che operano nell’istruzione e servizi formativi privati, dove le assunzioni previste nel 2013 potranno essere 890, in crescita di 400 unità rispetto alle 490 del 2012 (+81,6% in termini relativi).
La riduzione del fabbisogno tocca tutti i territori, con il Sud che segnala una contrazione del 43,8% del proprio fabbisogno rispetto al 2012. Il 34,6% delle assunzioni previste nel 2013 (14.880 unità) provengono da imprese del Nord-Ovest. Prime fra tutte da quelle della Lombardia che, con 9.890 richieste, è la regione che esprime il maggior fabbisogno di immigrati. Seguono Lazio (4.960) e Toscana (4.930).

Il Sole 24 Ore 08.08.13

“Una legge di civiltà per vincere l’ipocrisia e l’odio”, di Michela Marzano

Quando stavo preparando l’intervento da pronunciare in Aula avevo iniziato con un «finalmente». «Finalmente ci siamo», avevo scritto. Finalmente ci siamo dopo mesi di polemiche e ostruzionismo, finalmente questa proposta di legge contro l’omofobia e transfobia approda alla camera, finalmente anche in Italia si potrà fare un passo avanti su un tema che ovunque in Europa ha smesso di suscitare polemiche. Dopo aver ascoltato alcuni interventi, il «finalmente» mi si è strozzato in gola. Come si può pensare che in Italia la situazione non sia drammatica per le persone omosessuali, transessuali, bisessuali, come ci è stato suggerito dall’onorevole Roccella e ancora dall’onorevole Gigli? Come si può confondere orientamento sessuale e identità di genere con una «patologia qualunque come l’obesità», come ho sentito dire ancora dall’onorevole Roccella? E come si può strumentalizzare una legge necessaria e urgente per motivi strettamente politici di tatticismo, come ho sentito fare dall’onorevole Di Vita?

Certo, anche negli altri paesi europei non tutti sono d’accordo sulla necessità di legiferare sulle unioni civili o sul matrimonio gay, anche in Francia e in Inghilterra, dove pure le coppie omosessuali posso ormai sposarsi, esistono nell’opinione pubblica dubbi e perplessità. In nessun altro paese europeo però esistono dubbi sulla necessità di una legge contro l’omofobia e la transfobia. Come è possibile, allora, che in Italia ci siano ancora tante persone ostili? Perché ancora tanta ipocrisia nel nostro paese? Come si fa a pensare che una legge di questo tipo possa mettere a repentaglio la libertà di opinione, come si è letto in un articolo del Corriere della Sera? Chi si oppone a questa legge in fondo vuole che in Italia non cambi mai niente. Hanno talmente tanta paura che questa legge possa poi aprire la porta ad un dibattito serio sulle unioni civili e sul matrimonio gay, che preferiscono non fare nulla per proteggere chi avrebbe come sola colpa quella di non essere eterosessuale. E allora dicono che, con questa legge, nessuno potrebbe più esprimere opinioni contrarie ai matrimoni gay senza essere punito, che nessuno potrebbe più proclamare ad alta voce il Vangelo dimenticandosi forse che il messaggio del Vangelo è – prima di tutto – un messaggio d’amore, inclusivo e rispettoso di ogni diversità e differenza. O addirittura arrivano a dire che una legge contro l’omofobia violerebbe il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione. Come si fa a confondere la libertà di opinione con l’utilizzo di quello che tutti conoscono come hate speech, discorso dell’odio?

Quando chi insulta compie atti di violenza. Ugualmente, come si fa a confondere il significato stesso del principio di uguaglianza quando fin dai tempi di Aristotele l’uguaglianza implica dare cose uguali a persone uguali e cose diverse a persone diverse, proprio per garantire a tutti una piena uguaglianza in termini di diritti. Ma, a forza di incaponirsi a difendere posizioni ideologiche, sono in tanti a far finta di non capire che l’uguaglianza non implica l’identità e che, anzi, la vera uguaglianza la si raggiunge solo quando si rispettano e si proteggono tutte le differenze.

«L’omosessualità non è un diritto – scrive Piero Ostellino sul Corriere della Sera – è un dato di fatto, uno spicchio della realtà». In fondo ha ragione. Peccato che invece di concludere affermando che quello spicchio di realtà ha diritto all’esistenza, ci spieghi che una legge contro l’omofobia sarebbe un anacronismo. Lo sarebbe se omosessuali e trans potessero avere il diritto di vivere come tutti gli altri. Lo sarebbe se fossero riconosciuti diversi e uguali. Lo sarebbe se nel nostro paese non esistessero discriminazioni e odio. Ma purtroppo non è ancora così

da Europa Quotidiano 08.08.13

“Stretta su stalking e femminicidio sarà punita anche la violenza online”, di Melania Di Giacomo

Quelle mail insistenti, violente, minacciose. O i post sui social network che oltraggiano, imbarazzano, tolgono il sonno. Sono le nuove forme di persecuzione e come tale saranno un’aggravante dell’elenco di condotte previste dall’articolo 612 bis del Codice penale, quello sullo stalking, che la legge punisce con il carcere fino a quattro anni. E poi un passo verso la procedibilità d’ufficio, andando incontro a quelle donne in stato di soggezione che non riescono a denunciare i propri aguzzini, come da anni chiede chi si occupa di violenza di genere. Nei casi di gravi indizi di violenza domestica o di minaccia grave da parte del partner o dell’ex, le forze dell’ordine potranno chiedere al giudice il divieto per l’autore dei fatti di avvicinarsi «ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima».
Nella bozza di decreto oggi al vaglio del Consiglio dei ministri come «disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere» ci sono norme che prevedono nuovi fatti di reato, quelle che costituiscono una stretta, migliorando le procedure già in vigore, e altre definite di «prevenzione», come l’«ammonimento» del questore a chi compie atti persecutori.
Il provvedimento su stalking e femminicidio — come è stato ribattezzato — portato sul tavolo del governo dai ministri dell’Interno Alfano, quello della Giustizia Cancellieri e dal viceministro Cecilia Guerra, che ha la delega alle Pari opportunità, in origine faceva il paio con il decreto svuotacarceri, che proprio l’altro giorno è stato approvato dalla Camera con modifiche, e che ieri è tornato al Senato in terza lettura. Ma era stato stralciato in giugno, per la «diversità di argomenti» e la «complessità dei temi trattati» — si disse allora — e adesso dovrebbe essere approvato, con lo strumento del decreto legge, assieme a una serie di misure di altra natura, che riguardano l’Expo 2015, il commissariamento delle Province e il rifinanziamento del fondo per la Protezione Civile.
Il testo sullo stalking prova a rimodernare il lessico del codice penale sui rapporti familiari, per cui saranno violenze sessuali «aggravate» quelle commesse nei confronti del coniuge, «anche separato o divorziato», ma pure nei casi in cui l’imputato «è o è stato legato da relazione affettiva» con la vittima. L’aggravante sarà inoltre applicata se a subire la violenza è una donna incinta.
Come forma di contrasto è previsto l’arresto in flagranza per chi compie maltrattamenti in famiglia e per gli stalker. C’è possibilità di arresto, invece, per chi viola il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Pensando alla vittima, sono stabilite una serie di tutele ulteriori come l’«irreversibilità della querela» in caso di stalking, in modo da mettere la vittima al riparo da ulteriori pressioni. E, durante il procedimento penale, si prevedono «modalità protette» anche se la persona offesa è maggiorenne, tenendo conto «della particolare vulnerabilità».
La novità più importante è — sotto il profilo della prevenzione — la possibilità per il questore di intervenire, nei casi in cui alle forze dell’ordine sia segnalata una violenza fisica, sessuale o anche psicologica — pur in assenza di querela di parte — con un «ammonimento». In questo caso il questore può anche chiedere la sospensione della patente. Il decreto poi prova a far emergere anche gli abusi domestici all’interno delle comunità straniere, prevedendo un permesso di soggiorno per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza.

Il Corriere della Sera 08.08.13

******

“Giro di vite sulla violenza in casa indagini anche senza denuncia e diffida per evitare l’escalation”, di MICHELE BOCCI

UNA risposta all’allarme sociale provocato dalla violenza sulle donne attraverso misure più severe per i colpevoli. È la linea che guida il decreto legge dal titolo “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere” che arriverà oggi in Consiglio dei ministri e che per tutta la giornata di ieri è stato ritoccato dagli uffici legislativi del Viminale. Si intende inasprire «per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela della donna vittima di violenza domestica».
Nella norma sarebbe prevista la possibilità per le forze dell’ordine di procedere senza querela di parte quando ci sono gravi indizi di violenza o minacce commesse dal coniuge o da chi è comunque legato, o è stato legato, da una relazione con la vittima. Così il giudice per le indagini preliminari può subito allontanare l’autore dalla casa di famiglia e dai luoghi frequentati dalla donna. Se invece la querela è presentata, non può più essere ritirata, come è invece ammesso per altri reati.
Nell’articolo 572 del codice penale, che sanziona i “maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli”, si alza da 14 a 18 anni l’età delle vittime. Come misura di prevenzione della violenza domestica, si ipotizza che il questore possa dare un “ammonimento” a chi è segnalato per un reato di lesioni e gli sospenda pure la patente per un periodo da uno a tre mesi. Se poi il fatto è commesso da un soggetto già “ammonito” si prevede un aumento di pena.
Sempre la violenza domestica trova una nuova definizione, come l’insieme degli atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica commessi non solo nel nucleo familiare o tra ex coniugi ma anche da persone semplicemente legate da relazione affettiva in corso o conclusa. Anche nel caso in cui vittima ed autore non abbiano mai convissuto. Se a essere vessata è una straniera irregolare, si può decidere di concederle permesso di soggiorno per consentirle di sottrarsi al suo aguzzino. Quando la violenza è di tipo sessuale, viene prevista una pena più severa nel caso sia commessa nei confronti di una donna incinta o disabile oppure se l’autore è il coniuge o una persona legata alla vittima. Al ministero dell’Interno, infine, si chiede di elaborare ogni anno un’analisi criminologica dedicata alla violenza di genere.
Lo stesso decreto cambia le cose riguardo al reato di stalking, per colpire anche chi perseguita una persona con “strumenti informatici o telematici”.
Lo stalker colto sul fatto deve essere arrestato, è facoltativo invece fermare chi viola il diritto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Il decreto che arriva oggi al Consiglio dei ministri era stato annunciato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano già a maggio scorso e inizialmente le norme contro il femminicidio avrebbero dovuto essere contenute all’interno del dl svuotacarceri. La decisione di tenerlo fuori da quella normativa venne presa d’accordo con il ministro Cancellieri.
In una prima stesura del decreto c’erano anche norme di altro tipo, come quelle che inaspriscono le pene per i ricettatori del rame rubato e per chi si impadronisce dell’identità digitale di altre persone. Un articolo era dedicato addirittura ai controlli antimafia connessi all’Expo di Milano. Nel provvedimento portato oggi alla riunione del Governo dovrebbe restare solo una norma sulla Protezione civile, che allunga i tempi di durata dello stato di emergenza, e rifinanzia il fondo per questo settore del ministero dell’Interno dopo molto tempo.

La Repubblica 08.08.13

“Se i falchi esagerano stacco io la spina”, di Claudio Tito

«Cosa significa non farsi logorare? Rassegnare le dimissioni e non farsi licenziare. Se Berlusconi insiste, non perdere la faccia davanti agli elettori». In questi giorni Enrico Letta ha condensato in queste parole la sua linea. Con il gruppo dirigente del Pd è stato piuttosto esplicito. Una sintesi che rende bene il senso della “tregua armata” tra democratici e Pdl. Ma che rischia di saltare già nelle prossime settimane. A settembre.
Quando lo scontro sul “salvacondotto” per Silvio Berlusconi si infiammerà di nuovo. E quando il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, metterà sul tavolo di Palazzo Chigi il patto che in queste ore ha solo preannunciato al presidente del consiglio: «Se il Pdl perde la testa, noi dobbiamo precederlo. Non possiamo commettere lo stesso errore di novembre scorso quando ci hanno lasciato da soli a sostenere Monti. Devi essere tu a staccare la spina». Ma quella dell’ex leader Cgil non è solo una constatazione, è anche un’offerta. Che prevede le elezioni in autunno.
Perché la ricerca di una “via d’uscita” per l’inquilino di Palazzo Grazioli diventerà sempre più l’unica questione che conta e che determinerà l’”agibilità politica” dell’esecutivo. E proprio per questo si sta
aprendo dentro il Pdl un confronto del tutto nuovo. Che non riguarda esclusivamente le esigenze personali di Berlusconi, ma la natura e la vita stessa del partito. Con un interrogativo fondamentale: quelli che vengono definiti “colombe” riusciranno a separare il destino del partito da quello del Cavaliere? «Dobbiamo capire – spiega un ministro del Popolo delle libertà – se sarà possibile immaginare un centrodestra senza Berlusconi ». Una risposta positiva può salvare il governo, una negativa lo affonderà.
La “guerra” intestina sul fronte berlusconiano, però, è tutt’altro che scontata. Per questo il presidente del consiglio ha concordato con il segretario del suo partito una sorta di “Piano B”. Una via d’uscita da imboccare rapidamente se le richieste del Cavaliere e del Pdl dovessero, appunto, superare il limite dell’”onore democratico”. Provocando lo sdegno del “popolo della sinistra”.
L’altro ieri sera, allora, il capo del governo ha riunito i suoi fedelissimi a Palazzo Chigi per preparare la direzione di oggi e per spiegare cosa potrà accadere alla fine dell’estate. «Se Berlusconi esagera, io non potrò che dimettermi», ha ripetuto. Ma il patto con Epifani va oltre questa considerazione. Se il centrodestra insisterà nel reclamare l’“agibilità politica” del suo leader, allora Letta non aspetterà di farsi travolgere dal ciclone delle prevedibili polemiche. Entro settembre cercherà di prendere tutti in contropiede staccando lui – senza caricare il Pd di questa responsabilità – la spina al governo. Rivendicando dunque la scelta dinanzi ai militanti ed evitando il ripetersi dell’“effetto Monti”: consentire cioè al Cavaliere di prendere le distanze dall’esecutivo e assumersi il merito
di aver messo la parola fine alle larghe intese. A quel punto per il centrosinistra si aprirebbe un’ultima finestra elettorale: quella di metà novembre.
Ma l’effetto, in questo caso, sarebbe doppio: sulla legislatura e sul congresso del Partito Democratico. L’asse Letta-Epifani-Franceschini chiederebbe infatti di accelerare solo sulle primarie per la premiership non potendo svolgere in tempi altrettanto brevi tutte le procedure congressuali: le assise slitterebbero insomma, e lo stesso presidente del consiglio potrebbe sfidare Matteo Renzi nella corsa alla candidatura per Palazzo Chigi. Nello stesso tempo verrebbe separato il destino della premiership da quello della segreteria. Esattamente la soluzione che non vorrebbe il sindaco di Firenze il quale da giorni ripete: «Chi vince prende tutto. Presidenza del consiglio e partito». Ma è esattamente l’ipotesi su cui da tempo il gruppo “bersanian-epifaniano” sta lavorando per mantenere il controllo della “ditta”.
Non solo. Il Pd sa che dovrà fare i conti con la riforma elettorale e la sentenza della Corte costituzionale sul Porcellum prevista a dicembre. Nello showdown prima del voto, proverà a compiere un estremo tentativo con il M5S di cambiare la legge elettorale. Un tentativo, però, che molti già danno per disperato visti i continui ondeggiamenti di Grillo e le reiterate posizioni dei grillini a favore del sistema proporzionale. La linea democratica invece sarà quella di rilanciare il ritorno al sistema maggioritario del Mattarellum.
Lo stato maggiore di Largo del Nazareno sta dunque già facendo i conti anche con la contrarietà del Quirinale alle elezioni anticipate. Il tentativo di accelerare sul riforma del Porcellum è una delle prime mosse. Per le prossime ore i capigruppo democratici si aspettano di essere convocati sul Colle per un incontro. Dai contatti informali, gli stessi vertici del Pd hanno ricevuto assicurazioni sulla linea di Napolitano rispetto al “salvacondotto” berlusconiano. Una linea che esclude la presidenza della Repubblica da qualsiasi intervento. Esattamente quello che il Partito Democratico si aspettava. E che conferma il rischio concreto di un nuovo scontro a settembre.
Ma, appunto, questo è il “Piano B”. Perché esiste un’ipotesi principale. Quella che vede il capo del centrodestra rassegnato alla pena detentiva e alla decadenza da senatore. Una prospettiva che sta provocando un vero e proprio sconquasso a Via dell’Umiltà. Il Pdl sta vivendo la sua più decisiva battaglia. I “falchi” come la Santanchè e Verdini puntano a una nuova Forza Italia ancora “berlusconizzata”. Sperano di rilanciare Silvio, o in alternativa – se sarà incandidabile – di sostituirlo con Marina. E per questo hanno bisogno di stringere i tempi, conservare lo status quo e tornare alle urne entro la prossima primavera. Le “colombe”, come Quagliariello o Lupi, al contrario scommettono sui tempi lunghi. Sul governo Letta che vada avanti almeno fino al 2015 per organizzare il nuovo campo dei moderati. Vogliono un centrodestra “deberlusconizzato” e che coinvolga altri soggetti “centristi” come la Scelta civica di Monti, l’Udc di Casini e persino l’ItaliaFutura di Montezemolo che solo sabato scorso ha detto: bisogna «lavorare alla rifondazione di un’area liberale e moderna di centro destra».
Ma se le “colombe” avessero la meglio, il traguardo del 2015 diventerebbe probabilmente solo un primo step. Basti pensare a quel che è successo – prima che la Cassazione emettesse la sentenza su Berlusconi – nell’ultima riunione dei capigruppo della maggioranza con il premier. «Caro Enrico – ha detto Renato Brunetta – tu ci hai detto cosa vuoi fare fino al 2014. Ma sarebbe bene che ci dicessi cosa vuoi fare anche dal 2015 in poi».

La Repubblica 08.07.13

Modena Festa PD – Presentazione libri: “Quale futuro per la scuola (pubblica)?” e “La scuola diversa”

Giovanni Manzini “Quale futuro per la scuola (pubblica)?”, Rosenberg & Sellier, 2013

Daniela Tazzioli, La scuola diversa. Manuale di sopravvivenza (in classe e fuori) fra Italia e Svizzera, Infinito, 2013

Ne discute con gli autori Manuela Ghizzoni, deputata vice Presidente della Commissione scuola e cultura della Camera

____

«Il Cavaliere deve fare un passo indietro. L’esecutivo? Prima di tutto c’è la legalità», di Monica Guerzoni

Non c’è alcuna strada, alcuna via di uscita per Berlusconi se non il rispetto e l’applicazione della sentenza. Anche se il prezzo da pagare fosse la fine delle larghe intese. Guglielmo Epifani non è disposto a trattare. Per il segretario del Pd le regole della democrazia vengono prima del destino dei singoli: «La legge è uguale per tutti».

Il Pdl chiede agibilità politica per il leader.
«Non vedo altra possibilità che prendere atto della sentenza e degli effetti che produce, non ci sono strade ed è anche sbagliato cercarle. Ho preferito usare l’arma della chiarezza prendendomi qualche insulto di troppo, ma con tutto il rispetto che si deve alla storia e ai problemi e spesso anche ai drammi di una parte politica, le sentenze vanno rispettate ed eseguite.
Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, per quanto possa essere dura.
In qualsiasi ordinamento democratico il principio di legalità non può mai essere discusso».

Il Pdl non mollerà il leader al suo destino.
«Gira un video di Berlusconi giovane che dice che, quando uno fosse condannato per evasione fiscale, deve fare un passo indietro».

Berlusconi deve fare un passo indietro?
«Quello che è giusto fare e che avviene normalmente. Come ha detto lui stesso in quel video. Negli Usa cosa sarebbe successo? Nei Paesi democratici c’è una severità enorme nei reati fiscali e societari».

E la stabilità del governo?
«Il principio di legalità in uno stato democratico viene prima di qualsiasi valutazione politica».

Anche prima dell’esecutivo?
«E il fondamento. Se annulliamo legittimità e legalità non c’è più nessun caposaldo, per questo bisogna avere una linea rispettosa ma anche molto ferma. Io non vedo altre strade».

Il Pdl ha intravisto un’apertura nelle parole di Napolitano.
«A me invece è parso assai chiaro, ha detto “non forzate le mie parole”. Non lo si tiri per il bavero, lo si lasci fuori. Lo dico anche a Grillo, le cui parole ritengo inaccettabili e intollerabili».

Non c’è dunque alcun sentiero, se non per la grazia o l’amnistia, per una riforma della giustizia che porti a qualche forma di salvacondotto?
«Adesso stiamo parlando del tema in sé, le conseguenze di carattere sanzionatorio della sentenza. E su questo terreno non c’è via di uscita. E chiaro che siamo di fronte a un fatto enorme, però guardiamo anche cosa succede negli altri Paesi. E poi la stragrande maggioranza della opinione pubblica e degli elettori del Pd chiedono che Letta vada avanti, ritengono che vengano prima gli interessi del Paese che quelli di una parte o di un singolo».

Quagliariello ha rivelato un piano per far cadere il governo.
«Non so, Quagliariello ha notizie che io non ho. Da un lato è prevalsa l’idea di far continuare l’attività del governo, dall’altra invece, giorno dopo giorno e ora dopo ora, lo si tiene in fibrillazione continua.
E così un esecutivo che deve pensare agli interessi generali in una fase di crisi profonda, finisce per risentire di questa zavorra che è l’imposizione di temi di parte. Il logoramento del governo è un rischio che il Paese non può permettersi».

Se si andasse al voto, il Pd avrebbe tutto da guadagnare…
«La nostra convenienza è la convenienza del Paese. Come insegna la vicenda del governo Monti, a noi semmai si può rimproverare un eccesso di responsabilità. Ma un partito non personale è questo, è una forza che si assume la responsabilità. Dopodiché il nostro problema è che il governo non tiri a campare e sia messo in condizione di agire, per questo ci vuole fermezza. E una scelta che non subiamo, ma che vogliamo. Non ci facciamo tirare la giacca. Non ci facciamo condizionare da vicende, che pur avendo una grande rilevanza, non sono il cuore della scelta che il Paese ci chiede. Qualche timido segnale di decelerazione c’è, ma da qui a fine anno la crisi toccherà il fondo…».

Un governo di larghe intese non rischia di avere le mani legate?
«Il governo ha le mani legate dal peso del debito, dalle scelte dell’Europa che non si smuovono da una linea di austerità e dalla eredità del governo di centrodestra, che ha assunto il fiscal compact e l’obiettivo del 3 per cento nel rapporto deficit pil. Se si ragiona entro questo limite le cose che il governo sta facendo, con poche risorse, sono tutte buone. Piccole cose, intendiamoci. Ma dopo anni di tagli, il provvedimento su cultura e spettacolo è un’inversione di tendenza. Ora dobbiamo chiedere uno sforzo ancor più grande per dare impulso all’occupazione e agli investimenti».

Prevede guerriglia in Parlamento?
«In questi giorni c’è una specie di bonaccia, paradossalmente si lavora in un clima diverso che fuori. Per questo ritengo ci sia bisogno di un tagliando, anche se mi hanno detto che ho usato una parola da Medioevo. Hanno detto che vogliono andare avanti? Ecco, siamo alla prova del fuoco. Il Paese vuole che si affrontino i problemi: scuola, esodati, precari della pubblica amministrazione…».

E il Porcellum?
«Due cose dobbiamo fare, il conflitto di interessi e la legge elettorale. Da settembre avanti tutta».

Se il Pdl non ci sta, il Pd voterà con Scelta civica e cinquestelle?
«Noi partiamo dal nostro testo e su quello tiriamo dritti. E poi valutiamo chi effettivamente vuole la riforma elettorale».

Intanto c’è chi, come Bersani e Renzi, spinge per andare a votare.
«In un grande partito possono esserci idee diverse, ma l’idea che il governo deve proseguire è una posizione condivisa».

Si dice che Letta mediti di staccare la spina per fermare Renzi…
«Se leggiamo tutto in una logica di contrapposizione interna non cogliamo la durezza della fase. Renzi mille volte ha detto “il governo va avanti se fa le cose”. Bersani ha detto “non facciamoci logorare”, Letta ha detto “non tiro a campare”. Sono tutti d’accordo su un punto: si va avanti per fare. Niente trame, questo è il cuore delle scelte. Ma quando c’è da dire dei no, si dicono dei no. Come finisce questa vicenda dell’Imu e dell’Iva? Le risorse vanno usate sia per ridurre le tasse, sia per sostenere gli investimenti e l’occupazione.»

Non volete si dica che è il governo del Pdl?
«Non lo era prima e non lo è, a maggior ragione, oggi».

Il Pd ha paura che Renzi faccia il segretario?
«Il segretario lo decidono gli iscritti e i nostri elettori, che si registreranno all’albo delle primarie. Le regole saranno rispettose di tutti. Le primarie saranno aperte, anche se ovviamente quelle per il premier lo sono di più, perché è un altro campo di gioco».

Renzi parlerà alle feste del Pd e chi non lo ama teme che soffi sul fuoco.
«Nessun timore. Renzi è molto più accorto di come talvolta viene dipinto, io penso che non soffierà sul fuoco».

Ritiene che il sindaco sia più adatto per Palazzo Chigi?
«Su questo ho le mie opinioni, in ogni caso il Pd ha bisogno di un segretario di alto profilo che innanzitutto si occupi del partito, l’unica forza politica non personale e quindi che va preservata e riformata. Poi è evidente che ognuno è libero di decidere dove candidarsi».

Lei si candida?
«No, lo confermo. Sono abituato a mantenere la parola».

E bufera sul giudice Esposito, chi ha ragione?
«Bisogna abbassare i toni. Al di là di quello che ha detto è meglio il riserbo per chi ha una funzione di giudice, anche se dall’altra parte sono arrivati attacchi non accettabili. Il gioco al massacro deve finire, per non indebolire le istituzioni».

«Ora basta propaganda, pensiamo tutti al Paese», di Arturo Celletti

L’Imu non è, non può essere, una priorità. E mettere in campo 4 miliardi ogni anno per eliminare l`imposta sulla prima casa è un errore, un imperdonabile errore di politica economica».
Matteo Colaninno, responsabile economico del Pd, sospira e va avanti, mettendo il Pdl sul banco degli imputati: «…Sì, un errore. Lo dico io, lo dice il Pd, ma lo dicono anche Confindustria, sindacati, imprenditori, Fondo monetario. Tutte le persone di buon senso sanno che il dibattito sull`Imu è scadente e scaduto.»

Che vuole dire?
Che l`Imu è solo una bandierina mediatica agitata da mesi dal Pdl. Che sull`Imu si è fatto per troppo tempo solo propaganda».

Il premier Letta ha però preso un impegno e il Pdl ha votato la fiducia tenendo conto delle sue assicurazioni sull`Imu.

È vero e troveremo una soluzione, ma necessariamente l`approdo dovrà essere diverso dai singoli punti di partenza delle singole forze politiche. Il Pdl dovrà fare delle rinunce, dovrà accettare dei compromessi, dovrà pensare al Paese e alle sue sofferenze. E, alla fine, il premier e il ministro dell`Economia dovranno trovare la via d`uscita mettendo a punto una proposta di mediazione perché l`esenzione totale dell`Imu sulla prima casa non è possibile.
E perché anche il Pd ha le sue priorità.

E si prepara a rivendicarle?
Non si tratta di rivendicare, si tratta di ricalibrare le scelte di politica economica. Si tratta di capire che per noi non c`è l`Imu, c`è la necessità assoluta di accantonare risorse per rifinanziare gli ammortizzatori sociali. Questa dovrà essere anche la priorità numero uno del governo. Vede, c`è la ripresa economica, ma il dramma della disoccupazione è tutt`altro che vinto. Perderemo ancora posti di lavoro e avremo più che mai bisogno di avere garantiti gli ammortizzatori sociali. Mancano 1 miliardo e duecento milioni per il 2013 e per il 2014 è tutto da vedere. Insisto: trovare 4 miliardi e metterli tutti sull`Imu in una fase così è un errore che non possiamo permetterci e che il Pd non accetterà mai di commettere.

C`è una sola priorità per il Pd?
No, c`è un altro punto decisivo: salvare il Paese. E per questo dico al Pdl di accettare, come noi, mediazioni e compromessi. È una fase delicata, complessa, dove l`unico vero obiettivo è guidare l`Italia fuori da una crisi economica che appare infinita. Oggi si intravede una possibile inversione del ciclo economico e aprire una crisi disordinata e incontrollata sarebbe una sciagura.

Sta dicendo che una crisi ci respingerebbe sul fondo?
Esattamente questo. Letta ha fatto bene, ha restituito all`Italia credibilità, ma il mondo ci guarda e una crisi di governo riscatenerebbe i dubbi della comunità politica e finanziaria. E allora dobbiamo tutti riflettere: saremmo folli se dessimo l`immagine di un Paese ingestibile e vanificassimo i sacrifici degli italiani.

Ora però la sentenza Mediaset rende tutto terribilmente più complicato.
Il nostro elettorato fatica di più a comprendere e ad accettare un governo Pd-Pdl e io comprendo il loro disagio, capisco la loro insofferenza… Però non abbiamo alternative. Possiamo allora essere solo ancora più esigenti e chiedere al governo di accelerare e di continuare a produrre ancora più fatti, ancora più leggi, ancora più atti concreti. Chiediamo risultati immediati e percepiti dall`opinione pubblica. E di mettere da parte bandierine me diatiche. Il governo non va avanti a ogni costo, va avanti se è in grado di fare questo, di far voltare pagina al Paese, di far tornare a crescere l`Italia.

Anche la cancellazione dell`Iva è una bandierina mediatica?
No, l`aumento va scongiurato e ce la metteremo tutta. Per i cittadini. Perché non si può più andare avanti con “tasse, tasse e tasse”. E perché agosto può essere il mese per mettere a punto i prossimi interventi: ammortizzatori, esodati, e più soldi a imprese e famiglie. Possiamo farcela. Serve solo un di più di responsabilità da parte di tutti.

da Avvenire 07.08.13