Latest Posts

Legge di stabilità: Bersani, ci sono cose da aggiustare

Pier Luigi Bersani ha messo in guardia sulla necessita’ di aggiustamenti alla legge di stabilita’, sicuramente su due punti centrali come scuola e sanita’. “Credo che ci siano cose da aggiustare”, ha detto il segretario del Pd arrivando ad un incontro con le associazioni a Roma. “Sono preoccupato di due cose – ha spiegato – la prima e’ la sanita’ e credo ci sia da dare una occhiata molto precisa agli effetti che provocheranno i tagli. Poi c’e’ la scuola. temo di non sbagliare dicendo che sotto la parola ‘ingegnerizzazione’ ci sia il taglio di 6.300-6.400 posti di lavoro”.
Dunque, ha insistito, “su questi punti vogliamo chiarimenti e siamo pronti ad intervenire per delle correzioni”.

agenzia Agi

Scuola, Ghizzoni “Ora pdl autogoverno garantisce partecipazione”

Alla Camera le norme, migliorate, relative alla autonomia delle istituzioni scolastiche. E’ stato approvato alla Camera in sede legislativa il progetto di legge 953 sull’autogoverno della scuola. Ora il testo passerà al vaglio del Senato. Si tratta di una norma profondamente trasformata rispetto al testo originario: “Così riscritta – dice Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione Cultura e Istruzione della Camera dei deputati – è in grado di garantire la partecipazione della comunità scolastica tutta alla vita degli istituti, delineando un modello di scuola partecipata”. “Oggi, dopo 3 anni dalla presentazione del testo originario, abbiamo approvato una norma profondamente trasformata. – lo dichiara Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione Cultura, scienze e Istruzione della Camera dei Deputati, dopo l’approvazione in sede legislativa del pdl 953 sull’autogoverno della scuola – La legge affronta il tema della governance e dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e, così riscritta, è in grado di garantire la partecipazione della comunità scolastica tutta alla vita degli istituti, delineando un modello di scuola partecipata. Altresì assicura che l’autonomia resti ben ancorata non solo al rispetto degli indirizzi individuati dalla legislazione nazionale e del dettato costituzionale, ma anche al principio della responsabilità, al patto di corresponsabilità e alla rendicontazione sociale. La Commissione ha accolto gli stimoli e le indicazioni giunti dalle associazioni professionali, dagli studenti, dal mondo sindacale, e – spiega la presidente Ghizzoni – ha lavorato nella formulazione di emendamenti migliorativi al testo originario. Ora spetta al Senato, anche attraverso una nuova fase di approfondimento e di audizione di tutti i soggetti coinvolti, proseguire nel percorso verso un nuovo protagonismo della comunità scolastica, che passa anche attraverso la valutazione dell’efficacia della legge: a due anni dall’entrata in vigore verrà avviato il monitoraggio voluto da questa Commissione. Il Parlamento – conclude Ghizzoni – tra i suoi compiti dovrebbe avere quello di verificare il funzionamento delle sue leggi, tutte.”

******

Scuola, Pd: legge su autogoverno è passo avanti per autonomia istituti

Coscia a Zazzera: basta creare allarmismo non c’è alcuna privatizzazione

“L’approvazione della legge sull’autogoverno è un passo avanti per l’autonomia degli istituti scolastici”. Così la capogruppo democratica nella commissione Cultura della Camera, Maria Coscia che sottolinea come “grazie a queste nuove norme si potranno superare, una volta per tutte, le gestioni centralistiche e burocratiche e puntare su un nuovo assetto capace di salvaguardare e rafforzare il sistema nazionale di istruzione per renderlo più moderno e semplificato ed in linea con le indicazioni e gli obiettivi europei. E’ evidente che per farlo è necessario ricominciare ad investire sull’istruzione e la formazione su tutto il territorio nazionale e per questo noi ci batteremo in ogni sede a partire dalla legge di stabilità. In ogni caso, questa legge offre un’opportunità importante e che potrà ulteriormente essere migliorata nel corso dell’esame al Senato. Non coglierlo è da miopi, per questo chiediamo all’Idv di svestire i panni della bassa propaganda e di smettere di creare allarmismo con false notizie. Speculare sulla condizione comatosa con cui il governo Berlusconi ha lasciato le scuole è da irresponsabili, bisogna adesso rimboccarsi le maniche. E noi del Pd lo facciamo tutti i giorni. Nel corso del dibattito parlamentare abbiamo sconfitto la linea aziendalista: in particolare non c’è più la norma che consentiva la trasformazione delle scuole in fondazioni e non c’è più la chiamata diretta degli insegnanti anche perché non c’è più il capitolo sul reclutamento del personale. Così come abbiamo cancellato, una volta per tutte, quelle norme che avrebbero potuto indurre alla privatizzazione della scuola statale. Zazzera dunque mente sapendo di mentire per tentare di strumentalizzare il disagio reale degli insegnati e degli studenti. Una cosa è chiara noi del Pd non accetteremo più alcun taglio all’istruzione e continueremo a batterci per reperire nuove risorse, non solo per difendere ma per potenziare la scuola pubblica”.

"Diminuiscono gli aborti. Ma è record di obiettori", di Riccardo Valdes

Dall’entrata in vigore della legge sull’ aborto, la 194 del 1978, in Italia si è registrata una costante diminuzione degli aborti, fino ad arrivare nel 2011 a registrare un decremento del 5,6 rispetto all’anno precedente. È il quadro tracciato dal ministro della Salute Renato Balduzzi nella presentazione alla Relazione 2012 sulla legge 194, che il ministro ha firmato e inviato ieri mattina al Parlamento.
Nella relazione vengono illustrati i dati preliminari per l’anno 2011 e i dati definitivi relativi all’anno 2010 sull’attuazione della legge n. 194 del 1978. «L’esperienza applicativa della legge n. 194 pone in evidenza come, dopo un iniziale aumento per la completa emersione dell’aborto dalla clandestinità, la cui entita prima della legalizzazione era stimata tra i 220 e i 500mila aborti l’anno, si sia potuta osservare una costante diminuzione dell’Ivg nel nostro Paese», sottolinea Balduzzi. In particolare nel 2011 sono state effettuate 109.538 Ivg (dato provvisorio), con un decremento del 5,6% rispetto al dato definitivo del 2010 (115.981 casi) e un decremento del 53,3% rispetto al 1982, anno in cui si e registrato il piu alto ricorso all’Ivg.
Se gli aborti calano in Italia, il numero di ginecologi, anestesisti e personale non medico obiettore continua invece a essere altissimo, anche se nel 2010, rispetto agli anni precedenti, sembra essersi stabilizzato almeno tra i medici. Tra i ginecologi infatti si è passati dal 58,7% del 2005 al 70,7% nel 2009 e al 69,3% nel 2010. È questo uno dei dati che emerge dalla relazione al Parlamento sulla legge 194 depositata oggi dal ministro della Salute, Renato Balduzzi. Per quanto riguarda gli anestesisti, negli stessi anni, il tasso di obiezione è passato dal 45,7% al 50,8%, mentre tra il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori di obiezione saliti dal 38,6% nel 2005 al 44,7% nel 2010. La relazione rileva comunque come al sud vi siano percentuali di obiezione più alte, superiori all’80%: 85,2% in Basilicata, 83,9% in Campania, 85,7% in Molise, 80,6% in Sicilia, come pure a Bolzano con l’81%. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud (con un massimo del 75% in Molise e in Campania e del 78,1% in Sicilia) e i più bassi in Toscana (27,7%) e in Valle d’Aosta (26,3%).
«Abbiamo più volte denunciato il fenomeno grave del numero troppo elevato di obiettori di coscienza, che rende difficile l’attuazione della legge 194. Le strutture ospedaliere devono garantire che le donne che decidono di fare ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza possano farlo senza incontrare troppi ostacoli». Lo dice la senatrice del Pd Vittoria Franco.

L’Unità 10.10.12

******

In 30 anni aborti dimezzati. Raddoppia l’uso di Ru486. Legge 194, la relazione del Ministro: “Potenziare i consultori”, di Rosaria Talarico

In Italia le donne abortiscono sempre di meno. Nel 2011 infatti le interruzioni volontarie di gravidanza (esclusi quindi gli aborti per cause naturali o per patologie) sono state 109.538, facendo registrare un meno 5,6% rispetto al 2010 (115.981 casi). Ma a balzare agli occhi è il confronto con il 1982, l’anno in cui il ricorso all’aborto ha toccato il picco con quasi 235 mila interruzioni di gravidanza: in trent’anni gli aborti sono calati di oltre la metà (-53,3%). Questi dati emergono dalla relazione al Parlamento sull’attuazione della legge 194 del 1978, che introdusse nel nostro ordinamento l’interruzione volontaria di gravidanza e le norme per la tutela sociale della maternità. Da allora passi avanti ne sono stati fatti parecchi, come ricorda lo stesso ministro della Salute Renato Balduzzi.
«La riduzione percentuale di aborti ripetuti – ha spiegato il ministro – è la più significativa dimostrazione del cambiamento nel tempo del rischio di gravidanze indesiderate, poiché, se tale rischio fosse rimasto costante nel tempo, si sarebbero avute attualmente percentuali doppie rispetto a quelle osservate». In questo un’opera costante di supporto e informazione viene svolta dai consultori familiari.
La sostanziale riduzione dell’aborto clandestino e l’eliminazione della mortalità materna purtroppo spesso conseguente è stata possibile, prosegue Balduzzi «grazie alla promozione di un maggiore e più efficace ricorso a metodi di procreazione consapevole, alternativi all’aborto, secondo gli auspici della legge. Per conseguire tale obiettivo è importante potenziare la rete dei consultori familiari, che costituiscono i servizi di gran lunga più competenti nell’attivazione di reti di sostegno per la maternità, in collaborazione con i servizi sociali dei comuni e con il privato sociale».
I dati sono stati raccolti grazie al contributo dell’Istituto superiore di sanità (Iss), il ministero della Salute e l’Istat da una parte, le Regioni e le Province autonome dall’altra. Il tasso di abortività (cioè numero delle interruzioni volontarie di gravidanza per mille donne in età feconda tra 15-49 anni) è l’indicatore più accurato per valutare il fenomeno. Nel 2011 è risultato pari a 7,8 per mille, con un decremento del 5,3% rispetto al 2010 (8,3 per mille). Il valore italiano è tra i più bassi di quelli osservati nei Paesi industrializzati.
A livello geografico, si sono verificati più aborti con minorenni nelle Isole (4,4%) ; seguono le regioni centrali (3,3%), quelle del Nord (3,2%) e l’Italia meridionale (3,1). Per quanto riguarda le Regioni, in testa alla classifica ci sono la Sicilia e la Liguria (4,5%).
Riferendosi al tasso di abortività (per 1.000 donne), si registrano più aborti con minorenni al Centro (5,4), quindi il Nord (5), le Isole (3,9) e il Sud (3,5). Tra le Regioni al primo posto c’è ancora la Liguria (8,5), poi il Piemonte (6,3) e il Lazio (6,2). Nel 2010 le interruzioni volontarie di gravidanza effettuate da minorenni (15-17 anni) sono state 3.828, il 3,3% del totale. L’autorizzazione all’aborto per le minorenni è stata data dai genitori nel 70,8% dei casi e dai giudici nel 27%.
Bilancio positivo anche sul fronte della Ru486, la contestatissima pillola del giorno dopo, introdotta in Italia nel2009. Non si sono registrate complicazioni successive al suo utilizzo nel 96,1% dei casi. Inoltre se nel 2010 la pillola era stata usata in 3.836 casi (il 3,3% del totale), solo nel primo semestre 2011 si contano quasi altrettanti casi (3.404), facendo ipotizzare che il dato finale sarà circa raddoppiato. Particolare attenzione dovrà invece essere rivolta alle donne straniere, a maggior rischio di ricorso all’aborto.

La Stampa 10.10.12

"Diminuiscono gli aborti. Ma è record di obiettori", di Riccardo Valdes

Dall’entrata in vigore della legge sull’ aborto, la 194 del 1978, in Italia si è registrata una costante diminuzione degli aborti, fino ad arrivare nel 2011 a registrare un decremento del 5,6 rispetto all’anno precedente. È il quadro tracciato dal ministro della Salute Renato Balduzzi nella presentazione alla Relazione 2012 sulla legge 194, che il ministro ha firmato e inviato ieri mattina al Parlamento.
Nella relazione vengono illustrati i dati preliminari per l’anno 2011 e i dati definitivi relativi all’anno 2010 sull’attuazione della legge n. 194 del 1978. «L’esperienza applicativa della legge n. 194 pone in evidenza come, dopo un iniziale aumento per la completa emersione dell’aborto dalla clandestinità, la cui entita prima della legalizzazione era stimata tra i 220 e i 500mila aborti l’anno, si sia potuta osservare una costante diminuzione dell’Ivg nel nostro Paese», sottolinea Balduzzi. In particolare nel 2011 sono state effettuate 109.538 Ivg (dato provvisorio), con un decremento del 5,6% rispetto al dato definitivo del 2010 (115.981 casi) e un decremento del 53,3% rispetto al 1982, anno in cui si e registrato il piu alto ricorso all’Ivg.
Se gli aborti calano in Italia, il numero di ginecologi, anestesisti e personale non medico obiettore continua invece a essere altissimo, anche se nel 2010, rispetto agli anni precedenti, sembra essersi stabilizzato almeno tra i medici. Tra i ginecologi infatti si è passati dal 58,7% del 2005 al 70,7% nel 2009 e al 69,3% nel 2010. È questo uno dei dati che emerge dalla relazione al Parlamento sulla legge 194 depositata oggi dal ministro della Salute, Renato Balduzzi. Per quanto riguarda gli anestesisti, negli stessi anni, il tasso di obiezione è passato dal 45,7% al 50,8%, mentre tra il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori di obiezione saliti dal 38,6% nel 2005 al 44,7% nel 2010. La relazione rileva comunque come al sud vi siano percentuali di obiezione più alte, superiori all’80%: 85,2% in Basilicata, 83,9% in Campania, 85,7% in Molise, 80,6% in Sicilia, come pure a Bolzano con l’81%. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud (con un massimo del 75% in Molise e in Campania e del 78,1% in Sicilia) e i più bassi in Toscana (27,7%) e in Valle d’Aosta (26,3%).
«Abbiamo più volte denunciato il fenomeno grave del numero troppo elevato di obiettori di coscienza, che rende difficile l’attuazione della legge 194. Le strutture ospedaliere devono garantire che le donne che decidono di fare ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza possano farlo senza incontrare troppi ostacoli». Lo dice la senatrice del Pd Vittoria Franco.
L’Unità 10.10.12
******
In 30 anni aborti dimezzati. Raddoppia l’uso di Ru486. Legge 194, la relazione del Ministro: “Potenziare i consultori”, di Rosaria Talarico
In Italia le donne abortiscono sempre di meno. Nel 2011 infatti le interruzioni volontarie di gravidanza (esclusi quindi gli aborti per cause naturali o per patologie) sono state 109.538, facendo registrare un meno 5,6% rispetto al 2010 (115.981 casi). Ma a balzare agli occhi è il confronto con il 1982, l’anno in cui il ricorso all’aborto ha toccato il picco con quasi 235 mila interruzioni di gravidanza: in trent’anni gli aborti sono calati di oltre la metà (-53,3%). Questi dati emergono dalla relazione al Parlamento sull’attuazione della legge 194 del 1978, che introdusse nel nostro ordinamento l’interruzione volontaria di gravidanza e le norme per la tutela sociale della maternità. Da allora passi avanti ne sono stati fatti parecchi, come ricorda lo stesso ministro della Salute Renato Balduzzi.
«La riduzione percentuale di aborti ripetuti – ha spiegato il ministro – è la più significativa dimostrazione del cambiamento nel tempo del rischio di gravidanze indesiderate, poiché, se tale rischio fosse rimasto costante nel tempo, si sarebbero avute attualmente percentuali doppie rispetto a quelle osservate». In questo un’opera costante di supporto e informazione viene svolta dai consultori familiari.
La sostanziale riduzione dell’aborto clandestino e l’eliminazione della mortalità materna purtroppo spesso conseguente è stata possibile, prosegue Balduzzi «grazie alla promozione di un maggiore e più efficace ricorso a metodi di procreazione consapevole, alternativi all’aborto, secondo gli auspici della legge. Per conseguire tale obiettivo è importante potenziare la rete dei consultori familiari, che costituiscono i servizi di gran lunga più competenti nell’attivazione di reti di sostegno per la maternità, in collaborazione con i servizi sociali dei comuni e con il privato sociale».
I dati sono stati raccolti grazie al contributo dell’Istituto superiore di sanità (Iss), il ministero della Salute e l’Istat da una parte, le Regioni e le Province autonome dall’altra. Il tasso di abortività (cioè numero delle interruzioni volontarie di gravidanza per mille donne in età feconda tra 15-49 anni) è l’indicatore più accurato per valutare il fenomeno. Nel 2011 è risultato pari a 7,8 per mille, con un decremento del 5,3% rispetto al 2010 (8,3 per mille). Il valore italiano è tra i più bassi di quelli osservati nei Paesi industrializzati.
A livello geografico, si sono verificati più aborti con minorenni nelle Isole (4,4%) ; seguono le regioni centrali (3,3%), quelle del Nord (3,2%) e l’Italia meridionale (3,1). Per quanto riguarda le Regioni, in testa alla classifica ci sono la Sicilia e la Liguria (4,5%).
Riferendosi al tasso di abortività (per 1.000 donne), si registrano più aborti con minorenni al Centro (5,4), quindi il Nord (5), le Isole (3,9) e il Sud (3,5). Tra le Regioni al primo posto c’è ancora la Liguria (8,5), poi il Piemonte (6,3) e il Lazio (6,2). Nel 2010 le interruzioni volontarie di gravidanza effettuate da minorenni (15-17 anni) sono state 3.828, il 3,3% del totale. L’autorizzazione all’aborto per le minorenni è stata data dai genitori nel 70,8% dei casi e dai giudici nel 27%.
Bilancio positivo anche sul fronte della Ru486, la contestatissima pillola del giorno dopo, introdotta in Italia nel2009. Non si sono registrate complicazioni successive al suo utilizzo nel 96,1% dei casi. Inoltre se nel 2010 la pillola era stata usata in 3.836 casi (il 3,3% del totale), solo nel primo semestre 2011 si contano quasi altrettanti casi (3.404), facendo ipotizzare che il dato finale sarà circa raddoppiato. Particolare attenzione dovrà invece essere rivolta alle donne straniere, a maggior rischio di ricorso all’aborto.
La Stampa 10.10.12

Cesare Damiano, Pd “Salviamo gli esodati senza toccare la riforma”, di Salvatore Cannavò

È stato indicato come colui che vuole smontare la riforma Fornero sulle pensioni. Ma Cesare Damiano, deputato Pd in Commissione Lavoro già ministro del Welfare nell’ultimo governo Prodi, non ci sta a passare per guastafeste e nemmeno per colui che vuole affossare Monti. “In realtà – spiega in questa intervista al Fatto – è il ministro Fornero che ha lanciato un allarme spropositato realizzando un autogol per il governo. A noi interessa solo la questione esodati e a quella ci atteniamo”. Contro Fornero, Damiano non usa mezzi termini, segno di un rapporto sempre più logorato tra il ministro e il Partito democratico.
Onorevole Damiano, ci spiega qual è l’obiettivo di questa proposta di legge che è sembrata essere una mina sulla strada dell’esecutivo.
L’obiettivo, nonostante la controinformazione che fa il ministro Fornero, non è quello di smontare la sua riforma, ma di correggerne gli errori. Quando parliamo di errori alludiamo a una riforma che ha cancellato qualsiasi gradualità e transizione e causato quel fenomeno di lavoratori che sono rimasti senza stipendio, perché si sono licenziati in buona fede, e che dovranno aspettare anni prima di riscuotere la pensione. Questo errore va corretto e la nostra iniziativa è unitaria di tutta la commissione e non di parte o propagandistica.
Però voi avete introdotto il progetto di legge in esame alla Camera con un articolo, il primo, che vuole riformare l’attuale legge sulle pensioni
Il nostro progetto di legge parla solo di estendere agli uomini l’attuale legge che prevede per le donne di poter andare in pensione con 35 anni di contributi e 58 di età a patto che queste persone accettino la liquidazione dell’assegno con il calcolo contributivo. Vuole sapere da chi è stata avanzata questa idea? Non certo da noi.
E da chi?
Dal ministro Fornero nella sua replica alla Camera il 20 giugno. Gliela leggo integralmente: ‘Da ultimo sempre nella valutazione del costo collettivo e dell’impatto sul trattamento previdenziale si potrebbe considerare di ricorrere a una norma per estendere il contributivo retroattivo anche per gli uomini – ricordo che tale norma è già in vigore per le donne – come opzione di scelta da demandare a lavoratore e azienda’.
Questo l’ha detto il ministro Fornero?
Esatto. È un suo suggerimento e noi l’abbiamo tradotto in forma di legge. E vuole sapere chi ha voluto inserire questa norma nella proposta?
Dica.
L’onorevole Giuliano Cazzola, Pdl, che si è fatto interprete del suggerimento del ministro. Quindi, la logica dei gradini è stata ispirata dal ministro che ora si lamenta. Per quel che mi riguarda quella norma può essere tolta, non l’abbiamo mai caldeggiata. Noi caldeggiamo solo la soluzione per gli esodati, lavoratori in mobilità, prosecutori volontari e licenziati individuali.
Sta dicendo che il Pd non chiede la riforma o la correzione delle pensioni?
Con l’applicazione del calcolo contributivo quella norma non sarebbe recepita dai lavoratori. Per parte nostra può decadere.
Vi concentrate, quindi, sui 270 mila esodati per i quali non è stata ancora trovata soluzione.
Mi sono stancato di inseguire i numeri. Noi parliamo di diritti e vogliamo salvaguardare queste persone.
Ma la copertura dove si trova? Quella indicata dalla vostra legge, i giochi on line, è stata bocciata dalla Ragioneria.
Si può trovare nella spending review 2: una quota dei soldi risparmiati può essere destinata alla salvaguardia degli esodati.
Il governo sta pensando a una soluzione graduale non ancora precisata. Sareste d’accordo?
Una soluzione deve essere trovata e se la soluzione aiuta la discuteremo. Importante è che abbiamo rimesso il problema al centro della discussione.
Siete però accusati di fare un’operazione squisitamente elettorale, in vista anche delle primarie del centrosinistra.
È un’accusa falsa e infondata. Abbiamo a cuore un problema sociale. La proposta è unitaria e i soldi risparmiati possono essere utilizzati per questo obiettivo.
Vi accusano anche di voler far saltare l’agenda Monti.
Non facciamo saltare nessuna agenda Monti. Quando il ministro ripete che noi vogliamo la controriforma è lei che dà l’impressione che si voglia far saltare Monti. Ma noi non abbiamo messo in discussione né i 67 anni necessari per la pensione di vecchiaia, né quelli per la pensione di anzianità, né l’età pensionabile delle donne. Stiamo intervenendo sugli esodati. Il punto per noi è solo questo.
Da quello che sta dicendo possiamo desumere che l’articolo 1 del progetto di legge sarà cassato?
I lavoratori lo guardano con grande sospetto per via della forte decurtazione: quindi, per quello che mi riguarda, è un falso problema. Se è un ostacolo, può essere eliminato. Ma il ministro non si lamenti, l’ha suggerito lei.

Il Fatto Quotidiano 10.10.12

"Non più idonei. Quei docenti fantasma scartati dalla scuola" di Luciana Cimino

La professoressa Anna Maria Casacca,insegnante dal 1983, ricorda precisamente il giorno in cui le diagnosticarono la malattia. «Era il 24 agosto del 1998, dissero a mio marito che non sarei sopravvissuta 48 ore». Leucemia mioloide acuta fu il verdetto. Poi arrivò il trapianto di cellule staminali, un anno in isolamento, un altro in convalescenza. Alla fine è tornata a scuola, ma non in aula. È diventata docente “inidonea”, quel termine che si usa per indicare gli insegnanti che a causa di malattie gravi e invalidanti (sla, tumori, sclerosi) non possono più reggere le ore di lezione ma contribuiscono in altri modi alla didattica. Anna Maria da allora si occupa di alunni disabili, bambini rom o figli di migranti. Tiene progetti sull’intercultura. «A me insegnare piaceva tantissimo ma questa nuova esperienza è stata una rinascita». Ora però AnnaMaria comegli altri 3500 docenti inidonei (poco più del 2% del totale insegnanti della scuola pubblica) con il DL 95 del luglio 2012, la cosiddetta “spendingreview”, saranno trasformati forzatamente in personale ATA (assistenti tecnico amministrativi). Il che equivalea altrettanti amministrativi precari, che fino ad ora hanno sorretto le segreterie, che perdono il lavoro. «Il declassamento – dice la professoressa io lo prendo come una punizione per la mia malattia, perché non sono stata incapace o lavativa». Come altri suoi colleghi Anna Maria ha scelto di posare per la campagna fotografica di denuncia di Renata Romagnoli, sorella di una in idonea con gravi problemi di salute. «Ci è sembrato un bel modo per attirare l’attenzione su di noi – spiega Filippo Agostini,ex maestro, ora dopo la malattia bibliotecario a Torrita Tiberina – i giornali finora ci hanno snobbato, abbiamo parlato con i deputati di tutti gli schieramenti: a parole stanno con noi ma hanno la spending review come una spada di Damocle». Filippoinsegnava in una scuolamaterna, «mi piace tantissimo fare il maestro», poi la spondololistesi che gli ha impedito di prendere in braccio i bambini o chinarsi. «Ci mandano a fare del lavoro amministrativo, che non ci possono neanche insegnare perché non ci sono soldi, togliendo quei posti a chi ne ha diritto, mentre ci penalizzano con lo stipendio e con la pensione».Grazie allavoro di Filippo orail paesino laziale ha una biblioteca informatizzata, aperta al territorio. Lo stesso fa Annamaria Salierno (maestra fino a che non ha perso l’udito per un tumore all’orecchio) nella biblioteca di un liceo scientifico di Ostia. «L’abbiamo messa a posto nel 2008 grazie ai soldi di una fondazione. Ora ha 17 postazioni multimediali. I professori vengono a tenere lezioni particolari, i ragazzi vengono a studiare nell’ora di buco o nel pomeriggio. Abbiamo prestato in un anno 500 libri al quartiere». «Mi addolora che con l’eliminazione della nostra figura, ritenuta inutile e costosa, tutto ciò andrà perso». Causa tagli non ci saranno bibliotecari a sostituire gli inidonei, e lefunzioni di didatticae laboratori non saranno rifinanziate. «Ci sarà solo una guerra tra poveri tra noi e gli Ata», dice amareggiata Annamaria. E forse anche esuberi. Perché non ci sono abbastanza posti amministrativi. Nella provincia di Roma, ad esempio, gli inidonei sono 360, i posti Ata 140. «Siamo docenti umiliati, declassati e pure in eventuale esubero. E al governo pensano che siamo “lavoratori imboscati”, fa male» sintetizza Titti Mazzacane. A luglio ha fatto 12 giorni di sciopero della fame. «In questi 15 mesi di lotta con i Cobas e ho incontrato persone che nonostante la malattia vogliono investire energie contribuendo al lavoro scolastico», dice lei che dall’88 ha perso le corde vocali («sono stata un anno senza voce, ora non riesco a tenere il volume adatto a una classe»). Adesso si occupa dei laboratori scientifici. «Siamo un vantaggio per la scuola, che può arricchire l’offerta formativa». Il segretario generale della Flc Cgil Mimmo Pantaleo ieri, annunciando lo sciopero della scuola del 12 ottobre, ha parlato di «una norma odiosa sul piano della civiltà, non si spediscono le persone come pacchi facendo un doppio danno a docenti e precari Ata». Per i docenti inidonei la via è una sola, spiega Titti: «la dispensa non è la panacea, il ricorso non tutti se lo possono permettere, la legge deve solo essere cassata, non si salva l’Italia con il sacrificio nostro e dei precari».

L’Unità 10.10.12

"Non più idonei. Quei docenti fantasma scartati dalla scuola" di Luciana Cimino

La professoressa Anna Maria Casacca,insegnante dal 1983, ricorda precisamente il giorno in cui le diagnosticarono la malattia. «Era il 24 agosto del 1998, dissero a mio marito che non sarei sopravvissuta 48 ore». Leucemia mioloide acuta fu il verdetto. Poi arrivò il trapianto di cellule staminali, un anno in isolamento, un altro in convalescenza. Alla fine è tornata a scuola, ma non in aula. È diventata docente “inidonea”, quel termine che si usa per indicare gli insegnanti che a causa di malattie gravi e invalidanti (sla, tumori, sclerosi) non possono più reggere le ore di lezione ma contribuiscono in altri modi alla didattica. Anna Maria da allora si occupa di alunni disabili, bambini rom o figli di migranti. Tiene progetti sull’intercultura. «A me insegnare piaceva tantissimo ma questa nuova esperienza è stata una rinascita». Ora però AnnaMaria comegli altri 3500 docenti inidonei (poco più del 2% del totale insegnanti della scuola pubblica) con il DL 95 del luglio 2012, la cosiddetta “spendingreview”, saranno trasformati forzatamente in personale ATA (assistenti tecnico amministrativi). Il che equivalea altrettanti amministrativi precari, che fino ad ora hanno sorretto le segreterie, che perdono il lavoro. «Il declassamento – dice la professoressa io lo prendo come una punizione per la mia malattia, perché non sono stata incapace o lavativa». Come altri suoi colleghi Anna Maria ha scelto di posare per la campagna fotografica di denuncia di Renata Romagnoli, sorella di una in idonea con gravi problemi di salute. «Ci è sembrato un bel modo per attirare l’attenzione su di noi – spiega Filippo Agostini,ex maestro, ora dopo la malattia bibliotecario a Torrita Tiberina – i giornali finora ci hanno snobbato, abbiamo parlato con i deputati di tutti gli schieramenti: a parole stanno con noi ma hanno la spending review come una spada di Damocle». Filippoinsegnava in una scuolamaterna, «mi piace tantissimo fare il maestro», poi la spondololistesi che gli ha impedito di prendere in braccio i bambini o chinarsi. «Ci mandano a fare del lavoro amministrativo, che non ci possono neanche insegnare perché non ci sono soldi, togliendo quei posti a chi ne ha diritto, mentre ci penalizzano con lo stipendio e con la pensione».Grazie allavoro di Filippo orail paesino laziale ha una biblioteca informatizzata, aperta al territorio. Lo stesso fa Annamaria Salierno (maestra fino a che non ha perso l’udito per un tumore all’orecchio) nella biblioteca di un liceo scientifico di Ostia. «L’abbiamo messa a posto nel 2008 grazie ai soldi di una fondazione. Ora ha 17 postazioni multimediali. I professori vengono a tenere lezioni particolari, i ragazzi vengono a studiare nell’ora di buco o nel pomeriggio. Abbiamo prestato in un anno 500 libri al quartiere». «Mi addolora che con l’eliminazione della nostra figura, ritenuta inutile e costosa, tutto ciò andrà perso». Causa tagli non ci saranno bibliotecari a sostituire gli inidonei, e lefunzioni di didatticae laboratori non saranno rifinanziate. «Ci sarà solo una guerra tra poveri tra noi e gli Ata», dice amareggiata Annamaria. E forse anche esuberi. Perché non ci sono abbastanza posti amministrativi. Nella provincia di Roma, ad esempio, gli inidonei sono 360, i posti Ata 140. «Siamo docenti umiliati, declassati e pure in eventuale esubero. E al governo pensano che siamo “lavoratori imboscati”, fa male» sintetizza Titti Mazzacane. A luglio ha fatto 12 giorni di sciopero della fame. «In questi 15 mesi di lotta con i Cobas e ho incontrato persone che nonostante la malattia vogliono investire energie contribuendo al lavoro scolastico», dice lei che dall’88 ha perso le corde vocali («sono stata un anno senza voce, ora non riesco a tenere il volume adatto a una classe»). Adesso si occupa dei laboratori scientifici. «Siamo un vantaggio per la scuola, che può arricchire l’offerta formativa». Il segretario generale della Flc Cgil Mimmo Pantaleo ieri, annunciando lo sciopero della scuola del 12 ottobre, ha parlato di «una norma odiosa sul piano della civiltà, non si spediscono le persone come pacchi facendo un doppio danno a docenti e precari Ata». Per i docenti inidonei la via è una sola, spiega Titti: «la dispensa non è la panacea, il ricorso non tutti se lo possono permettere, la legge deve solo essere cassata, non si salva l’Italia con il sacrificio nostro e dei precari».
L’Unità 10.10.12