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"Gli imbrogli della Lega", di Michele Brambilla

Nella nostra candida ingenuità, quando abbiamo saputo che Roberto Cota e Luca Zaia avrebbero disertato l’incontro di domani tra governo e Regioni per partecipare invece alla riunione del «Parlamento del Nord», abbiamo pensato che il nuovo presidente del Consiglio avrebbe più di un motivo per sentirsi offeso. In un attimo siamo stati però riportati sulla terra dalle notizie d’agenzia, dalle quali abbiamo appreso che lo screanzato è Mario Monti, e gli «offesi» Cota e Zaia. «È una provocazione, uno sgarbo istituzionale», ha detto il presidente del Piemonte della convocazione a Roma. «Si è voluto fissare l’appuntamento alla stessa ora della nostra riunione, c’è stata poca sensibilità», ha aggiunto il presidente del Veneto.

Come nella manzoniana notte degli imbrogli, nella versione leghista dei fatti le vittime sembrano i ribaldi, e viceversa. Lo sgarbo istituzionale diventa la convocazione, da parte del governo, dei rappresentanti delle Regioni, non il dar buca all’appuntamento. Allo stesso modo una riunione in cui si dovranno illustrare misure attese da tutto il mondo diventa «un’inutile formalità», come l’hanno definita Cota e Zaia, mentre il «parlamento del Nord» è un’irrinunciabile assise istituzionale. È solo il caso di ricordare che, se Monti ha deciso di incontrare le Regioni la domenica, non è per un capriccio, ma perché per il giorno dopo è previsto il varo del pacchetto anticrisi; e di ricordare pure che oltre ai governatori sono stati chiamati a Roma anche i sindacati.

Ma la Lega pare ormai aver imboccato una strada che già più volte aveva scelto di seguire: quella che porta a un mondo di cartapesta popolato di ministeri mai aperti, di gazebo per referendum che decidono la secessione, di giuramenti sui sacri suoli e di riti dell’ampolla, di parlamenti del Nord che si spostano negli anni da una villa di campagna del Mantovano a un’altra di Vicenza e infine – come sarà domani – a un padiglione della Fiera perché la «sede-del-parlamento-del-Nord» è occupata per una festa di battesimo la mattina e una festa di laurea il pomeriggio.

Ci sarebbe da sorridere di questa specie di Paperopoli o Topolinia della politica. Ma dietro a questo ritorno al folklore a tempo pieno c’è un preciso calcolo politico: trarre profitto dal malcontento che le misure del governo Monti inevitabilmente provocheranno; tornare partito di lotta, cavalcare la protesta, far dimenticare di essere stati al governo quasi nove anni negli ultimi dieci e mezzo; e infine raccogliere i frutti alle prossime elezioni. E così i governatori di due regioni-chiave per l’economia italiana non si degnano neppure di sentire dal nuovo governo quali saranno le misure decise per affrontare la crisi: nella convinzione che optando per Vicenza piuttosto che per Roma daranno soddisfazione al proprio elettorato.

Ma davvero Cota e Zaia pensano, con questa scelta, di rappresentare i propri territori? Davvero sono sicuri che gli imprenditori del Nord li preferiscano al parlamento padano piuttosto che al tavolo con Monti, Passera, Fornero? Nei giorni scorsi il nostro Marco Alfieri ha saggiato gli umori degli amministratori locali e della piccola e media impresa del Varesotto e del Nord-Est – terre leghiste quant’altre mai – e dalle sue inchieste non emerge affatto un entusiasmo per l’Aventino deciso da Bossi. In un momento in cui tutti – anche chi si scannava fino a poche settimane fa – hanno firmato un armistizio per cercare di fronteggiare un’emergenza che fa paura, la Lega continua a vivere nel suo mondo parallelo e fantastico.

O perlomeno la Lega ufficiale. Perché sotto sotto i dubbi si stanno facendo strada. Più di un colonnello è perplesso di fronte alla scelta radicale decisa da Bossi. C’è chi pensa che stare all’opposizione sia anche giusto, ma che vada ridefinito il «come» starci. Dicendo di no a tutto? Urlando che il Nord se ne va per i fatti suoi? O magari annunciando unificazioni con la Svizzera? C’è chi pensa che questi slogan non solo non servono a niente, ma non incantano più neppure i gonzi. Non è un mistero che Roberto Maroni, ad esempio, stia incontrando imprenditori e rappresentanti di categorie per cercare di capire che contributo la Lega possa concretamente dare, al di là del fumo degli occhi come l’inesistente parlamento del Nord che si riunisce domani.

La Stampa 03.12.11