Giorno: 3 Dicembre 2011

"Previdenza: cosa non va", di Cesare Damiano e Pier Paolo Baretta

Tempo fa dalle colonne di questo giornale abbiamo avanzato una proposta di riforma pensionistica successivamente tradotta in un disegno di legge di cui siamo i primi firmatari. Torniamo sul tema perché nella stessa direzione si è mosso Tiziano Treu con una analoga proposta di legge al Senato. Inoltre, in un seminario organizzato dalle nostre associazioni, Lavoro&Welfare e Ares, la presentazione di questo progetto di legge ha riscosso importanti apprezzamenti dai rappresentanti del sindacato e dallo stesso Giuliano Cazzola, esponente del Pdl. Si è così aperto un dibattito che travalica la stessa emergenza che porterà il governo a prendere decisioni che, ci auguriamo, siano più orientate alla prospettiva che alla sola cassa. Abbiamo già avuto modo disottolineare il fatto che la Nota di aggiornamento del 2011, redatta dal Ministero dell`Economia e delle Finanze, presentata dall`ex presidente del Consiglio e dall`ex ministro dell`Economia e approvata dal Consiglio dei ministri il 22 settembre scorso, recita a pag.23: «Considerando complessivamente gli ultimi interventi di riforma in materia di requisiti di accesso al pensionamento che iniziano a manifestare i relativi …

L'Italia torni ad essere fabbrica di cultura. Relazione introduttiva di Matteo Orfini

Grazie a tutti voi per aver scelto di dedicare questo fine settimana alla nostra riflessione. Comincia oggi l’ultima tappa di un percorso lungo e impegnativo, che ha attraversato più di settanta città, mettendo la cultura al centro dell’agenda politica del Partito democratico. Due mesi di lavoro, cominciati il 1 ottobre a Catanzaro e terminati ieri sera, ad Ancona. Quando decidemmo di convocare gli stati generali della cultura non speravamo in una risposta così importante. Migliaia di persone hanno contribuito con passione, con voglia di confrontarsi, di spendersi con rinnovato impegno civile in un momento difficile per l’Italia. Questi due mesi di lavoro hanno fatto prima di tutto bene a noi, al Partito democratico, convincendoci ancora di più che qui c’è un patrimonio intellettuale di cui davvero non è possibile fare a meno e di cui non faremo a meno. Un’energia vitale e creativa che vuole fare la sua parte e che si sente ingabbiata, incatenata da un coacervo di problemi e difficoltà che non le consentono di sprigionarsi. Quando abbiamo cominciato questo percorso la crisi …

"I privilegi vanno aboliti. Ma di tutti", di Giorgio Merlo

Al netto della demagogia, del populismo e dell’ipocrisia che accompagna ormai da molti mesi la violenta campagna antipolitica che è stata scatenata nel nostro paese, le recenti misure che hanno riguardato i parlamentari, i vitalizi, le retribuzioni sono da salutare positivamente. Certo, fa un certo effetto leggere quotidianamente gli strali dei commentatori tv e degli organi di stampa, dei direttori dei grandi giornali, dei conduttori dei vari talk show televisivi e dei grandi soloni opinion leader – quasi tutti accompagnati da lauti stipendi e prebende, il più delle volte milionari oggi, miliardari ieri – contro la classe politica, il prezzo del caffè alla buvette, il costo del “secondo” alla mensa della camera, la cifra della “diaria”, il ruolo del portaborse ecc. ecc. Ma ormai ci siamo abituati. Se costoro, cioè se questi milionari vogliono raccogliere un applauso in qualsiasi ora della giornata in tv o ricevere un plauso dai lettori del giornale e dai commenti sui blog devono, per forza di cose, prima contestare poi delegittimare e quindi sputtanare la classe politica parlamentare, le loro …

"Il male della precarietà. Così si toglie il futuro alle nuove generazioni", di Ilaria Lari

I giovani hanno pagato il conto più salato della crisi. Lo ha confermato ieri il rapporto annuale del Censis con i dati impietosi di 1 milione di giovani che hanno perso il lavoro negli ultimi quattro anni e quasi un giovane su quattro non studia e non lavora. Come prevedibile la precarietà si è presto trasformata in disoccupazione. Pensare che ci avevano raccontato che i contratti flessibili sarebbero stati un trampolino per accedere al mondo del lavoro e incentivare l’occupazione. Così non è stato e i decisori politici dovrebbero apprendere la lezione, piuttosto che perpetuare un modello insostenibile che penalizza i più deboli e consegna le giovani generazioni ad un futuro che appare loro predestinato, magari in virtù del contesto sociale e familiare di provenienza. La discontinuità del lavoro diventa infatti una barriera enorme nel difficile percorso verso l’indipendenza economica e la famiglia rimane l’unico ammortizzatore sociale disponibile. Basti pensare che una buona parte dei precari che ha perso il lavoro non ha ricevuto alcun sostegno al reddito e il misero bonus precari, istituito dal …

"Il buon esempio è necessario", di Gian Antonio Stella

Niente scherzi. Dopo avere già assistito in questi anni all’incenerimento di «375 mila leggi inutili», all’«abolizione di tutte le Province», a «tagli epocali ai costi della politica », alla «più spettacolare riduzione delle tasse di tutti i tempi», al «taglio di 50 mila poltrone», al «raddoppio del contributo di solidarietà» sulle buste paga dei parlamentari e via tambureggiando in una serie di annunci trionfali evaporati nel nulla, i cittadini non potrebbero perdonare un altro zuccherino propagandistico. Gli italiani lo sanno: rotto l’incantesimo del «siamo messi meglio degli altri », la situazione è pesante. Sanno che, per il bene dei figli e dei nipoti, saranno toccate le pensioni. Che, per sottrarre i Comuni con l’acqua alla gola al ricatto di cedere in cambio degli oneri di urbanizzazione su varianti urbanistiche che devastano il paesaggio, sarà reintrodotta (si spera con una equa gradualità) una tassa sulla prima casa. Sanno che c’è il rischio di un aumento delle aliquote fiscali per i redditi più alti. Ma guai se, chiamati a fare sacrifici dopo aver già visto nell’ultimo decennio …

"In lieve calo la dispersione scolastica. Profumo: Non servono altre riforme", di Alessandra Migliozzi

Nel 2010, secondo i dati diffusi ieri dal Censis, la percentuale dei 18-24enni che hanno smesso di studiare e hanno in tasca solo il titolo di scuola media è passata dal 19,2% al 18,8%. Piccoli segnali di miglioramento sul fronte della dispersione scolastica. L’obiettivo europeo di arrivare (entro il 2020) al 10% massimo di giovani che lasciano gli studi senza aver preso un diploma superiore è ancora lontanissimo. Ma qualcosa si muove: nel 2010, secondo i dati diffusi ieri dal Censis, la percentuale dei 18-24enni che hanno smesso di studiare e hanno in tasca solo il titolo di scuola media è passata dal 19,2% al 18,8%. Ma restano ampi margini di criticità: solo il 75% dei 19enni raggiunge il diploma. Troppo pochi secondo gli standard europei. Poi ci sono casi limite, come quello della Sicilia dove i ragazzi che abbandonano presto la scuola sono il 25%. Uno su quattro. Nel Centro Italia il dato si ferma al 14,8%. A sconfortare più dei numeri sono le motivazioni: i ragazzi non credono più nella formazione come strumento …

"Italia, un paese fragile in cerca del Rinascimento", di Guido Crainz

Il rapporto del Censis è attraversato dall´urgenza di invertire la rotta. Di ritrovare quella responsabilità collettiva che è stata decisiva nei momenti più difficili della nostra storia: unico modo per porre fine al “disastro antropologico” degli ultimi anni, a un deterioramento della nostra immagine internazionale che abbiamo vissuto «con dolore e con vergogna». Occorre insomma, ribadisce il Censis, ritornare a “desiderare “, contrastare al tempo stesso il declino e la cultura del declino. Il rapporto evoca anche l´attacco speculativo di questi mesi, che ha visto in noi l´anello debole. E sottolinea la nostra incapacità di governare i processi reali, accresciuta dalla verticalizzazione e dalla personalizzazione del potere ma anche da una più generale povertà della politica. Una politica in crisi radicale di credibilità: solo un italiano su quattro dichiara di aver fiducia nel parlamento o nel governo, ed è fortissima una disattesa richiesta di onestà. Si è aperto in questo modo – prosegue il Censis – un vuoto enorme: quasi che la società possa sopravvivere e crescere “relegando milioni di persone ad essere una moltitudine …