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"Effetto-Napolitano: le liti sull’articolo 18 si sgonfiano", di Mariantonietta Colimberti

Tanto rumore per nulla. Giorni di polemiche, parole durissime e sindacalisti uniti in piazza, allarme rosso nel Partito democratico vittima designata delle riforme con difficili risvolti sociali, addirittura il presidente della repubblica che intima che «si blocchi sul nascere ogni esasperazione polemica».
Tutto senza motivo, perché in realtà la ministro Fornero non ha in mente «nulla di particolare che riguardi l’articolo 18». È «caduta in trappola nell’intervista» rilasciata al Corriere della Sera, «a causa della mia inesperienza e ingenuità». Poi l’immancabile stoccatina ai giornalisti, che «sono bravissimi a tendere trappole».
La colpa, quindi, di questi quattro giorni di nervi a fior di pelle è di Enrico Marro, che domenica ha intervistato la ministro. Se si sia trattato di marcia indietro suggerita da Mario Monti («è un falso problema», aveva mandato a dire), dalle reazioni dei sindacati, dalla moral suasion di sotterranee diplomazie partitiche, da tutti questi elementi insieme o davvero soltanto dal sincero rammarico per non essersi ancora dotata di un astuto addetto stampa, non è dato saperlo.
Certo che le parole della Fornero a Porta a Porta hanno del clamoroso. Qualche ora prima era arrivato l’altolà insolitamente duro di Pier Luigi Bersani, dettato anche dalla necessità di non allargare il fossato tra i sindacati e il partito che più ritiene di voler rappresentare i lavoratori: «Roba da matti toccare l’articolo 18 – aveva detto il segretario del Pd – il governo lo capirà, dovrà capirlo. Le priorità sono le grandi questioni sociali, deve concentrarsi su questo». Nonostante le acque agitate – a questo punto inutilmente – sull’articolo 18, la giornata di ieri è stata importante sotto il profilo politico-istituzionale.
Perché i massimi vertici dei partiti hanno mostrato di raccogliere appieno l’invito contenuto nel discorso, denso quanto inequivocabile, di Napolitano alle alte cariche dello stato il giorno prima. Il presidente aveva espresso apprezzamento per il «clima più disteso che si intravede nei rapporti politici», clima «da consolidare, anche per creare condizioni più serene in vista di una competizione elettorale e del successivo, normale svolgimento della dialettica democratica».
Ma Napolitano aveva lasciato chiaramente capire di ritenere indispensabile un maggior impegno e coinvolgimento dei partiti che sostengono il governo, una sorta di assunzione di responsabilità, pur se indiretta. E ieri a palazzo Chigi sono andati prima Silvio Berlusconi a colazione, poi nel pomeriggio Pier Luigi Bersani, che già in mattinata aveva risposto a chi gli chiedeva di un possibile vertice dei leader sulle riforme istituzionali: «Non ho nessun problema a incontrare Alfano e Casini. Serve un’agenda di riforme sulla quale le forze politiche devono impegnarsi e poi far lavorare i gruppi parlamentari».
Con Monti Bersani ha parlato delle priorità che saranno affrontate a gennaio: crescita e liberalizzazioni. Al welfare si penserà in un momento successivo, con equilibrio e metodo. Quanto all’istituzione di una «cabina di regìa» ipotizzata da Berlusconi, il leader del Pd l’ha liquidata: «C’è già un regista, lasciamo stare le cabine…».
Più possibilista Pierferdinando Casini: «Mi auguro che Pd e Pdl passino dal patto segreto, che non so se c’è, al patto palese, che mi auguro ci sia» ha detto a Unomattina.

da Europa Quotidiano 22.12.11