attualità, politica italiana

"Quella destra non moderata", di Michele Prospero

Quali scenari si aprono nella destra italiana dopo la caduta di Silvio Berlusconi? Una lettura un po’ sbrigativa del ciclo nuovo apertosi con il governo tecnico tende a ritenere che con la rottura della gabbia d’acciaio del partito azienda sia già avviata la rapida ridislocazione delle forze per vent’anni attratte dalle simbologie della destra. Che il sistema politico nel 2013 avrà caratteri molto diversi da quelli appena consumati con la frantumazione della destra al governo è indubbio. Ma occorre guardarsi da certe letture troppo rassicuranti e quindi, se non aggiustate in tempo, propedeutiche alla sconfitta.
Ancora non c’è la percezione chiara del significato politico del berlusconismo. In tanti continuano a relegarlo entro una fenomenologia del folclore. La destra sarebbe stata insomma solo una bizzarra commedia della dismisura, legata alla oscura fascinazione di un capo estroso. Pertanto, con l’appannamento del suo carisma ferito, il destino della rapida deflagrazione del blocco sociale del Pdl è un percorso inevitabile. Questa credenza nel riallineamento del sistema lungo i binari della più matura democrazia dell’alternanza copre però solo una delle possibili evoluzioni della crisi del Pdl, non l’unica disponibile. Occorre muovere da una considerazione realistica delle tendenze in atto. E cioè serve anzitutto avere la consapevolezza che dietro l’irregolarità del Cavaliere operavano forze sociali molto radicate e tutt’altro che disperse. Il populismo e l’antipolitica erano, per ampie fasce sociali e potenze economiche, un modo, certo irrituale e regressivo, di costruire la propria soggettività politica. Perché settori così ampi della neoborghesia italiana non hanno trovato altromododi proporsi nella sfera pubblica che quello delle agitazioni scomposte dietro figure carismatiche e miti antipolitici?
Trovare la risposta adeguata al quesito significa già aver imboccato la strategia giusta per imporre un esito costruttivo alla transizione. Dove una pigra convenzione scorge soltanto le movenze quasi sciamaniche di un corpo mediatico occorre rinvenire invece un blocco sociale che va scomposto, disarticolato con una forte iniziativa politica e sociale. Non è affatto scontato che questa destra si congederà subito dal corredo populista e che, nelle sue fila più grosse, non attenda altro che la tranquilla novella raccontata da un qualche amico ritrovato. Il tentativo di Alfano è in fondo quello di operare lui stesso la metamorfosi del Pdl in un partito di rango europeo, senza concedere l’operazione in appalto a Casini. L’esperienza del governo tecnico gli serve per aprire relazioni diplomatiche
con tutti, compreso il Pd e quindi per incassare un attestato di reciproca legittimazione, che è un prerequisito importante per un nuovo sistema politico e che non c’è mai stato nel corso del ventennio trascorso. Ha però le forze politiche e le risorse culturali per una impresa così ardua come quella di traghettare una formazione populista e carismatica nel solco di un partito di tipo europeo?
Non è detto che l’universo spaesato dopo la eclisse del Cavaliere non attenda altro che l’abbandonodel dialetto dell’antipolitica per la riconciliazione con la lingua della politica. Il lavoro di Alfano potrebbe per questo fallire nell’impedire che il Pdl abbia la sorte di un partito cristallo pronto a rompersi in mille pezzi. Alfano cerca di riannodare il dialogo con il Terzo Polo per dare un senso al suo disegno. Proprio questo incontro necessario, potrebbe però rivelarsi una attrazione fatale. Casini intende lucrare unvantaggio tattico per continuare a stare ancora immobile nella speranza di attrarre subito forze sbandate con la lingua riscoperta della normalità politica e della correttezza istituzionale. Se Alfano tesse per ricucire conil centro, Berlusconi coltiva ancora il richiamo della foresta per agganciare una Lega che accentua il suo profilo populista. La soluzione populista non è stata affatto archiviata dal Cavaliere combattente e dalla stampa rimasta a lui più fedele. Il proposito è quello di cavalcare ancora la carta estrema dell’antipolitica (contro i tecnici, le potenze forti d’Europa) confidando nel disagio sociale e nella disillusione dinanzi alle politiche del rigore. Un punto d’appoggio Berlusconi potrebbe trovarlo se la transizione odierna venisse vissuta come un fenomeno di rivoluzione passiva per cui a un capo che organizzava una potenza economica (privata- personale) subentra un tecnico espressionedi altre potenze economiche (privata-impersonale).
Il destino della destra dipenderà molto dalla capacità della sinistra di incidere nel tempo nuovo come forza della ricostruzione dell’ autonomia della politica in grado di opporsi al disegno caro a diversi editorialisti del Corriere di avere più decisione e meno concertazione.

L’Unità 01.12.11