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"Previdenza: cosa non va", di Cesare Damiano e Pier Paolo Baretta

Tempo fa dalle colonne di questo giornale abbiamo avanzato una proposta di riforma pensionistica successivamente tradotta in un disegno di legge di cui siamo i primi firmatari. Torniamo sul tema perché nella stessa direzione si è mosso Tiziano Treu con una analoga proposta di legge al Senato.
Inoltre, in un seminario organizzato dalle nostre associazioni, Lavoro&Welfare e Ares, la presentazione di questo progetto di legge ha riscosso importanti apprezzamenti dai rappresentanti del sindacato e dallo stesso Giuliano Cazzola, esponente del Pdl. Si è così aperto un dibattito che travalica la stessa emergenza che porterà il governo a prendere decisioni che, ci auguriamo, siano più orientate alla prospettiva che alla sola cassa.

Abbiamo già avuto modo disottolineare il fatto che la Nota di aggiornamento del 2011, redatta dal Ministero dell`Economia e delle Finanze, presentata dall`ex presidente del Consiglio e dall`ex ministro dell`Economia e approvata dal Consiglio dei ministri il 22 settembre scorso, recita a pag.23: «Considerando complessivamente gli ultimi interventi di riforma in materia di requisiti di accesso al pensionamento che iniziano a manifestare i relativi effetti dal 2008/2009, di seguito si evidenzia l`andamento dell`incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil… Complessivamente gli interventi adottati (ndr: si tratta per la precisione di quattro provvedimenti dal 2004 al 2011) hanno comportato una significativa riduzione dell`incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil che raggiunge in media 1,4 punti percentuali annui nell`intero periodo 2015-2040. In termini cumulati al 2050 i predetti complessivi interventi danno luogo ad una riduzione di circa 39 punti percentuali, di cui circa il 60% da ascrivere ai combinati interventi adottati con le leggi n.122/2010, n.111 e n.148/2011».

Ci piacerebbe contabilizzare in miliardi di euro questi risparmi sulla spesa pensionistica, anche considerando l`eventuale revisione percentuale che deriverà dall`abbassamento del Pil nei prossimi anni. Ci auguriamo che questo documento del ministero dell`Economia non sia solo il frutto della vecchia finanza creativa di Tremonti, scritto a giustificazione e merito delle scelte del passato governo, ma che si basi su dati reali di risparmio. La sua certificazione potrebbe notevolmente ridimensionare la richiesta di nuovi interventi di cassa sulle pensioni e, in nome dell`equità, stimolarci a ricavare un analogo risparmio anche da altri cespiti: grandi patrimoni, transazioni finanziarie, rendite e tracciabilità dei pagamenti. In tal senso va letto il recupero, contenuto nella nostra proposta, della flessibilità della riforma Dini del 1995.

Noi abbiamo indicato un accesso alla pensione a partire da 62 anni che può spingersi fino ai 70. Per i lavoratori che hanno già oggi il sistema contributivo non ci sono problemi: questa flessibilità consente di scegliere il momento più opportuno per andare in pensione, essendo l`assegno automaticamente correlato ai versamenti effettuati.

Per i lavoratori che hanno oggi il sistema retributivo, che cesserà di esistere nel 2017, e per coloro che hanno il sistema misto (retributivo e contributivo), la nostra proposta prevede che l`accesso al sistema flessibile sia facoltativo e sottoposto alla logica degli incentivi (per chi va in pensione dopo i 65 anni) e dei disincentivi (per chi sceglie di andare in pensione prima dei 65 anni). In questo modo si aiuterebbe la modernizzazione del sistema, senza per questo compromettere la possibilità di scelta del lavoratore che può mantenere il vecchio regime pensionistico o entrare nel nuovo circuito di flessibilità.

Accanto a queste indicazioni la nostra proposta di legge prevede di salvaguardare le disposizioni in materia di accesso anticipato al pensionamento per i lavori usuranti e per coloro che hanno maturato almeno 40 anni di contributi. Inoltre è prevista, a vantaggio delle giovani generazioni, la possibilità di totalizzare tutti i contributi versati, anche quelli riconducibili ad un solo giorno di lavoro.

Queste nostre posizioni dovranno ovviamente fare i conti con la proposta che verrà avanzata dal governo, che sarà oggetto di un confronto preventivo con i partiti che sostengono l`esecutivo oltreché con le parti sociali.

Non riteniamo opportuno favorire posizionamenti acritici fatti di no o di si pregiudiziali.

Infatti, sull`ipotesi dell`introduzione del contributivo pro rata, a partire dal primo gennaio 2012, non siamo contrari. È un segnale di equità tra le generazioni che non incide in modo significativo sui lavoratori ai quali mancano pochi anni per andare in pensione. Ovviamente non si tratta di una misura retroattiva e si fanno salvi tutti i contributi maturati con il sistema retributivo.

Come si vede si tratta di argomenti delicati e socialmente sensibili che potranno trovare il loro punto di compromesso soltanto all`insegna di una scelta di equità sociale che sia chiaramente percepibile da tutti i cittadini.

L’Unità 03.12.11