attualità, politica italiana

"Casta, se si spara nel mucchio e per decreto", di Vittorio Emiliani

In Italia è già successo. Si parte dalla Virtù e si arriva a demonizzare tutto ciò che è Stato, struttura pubblica di governo, forme e modi della politica, ecc. È già successo con la Prima Repubblica di buttare, assieme alla non poca acqua sporca, anche il bambino (o il vecchione) e di rimpiangere poi la capacità di governo dei partiti d’antan. Da mesi e mesi si parla soltanto di “casta”. Sembra che non vi sia altro problema in Italia. Pagine su pagine, libri su libri, con molte critiche giuste, anzi doverose: itroppi parlamentari, le loro remunerazioni cresciute nell’ultimo quindicennio quasi del 100 %, (mi sono permesso di calcolare che, se, da allora, avessero seguito l’incremento del costo della vita, sarebbero al livello di quelle tedesche), la proliferazione di società partecipate, di scranni e relative prebende.
Temo però due o tre cose: 1) che sparare ogni giorno a raffica equivalga a sparare nel mucchio, incidendo piuttosto poco, alla fine, sui tagli strategici; 2) che così si concorra a re/suscitare
l’idea che tutto sia da buttare, politica, partecipazione, Parlamento, autonomie, e a suggerire che una bella tecnocrazia di “competenti” è la soluzione ideale; 3) che quest’ultima possa procedere passando sopra le regole costituzionali. Per decreto.
Per decreto legge non si possono abolire, oplà, le Province. Si può ritenerle inutili, ma non cancellarle con un tratto di penna. Né si possono tagliare le remunerazioni dei parlamentari che hanno loro
organismi di autogoverno. È la Costituzione che fissa questi limiti. Si possono, giustamente, ritenerle troppo alte, ma non decurtarle per decreto. Procedendo nella incessante demonizzazione della Casta, delle Camere (dipendenti inclusi), dello Stato, si finisce magari per dimenticare che la radice malata del nostro Paese sta anzitutto nell’antica e ostinata renitenza alle leggi, a cominciare da quelle fiscali. Ci si scorda bellamente che, nella manovra promossa del governo “tecnico”, mancano alcune cosette come la patrimoniale (invocata da tutti, dalla stessa Confindustria, e avversata da Berlusconi) e come una severa lotta all’evasione. Eppure, dal “Sole 24 Ore” di sabato 10 si
apprende che il 42,4 % delle barche di lusso è intestato a contribuenti “che a malapena arrivano a guadagnare in un anno 20.000 euro” e che 188.171 veicoli di potenza superiore ai 185 Kw sono di contribuenti “che dichiarano al Fisco una vera miseria”. E così via. Sono dati del Fisco. Non potrebbe incrociarli questi
benedetti dati? Non potrebbe puntare sul redditometro e sulla capacità di spesa? Chissà perché, non è incitato a farlo. Neppure dal governo “tecnico”. Il quale, in compenso, sulla scia del “dalli allo Stato” e di una antica invettiva di Ugo La Malfa, se la prende con le Province, dimenticando (come qualche giornalista) che, essendo enti previsti dalla Costituzione, non è che si possano cassare per decreto. Ora, è solare che quasi tutte le Province istituite negli ultimi decenni sono inutili. E’ non meno solare però che le Regioni hanno cercato di sterilizzare le Province instaurando un neo-centralismo regionale (già ampiamente in atto, negativamente). Le funzioni ora esercitate dalle Province
dovranno esercitarle le Regioni e/o i Comuni, magari con maggiori costi. Le prime hanno già subdelegato direttamente ai secondi materie anche strategiche – come il paesaggio – consentendo dei veri massacri. L’ente intermedio di governo è davvero inutile ovunque, anche in Lombardia e in Piemonte che hanno centinaia di micro-Comuni? Personalmente credo che tutta la struttura pubblica vada “asciugata”. A partire però dalle Regioni. E comunque sulla base di un ri-disegno strategico complessivo che onestamente non vedo. Infine, sui Municipi, sui Consigli di Zona, ecc. la scure del decreto poteva calare ed è calata non lasciando neppure 1 euro di remunerazione ai loro amministratori. Il che, in città come Roma o Milano, ma anche Bologna (dove sono nati), Brescia o Padova, vuol dire cancellare il decentramento amministrativo. O affidarlo ai soli “benestanti” cari a Berlusconi. Quindi, in attesa della Città Metropolitana, Roma sarà di nuovo amministrata, in modo accentrato, dal Campidoglio e Milano da Palazzo Marino, e stop. Una decisione “competente”? A me pare, per ora, un’idea di Stato molto sommaria e comunque piuttosto diversa da quella della Costituzione. Al pari dell’inserimento in essa del pareggio di bilancio. Sul quale pochi in Italia dicono che stravolge struttura e spirito della Magna Charta. Ma così è. Purtroppo.

L’Unità 12.12.11