Il movimento aveva già dato chiari segnali di voler continuare a partecipare a pieno titolo al dibattito pubblico nel corso dell´anno. A Siena, il 9 e 10 luglio, erano state duemila le partecipanti al primo raduno nazionale del movimento, in rappresentanza di 130 comitati territoriali, per una maratona di seminari per confrontarsi ed elaborare proposte concrete. Nei giorni del frenetico toto-ministri tutto maschile che ha preceduto la nascita del governo Monti, il movimento Snoq si è fatto subito sentire con una lettera alla Presidenza della Repubblica: a parità di competenze, che non si cadesse nell´assurdo di un governo in cui le donne non fossero rappresentate. Confermando che questo movimento, senza diventare partito, rappresentava un nuovo canale per convogliare rapidamente verso i partiti e le istituzioni le istanze di centinaia di migliaia di donne. Ma le dimensioni della mobilitazione di ieri hanno superato le aspettative.
Sono la migliore risposta a chi, un anno fa, esprimeva perplessità circa una manifestazione nata sull´onda dello sdegno per le “olgettine” e il bunga bunga, a chi temeva che, scendendo in piazza, le donne sarebbero state un semplice strumento dell´antiberlusconismo. A dieci mesi di distanza abbiamo toccato con mano che dietro l´imponente mobilitazione del 13 febbraio c´era molto di più: la consapevolezza che l´Italia è un paese che penalizza gravemente le donne, i problemi strutturali permangono, per molti versi minacciano di aggravarsi ulteriormente, con la crisi, e le donne sono determinate a farsi sentire.
In un momento di forte tensione sociale, mentre sulla rete si rincorrono insulti e invettive all´indirizzo del nuovo governo e dei rigori della manovra, la manifestazione è stata composta, la gravità della “questione femminile” non si è tradotta in aggressività di toni, slogan o comportamenti. Anzi, la manifestazione ha avuto un carattere sereno (a tratti persino gioioso, nei molti momenti musicali). È un segnale importante, quest´attitudine ferma, ma aperta e dialogante, una differenza significativa, all´indomani dell´attentato a Equitalia. La galassia dei movimenti femministi, o più semplicemente femminili, porta nel suo dna il carattere nonviolento e propositivo che lo contraddistingue sin dai tempestosi anni Settanta.
“Il potere di unire”: così la filosofa Elena Pucini ha definito in un bel saggio lo specifico che può contraddistinguere la partecipazione femminile alla politica. In questo solco si colloca l´altro segnale positivo che mi pare di poter leggere negli slogan – a cominciare da quello che lanciava la manifestazione: “non sentirti sola, ti aspettiamo in piazza” – e nelle dichiarazioni di molte partecipanti: una forte solidarietà intergenerazionale. Nelle parole delle donne che dichiarano di essersi mosse non solo per sé, ma per le loro figlie e nipoti. Nei concetti ribaditi con insistenza dalle promotrici: senza le donne, è il paese tutto che non riparte. I dati parlano chiaro: un incremento nella quota di occupazione femminile, che avvicinasse l´Italia alla media europea, sarebbe decisivo per rimettere in moto la crescita. Ma il nuovo governo finora ha fatto troppo poco: non bastano gli sgravi alle aziende che assumeranno donne e giovani. Le partite risolutive si giocheranno nei prossimi mesi, quando arriverà sui tavoli la riforma del lavoro, quando, nella recessione attesa dal prossimo anno, sarà necessario ripensare il welfare e gli ammortizzatori sociali. E la manifestazione di ieri non era una protesta, ma un avvertimento al nuovo governo: le donne non staranno passivamente a guardare.
La Repubblica 12.12.11
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Centomila donne nelle piazze di tutta Italia “Il governo è cambiato, i nostri problemi no”, di Caterina Pasolini
“Da Monti solo sacrifici e niente welfare, ci metta al centro dello sviluppo”. Ventimila manifestano a Roma. Camusso: “Ingiuste le misure dell´esecutivo” Comencini: “Siamo noi a fare lo Stato sociale”. «Women got the power» cantano migliaia di donne arrivate in piazza del Popolo da tutt´Italia. Convinte di poter fare la differenza, persuase che senza di loro dalla crisi non se ne esce. Sono studentesse e precarie ma la maggioranza sono donne dai volti vissuti, con genitori e figli di cui occuparsi dopo l´ufficio perché i servizi sono stati tagliati, sono lavoratrici che la pensione rischiano di non vederla mai. Chiedono un futuro che ancora una volta non imponga di scegliere tra bambini e lavoro, vogliono contare in politica e avere metà del Parlamento al femminile, domandano la cittadinanza per chi nasce qui e un welfare che funzioni se si vuole alzare l´età pensionabile.
Torna in piazza il movimento «Se non ora quando» che a febbraio vide in strada un milione di persone in tutto il paese per rivendicare la dignità dell´altra metà del cielo e chiedere le dimissioni di Berlusconi. Ecco di nuovo il movimento delle donne, è tornato per presentare, sull´onda dello slogan «Se non le donne chi?», richieste e critiche al premier Monti.
«Siamo in piazza perché il governo è cambiato ma la situazione delle donne no. Le donne hanno tenuto in piedi il paese per anni compensando le mancanze dello Stato, ora chiediamo al governo di metterci al centro dello sviluppo. Ripensando al welfare che non è una spesa ma un investimento».
Cristina Comencini, regista scrittrice, tra le promotrici della manifestazione guarda soddisfatta la piazza che si riempie – alla fine gli organizzatori parlano di ventimila presenze a Roma e centomila in tutt´Italia. Sul palco si alternano brani musicali e interventi, sono testimonianze, proposte per «appianare le differenze tra uomini e donne, uguali solo nei sacrifici». Per cercare di cambiare un paese dove gli uomini guadagnano il 30 per cento più delle colleghe, dove ritrovarsi in lista alle elezioni è un´impresa, dove sono «le donne a fare il welfare che non c´è»
Donne come Angelica. Archeologa ora insegnante precaria, due figlie e un posto all´asilo trovato solo perché ha un marito invalido, non rinuncia a lottare: «Sono venuta sperando serva a creare un futuro migliore per le mie bambine, sognare di fare le scienziate». Donne precarie a 53 anni come Roberta Montanari, un impiego con gli anziani: è stanca di «dover come tutte le donne sopperire alle mancanze dello Stato sociale».
Le da ragione Livia Turco del Pd: «Non devono essere le donne a pagare così pesantemente la crisi. Chiediamo al ministro Fornero di reinvestire nei servizi sociali». Rincara la dose la sociologa Chiara Saraceno che non ci sta all´innalzamento dell´età della pensione femminile. «Senza riequilibrare le responsabilità nel lavoro di cura è un provvedimento miope e ingiusto. Lascia tutte le responsabilità e i costi sulle spalle delle donne, delle più vecchie come delle più giovani».
Ragazze ventenni come Anastasia, Marianella e Viola, arrivate qui da Puglia e Toscana, in mezzo ad un mare di over quaranta, «perché bisogna esserci, al di là della retorica». Loro sognano un Parlamento metà al femminile: «Sarebbe già così se si puntasse sulla meritocrazia». E le donne della politica, quelle che ce l´hanno fatta, ci sono in piazza, arrivate da opposti schieramenti: oltre a Paola Concia e Livia turco del Pd, Bongiorno e Perina del Fli, anche loro a raccontare con la loro presenza la voglia di cambiare. In mezzo alla folla Susanna Camusso, leader Cgil dura sui provvedimenti del governo: «Speravamo in una discontinuità nella discriminazione delle donne che non c´è stata», dice ribadendo la necessità di provvedimenti forti per il rilancio del lavoro femminile. Convinta che «queste donne non sono di destra o sinistra, ma semplicemente convinte che siano ingiusti i provvedimenti del governo e persuase di essere fondamentali per l´economia del paese». Sul palco, dopo l´orchestra sinfonica di “Europa musica”, cala il sole mentre la folla batte le mani a Emma, idolo dei teenagers, a Paola Turci e Marina Rei. Voci forti che trascinano e fanno cantare “People got the power”, riformulata per l´occasione in “Women got the power”. Le donne hanno il potere. «Se non ora, quando?».
La Repubblica 12.12.11
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Giulia Bongiorno sfila in piazza con il figlio
“Che fare? Lo sciopero rosa così gli uomini capiranno”
«Ho portato mio figlio perché capisca subito la situazione, la voglia di lottare e le difficoltà che incontrano le donne. Lui, avuto a 40 anni suonati, è la dimostrazione che se vogliamo lavorare siamo costrette a ritardare la maternità». Giulia Bongiorno deputato Fli spinge la carrozzina sorridendo in mezzo alla folla. Aveva un mese suo figlio quando lei partecipò alla prima iniziativa del movimento.
Perché è tornata?
«In un momento così difficile le donne chiedono di non essere le uniche a dover pagare così tanto, più degli altri. Penso così che si possa alzare l´età in cui lasciano il lavoro, ma se allo stesso tempo le si aiuta quando devono conciliare le esigenze familiari».
Donne diverse a casa e in piazza?
«Qui le vedo determinate a chiedere rispetto ma poi in famiglia fanno tutto loro. Bisogna costruire nuovi rapporti in famiglia se si vuole cambiare la società».
Che fare?
«Lo sciopero delle donne, forse così l´uomo si renderebbe conto di quanto indispensabile e impegnata sia la sua compagna, mamma o sorella».
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Emma Marrone sul palco come a febbraio
“Troppe le nostre rinunce per mancanza di servizi”, «Le donne hanno tanto da dare a questo paese, hanno voglia di esprimersi, di dimostrare quanto valgono». Emma Marrone, cantante idolo dei teenager sorride con grinta. È la sua seconda volta sul palco delle donne dopo la manifestazione di febbraio.
Allora c´era Berlusconi…
«Non mi interessa chi sia al governo, perché l´Italia non la salva Monti da solo o chi per lui. La salviamo tutti assieme. Le donne in primo luogo avrebbero tanto da dare per uscire dalla crisi, se solo non dovessero sacrificarsi per mancanza di servizi»
Donne che si sacrificano?
«Non vanno a lavorare per occuparsi dei figli, perché mancano gli asili, o ritardano la maternità perché il lavoro non è sicuro. Si sacrificano per genitori, compagni, figli. Mi ricordo mia madre, lei aveva sempre le stesse scarpe, vecchie come il cappotto, per risparmiare, per far studiare me e mio fratello. Ecco bisognerebbe pensare anche a loro».
Alle casalinghe?
«Sì, fare la casalinga è un vero e proprio lavoro, dovrebbe essere riconosciuto tanto sforzo, tanto impegno con uno stipendio, almeno simbolico».
La Repubblica 12.12.11
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Tornano le donne: «Stanche di essere il welfare del Paese»
Centomila in piazza in tutta Italia, di Alessandra Arachi
Scendono in piazza e già lo sanno: Silvio Berlusconi non è più il capo del governo. Escort e olgettine sono il ricordo di un anno che va esaurendo i suoi giorni. Sanno che Piazza del Popolo non sarà mai la piazza che lo scorso 13 febbraio debordava per tutto il centro di Roma, quella domenica da non riuscire a muoversi. Ma ieri le donne del comitato «Se non ora quando?» sono scese in piazza lo stesso. A maggior ragione dirà qualcuna. Meglio: lo sosterranno tutte le donne di questo comitato promotore, dove la regista Cristina Comencini mette la grinta e la bellezza della sua arte ed ognuna, tante, mette quanto di meglio ha, sa, e può.
«È cambiato lo stile del governo, ma la situazione delle donne non è certo mutata», è l’insegna della manifestazione che ieri pomeriggio ha avuto il suo fulcro a Roma, ma si è poi snodata in almeno una ventina di piazze italiane, da Genova a Messina, da Torino a Sassari, a Venezia, ad Ancona, a Napoli. E a fine giornata le organizzatrici garantiscono: «Eravamo più di centomila».
Centomila non è il milione del 13 febbraio. «Ma nessuno ha mai pensato di eguagliare quel record», sussurra la giovane Ilaria Ravarino, soddisfatta che la pioggia dell’ora di pranzo non abbia scoraggiato la partecipazione. Non più di tanto, perlomeno. È anche una domenica di ponte, e questo chissà se qualcuno lo aveva messo nel conto.
«Le donne italiane hanno salari più bassi del 30% rispetto agli uomini e lavorano più di tutte in Europa. Vergogna. Oltre 800 mila donne in Italia sono state licenziate o costrette a dimettersi perché in gravidanza. Vergogna…». È Luisa Rizzittelli che inaugura il grande palco di Roma (allo scoperto perché più economico, dato che la kermesse è autofinanziata) sciorinando cifre da terzo mondo, seguita a ruota da Lunetta Savino.
Piazza del Popolo si va popolando di volti noti che rimangono rigorosamente lontani da un palco dove il comitato non vuole bandiere e partiti e dove per tutto il pomeriggio si alterneranno filosofe e sociologhe, cantanti, musicisti, lavoratrici. Non fanno fatica ad obbedire all’ordine di rimanere lontane Paola Concia, del Pd, e anche Nichi Vendola di Sel, insieme con Flavia Perina e Giulia Bongiorno (Fli) che in piazza del Popolo ieri è arrivata con il bimbo e la tata ed è contenta di potersi muovere nella prima manifestazione femminile dell’era post-berlusconiana.
«Il nostro Paese è al settantaquattresimo posto su 135 per indice di parità di genere», questa volta le cifre sono garantite da Annamaria Testa, pubblicitaria che non trova difficoltà nel mostrare le immagini degli spot dove le donne sono corpi in vendita. Ne sono piene le pubblicità. E davanti a quelle foto Susanna Camusso scuote la testa con diniego. Il segretario della Cgil si è mescolata in maniera anonima tra una folla che man mano che passa il tempo riempie gli spazi vuoti e fa crescere il sorriso sulle labbra di chi questa manifestazione l’ha voluta a dispetto di una difficoltà evidente fin dal principio.
«Non sempre si deve manifestare per protestare. Questa volta vogliamo manifestare per costruire. Per cambiare. Vogliamo dire a questo governo che le donne non devono più essere il welfare del Paese», denuncia Cristina Comencini che è rimasta tutto il tempo dietro le quinte a dirigere, come il suo mestiere consiglia, ma non ha mai smesso di ripetere l’importanza delle donne per uscire da una crisi strutturale come la nostra.
Arriva il buio, la piazza è finalmente piena ed esplode sulle note di Paola Turci e Marina Rei che non esitano a tingere di rosa la famosa canzone di Patty Smith. «Women have the power», cantano. E per un attimo ci credono tutte che sì, they can.
Il Corriere della Sera 12.12.11