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Il Louvre: «Vi dimostriamo che la cultura rende», intervista a Hervé Barbaret di Stefano Miliani

Con 8,7 milioni di visitatori nell’ultimo calcolo annuale, il Louvre stacca tutti i musei del globo: il British Museum di Londra segue a 5,8 milioni,il Metropolitan di New York 5,2, la Tate Modern londinese a 5 milioni. Il sottosegretario ai Beni culturali Roberto Cecci puntualizza che confrontando gli ingressi con la superficie espositiva allora il primo museo al mondo diventa gli Uffizi con 1,5 milioni, ciononostante la casa della Gioconda parigina resta in testa, imbattibile, ed eccelle anche in quantità e qualità di servizi. Hervé Barbaret è l’amministratore del museo parigino e partecipa al convegno organizzato dall’associazione italiadecide presieduta da Luciano Violante, «Darevalore Averevalore»: nell’auletta presso la Camera a Roma si parla di come salvare i beni culturali e della possibile unione delle forze tra pubblico e privato Barbaret al convegno parla per oltre mezz’ora, segno che l’argomento gli preme.

Il vostro bilancio? Quanto dà lo Stato?

Abbiamo un budget totale di 200 milioni di euro di cui la metà viene dallo Stato, 50 milioni dai biglietti, gli altri 50 dai mecenati, dall’affittare spazi per eventi, poi dal ristorante, la libreria, la caffetteria.

Qual è la chiave del vostro successo?

È l’autonomia della gestione e dello staff dei dirigenti.

I piccoli musei potrebbero reggere un’autonomia come la vostra?

Con uno staff di almeno 100 persone possono essere autonomi, altrimenti è meglio che si uniscano più musei. È essenziale che ogni anno ci sia un rendiconto, anche per evitare che nasca una “mafia dei musei: i manager vanno controllati.

A suo parere i privati possono gestire musei?

Modelli americani come il Getty funzionano, ma il Louvre è pubblico e funziona meglio di musei gestiti interamente da fondazioni private. Adottiamo strategie di marketing come i privati, però il personale è tutto dello Stato perché il patrimonio artistico è troppo importante. Ma tenete conto che la Francia è generosa con chi investe in cultura: può detrarre dalle tasse il 60% della somma data e, nell’acquisto di opere importanti, perfino il 90% (in Italia si arriva al massimo al 19%, ndr).

Con la cultura si mangia o no??

Una ricerca della Sorbona dimostra come ogni euro investito in cultura ne generi 10 tra ricaduta sul turismo, servizi e commercio. La cultura significa crescita.

L’Unità 16.12.11