attualità, politica italiana

"Caro ministro, sia davvero super partes", di Milena Gabanelli e Giovanna Boursier

«Se l’insalata costa di più perché l’Iva è aumentata, io ne vendo di meno, ma la benzina che metto nel furgone quando vado all’ortomercato adesso è più cara, anche se carico 10 cassette invece di 20!» mi dice il fruttivendolo. Lo stesso giorno, in ascensore, incontro il vicino del piano di sopra: «A fine gennaio non mi rinnoveranno il contratto alla Coop e quindi venderò la macchina perché non so con cosa pagare l’assicurazione». Siamo in recessione e sarà dura «quasi» per tutti. Le ragioni sono state spiegate e rispiegate, ma quel «quasi» fa la differenza e chi governa un Paese non può non sapere che, quando la maggior parte dei cittadini è allo stremo, prima di chiedere «ancora uno sforzo», occorre dare almeno l’impressione che i primi a «sforzarsi» siano proprio coloro decidono per tutti. Corrado Passera è ministro dello Sviluppo, Infrastrutture, Trasporti e i suoi ministeri dovranno, più di altri, partorire una crescita che per ora non si intravede. Considera giustamente prioritario saldare i debiti della Pubblica amministrazione e pensa di farlo con i titoli di Stato. Obiezione: l’azienda creditrice con questi titoli potrà pagare gli stipendi ai suoi dipendenti? In caso affermativo perché non allargare questa modalità al mensile degli onorevoli…
Come ministro deve controllare e decidere se finanziare quelli che fino a ieri erano suoi clienti o soci nella grande industria italiana (dall’editoria alle telecomunicazioni, dai trasporti al settore energetico). Lo farà nell’interesse generale, della banca o di questa o quella società partecipata? Tra l’altro la crisi è stata generata anche da quel potere finanziario che lui prima deteneva e allora ci chiediamo: non c’era proprio nessun altro all’altezza di quell’incarico? Certamente sì, ma Monti ha scelto Passera e Passera ha accettato. Per sistemarsi, visto che per le banche non sono più vacche grasse? O per spirito di dedizione alla grande causa? Poco importa ma, se davvero gli sta a cuore l’uscita dalla palude, ha l’opportunità di dimostrarlo, liberandosi subito di tutti quei vischiosi, possibili conflitti.
Le ombre e i sospetti uccidono e, in questo momento, la forma è anche sostanza. Possiede 7 milioni e mezzo di azioni di Intesa Sanpaolo: le venda domattina, invece di continuare a dire «le venderò». Capiamo che è una disgrazia, perché quando le ha comprate valevano di più, ma è un gesto che l’avvicinerebbe a tanti disgraziati veri. Inoltre ci toglierebbe il pensiero obliquo che, da azionista di Intesa, possa interferire nelle scelte che riguardano Ntv, la società di Montezemolo e Della Valle (di cui Intesa possiede il 20%), che dovrebbe partire a gennaio e far concorrenza a Trenitalia. Poi c’è lo 0,11% di partecipazioni nel Campus Biomedico Spa, una società per azioni con sede a Milano, legata all’omonima università privata di Roma, con annesso Policlinico, nata nel ’93 per volontà dell’Opus Dei. Certamente il suo investimento ha ragioni etiche e non di profitto ma, siccome questa società è legata a un’università e a un centro di ricerca che ruotano nell’orbita dei finanziamenti pubblici, sarebbe bene che il ministro ne uscisse. Anche per indicare la volontà di un distacco da un mondo (quello dell’Opus Dei) che non brilla per trasparenza, parola che invece il ministro usa spesso. Dovrebbe liberarsi anche di quel 10,77% del Day Hospital International Srl, che sta ad Aosta e appartiene al gruppo D.H.I. Dovrebbe essere un centro diagnostico e forse anche una clinica privata. Il centro era nato per mandare gli eventuali utili alla sanità africana, ma sembrerebbe in perdita e quindi nulla di fatto per gli africani.
Nella sua storia professionale c’è una liquidità consistente che la società di famiglia ha parcheggiato per una decina d’anni nella zona franca di Madeira, perché facendosi due conti era più conveniente. C’è il fratello piazzato nel cda della Nh hotel, a zero stipendio ma a grande conflitto, visto che Intesa è azionista al 44%. Poi c’è l’eredità della famiglia d’origine, un 33% della Lariohotels Spa, che a sua volta ha una piccola quota dell’hotel Villa d’Este di Cernobbio (dove ogni anno si riunisce il gotha di finanza, politica e imprenditoria). Anche da questo sarebbe opportuno allontanarsi per sgombrare il campo da malignità. La maggioranza della società Villa d’Este (il più lussuoso albergo del mondo) la compra Loris Fontana, l’operazione è finanziata da Intesa, che sta anche nel patto di sindacato. Nulla di male, se questo non sembrasse il surrettizio controllo dei grandi alberghi del lago di Como. Il gruppo Fontana poi lo ritroviamo nella cordata Alitalia. E su Alitalia val la pena di rinfrescare la memoria: nell’estate del 2008, Intesa Sanpaolo, ex alleata di Air One, viene nominata da Berlusconi advisor di Alitalia. L’amministratore delegato Corrado Passera deve fare un piano e trovare una cordata. Il piano si chiama Fenice e prevede che debiti, passivo ed esuberi siano a carico dello Stato, mentre l’attivo finisca dentro una nuova società, che si fonda con Air One. La cordata nasce il 27 agosto e si infila in uno strumento già esistente e messo a disposizione da Intesa, che si chiama Cai (una srl che prima produceva passamaneria…). Intesa da advisor diventa socio e fra i soci c’è pure Air One, il che significa fine della concorrenza sulla rotta Roma-Milano; ciò è vietato dalle norme antitrust ma il giorno dopo, con un decreto ad hoc, le norme vengono sospese. Intesa, amministrata da Passera, è stata quindi prima advisor, poi socia e sicuramente anche creditrice di alcuni soci, compresa Air One. A valutare Alitalia per conto del governo, invece, c’è Banca Leonardo, che ha dentro alcuni dei soci che comprano: Benetton, Ligresti, Tronchetti Provera… Insomma, una storia che di regole, trasparenza e libera concorrenza, di cui oggi il ministro si riempie ogni giorno la bocca, ne ha ben poca. A tre anni di distanza, mentre stiamo ancora pagando i debiti di Alitalia, è possibile che debba prendere posizione sulla fusione con Air France o sul destino stesso dell’azienda.
Ecco, con questo curriculum, perché oggi dovremmo pensare che il Passera superministro sarà «sopra le parti»? È veramente difficile ma, non avendo alternative, si può fare uno sforzo, a condizione che ne faccia uno anche lui: quello di liberarsi di tutti gli ingombri. Subito, non quando gli fa comodo, visto che ai comuni cittadini non è stato concesso di scegliere quando prendersi la mazzata. Dimostri che anche nel suo ambiente si possono avere ideali nobili. Coraggio, ci stupisca!

Il Corriere della Sera 30.12.11

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«Conflitto d’interessi? No, ho già venduto le azioni di Intesa», di Corrado Passera

Caro Direttore,
rispondo all’articolo di oggi sulla prima pagina del Corriere.
Vorrei prima di tutto sgombrare il campo dai presunti conflitti di interesse. Pur non avendo alcun obbligo di farlo, nei giorni scorsi ho vendute tutte le mie azioni Intesa Sanpaolo, come avevo preannunciato in una recente intervista televisiva (il richiamo «le venda invece di continuare a dire le venderà» potrebbe far pensare che la questione sia aperta da lunghissimo tempo, mentre sono ministro da poco più di un mese).

Pur non avendo alcun obbligo di farlo, ho provveduto, inoltre, a donare la piccolissima partecipazione che detenevo nel Campus Biomedico — sottoscritta per pure finalità filantropiche — ad una delle persone più impegnate nel progetto. «Mi sono liberato» — non certo per obbligo — anche della minima partecipazione che avevo nella società Day Hospital International, donandola a un altro azionista che condivideva con me le finalità filantropiche con cui l’iniziativa nacque parecchi anni fa. Nell’articolo si fa riferimento anche alla società della mia famiglia d’origine, alla quale fanno capo due alberghi e due immobili a Como, nella quale possiedo una quota di minoranza (33%), per due terzi in nuda proprietà, e nella quale non svolgo alcuna attività né gestionale né amministrativa. Il fatto che questa società possegga una piccolissima partecipazione finanziaria nell’albergo Villa D’Este mi pare del tutto irrilevante da qualsiasi punto di vista. Negli anni passati la società della mia famiglia, invece di distribuire dividendi agli azionisti, aveva messo da parte liquidità in maniera trasparente e legittima dandola in gestione in un paese dell’Unione Europea. Ciò nella prospettiva di futuri investimenti industriali che ha poi realizzato negli ultimi due anni ristrutturando uno degli alberghi di proprietà sul lago di Como. Tutti i dettagli sono già stati forniti al pubblico attraverso questo stesso giornale. Quanto all’incarico non retribuito che mio fratello — da esperto riconosciuto in campo turistico — è stato chiamato a ricoprire in maniera ufficiale e trasparente in una società del settore partecipata dalla banca che dirigevo, non mi appare che configuri alcuna forma di conflitto. L’articolo riprende poi il tema Alitalia. L’operazione «Nuova Alitalia» è stata del tutto trasparente e rispettosa delle regole, comprese quelle della concorrenza. Con capitali privati si sono salvati almeno 15 mila posti di lavoro ed è stato drasticamente ridotto l’onere che lo Stato avrebbe dovuto sostenere se fosse avvenuto l’inevitabile fallimento dell’intera «vecchia Alitalia». Anche Air One dovette rinunciare al suo progetto che Intesa Sanpaolo aveva inizialmente appoggiato con finalità esclusivamente imprenditoriali e non certo per ragioni creditizie che non esistevano. Prendo atto che nella ricostruzione del mio curriculum l’articolo ignora del tutto l’esperienza fatta a Poste italiane e non riconosce a Intesa Sanpaolo di aver rappresentato negli ultimi dieci anni un modello di banca dell’economia reale che, se maggiormente diffuso anche fuori d’Italia, avrebbe contribuito a evitare le ultime grandi crisi finanziarie. Quanto ai «pensieri obliqui» ai quali si fa cenno nell’articolo, nessuna persona che mi conosce ha mai avuto alcun dubbio sulle ragioni che mi hanno convinto a cambiare vita da un giorno all’altro e ad accettare la proposta del professor Monti. «Con le ombre e con i sospetti si uccide»: sono d’accordo con Gabanelli e Boursier. Spero di aver contribuito serenamente e concretamente a dissipare entrambi.
Corrado Passera
ministro dello Sviluppo economico
p.s.: non avrei nulla da eccepire se lo stipendio da ministro mi venisse pagato in Bot.

da Corriere della Sera – sabato 31 Dicembre, 2011