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"Frequenze TV: non è tempo di gare di bellezza", di Luca Landò

Azzerare è possibile. Lo chiedono tre partiti (Pd, Idv e Fli), lo sostiene Paolo Gentiloni, ex ministro di Prodi per le Comunicazioni, lo caldeggia l’appello lanciato in rete da Articolo 21. Il “beauty contest”, quella fantasiosa competizione inventata da Paolo Romani per attribuire sei nuove frequenze
digitali, va bloccata subito e sostituita da una normale asta al rialzo che potrebbe portare allo Stato, dicono gli esperti, una cifra fra i 3,5 e i 4,5 miliardi di euro. Un tesoretto una tantum che consentirebbe di sostituire alcuni interventi, ugualmente una tantum, inseriti nella manovra. Come il blocco della indicizzazione delle pensioni che domenica ha spinto alle lacrime la ministra Fornero. E come ha chiesto ieri Veltroni: «Il governo dovrebbe annullare la gara per le frequenze tv e fare un’asta per reperire le risorse che servano a correggere la deindicizzazione delle pensioni».
A rendere inaccettabile il metodo del “concorso di bellezza” sono due fattori: le regole tagliate sulle misure di Mediaset e Rai (non a caso Sky ha comunicato il proprio ritiro) e l’assegnazione gratuita delle frequenze. Un regalo curioso in questi tempi di crisi che ben si presta alle più maliziose fantasie: «Non vorrei che dietro a questo si nascondesse un patto con Berlusconi: io vi faccio fare il governo e voi mi continuate a regalare le frequenze», ha detto ieri Di Pietro annunciando persino di non votare la manovra se, tra le correzioni richieste, non ci sarà anche una vera asta per le frequenze tv. Un ripensamento auspicabile ma anche possibile: il “beauty contest” si è infatti arenato sotto il peso di numerosi ricorsi. Azzerarlo sarebbe un modo elegante per evitare al governo, oltre che una brutta figura, una notevole serie di grattacapi. Proprio questa sarà la richiesta che Paolo Gentiloni rinnoverà al neoministro Passera venerdì mattina alla Commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera.
Se non ora quando, dunque. Anche perché in altri Paesi l’utilizzo delle nuove frequenze, liberate grazie al passaggio dall’analogico al digitale, hanno sempre fruttato un bell’introito: 4,4 miliardi di euro in Germania, 20 negli Stati Uniti mentre in Canada, dove è prevista una simile asta, ci si
attende una cifra tra i 4 e i 6 miliardi di euro.
A rendere più inaccettabile il regalo delle frequenze, anziché la vendita, è poi il fatto che la recente assegnazione di analoghe frequenze ad operatori di telefonia è avvenuta con regolare asta fruttando alle casse pubbliche la bellezza di tre miliardi di euro.
Perché una simile disparità di comportamento? Perché le grandi televisioni ricevono gratuitamente quello che gli altri devono invece pagare? «Caro Monti non ci deluda – si legge nell’appello in Rete lanciato da Articolo 21-. Promuova un’asta regolare per assegnare le frequenze, usi quei soldi per le fasce più deboli, non si fermi anche lei di fronte ai santuari della conservazione e del conflitto di interessi». Già, il conflitto di interessi. La scorsa settimana, durante la conferenza stampa del governo per illustrare la manovra, Corrado Passera ha ammesso di «non aver ancora esaminato il problema delle frequenze televisive». Ne prendiamo per buona la fede, ma siamo certi che anche lui comprenderà l’esigenza di cancellare, quanto prima, i dubbi e le ingiustizie che il governo Berlusconi ci ha lasciato in eredità. Il ministro ha
nelle mani un ottimo strumento per farlo: annullare subito quell’odioso concorso di bellezza.

L’Unità 07.12.11