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"In politica anche il tono fa la musica", di Claudio Magris

Forse è vero che il tempo, come dicono non solo poeti ma anche scienziati, ha diverse misure; è un contenitore elastico, le cui dimensioni variano a seconda di ciò che lo riempie. Pure nella politica, nella vita sociale e civile, si sperimenta la diversa durata delle ore e dei giorni.Ne sono passati appena venti, di giorni, da quando l’Italia ha un nuovo governo e il tempo che li precede appare lontano, perduto nel passato. Le noiosissime e sguaiate serate televisive che imperversavano sino a tre settimane fa con le discussioni sulle nipoti di Mubarak, su vere o presunte notti brave, sui metri quadrati di appartamenti di onorevoli e altre spiritosaggini sembrano remote, improbabili commedie degli anni Cinquanta che nessun cinema oggi manda in sala. Come ha detto l’ex presidente del Consiglio commentando la sanguinosa fine di un potente leader, «sic transit gloria mundi». Non solo la gloria, anche la spazzatura. È cambiato pure il linguaggio politico, quel linguaggio rissoso, quelle facezie, quel turpiloquio, anch’essi remoti come le scurrilità di quando facevamo il servizio militare. Il nuovo governo presieduto da Mario Monti sarà giudicato a tempo debito in base al suo operato in questa situazione così difficile. Ma bisogna già essergli molto grati per aver restaurato — con naturalezza, come se fosse la cosa più ovvia e doverosa del mondo, e infatti lo è — la civiltà dei rapporti, il rispetto tra avversari, quel tono signorile e civile che non è formalità, ma un modo di essere, di comportarsi, di vivere con gli altri. È il tono che fa la musica. Se è vero che una mela bacata guasta le altre, per fortuna è vero pure il contrario; anche il rispetto e la misura sono contagiosi. Le aspre contrapposizioni e gli aspri conflitti tra le diverse parti politiche non sono certo scomparsi — ed è giusto che non lo siano — ma gli scontri si esprimono in altra forma, e la forma non è mai solo tale. L’altra sera, vedendo e ascoltando la presentazione del programma di governo, si avvertiva che lo stile con cui esso veniva esposto — fermo e insieme talora lodevolmente e compostamente commosso — restituiva la decenza cara a Montale e così spesso oltraggiata. Ma dopo un attimo non ci si accorgeva quasi più di tale novità; ci si sentiva — a prescindere dall’eventuale opinione sull’uno o sull’altro punto del programma — semplicemente a casa, coinvolti in un’alta lotta politica in cui è in gioco il destino della Polis, della comunità cui si appartiene, e non in una rissa da Suburra, quasi senza più ricordarsi di tante indecenze, ormai patetici lazzi del tempo che fu. Certo, tutto è in precario equilibrio, tutto può sparire e ritornare. Ma intanto…

Il Corriere della Sera 07.12.11